Sono nellinsieme parole “che pesano”, "quelle lasciate per creare piccole relazioni rispettose": «Non accogliamo perciò le persone escluse in una casa che è il vecchio mondo, ma costruiamo insieme a loro un mondo nuovo. Proprio gli esclusi, pietre scartate, diventano pietre angolari e diventano per noi, insieme a noi, un mondo nuovo. Entriamo in questo mondo nuovo incapaci e inconsapevoli: non abbiamo risposte precostituite per le necessità di questi nuovi fratelli, non sappiamo quale casa, quale lavoro, non sappiamo in che modo metterci al loro fianco. Divisi da storie di guerra, differenze di religione, contrasti economici, cerchiamo fatti di pace ed esperienze di comunione e di solidarietà. Il piccolo mondo dei rom è solo un esempio, uno schema, di quanto accade fuori. In questo mondo nuovo che ci apre nuove prospettive, nuove letture, cerchiamo di entrare a piccoli passi, chiediamo di essere accolti nel superamento delle nostre paure, cercando di vincere la separazione del vetro, la diffidenza di un modo di vita che ci è estraneo, di uneconomia che per noi non ha logica, di un modo di amare che ha altre forme di espressione. Entriamo in questo mondo nuovo che gli altri hanno costruito per noi e a cui noi ci dobbiamo semplicemente adeguare, come in una scuola: riscopriamo bisogni sepolti, attitudini mai messe in pratica e ci troviamo tutti insieme al primo gradino, sulla soglia di questa nuova casa».
Sono proprio convinto, infatti, che, al di là del ricordo, con questo libro offriamo anche uno strumento di studio e di lavoro, prezioso in un momento non facile (...): molte volte ne sentiamo il peso, ma non troviamo la lucidità, prima ancora del coraggio, per dipanare i problemi, per avanzare ipotesi, per proporre strade possibili. Offriamo qui con soddisfazione, dunque, non un libro/soprammobile o un libro/ricordo, ma oserei dire, un ulteriore sussidio pastorale preparato da Pinuccia. (Saviola).
Giuseppina Scaramuzzetti è nata a Seveso (MI) nel 1944, dove la sua famiglia era sfollata da Milano, città in cui ha passato linfanzia e ha “studiato da maestra”, come diceva con orgoglio la sua mamma, precocemente scomparsa. Appena diplomata fa il suo lavoro che è anche la sua passione: per fare il suo dovere di maestra, inizia ben presto unattività di doposcuola presso i Rom di via Agordat. Nasce così un percorso professionale che diventa stile di vita, visione del mondo, cammino di fede: nel 1974, nella temperie immediata erede del 68 e del Concilio, inizia a condividere la vita dei Rom, in una giovane esperienza ecclesiale che dallanno seguente diventa stabile comunità della Diocesi di Verona. Nel contesto, solidale e comunitario, del Gruppo Ecclesiale Veronese fra i Rom e i Sinti, vive, abitualmente in roulotte, per 32 anni, fino alla morte sopraggiunta dopo breve malattia nel luglio 2006. Donna dai molti interessi, ha vissuto senza retorica la condivisione della vita di Rom e Sinti, la passione di insegnare, labilità artistica, la partecipazione a commissioni ecclesiali (CEMI, Migrantes, UNPRes), gli affetti familiari - a “casa propria”e insieme sempre un po ospite, sia fra le roulottes che in Università, nella città laica e solidale come nella Chiesa. Questa sua non ordinaria “normalità” la colloca fra i testimoni di quel secolo breve intenso complesso che è stato il 900.
Questa raccolta di suoi scritti è nata dalla stima e dallaffetto di amiche e amici - fra gli altri, quelli dellUNPReS (Ufficio Nazionale per la Pastorale fra i Rom e i Sinti) e della Migrantes. E stata curata dalla sua comunità di vita, che, come si legge allinterno, ama firmarsi con il nome collettivo di CIPIBEC.
Sabato, 26 luglio 2008
|