FATTI DI CHIESA. IL BEATO WOJTYLA

di Giancarlo Zizola

Il giornalista e scrittore GIANCARLO ZIZOLA traccia un profilo equilibrato e critico del papa polacco salito dopo soli sei anni, agli onori degli altari come beato. Sostanziosi ed essenziali i riferimenti all'eccellente BIOGRAFIA, di ANDREA RICCARDI, “GIOVANNI PAOLO II. LA BIOGRAFIA”, San Paolo,Cinisello Balsamo, 2011, pp. 561, Euro 24,OO, secondo il quale Giovanni Paolo II, si proponeva con la mobilitazione carismatica di massa di costruire una risposta valida sul lungo periodo della crisi di identità del cattolicesimo. (a cura di Carlo Castellini)
 
Il testo.
Il processo canonico apertosi per una deroga di BENEDETTO XVI poco dopo la morte el papa polacco nel 2005 si è concluso in modo non meno fulmineo e così, in appena sei anni, KAROL WOJTYLA si trova circonfuso di gloria celeste mediante la cerimonia di beatificazione in San Pietro il 1 maggio.
Sono state annunciate di contorno veglie di preghiera, canti, concerti e mostre una folla mostruosa di due milioni di persone tale da bloccare la vita normale di Roma, nel giorno abitualmente dedicato alla Festa Universale del Lavoro.
Una sovrapposizione fastidiosa che in epoca di discernimento conciliare del valore del tempo storico sarebbe stata facilmente e ovviamente evitata. L'apoteosi del beato ha trascinato inevitabilmente con sé anche il rilancio del movimento dei “Papa Boys” che si erano dovuti morsicare la lingua per rinviare di sei anni l'esclamativo “Santo subito!” obbedendo alle discipline canoniche imposte da RATZINGER.
Come era facilmente prevedibile, l'aureola si conferma ancora una volta un utile strumento di glorificazione, meno un buon servizio al discernimento della grandezza storica del soggetto posto sugli altari. L'occasione favorisce l'approccio agiografico, il panegirico degli “exempla virtutis”, meno l'analisi mediante strumenti critici e indipendenti della complessità storica della sua opera.
Per di più il tempo troppo breve lasciato alle indagini e alle verifiche multilaterali nell'istruttoria canonica sulle virtu' cristiane “esercitate in grado eroico” del Servo di Dio lungo l'intera sua vita ha rivelato quanto la decisione finale fosse in certa misura già scritta, comunque funzionale non solo alla rimozione di una matura verifica critica, ma anche alla conferma e alla messa in garanzia di un paradigma ecclesiologico che in GIOVANNI PAOLO II aveva celebrato il suo trionfo, ma che non esce dalla prova della storia con virtu' incontestabili, anzi ha già rivelato AMBIGUITÀ E LIMITI.
 
L'EQUIVOCO SPIRITUALISTA.
Si trattava del modello della spiritualità polacca da universalizzare per proiettare nella società secolare la potenza pubblica e socialmente trainante del cattolicesimo. In questo senso la massa della beatificazione appare la cornice del tutto pertinente a un papato che, come dimostra ANDREA RICCARDI, nella sua eccellente biografia di WOJTYLA, si proponeva proprio con la mobilitazione carismatica di una spiritualità di massa di costruire una risposta valida sul lungo periodo della crisi di identità del cattolicesimo.
E' anche la lettura che a distanza ne ha offerto il cardinale CAMILLO RUINI, vicario di Wojtyla, nella diocesi di Roma, durante una discussione del libro di RICCARDI al Palazzo della Cancelleria nella capitale: tra gli effetti principali di questo “uomo e papa gigantesco”, RUINI ha annoverato “il rilancio del cattolicesimo”, anzi di “aver invertito quella tendenza al ripiegamento che negli anni iniziali del suo regno sembrava caratterizzare i credenti, combattendo il rassegnarsi a un mondo secolare nel quale si prescinde da Dio”.
“Cosa voleva dire essere cattolici dopo il CONCILIO VATICANO II in un mondo secolarizzato?” Su questa complessa questione, si era giocata, secondo l'autore, la scelta inabituale del secondo conclave del 1978. Una scelta che intendeva porsi sulla linea del CONCILIO, anche perchè, secondo le testimonianze attinte da RICCARDI, “Wojtyla non considera il concilio la causa dei problemi della chiesa contemporanea, anzi vuole sdebitarsi con il Concilio, attuandolo. Non mira ad una restaurazione preconciliare, non condivide le opzioni dei tradizionalisti, anche se è contrario all'adattamento della Chiesa alle esigenze della modernità”.
D'altra parte, come articolare questa definizione identitaria con le prove, accatastate in questo stesso volume, del rifiuto opposto alle riforme strutturali all'interno della Chiesa? Interpellato al riguardo, papa RATZINGER, spiega che “non era necessaria soprattutto una riforma strutturale ma una profonda riforma spirituale della Chiesa”.
Si parla dunque come se le riforme istituzionali fossero ritenute alternative ad una conversione interiore, quando lo stesso SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE, nei suoi “CONSIGLI AL PAPA”, lo dissuadeva dal cadere in questa pigra trappola satanica, dimostrando come proprio il coraggio di introdurre cambiamenti nelle strutture cariche di peccato nella Chiesa è necessario per rendere la chiesa più spirituale.
Alla fine questo stesso equivoco “spiritualista” cade sui processi di beatificazione, nei quali si usa non solo distinguere, ma anche dividere l'approccio alla vita spirituale del Servo di Dio, dall'analisi della sua opera storica, inclusi gli immancabili errori di valutazione e di decisione, a volte frutto di poca prudenza, talora di minore carità.
Si preferisce veleggiare sulle cime del Tabor o in groppa alle nuvole celesti, quasi per una prematura estrapolazione ascetica della realtà umana e politica in cui un cristiano si è trovato coinvolto, col risultato di rimuovere l'analisi delle sue ultime effettive responsabilità sul terreno storico.
Così la BIOGRAFIA di RICCARDI, non esita, in quanto opera storiografica, a penetrare la precipua responsabilità di papa WOJTYLA, nell'aver sabotato le scelte compiute dalla chiesa italiana sulla scia del Concilio, per gettarla nella prospettiva del recupero della potenza mondana, nella gestione di RUINI, premessa delle derive politiche e della crisi che oggi si lamenta.
Si racconta l'abile opposizione di WOJTYLA al regime comunista in Polonia e la ragione per cui i sovietici lo temevano fin dai primi anni di pontificato, ma si spiega anche come egli avesse fatto il gioco del potere sovietico sospettando erroneamente l'indipendenza del Partito Comunista di ENRICO BERLINGUER e scagliandosi contro la TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE latinoamericana, quando sarebbe stato interesse del papato stesso proteggerla.
Si conferma che solo una pregiudiziale anticomunista ossessiva era alla radice della “menzogna del secolo” della “Pista Bulgara” sull'attentato al Papa e si comincia a dare corpo e credibilità ad una origine neo-islamica delle pallottole di ALI AGCA.
Non vi sarebbe pagina che non mi sentirei di considerare interessante o almeno degna di discussione, però non potrei astenermi dal menzionare almeno quelle in cui lo stesso GIOVANNI PAOLO II, riconosce di essersi sbagliato su monsignor OSCAR ARNULFO ROMERO, ordina di cestinare un decreto di rimozione già preparato dalla curia per l'arcivescovo di San Salvador con questa riabilitazione inconsapevolmente lo immola alla pallottola del killer di “Orden”, che sperava che fosse il Vaticano a togliere di mezzo il disturbatore.
 
NEL SILENZIO SOFFERENTE.
Forse la beatificazione di questo papa, grande nelle sue visioni non meno che nelle sue contraddizioni, ha offerto una sorta di risposta corale, più che al suo carisma di comunicatore, al suo destino crocifisso dei suoi ultimi mesi di vita, trascorsi nell'immobilità e nell'irrigidimento del Parkinson dopo 26 anni di viaggi internazionali, nel silenzio sofferente dopo dopo migliaia di discorsi in ogni lingua e migliaia di documenti.
Era ai piedi del Crocifisso che egli aveva portato la Chiesa del Giubileo del Duemila dopo averne confessato gli errori storici, le violenze e gli abusi nella basilica vaticana. E ha ragione RICCARDI nel suggerire come chiave di lettura dell'intera vicenda umana ed ecclesiale del Beato Wojtyla il “segno dei chiodi”, il martirio, un evento che simboleggia una prospettiva agli antipodi della opzione della cristianità stabilita.
Ma allora agli altari non salgono solo le glorie vertiginose dell'Uomo e del Papa, salgono anche le ombre della sua storia, le sue responsabilità in certe esclusioni e in certe benedizioni, (come quella dei Legionari), le sue aperture al dialogo con le religioni non cristiane, la sua visita alla Sinagoga di Roma, il vertice di Assisi, la preghiera al Muro del Pianto, la sua solitaria obiezione alle guerre americane in Medio Oriente, ma anche le sue controriforme, il nuovo centralismo burocratico, la sclerosi intellettuale e teologica, l'esclusivismo veritativo della Chiesa romana nella tragica “Dominus Jesus”.
In quale direzione questa beatificazione porta il pontificato di Benedetto XVI? Nel senso di un immobilismo o di un atteggiamento nuovo? Saprà RATZINGER far evolvere le linee innovative che non mancarono al suo predecessore, quelle che lo salvano davanti alla storia?
Sono le domande che molti si fanno anche a Roma, contemplando la crisi in cui sta precipitando la Chiesa romana. Molti ricordano bene che nel testamento WOJTYLA aveva impegnato il suo successsore a operare a favore delle riforme per realizzare la “Chiesa di comunione” del Vaticano II.
TERAPIA   D' EMERGENZA.
E' un fatto che questa aureola che incorona di nuovo un papa, dopo che sono stati beatificati già PIO IX, PIO X E GIOVANNI XXIII, mentre presto verrà il turno di PIO XII, è destinata ad accentuare la centralità della figura del romano pontefice nella Chiesa, un fenomeno che la stessa “Civiltà Cattolica” in passato aveva criticato come nocivo allo sviluppo dell'ecumenismo.
Questa insistenza potrebbe essere l'effetto di un processo di opportunismo politico e tentare la carta del rafforzamento del papato romano per occultare ancora una volta l'incapacità di elaborare risposte adeguate alla crisi di del cattolicesimo e rafforzare il ruolo della Chiesa in una situazione di crisi.
Pio XII usò la canonizzazione di PIO X, il papa dell'antimodernismo per riprodurre e rafforzare la sua propria politica di controllo dei fermenti che serpeggiavano nella cattolicità. Lo stesso WOJTYLA mandò sugli altari in coppia il Papa del Sillabo e del Vaticano I e il papa del Vaticano II per legittimare un ritorno dei Lefebvriani all'ovile, senza intaccare – si vuol credere -l'eredità del Concilio di Papa Giovanni.
E quale il senso di questa aureola nel regno di Ratzinger? E' indiscutibile che per lui si tratti anzitutto di un gesto di gratitudine e di affetto per il papa di cui era il principale collaboratore. In più, alcuni non escludono che egli si riprometta di beneficiarne per consolidare e riprodurre il consenso durevoloe acquisito da WOJTYLA come TERAPIA D'EMERGENZA in un'ora di crisi anche dal punto di vista della compattezza della Chiesa.
Si tratta forse di rafforzare la linea della restaurazione nel tentativo, probabilmente velleitario, di stendere sui problemi, resi acuti dall'affossamento delle riforme conciliari, un manto di consenso trionfale. (GIANCARLO ZIZOLA). A CURA DI CARLO CASTELLINI.


Mercoledì 11 Maggio,2011 Ore: 12:31