Recensione
Da Bart a Barth.

Per una teologia all’altezza dei Simpson, SALVARANI Brunetto, Torino 2008, Claudiana, 160 p


di Luciano Grandi

Aggiungendo un’ulteriore tappa ad un percorso che si snoda all’interno del territorio della teologia narrativa, il nuovo volume di Brunetto Salvarani intende mettere in rilievo le numerose tracce teologiche presenti nella celebre serie di disegni animati che vede per protagonisti I Simpson (nel nostro paese trasmessi su Italia 1). Fin dal titolo viene evidenziata una notevole capacità - che è una delle caratteristiche salienti della produzione saggistica dell’autore - di coniugare l’acuta analisi mass mediologia di un fenomeno che prosegue da vent’anni con i contenuti di maggiore rilevanza concettuale presenti nelle battute che si scambiano i protagonisti. I Simpson sono una famiglia che racchiude i vizi e le virtù delle famiglie “postmoderne”, che accanto alle dinamiche tradizionali che caratterizzano l’esperienza di tutte le famiglie, presentano la fulminea rappresentazione di una narrazione tipica delle “striscie” ( e che, in quanto parlano di noi, sono particolarmente amati da un pubblico fedele che attraversa le generazioni).
Uno degli elementi che possono spiegare tale successo, sostiene l’autore, è proprio il fatto che la serie è imperniata su una famiglia, istituzione al centro dell’attenzione sociologica per le sue evoluzioni e trasformazioni e mai sufficientemente conosciuta. La famiglia Simpson mette in scena “ una famiglia americana qualunque, capace però di fare vedere incontro luce l’eccezionalità di ogni storia, di ogni vicenda umana, persino della più (apparentemente) banale e frustrata” (pag. 36). E che non si tratti di un’intuizione isolata di Salvarani, lo si evince dalla bibliografia che viene indicata a corredo del testo e dalla quale ricaviamo l’elenco di saggi e interventi di filosofi e letterati che hanno visto ne i Simpson una cartina di tornasole del nostro quotidiano, con le sue ansie e i suoi interrogativi, le spinte all’indifferenza e la nostalgia di un passato migliore e che non tornerà più. L’analisi contenuta nel libro sottolinea come ne I Simpson i temi religiosi, i riferimenti al sacro siano molto presenti. E’ frequente infatti il rivolgersi direttamente a Dio, il parlare di lui, in modo non superficiale, ma anzi permettendo di sviluppare riflessioni sul senso dell’esistenza, dei legami familiari, dell’amicizia, sul ruolo e le modalità di un confronto tra fedi che appaiono tra i personaggi che affiancano i protagonisti: un fatto non scontato non soltanto per il mondo dei disegni animati, ma più in generale anche per l’intera programmazione televisiva. Un dato che vale non soltanto per l’esperienza americana - molto attenta sua a non urtare le componenti tradizionaliste della sua compagine sociale, sia a non interferire con alcuni dei tanti gruppi religiosi attivi - ma anche per quella europea. La religiosità espressa dal capo famiglia, Homer, dal pastore Lovejoy e dagli altri adulti, rappresenta una comunità in crisi, dove la Parola non riesce a scalfire un crescente senso di assopimento provocato “dall’incapacità di proclamare la differenza evangelica” (pag. 52). Come avviene anche nella realtà il tiepido Homer deve confrontarsi con un integralista cristiano, il vicino di casa Neil Flanders, che incarna “l’enorme influenza della religione sull’etica, senza alcuna mediazione: ai suoi occhi moralmente giusto significa semplicemente comandato da Dio e moralmente sbagliato sta per vietato da Dio “(pag 55).
Il microcosmo di Springfield, la cittadina dove si svolge la vita dei personaggi, è interessato da un pluralismo religioso che provoca discussioni e interrogativi: la narrazione di Groening (il creatore della serie) riesce a sollecitare lo spettatore sulla necessità “di interagire in modo creativo con l’ambiente nel quale siamo immersi, di favorire la crescita di una relazione armonica, di un arricchimento reciproco…. di un dialogo che non accetta di rinunciare alla propria identità” (pagg. 71-72). L’elenco di episodi analizzati da Salvarani dimostra la quantità di temi complessi affrontati. Tra questi l’anima (e le sue definizioni) e la morte, dai quali si può leggere, riflessa, la condizione del cristianesimo contemporaneo: “un’adesione generalizzata alla religione cristiana senza però credere alla resurrezione dei morti, ma piuttosto alla reincarnazione, lasciando intravedere una plurima appartenenza religiosa o pseudoreligiosa” (pag. 81). I personaggi presentano tutte le incoerenze di chi è depositario di una fede certa e pertanto non hanno “la tentazione di chiamarsi fuori da una necessaria revisione”: per questo motivo riescono ad assumere il ruolo di coscienza critica per chi li guarda.
E’ passato molto tempo da quando - al loro apparire sui canali televisivi italiani - si levavano alte le voci di coloro che condannavano i modelli (dis)educativi incarnati da I Simpson. Come spesso accade per linguaggi e modelli artistici innovativi, le menti conservatrici sono state pronte a colpire ciò che le spiazzava, trascurando il fatto che quella famiglia rappresentava ciò che avviene quotidianamente tra le mura domestiche (il dialogo che non nasconde asprezze, la complicità tra coniugi, l’affetto filiale che non cela il conflitto tra generazioni, l’importanza dell’unione per superare le difficoltà). Salvarani, con il suo saggio, dimostra - con una capacità interpretativa che unisce efficacia e leggerezza - che le avventure dei Simpson possono diventare uno strumento, all’altezza dei nostri tempi, di dialogo sui massimi sistemi e capace di intercettare l’attenzione dei giovani e degli adulti che ancora hanno voglia di guardare al mondo con curiosità


Luciano Grandi



Martedì, 24 giugno 2008