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Intervista con Normanna Albertini scrittrice

a cura di Carlo Castellini

CHI E’ NORMANNA ALBERTINI?
E’ nata a Canossa nel 1956. Insegnante. Vive e lavora nel Comune di Castelnovo ne’ Monti.E’ impegnata in varie iniziative di pace e solidarietà. Scrive da anni per “Tuttomontagna”, mensile dell’Appennino Reggiano”. “Shemal” rappresenta il suo esordio letterario.
PRESENTAZIONE DI CHIMIENTI EDITORE.
“Ora una giudea, lì in tribunale, lo sta fissando con un’insistenza fastidiosa e sospetta. L’aspetto è quello di una strega, con i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle magre e gli occhi brillanti, accesi, nei quali sembras soffiare lo stesso vento profumato di vita che muove in onde verdi e gialle i campi primaverili. La vita che egli non conosce. La vita che egli combatte e spegne, ma che si riaccende in continuazione; fiamme inestinguibili che risorgono dalle ceneri calde accumulate sul terreno delle foreste di uomini, donne e idee, periti nei roghi. La vita che qualcuno, molti anni prima, soffocò e uccise in lui”.
A MO’ DI PREMESSA E PRESENTAZIONE DI FRANCO   PORSIA.
Non un romanzo, non un saggio storico: una testimonianza. L’oro, ma meglio il desiderio dell’oro, che circola in forma di serpe nelle regioni e nelle corti di un tardissimo Medio Evo; l’ansia della novità e della ricchezza; i sogni, gli incubi e le nenie delle espe3rienze intime della coscienza e quelli nascosti e mai rimossi dell’inconscio; le folle e i gruppi fanatizzati; il Potere; odor di cera e di pece nelle segrete dei tribunali inquisitori ali. Senz’altro un’ambientazione inconsueta.
Malfante a Tuat; Colombo che viene e che va;Torqueimada, il Malleus malefica rum. Si viaggia spinti da smanie di beni tangibili e materiali, mai intellettuali e spirituali. Si governa per sorvegliare l’integrità della propria potenza, non mai per la serenità degli altri. E sopra tutto e tutti, quest’incredibile Elvira, che tien testa al terribile inquisitore e lo invaghisce di sé (strega?), rivelandogli la povertà, l’assenza di carità del suo essere e della sua mente.
Incredibile Elvira: finissima esegeta, piu’ fine dei giudici teologi; più “affocata” di Margheita La Porète, più determinata di Giovanna d’Arco. Carità contro integralismo. Da dove nasce la carità? Da un’esperienza ereticale? Da una natura ereticale? Dall’eresia in astratto? E’ la carità a sua volta fondamentalista?
Uno scritto una sceneggiatura che invita al pensiero, più che al godimento letterario.
 (A CURA DI CARLO CASTELLINI)                                                                                                (FRANCO   PORSIA)
 

Normanna Albertini con due suoi alunni

Normanna albertini con due suoi alunni

L'INTERVISTA

E’ stato faticoso il tuo inizio di scrittrice?
No, nessuna fatica: scrivo per puro piacere, scrivo perché amo il suono delle parole, la melodia delle frasi. Scrivo per dare vita a personaggi che poi diventano dei compagni di viaggio e che, quando li lascio perché ho concluso l’opera, mi mancano. Inoltre, la scrittura funziona come autoterapia, per guarire o, almeno, riconoscere, le ferite interiori.
 Perche’ hai scelto la forma narrativa del romanzo?
In realtà ho cominciato con un racconto; poi non riuscivo ad abbandonare il personaggio, in questo caso Elvira, la quale sembrava avermi presa per mano e volermi trascinare nella sua storia. Così, piano piano, mese dopo mese, è nato il romanzo.
Cosa si nasconde dietro questo titolo? “Shemal”? Esoticità? Ricerca del sensazionale? Formula?
Niente di tutto questo. Ci sono dei miti, precedenti la Bibbia, che riportano a divinità a cui, poi, tutte le religioni del Mediterraneo si sono rifatte. Shemal, divinità della Siria o dell’antica Mesopotamia, per quel che ricordo, era il principe delle tenebre. L’assonanza con Samaele, nei racconti ebraici uno degli angeli della caduta, forse uno dei nomi di Lucifero stesso, mi aveva colpito. Samaele/Shemal è “Colui che si mette in mezzo” tra l’uomo e Dio, che ama le tenebre e odia la luce e che fa dell’oro l’unica sua luce… Ricorda qualcosa?
Cosa ti proponi di esprimere con questo testo raccontato?
Rispondo con le parole di Elvira stessa quando spiega chi è per lei il demonio: “Satana, l’avversario, il principe delle tenebre precedenti la creazione, nelle quali Dio ordinò sia fatta la luce! Dio vuole la luce, la verità. Chi si oppone a Lui cerca invece di trascinare il mondo intero in un pozzo profondo e tenebroso. Chi si oppone a Lui odia la luce, sfugge ed aborre la verità e si nasconde nelle tenebre della menzogna. Chi è, chi sono oggi gli avversari di Dio? Chi è, oggi, che come Samaele si rifiuta di onorare l’uomo come suprema creatura di Dio? Una creatura fatta di polvere, ma che di Dio è l’immagine e ne contiene il soffio, la sapienza e l’intelligenza e non merita di vivere nella polvere? Oh! Sì! Credo in questi avversari di Dio e dell’uomo… li vedo intorno a me… li vedo… Ciò che si mette in mezzo tra l’uomo e Dio è sempre stata soltanto una cosa, sin dagli inizi della creazione. La stessa che ha dannato Lucifero ed Adamo: la sete di potere e la presunzione di potersi sostituire a Dio. Che poi Satana sia una persona, o che siano le persone a diventare demoni, tentati dalla sete di potere, questo io non so spiegarvelo, perdonatemi.” Ecco: riconoscere, oggi, i demoni/uomini/ideologie/economie che trascinano l’umanità nella polvere, nella miseria, nella povertà estrema, addirittura in nome di Dio era il mio intento.
A quali lettori ti rivolgi?
A tutti coloro che hanno voglia di fermarsi e pensare prima di parlare e agire; a tutti quelli che, credenti o meno, non accettano che si possa torturare o massacrare per il “bene” di qualcuno; a tutti i cattolici cha accettano passivamente le prese di posizione palesemente errate di certi pontefici, anche quando possono fare molto male a molta gente, invece di confrontarle con il messaggio evangelico e rifiutarle. L’ultima, quella della pillola anticoncezionale che inquinerebbe il mondo e renderebbe sterili i maschi è una tale corbelleria che ci si chiede quale mente sana possa averla partorita.
La prima volta che l’hai presentato in pubblico che cosa hai detto?
Più o meno questo: “E’ stato per rispondere ad un mio bisogno interiore che ho scritto il libro. La storia di Elvira, la vera protagonista, è la storia di tante donne; purtroppo, vista la situazione di guerre, terrorismo, integralismi religiosi e povertà estrema che dilaga nel mondo, è anche la storia di tante donne del nostro tempo. Allora, spesso, penso di essere stata fortunata a nascere in questo luogo e in questi tempi… è solo fortuna, no? Perché bastava spostarsi di qualche centinaio di km a sud o a est e già per me, come per altre donne di oggi, la vita sarebbe stata, diciamo… più complicata! E se poi mi fossi spostata indietro nel tempo… mi basta ripensare alla vita delle mie nonne, della mia bisnonna, il cui marito era morto nella prima guerra mondiale, lasciandola vedova con due figlie e una in arrivo, senza nessun sostegno economico, e ritrovo il dolore, la fatica immensa, la disperazione della miseria. Mi è andata bene. Un po’ meno bene è andata ad Elvira. Quando ho incontrato la sua vicenda ne sono rimasta sconvolta. Così, pian piano, ho pensato di raccontarla. In realtà era il 1568, quando a Toledo fu intentato contro Elvira un processo per eresia. La poveretta era sospettata di simpatie verso il Giudaismo. Io ho collocato i fatti intorno al 1492 per far agire, contemporaneamente, e raccontare, personaggi come Colombo, Rodrigo Borgia, Torquemada. Inoltre, il 1492 è anche l’anno della cacciata degli ebrei dalla Spagna e dal nostro sud Italia: una storia terribile, che, credo, pochi conoscano, perché difficilmente ci si ferma a studiarla…”
Normanna, sei nata a Canossa; la conosciamo dai libri di storia. Come si presenta oggi la tua città?
Io sono nata in un villaggetto di campagna nel comune di Ciano d’Enza, oggi comune di Canossa, che è comunque un paesone, non certo una città. Vivo poco lontano, nel comune di Castelnovo ne’ Monti (RE), ai piedi della Pietra di Bismantova di dantesca memoria. Sono luoghi bellissimi, diciamo pure bene amministrati, anche se noi ci lamentiamo, con un’immigrazione che è la terza più alta d’Italia ma, in proporzione, pochissima criminalità. Certo: la crisi economica si sente anche qua e le cose potrebbero peggiorare parecchio. Sì, la povertà è già aumentata e ne hanno dato atto i vari centri Caritas parrocchiali e diocesani. La presenza della chiesa è ancora forte, le parrocchie funzionano abbastanza, ma si è sentita, dopo un periodo di grande apertura e vera missionarietà, la svolta reazionaria di Ruini (che è di Reggio) e di Ratzinger, che ha allontanato e allontana molti fedeli. Noi emiliani siamo gente interiormente libera, soprattutto lo sono le donne, rispetto al resto delle italiane: da sempre sono loro le “resdore”, le “reggitrici” della famiglia. Forse per questa tradizione di attaccamento alla libertà, qui da noi, partiti come la Lega Nord non hanno attecchito così bene come in altri Nord. Sì, Reggio è ricca di storia e, a proposito del mio libro, a Reggio ci sono i documenti della comunità ebraica, è uno degli archivi più ricchi d’Italia. Se uno si legge con attenzione anche i libri di uno storico cattolico come Sandro Spreafico, molto onesto e scrupoloso, libri della storia della Chiesa che riguardano il ‘700, ci sono degli accenni a vicende come quelle dei battesimi forzati. Lui magari li mette in forma interrogativa, che ci fanno capire che la risposta è sì, ci sono stati i battesimi forzati, ci sono state le persecuzioni. In duomo ci sono anche le celle dove imprigionavano i preti, quelli che sbagliavano, e ci sono gli atti dei processi ai preti… Sui processi dell’Inquisizione sono usciti molti libri che riguardano il Veneto o altre zone d’Italia, processi alle streghe. Era il braccio secolare che si occupava della condanna a morte, non la Chiesa. Questo è interessantissimo, perché è lo stesso atteggiamento che hanno avuto, da un certo punto in avanti, i nazisti nello sterminio degli ebrei. Non doveva più essere il soldato nazista delle SS, che si sporcava le mani, a spingere gli ebrei nelle camere a gas. Dovevano essere degli altri ebrei, i Kapò. Uno dei quali è sopravvissuto, abita a Roma, è venuto anche a Reggio; aveva 17 anni all’epoca. Dovevano essere loro stessi a sporcarsi le mani. I tedeschi dovevano vigilare e basta, in distanza. Dare l’ordine e rimanere con le mani pulite. Dopo i primi massacri fatti nell’oriente europeo, in Ucraina, i soldati tedeschi andavano in crisi di fronte ai macelli fatti all’aperto (trentamila ebrei ammazzati nei pressi di Kiev all’inizio dell’aggressione avevano creato un clima spaventoso). Quindi il meccanismo è simile: il tedesco è puro, è di razza ariana, e non deve sporcarsi le mani. E lì c’è qualcosa, il braccio secolare… senza spargimento di sangue: bruciarli col fuoco. A Reggio c’è stato un famoso processo ad una strega, Gabrina degli Albeti, la più famosa. Dal suo nome è nato un sodalizio di storiche, pensatrici femministe che si è intitolato a lei. A volte gli Ebrei venivano fatti convertire forzosamente; ci furono anche a Reggio casi di sottrazioni di bambini alle famiglie ebraiche perché si diceva che una domestica, per esempio, aveva battezzato di nascosto.  Anche da noi, nella nostra realtà, sono accadute cose simili a quelle raccontate nel libro.
 Cosa ti spinge a scrivere? Ti senti ispirata o stai cercando la tua strada?
Cosa mi spinge l’ho già detto sopra. Non sto cercando una strada come scrittrice, ma sto “convertendo”, a mano a mano che passa il tempo, la mia strada, il mio cammino di essere umano. Convertire significa cambiare direzione, scegliere, senza paura, per il cambiamento, quando si capisce che è il momento. In questi cambiamenti, in queste scelte, c’è stata e c’è anche quella di scrivere.
Che senso hanno per noi oggi queste storie ambientate nel cupo Medio Evo?
Elvira è una donna del 1500. Una vittima, come tante altre donne e bambine di oggi. C’è un proverbio che dice: "Una femmina non e' mai bambina".   E’ vero per la maggioranza delle bambine del mondo, che vive in paesi dove non sono affatto benvenute, dove non ci si cura di loro; nella maggior parte di questi paesi, una bambina mangia per ultima e meno di tutti: è tre volte più a rischio di denutrizione rispetto ad un bambino. Spesso non viene portata da medici se è malata, e ci sono meno probabilità che venga vaccinata. Le bambine vengono spesso tenute fuori dalle scuole e messe al lavoro. In casa, nelle fabbriche, nei campi, ci sono bambine che lavorano. Cominciano a lavorare ad un'età molto bassa, e lavorano dall'alba al tramonto.  Questa e' la vita di una bimba nel mondo “in via di sviluppo”, quando le e' permesso di vivere. Sono infatti milioni le donne e bambine "scomparse" dalla popolazione mondiale a causa degli aborti selettivi per sesso, dell'infanticidio femminile, della denutrizione, dell'abuso e della negazione di cure alle neonate. Le costrizioni e le catene che sono state messe addosso alle bambine per secoli stanno cominciando ora, ma solo cominciando, ad essere rimosse. Abbiamo, oggi, tanti “Medioevi” che ci sono contemporanei: guardare a quello che noi abbiamo vissuto potrebbe aiutare ad aprire gli occhi su quelli odierni.
Malfante, Colombo, Torquemada: che senso acquistano per noi oggi?
Quando arriva Cristoforo Colombo, dopo mesi di viaggio e sofferenza, alla terra che battezza Hispaniola, trova il popolo Indios, pacifico, accogliente. D’altra parte, nelle risposte di Elvira, ebrea discendente di ebrei, alle domande dell’inquisitore, emerge la cultura ebraica nella preoccupazione per la “persona”. E’ un dibattito molto moderno, viene da Aristotele, ma è moderno. Noi parliamo del “materiale” e dello “spirituale”, distinguiamo queste cose, separiamo, sezioniamo la persona, invece lei risponde varie volte facendo appello alla “persona”, al valore della persona. Ora, gli Indios hanno molto di questo. Dicono addirittura che gli Indios siano discendenti di Ebrei. Nella loro cultura, nella loro forma religiosa avevano l’attesa di un messia, avevano il valore della persona, avevano cose che si ritrovano molto nella cultura ebraica. Questo popolo di Indios che è accogliente, è poi manovrato, sfruttato da tutta la ciurma di Cristoforo Colombo. Di fatto parlano di sei milioni di Indios ammazzati solo in Brasile, quindi sono molti di più. È  stato un macello. Anche questa cosa di battezzare sia gli Indios e anche i neri in seguito al traffico degli schiavi: dovevano essere battezzati perché il certificato di battesimo era il titolo di proprietà dello schiavo! Dovevano essere battezzati, il proprietario aveva il certificato di battesimo e diceva:”questo è mio!”. E ancora la violenza su questo popolo, un popolo che ha rifiutato la schiavitù. E ci hanno rimesso la pelle.  E adesso, la nostra gente non è forse manovrata?  Ci sono poi certe espressioni di Malfante, andato anche lui alla ricerca dell’oro nel centro Africa, dove aveva imparato nuove cose, e riappare con delle riflessioni interessantissime, con il sapore della cultura dei sufi musulmani. Queste forze, queste minoranze, sono forze che resistono, resistono al potere. Il potere: allora erano alleati i re cattolici con il “potere della verità” e la ricerca dell’oro; per me più disastroso di quello non ci poteva essere nient’altro! Adesso, secondo me, siamo nella stessa situazione. Le minoranze di oggi, dove le troviamo? Questo popolo che è manovrato dai media, è soltanto manovrato o ha una sua resistenza? Dove troviamo il senso della resistenza, oggi, che riesca a scalfire, non solo come un momento di amore, come l’angoscioso momento di amore, ma come la proposta liberante da questo potere, e dai suoi Torquemada,  che anche oggi è molto forte?
Elvira, figura fisica ma anche simbolica: chi sarebbe oggi e cosa direbbe?
Mentre pensavo al personaggio di Elvira, in mente avevo soprattutto la figura di un’altra giovane ebrea perseguitata: Etty Hillesum, morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943. Era di Amsterdam e nel campo era arrivata volontaria, per seguire ed aiutare gli altri ebrei deportati. Ecco cosa scrive il 27 febbraio del ‘42 a proposito della violenza dei suoi persecutori. Credo che l’immagine che dà del soldato della Gestapo vada a pennello per qualsiasi aguzzino e credo che la reazione di Hetty sia una bella lezione per tutti noi: “ In fondo, io non ho paura: Non per una forma di temerarietà, ma perché sono cosciente del fatto che ho sempre a che fare con degli esseri umani, e che cercherò di capire ogni espressione, di chiunque sia e fin dove mi sarà possibile. E il fatto storico di quella mattina non era che un infelice ragazzo della Gestapo si mettesse a urlare contro di me, ma che francamente io non ne provassi sdegno- anzi, che mi facesse pena, tanto che avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Aveva un’aria così tormentata e assillata, del resto anche molto sgradevole e molle. Avrei voluto cominciare subito a curarlo, ben sapendo che questi ragazzi sono da compiangere fintanto che non sono in grado di fare del male, ma che diventano pericolosissimi se sono lasciati liberi di avventarsi sull’umanità. E’ solo il sistema che usa questo tipo di persone a essere criminale. E quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell’uomo, non l’uomo stesso”. Elvira sarebbe stata Etty,o forse una delle tante donne che, nel mondo, lottano oggi per la pace e i diritti umani.
A distanza di tempo come giudichi il tuo primo scritto?
Lo amo, come un figlio. E sono felice di questo figlio.
Ho visto che scrivi su “Tuttomontagna”: ti piace camminare e fare trekking?
Mi piace camminare per monti e boschi, ma Tuttomontagna non c’entra con questo! È un mensile di informazione storico, culturale, religiosa, politica e sociale della montagna reggiana, non un giornale di alpinismo. Sono ben contenta di partecipare della redazione.
Come vivi la tua professione di insegnante? Come vedi oggi la scuola?
Penso che la nostra scuola elementare sia (fino ad oggi…) una delle migliori del mondo e, incontrando i ragazzi stranieri arrivati qua, ne sono sempre più convinta. Poi peggiora con le medie e con le superiori: lì ci sarebbe da aggiustare… Mi piace il mio lavoro, soprattutto ora che è dedicato agli immigrati.
Hai partecipato ad altre attività solidali: puoi dirci quali?
Aderisco da anni all’associazione di solidarietà internazionale Rete Radiè Resch, fondata dal giornalista e scrittore (e meraviglioso amico!) Ettore Masina. Ho fatto tante cose, ma ho una specie di pudore a parlarne. È sempre poco quello che si fa…
Come si chiama tuo marito e che lavoro fa?
Mio marito (da 32 anni) si chiama Enrico ed è un dipendente dell’Enìa, la società che distribuisce il gas e l’acqua nel reggiano.
Chi sono per te Anna e Mario? Cosa fanno?
Sono i miei ragazzi, i miei figli! Lei è assistente sociale (e diplomata in tromba al conservatorio), lui fa l’operaio forestale in una cooperativa che si occupa del verde pubblico.
Quali sono le tue letture ed i tuoi autori preferiti?
Leggo di tutto, soprattutto saggi. In questo momento, l’ultimo libro di Eduardo Galeano. L’elenco sarebbe impegnativo e lungo: va da Ettore Masina, a Graham Green, a Sebastiano Vassalli, a Verga, Pirandello, Pavese. Sono una lettrice accanita da sempre, ma il mio libro preferito rimane Pinocchio di Collodi.
Quali sono i religiosi o le religiose sposate che hai conosciuto? Quale impressione ti hanno
Lasciato dentro?
Ho un’amica brasiliana che era suora e da vent’anni è sposata qui sui nostri monti. Una bella figura, serena e in pace, per niente ripiegata su se stessa, aperta agli altri e impegnata nella sua parrocchia. Ne ho conosciuto altri e, da quel che ho visto, la fatica dei maschi ex chierici sembra maggiore di quella delle donne. Forse perché hanno perso un “certo” potere che, invece, le religiose non hanno. C’è poi un nostro comune amico, splendida persona, ma che si è trovato crocefisso alla fatalità di un figlio gravemente disabile, difficile da sostenere anche per un giovane padre laico, figuriamoci per un ex prete più che sessantenne!
Una domanda che non ti ho fatto ma che ti piacerebbe qualcuno ti facesse?
Sei felice? Non me lo ha mai chiesto nessuno, né come amica, né come collega, né come scrittrice… Sì, sono felice, interiormente felice. Una felicità “faticosa”, perché viene dall’assumermi quotidianamente la fatica della vita conscia di essere una privilegiata. Avrei potuto nascere ai tempi di Elvira… o oggi in Palestina, ci si pensa mai?


Giovedì 08 Gennaio,2009 Ore: 17:02