Proponiamo in anteprima leditoriale che verrà pubblicato sul prossimo numero del settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi “Riforma”. Lautore è direttore del settimanale e pastore della chiesa valdese di Torino.
Nel momento in cui andiamo in stampa le vittime della furia induista contro i cristiani nella regione indiana di Orissa sono salite a quattordici. La lista è da bollettino di guerra: 42 chiese distrutte, 3 conventi, 5 ostelli, 7 centri pastorali, devastate circa 300 case private. La Farnesina ha convocato lambasciatore indiano. Il ministro degli Esteri Frattini presenterà uninterpellanza al Parlamento europeo per fermare questa ondata di violenza in un paese in cui, in molte regioni, religioni diverse convivono pacificamente da anni. Contro la mattanza in Orissa molti cristiani hanno manifestato, in questi giorni, pubblicamente in modo non violento. Lo scrittore indiano S. Mehta, autore del volume sui contrasti dellIndia Maximum City, Bombay città degli eccessi, attribuisce una delle cause dellondata di violenza alleccesso di proselitismo - in particolare di segno protestante - dei cristiani nei confronti dellinduismo. In unintervista ripresa dal quotidiano La Repubblica (27 agosto) lo scrittore nota che a spezzare il clima di pacifica convivenza tra religioni "sia stato larrivo dei protestanti delle chiese evangeliche, che dispongono di ingenti fondi e fanno proselitismo in maniera aggressiva (…); i missionari costruiscono ospedali, orfanotrofi, scuole". Sulla stessa linea si è espresso padre Anand Mutungal, che ha spiegato a Radio vaticana come "le conversioni forzate siano molto poche in India e soprattutto nelle regioni Indù come lAndra Pradesh, a praticarle - sostiene il prelato - sono soprattutto predicatori di chiese indipendenti di origine protestante-evangelica con base in Usa e Canada che spesso offrono in cambio aiuti materiali. Il lavoro di queste chiese deve essere fermato". Ma al momento le vittime cristiane si contano soprattutto tra i cattolici. La scintilla che ha scatenato londata di violenze è stata luccisione del santone indù Swami Lakshamanand Saraswati. Allodio verso i cristiani coltivato da frange fondamentaliste indù fa da pendant una massiccia dose di intolleranza tra cattolici e protestanti. Secondo la monaca induista Hansananda Giri, vicepresidente dellUnione induista italiana, il conflitto nel subcontinente indiano è soprattutto politico. "Si tratta - dice - di una volgare strumentalizzazione dell induismo per fini politici. Non è tanto la questione del proselitismo - anche se ogni forma di proselitismo aggressivo, da qualunque parte arrivi, è da condannare - quanto una questione economica". In effetti il sottosuolo dellOrissa è ricchissimo di materie prime ma la popolazione è tra le più povere del continente. Caos sociale e militarizzazione del territorio giovano alla causa degli estremisti. "Il cuore vero dellinduismo è la nonviolenza. LIndia non ha mai invaso altri territori, ha saputo accogliere e integrare altre culture e religioni. Non cè democrazia al mondo - conclude Hansananda Giri - le cui minoranze siano così ben rappresentante in Parlamento come in India". In buona sostanza nella regione di Orissa sarebbero in gioco gli interessi economici delle multinazionali, la religione è solo una copertura. Quando la politica usa la religione per raggiungere i propri scopi è sempre un disastro. E non solo in India.
Lunedě, 08 settembre 2008
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