Lettera aperta di Delaram Ali,

2 novembre 2007 (trad. Maria G. Di Rienzo)

(L’attivista per i diritti umani delle donne Delaram Ali ha ricevuto una sentenza a due anni e mezzo di prigione per aver partecipato ad una manifestazione pacifica di protesta nel giugno 2006, dispersa con violenza della polizia, durante la quale alla giovane donna è stato spezzato un braccio. Delaram Ali, assistente sociale, ha ventiquattro anni ed è una delle organizzatrici della campagna “Un milione di firme” che chiede uguaglianza per le donne iraniane di fronte alla legge. Oggi, 10 novembre 2007, Delaram è stata condotta alla notoria prigione di Evin, a Teheran. Ne chiedono il rilascio Amnesty International, Equality Now, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani, Front Line, Human Rights First, Women Living Under Muslim Laws e l’Organizzazione mondiale contro la tortura.)

In questi giorni sembra che i nostri scritti si siano trasformati in lamentazioni, all’interno di un’elegia funebre che è stata creata apposta per noi. Lamentazioni per Zeinab, Nahid, Mahboubeh, Bahareh, Amir e ora Ronak. Cosa ci avete fatto? Come siete riusciti a trasformare lo squillo del telefono in un segnale di allarme? Cosa avete fatto per mutare il suono del campanello nel terrore della ripetizione degli incubi del passato?
Fratello mio, lo sai che in questi giorni sogno? Sogno che un po’ di noi fanno gruppo in un piccolo parco, non so bene dove, e ci impegniamo in conversazioni con i passanti, così forse li convinceremo a firmare la nostra petizione. Il guardiano del parco si avvicina, e quando ci raggiunge ci offre del tè. Quando mi sveglio le lamentazioni restano, ma si sono trasformate in un sogno. La verità è che questa volta una giovane donna è stata imprigionata, vive in un’altra città, le sue parole sono calde, e dolci, e senza vergogna, ed il suo accento è colorato di resistenza. Sua madre dice che siete arrivati in massa a mettere a soqquadro la casa, a perquisirla. Dice che in questi giorni non fai che insultarla, che vi siete portati via le firme che sua figlia Ronak aveva raccolto. Grazie. Spero che riceverete la ricompensa adeguata per i vostri sforzi. La ricompensa dev’essere grande, fratello, ricorda di non dar via nulla per meno del giusto valore: dietro ogni firma che avete sequestrato molta energia è stata spesa. Dai quindici ai trenta minuti per ogni firma. Fai i conti, non vogliamo sentirci in debito con te. Nel frattempo, prima di consegnarle a chi di dovere, date a quelle firme uno sguardo. Forse nel mezzo della lista troverete il nome di vostra moglie, di vostra sorella, di vostra madre o di vostra figlia. Vedi, fratello mio, è in questo modo che la consapevolezza si diffonde. Ora puoi andare ad arrestare tua figlia, confinare in casa tua moglie, castigare madre e sorelle.
Fratello mio, noi ci siamo mosse oltre questo scenario, i semi sono stati piantati, e non v’è dubbio che daranno frutti, la cui dolcezza gusteremo negli anni a venire. Fratello mio, questa volta, quando torni nel tuo ufficio guarda attraverso quelle firme, per capire quali nomi resteranno scritti nelle pagine della Storia. Credimi, la Storia non reca traccia del cassetto della tua scrivania, ne’ cessa di esistere con esso, e neppure con i pezzi di carta su cui scrivete accuse contro di noi.



Mercoledì, 14 novembre 2007