Crisi chiese
"Chiesa senza timone" - intervista a Giovanni Miccoli a cura di Marco Politi

da Il Fatto quotidiano del 16/42/2010


"Chiesa senza timone"
intervista a Giovanni Miccoli a cura di Marco Politi
in "il Fatto Quotidiano" del 16 aprile 2010
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Il pontificato di Benedetto XVI? Io penso che sia un ritorno al passato". Settantasette anni, professore emerito all'Università di Trieste, Giovanni Miccoli è uno dei più noti studiosi del cristianesimo e della Chiesa cattolica. L'elezione di Benedetto XVI il 19 aprile 2005, spiega, segnò la scelta della "certezza della dottrina".
Cinque anni dopo Miccoli vede un pontificato marcato da molti interrogativi. "Anche adesso mi sembra che da parte della Santa Sede ci sia una grande difficoltà a riconoscere che la prassi di evitare in primo luogo gli 'scandali', mantenendo una serie di questioni delicate come gli abusi nell'ambito del 'segreto pontificio', era largamente vigente fino a non molti anni fa". Non è il solo momento di crisi del pontificato. "Pensiamo al discorso di Ratisbona, la citazione pesante contro l'islam dell'imperatore Michele Paleologo, senza prenderne le distanze. Con il Papa costretto quindi ad esprimere il suo dispiacere e a rimaneggiare il testo, aggiungendo che le parole su Maometto 'per noi sono assolutamente inaccettabili'. E la gaffe sull'Aids in Africa, che smentisce il lavoro che i religiosi fanno da tempo sul posto. E il discorso ad Aparecida, in Brasile nel 2007, quando descrisse una cultura india che accoglie l'annuncio di Cristo a braccia aperte, senza accennare ai massacri della Conquista. E la questione della scomunica tolta ai lefebvriani: con il Vaticano che stranamente cade dalle nuvole a proposito del negazionismo del vescovo Williamson, quando è noto che l'antisemitismo è radicato in tutto il movimento di Lefebvre".

Troppi pareri divergenti
Che cosa non funziona? "E' come se non ci fosse chi tiene in mano il timone del governo. Papa Ratzinger scrive libri, documenti, discorsi, si concentra sul rapporto tra fede e ragione. Dovrebbe essere la Segreteria di Stato a tenere in mano tutto. invece si ha l'impressione di una disfunzione e di pareri divergenti all'interno". Ma ci sono, a parere dello studioso, due nodi più profondi, che caratterizzano in senso regressivo il pontificato ratzingeriano. Anzitutto il ridimensionamento sistematico del concilio Vaticano II. "Il Concilio viene letto alla luce della tradizione. C'è una fedeltà letterale ai suoi testi. Ma si rifiuta lo spirito del Concilio come svolta e nuovo inizio e gli si rimprovera un eccesso di apertura al mondo". Eppure da 'esperto', chiamato ai lavori conciliari, Ratzinger aveva posizioni riformiste. "Ora nelle sue memorie dice che i testi preparatori erano buoni, bastava solo ritoccarli. Strano. Perché lui è stato uno dei coautori del discorso del cardinale Frings di Colonia che (all'inizio dei lavori conciliari) portò al rigetto dei testi preparati dalla Curia".
Altri teologi hanno avuto paura del dopo-Concilio: Danielou, Lubac, Maritain. Il problema è quando una simile impostazione arriva al soglio pontificio. "La linea generale è stata precisata con l'esaltazione di Pio XII nel cinquantennale della morte. Oltre alla riabilitazione del suo atteggiamento verso lo sterminio degli ebrei durante la guerra, Pio XII è stato presentato come predecessore e protagonista del Vaticano II. Cosa che lascia esterrefatti. In qualche modo pare di sentire il lamento di Lefebvre, secondo cui se il Vaticano II avesse seguito i binari di Pio XII, 'sarebbe stato un concilio stupendo' ". L'esito è un ritorno indietro, una riduzione del ruolo del laicato, un'insistita sacralizzazione del clero, collegata al celibato, piuttosto che "l'umanizzazione del prete in seno al sacerdozio comune dei fedeli". Una riproposizione della piramide gerarchia- Santa Sede-Papa.
La liberalizzazione della Messa tridentina gioca un ruolo cruciale. Il latino non c'entra niente. E' la sostanza del vecchio rito che fa problema. Laddove nella Messa postconciliare Paolo VI si riferiva agli ebrei "fedeli alla Promessa" (fatta da Dio ad Abramo, ndr), Benedetto XVI lascia che nel rito tridentino si parli ancora di conversione degli ebrei. E resta l'accenno ad eretici e scismatici: non esattamente un incoraggiamento ai rapporti ecumenici. Ma c'è un nodo più profondo, che riguarda il motivo perché la Messa di Pio V era il simbolo di Lefebvre (il vescovo scissionista, che dopo il Concilio ruppe con Roma, fondò un suo movimento, ordinando propri preti e vescovi finché Papa Wojtyla lo scomunicò nel 1988). "Per Lefebvre - ricorda Miccoli - la nuova messa simboleggiava quanto di storto era stato fatto dal Concilio. Perciò l'11 settembre 1976, a Castelgandolfo, chiede a PaoloVI: 'Santità, ci lasci fare l'esperienza della Tradizione'. E Paolo VI dopo un mese gli risponde con una lunga lettera in latino, spiegando di non potere accettare, perché altrimenti accetterebbe la sua idea del Concilio e dei suoi presunti errori. Stupisce che con Papa Ratzinger tutto questo sia caduto nel dimenticatoio. La concessione della pari possibilità di celebrare vecchio e nuovo rito è la banalizzazione straordinaria di una questione grave".

Chiesa di Cristo Chiesa di Roma
Altri temi sono sul tappeto, che rendono problematico il Pontificato. La concezione che la Chiesa di Cristo sia realizzata nella Chiesa di Roma. "Presupporre la totale verità nella Chiesa di Roma è un freno al dialogo ecumenico". Poi c'è il rapporto tra Chiesa e Stato. Se la società deve attenersi alle norme di diritto naturale, sancite da Dio, allora la Chiesa diventa istanza suprema, poiché compete a lei definire i diritti naturali. "Alla fine - riassume Miccoli - la società che non riconosce Dio è destinata a rovinarsi: una base labile per l'incontro tra Credenti e Non credenti". E intanto la Chiesa lamenta di non avere accesso allo spazio pubblico. "Non è vero, si discute solo che i suoi principi non possono essere tradotti in norme di legge". Non è possibile che al legislatore sia vietato regolare fenomeni come le coppie di fatto o le unioni gay.
Difficile prevedere l'evoluzione del pontificato. Ieri, ancora una volta, Benedetto XVI si è presentato come Giano bifronte. Ha esaltato il valore della penitenza "sotto gli attacchi del mondo, che ci parlano dei nostri peccati". E' necessario purificarsi, ha sottolineato. Poi, però, ha denunciato lo spirito dei tempi, per cui sarebbe "obbligatorio pensare ed agire come tutti". Tornando a rovesciare colpe sulla società contemporanea: "La sottile aggressione contro la Chiesa, o anche meno sottile, dimostra come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura". Il professor Miccoli non si meraviglia: "Ratzinger ha sempre avuto un quadro fosco del presente".
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dalla rassegna stampa di Incontri di fine settimana
http://www.finesettimana.org/

 



Venerd́ 16 Aprile,2010 Ore: 16:14