A 40 anni dalla morte di don Milani
Giù le mani da don Milani...

di Alberto Bruno Simoni

Sui giornali del 24 giugno campeggiava una foto di W.Veltroni e D.Franceschini insieme a M.Gesualdi che li guidava nella loro visita a Barbiana. Il fatto non mi ha entusiasmato ed anzi mi ha un po’ infastidito e insospettito, ricordando le parole di don Lorenzo Milani riportate da E.Martinelli nel suo libro: “Quando sarò morto tutti mi esalteranno, ma voi dovrete difendermi da ogni forma di mitizzazione!”.
In effetti, su L’Unità del giorno avanti, lo stesso M.Gesualdi, in una intervista, affermava: “Quando don Lorenzo morì, lo fece in una estrema solitudine, nessuna cattedrale, non c’erano né autorità civili né religiose, ma soltanto due pretini, gli altri preti stavano tutti lontani Ora lo tirano per la giacchetta, facendogli dire a volte cose che non ha mai detto. Chi pensa di rappresentare la società cerca di appropriarsene e paradossalmente era anche la sua paura, che dopo la sua morte se ne sarebbero appropriati non gli ultimi ma il mondo borghese da cui veniva... Non capisco quale parentela intellettuale possa esserci fra la Moratti e don Lorenzo. Se questi politici volessero fare le cose sul serio dovrebbero solo tacere” (L’Unità, 23 giugno 2007). E forse cercare meno visibilità - fosse pure a Barbiana - mi permetto di aggiungere io!
Non so se queste parole M.Gesualdi le abbia ripetute agli illustri ospiti o se abbia tentato di dire loro quanto avrebbe detto il suo Priore a persone così esposte e rappresentative. Avrebbe certamente potuto ripetere le parole stesse di Gesù riguardo a Giovanni Battista: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te” (Mt 11, 7-10).
In effetti, don Lorenzo ha esercitato in un piccolo angolo quel ruolo di precursore, che il beato Giovanni XXIII assumerà per se stesso e per la chiesa intera: quello di “preparare al Signore un popolo ben disposto”! E mentre Papa Giovanni guarderà alla “chiesa dei poveri”, per don Milani sono i poveri in carne ed ossa la molla della sua azione pastorale. Tutto il resto per lui è modo, via e mezzo, mentre al di fuori di questa prospettiva tutto diventa visione unilaterale e strumentale, non rispettosa di lui.
Sempre sulle pagine de L’Unità, dedicate opportunamente al Priore di Barbiana, Enzo Mazzi ci richiama a questa realtà di base imprescindibile, e fa una osservazione indicativa di un metodo e di una prassi: “Il Priore di Barbiana non era in grande sintonia con le comunità di base eppure la comunità di vita e di studio a cui ha partecipato era molto simile ad una comunità di base, non nelle intenzioni ma certamente nella pratica: una pratica (fortunatamente) contraddittoria come lo è sempre la realtà della vita”.
Il rilievo di E.Mazzi relativamente alle comunità di base evidenzia un’attitudine costante di don Milani, che potrebbe essere vera anche riguardo al Concilio, all’aggiornamento della Chiesa, alla scuola, alla società e alla politica: egli sembra rimanere formalmente estraneo alle situazioni e ai movimenti esterni, ma in realtà porta la scure alla radice e produce soluzioni ai grandi problemi che altri agitano, senza darsi arie o etichette. Ma venendo al fatto specifico di cui sopra - la visita di Veltroni e Franceschini - c’è da impedire che don Milani venga giocato politicamente, quando invece solleciterebbe tutti a riportare l’azione politica alla sua radice personale di prassi umana o anche di credenti, a quel qualcosa che nasce e si consuma nel cuore di ciascuno e in rapporto all’altro, prima di ogni schieramento ideologico o partitico.
In termini laici di potrebbe parlare di etica o di stile, mentre in chiave religiosa si tratta di spiritualità: qualcosa che don Milani sembra quasi aver tradito, ma che in realtà ha prodotto in abbondanza, facendo giustizia di tante sue forme spurie. Forse sarebbe il caso di parlare anche di una “spiritualità sacerdotale” del Priore di Barbiana, ma soprattutto della sua coscienza di cristiano o di “neofita”. E se ossassimo parlare di “spiritualità politica!?
Uno squarcio di questa spiritualità ce lo offre opportunamente Massimo Toschi, che sempre su L’Unità del 23 giugno ci parla del “paradosso di Barbiana”.


Alberto Bruno Simoni

Articolo tratto da:

FORUM (60) Koinonia

http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/



Mercoledì, 27 giugno 2007