Convegno internazionale - Sabato 15 marzo 2008 - Relazione
Portatori della pace di Dio: costruire la Pace nel dialogo.

di Massimiliano Pagliai, Pastore Valdese

Di seguito riportiamo la relazione del pastore Valdese di Napoli Massimiliano Pagliai, al Convegno internazionale tenutosi a Napoli Sabato 15 marzo 2008, presso la Sala S. Tommaso, Basilica S. Domenico Maggiore, ed organizzato da "Il Puro Islam" (www.ilpuroislam.net).


E’ rischioso parlare di pace e di dialogo in una realtà sociale interna, e in una situazione politica internazionale particolarmente instabile, dove la contrapposizione, lo scontro, e dunque l’assenza di dialogo regnano supremi, perché si può essere additati come dei sognatori o delle persone particolarmente ingenue  che hanno pochi contatti con la realtà.

Eppure questo rischio, che tale poi non è,  perché fa parte di quella responsabilità, di quella testimonianza, che è un elemento essenziale del mio essere cristiano, deve essere corso.

Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Matteo 5,9) ci ricorda Gesù nelle sue beatitudini che fanno parte del Sermone sul monte.

Una pace che non nasce da una particolare tranquillità interiore, o da una predisposizione al dialogo, ma che è frutto dell’opera di Dio che ci riconcilia con sé stesso. I creatori della pace, così, meriteranno d’essere chiamati  figli e figlie di Dio perché avranno scelto di imitare, seguire, la sua magnanimità.

Questo viene testimoniato anche nel Corano, uno dei nomi di Dio è per l’appunto La Pace(Sura 59, 23), pace che è riservata a coloro Egli ha prescelti (Sura 27, 59), dono di Dio dato ai credenti: “O voi che credete! Entrate tutti nella pace” (Sura 2, v. 208)

Il credente Cristiano od Islamico che sia è dunque portatore della pace di Dio, è chiamato nel difficile compito di riconciliare, individui, famiglie, gruppi e nazioni ostili.

Dove altri innalzano mura per dividere, noi siamo chiamati a gettare dei ponti per superare gli ostacoli ed incontrarci.

Un incontro possibile anche se non facile quello tra cristianesimo ed Islam dovuto anche ad un passato conflittuale vissuto tra guerra santa da una parte, e crociate dall’altro; un passato da rivisitare in un contesto di riconciliazione come ricorda  il documento L’ecumenismo e il dialogo interreligioso approvato dal Sinodo della Chiesa Valdese (Unione delle chiese Metodiste e Valdesi) nel 1998[1].

Un incontro che le Chiese evangeliche Valdesi, Metodiste e Battiste portano avanti attraverso il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) di cui fanno pienamente parte fondato nel 1948  e che rappresenta una comunità che associa permanentemente più di 300 chiese protestanti e ortodosse  che ha sede a Ginevra e che dal 1968 organizza e promuove dialoghi tra cristiani e musulmani.

Un incontro che inevitabilmente deve lasciar spazio al dialogo, un dialogo che prima di tutto si deve basare sulla reciproca conoscenza teologica attraverso la lettura dei testi fondamentali delle rispettive fedi dalle quali risulta l’ascendenza abranitica, condivisa da ebrei, cristiani, mussulmani, ma anche la fede in un Dio unico e personale, la cui rivelazione è attestata in un libro[2]; il richiamo alle figure dei profeti, anche se non tutti coincidono con la tradizione ebraico - cristiana, il richiamo ad un giudizio divino finale ed anche alla risurrezione. Come Evangelico posso essere vicino  al concetto di un credente sottomesso a Dio come evidenzia la parola stessa Islam, riprendendo il concetto di servo arbitrio di Lutero il quale afferma che l’uomo è veramente libero quando è servo di Dio.

Detto ciò risultano anche delle differenze notevoli: la cristologia legata all’incarnazione, al concetto di morte di vicaria, e la trinità sono elementi non accolti nel Corano.

Cosa fare allora? Se si ragiona per dogmi c’è ben poco da fare, forse una via potrebbe essere quella di cercare lo spirito e la fede che anima le rispettive formule dogmatiche[3] come propone il pastore valdese Giuseppe La Torre che da anni a e vari titoli è impegnato nel dialogo con l’Islam e attualmente presiede la Commissione evangelica per il dialogo con l’Islam della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia.

Il dialogo passa anche attraverso la cultura, la conoscenza delle rispettive società; solo così si possono evitare alcune semplificazioni che alimentano l’incomprensione, comprendendo ad esempio che l’Islam non è un monoblocco teologico così come non lo è il Cristianesimo,  che non tutti gli Islamici sono dei terroristi, ma vi sono tante persone che vogliono lavorare e vivere serenamente ed in pace; così come bisogna capire, dall’altre parte, che il cristianesimo e la società Occidentale non sono propriamente alla deriva e che la cultura cristiana con il suo incontrarsi e purtroppo scontrarsi ha prodotto una particolare sensibilità per la salvaguardia dei diritti umani che comprendono il libero pensiero e la possibilità di esprimere la propria fede in un clima di pace che non si basa sulla tolleranza, ma l’uguaglianza che chiama alla reciprocità.

Questo è un punto imprescindibile per me come cristiano evangelico valdese all’interno di un dialogo, perché la storia dei valdesi parla di crociate e persecuzioni alle quali si è sopravvissuti per la diversità di fede professata che si basava, sul sacerdozio universale, sulla volontà di vivere il Sermone sul Monte, sull’amore per la Bibbia come libro che guida la vita non solo spirituale, ma anche sociale del credente.

Soltanto con la costituzione repubblicana i valdesi hanno visto riconosciuti i loro diritti di Italiani grazie all’articolo 8 che recita: “Tutte le confessioni religiose sono uguali davanti allo Stato”.

Per me, dunque è fondamentale  che l’incontro avvenga in un Stato laico che non significa ateo, sia ben chiaro, ma un Stato, ossia una società nella quale i diritti umani dell’uguaglianza, del libero pensiero, politico e religioso vengano salvaguardati non solo per quel che riguarda la maggioranza, ma soprattutto per quel che riguarda le minoranze che devono essere protette e non omologate.

Questo non significa, sia ben chiaro che le religioni non siano portatrici di pace e di dialogo, altrimenti la prima parte del mio intervento non avrebbe senso, le diverse religioni si scontrano quando la fede viene strumentalizzata, quando ci si mette al posto di Dio appropriandosi della Verità che appartiene soltanto a lui, dimenticando che noi siamo portatori della Parola di Dio e non Dio; non a caso la scorsa estate mi sono comprato una maglietta sulla quale c’era scritto: Dio c’è, ma non sei tu. Rilassati! Quando si demonizza l’altro diventa inevitabile la contrapposizione e lo scontro, ma facendo questo si dimentica d’essere portatori della Pace di Dio, dimenticando d’essere figli e figlie di un unico Dio, dimenticando il valore della vita che si manifesta nel rispetto della propria dignità attraverso il riconoscimento della dignità altrui. Valori che accomunano, a mio avviso, sia il Cristianesimo che l’ Islam.

La mia testimonianza di Cristiano evangelico è quella di essere aperto al rispetto di chi ho davanti a me, sia per quanto riguarda ciò che mi accomuna ad una persona, sia per quel che mi contraddistingue, non riconoscendo nella diversità necessariamente un punto di rottura, ma un impegno che mi permetta non solo di fare una generica dichiarazione d’intenti affermando che in fondo crediamo tutti ad un unico Dio e che siamo tutti figli di Dio, ma di camminare fianco a fianco  lungo un unico percorso di pace.

Siamo dunque portatori di pace, sia come cristiani che come musulmani, una pace da  realizzare nel dialogo, dialogo che porta ad una reciproca conoscenza; una conoscenza che deve portare al rispetto reciproco, alla reciproca collaborazione, in un clima di rispetto e di uguaglianza spirituale e sociale.

La Chiesa, la Moschea, la Sinagoga, sono luoghi nei quali bisogna dialogare per esercitare la Pace questo è l’impegno del quale dobbiamo essere portatori in un mondo che conosce ancor oggi troppe guerre, troppi conflitti che portano con sé odio, sofferenza e morte, affinché la Pace di Dio possa essere vista non come un’utopia destinata ad un mondo futuro, ma una possibilità e realtà di vita rivolta a tutti gli uomini a tutte le donne, a tutti i bambini del nostro tempo.



[1] L’ecumenismo e i l dialogo interreligioso, pag.  61, Claudiana, Torino, 1998.

[2] Ibidem.

[3] La Torre Giuseppe, Bibbia e Corano, pag. 126, Claudiana, Torino .



Lunedì, 17 marzo 2008