Luglio 2007: Buone notizie...

di Maria G. Di Rienzo

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per questo intervento.


In aprile, in Australia, si è cominciato a costruire il primo partito composto solo da donne: “What Women Want” (Cosa vogliono le donne). Al 28 giugno, data della sua presentazione ufficiale a Brisbane, il partito contava 650 iscritte/i: infatti vi sono anche alcuni uomini desiderosi di sostenere l’impresa. La fondatrice Justine Caines, già senatrice al Parlamento australiano, ritiene che questo sia il momento giusto: “I nostri politici continuano a dire che vogliono un maggior coinvolgimento delle donne, eppure pare lo offrano solo alle loro condizioni, perché basta parlare con una donna che voglia impegnarsi come candidata e si scopre che la faccenda è terribilmente difficile, e non deve esserlo. Se la nostra partecipazione ha così grande valore, perché non si fa nulla per favorirla?”
Buona domanda, Justine, la passo ai nostri parlamentari.
Ad incoraggiare le donne alla partecipazione in politica ci pensa intanto il governo dell’Oman. Un comitato governativo preposto alla comunicazione sta portando avanti una massiccia campagna d’informazione sui media e attende una buona risposta per le elezioni d’ottobre. “Le donne sono metà della nostra società, e noi abbiamo intrapreso speciali iniziative per incoraggiare la loro partecipazione, come elettrici e come candidate.”, ha dichiarato il Ministro degli Interni Saud Bin Ebrahim Al Busaeedi.
Nel frattempo le donne ci provano anche con la presidenza. Sapremo se l’indiana Pratibha Patil ce l’avrà fatta all’indomani delle elezioni presidenziali del 19 luglio p.v.; parlando ad un grande raduno di donne a Chennai (50.000 presenze), Patil ha detto che “Le donne, le spine dorsali di ogni casa, lavorano duramente per il progresso e lo sviluppo della nazione” ed è ora che abbiano qualche riconoscimento. Patil intende premere, se sarà eletta, per riservare il 33% dei seggi parlamentari alle donne. Nella Corea del Sud si candida alla presidenza Han Myung-sook, del partito governativo Uri, che ha ricoperto la carica di Prima Ministra (ed è stata la prima donna del paese a rivestire tale ruolo). Han, che ha favorito la cooperazione tra le due Coree, è data attorno al 10% dei consensi. In Argentina si fa avanti la moglie del presidente in carica Nestor Kirchner: Cristina Fernandez de Kirchner si presenterà alle elezioni del prossimo ottobre e fra le sue sostenitrici c’è anche Elisa Carrio, una deputata dell’opposizione.
In Kenya, i leader religiosi musulmani si sono uniti alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili. Durante la preghiera del venerdì insistono sul fatto che esse non hanno nulla a che vedere con l’Islam: “Il nostro primo passo è stato informare le persone, e convincere i genitori che non si tratta di un requisito religioso.”, dice lo Sheikh Harun Rashid della moschea di Isiolo Rahma, “Abbiamo cominciato a piccoli passi già dieci anni fa, ma oggi è tutto il Consiglio degli Imam e dei Predicatori del Kenya ad impegnarsi.” Il paese ha firmato il famoso Protocollo di Maputo nel 2005, ma già dal 2001 aveva bandito la pratica con una legge tesa alla protezione dei bambini.
La morte di una ragazzina di dodici anni, sopravvenuta mentre veniva sottoposta a mutilazioni genitali, ha funto da sprone per il bando della pratica in Egitto. Suzanne Mubarak, la “first lady” egiziana, si è impegnata personalmente nella campagna per cancellare la legge precedente, che permetteva le mutilazioni in “circostanze eccezionali”: “Le mutilazioni genitali sono un esempio flagrante della continua violenza fisica e psicologica perpetrata contro i bambini, e devono finire.” Le autorità religiose del paese hanno espresso inequivocabile sostegno al bando: musulmani e cristiani copti hanno ribadito che non vi è alcuna base nel Corano o nella Bibbia per giustificare la mutilazione delle donne.
I “caschi blu” delle NU verranno finalmente formati alle istanze di genere. La decisione è stata presa dopo che le NU si erano viste costrette ad investigare su 340 casi denunciate, solo nel 2005, di abusi sessuali e stupri perpetrati da 217 militari e 123 civili impegnati nelle missioni di peacekeeping ad Haiti, nella Repubblica Democratica del Congo ed in Kosovo. E le denunce continuano ad arrivare a tutt’oggi. “Sapere di più su come donne ed uomini fanno differente esperienza dei conflitti aiuterà i “caschi blu” a rispondere più efficacemente alla violenza di genere, e a prevenire gli abusi sessuali.”, dice Carmen Moreno, direttrice dell’Istituto internazionale di ricerca e formazione per l’avanzamento delle donne (INSTRAW).
Per preparare i seminari, 140 esperti da tutto il mondo hanno discusso per tre settimane, durante lo scorso aprile, e non pochi hanno espresso preoccupazione per le difficoltà di affrontare nuovi concetti sulla violenza domestica e sessuale all’interno di organizzazioni basate su una mascolinità militarizzata. Per questo, è stato deciso che molti dei formatori saranno uomini: vedere una figura maschile in posizione d’autorità parlare di genere e prevenzione della violenza dovrebbe figurare un bel cambio qualitativo per poliziotti e soldati.
Monica Arac de Nyeko, scrittrice ugandese nata nel 1979, ha vinto il prestigioso “Premio Caine per la scrittura africana” con il romanzo “L’albero Jambula”, che tratta un soggetto largamente tabù, in Africa: l’amore fra due giovani donne in un paese in cui l’omosessualità è illegale. “Penso ci siano molte cose di cui dovremmo cominciare a parlare, senza nasconderle dietro il muro di forti emozioni.”, ha dichiarato l’autrice, “Il libro è la storia della lotta per giungere ad avere il potere di sognare e di amare.” Concludendo il discorso di accettazione del premio, Monica ha detto di dover assolutamente andare a telefonare a sua sorella: “Devo dirle che può smettere di pregare, perché ormai dev’essere un bel pezzo che se ne sta sulle ginocchia.”
Fonti: News.com, WeNews, The Hindu, The Gulf Times, BBC, Irin News.



Mercoledì, 11 luglio 2007