Controcorrente - Magdi Allam
Una, o la chiave di lettura?

di Gloria Capuano

Fulmini e saette su Magdi Allam, colpevole d’aver abiurato la sua originaria religione, d’aver aderito al Cristianesimo, d’aver ricevuto quindi i fondamentali sacramenti, d’aver realizzato tutto questo nientemeno dalle mani del Pontefice e infine d’aver spiegato a chiare lettere che tutto ciò è accaduto per essersi definitivamente convinto che l’Islam coltiva nel suo seno la mala pianta della violenza. Prova ne è - ha aggiunto - che per l’Islam chi è colpevole di apostasia è colpito da una condanna a morte, ciò che non avviene nelle altre religioni.
Queste le accuse oltre quelle di apostasia: d’averne fatto un avvenimento mediatico ciò che non sarebbe avvenuto se avesse ricevuto battesimo eucaristia e cresima da un parroco di qualsiasi paesino laziale, quindi grave fatto esibizionistico su scala mondiale a lucido e deliberato scopo di mortificare pubblicamente l’Islam, infine d’aver affermato che l’Islam in sostanza sarebbe una religione che predica e pratica la violenza.
Tutto questo è nella convinzione non solo di troppi musulmani ma anche di molti benpensanti nostrani, e gli uni e gli altri in perfetta sintonia lamentano che con le sue parole abbia inferto un duro colpo al dialogo sul quale in tanti, cristiani e musulmani moderati, stanno lavorando assiduamente e con fiducia.

Magdi Allam ha già risposto a queste accuse, e con un coraggio e un’onestà intellettuale eccezionale.
Ha detto in sostanza che ricorrendo a un modesto parroco anche di borgata avrebbe significato nascondersi, quasi che l’obbedire a dettami di coscienza fosse una vergogna oltre che una colpa, che il suo apparire voleva essere anche pubblico invito al mondo musulmano ad allinearsi sul fronte della libertà di religione e dunque monito a non usare violenza a chiunque abbandonasse l’Islam per un’altra religione. Questi ultimi sono infatti costretti alla segretezza mentre gli altri nulla rischiando possono apparire alla luce del sole.

Tutto il mondo sembra temere l’Islam o forse meglio la sua sensibilissima suscettibilità. C’è da chiedersene la ragione. Personalmente penso sia fortemente disdicevole e smaccatamente volgare la derisione lo scherno rivolti a figure religiose di qualsiasi matrice, ma che tuttavia il massimo della reazione ad essi dovrebbe essere quella di tenerli in assoluto non cale.
Nel mondo islamico avviene il contrario, a ogni accadimento considerato offensivo a torto o a ragione, erutta una sorta di maniacale vittimismo sempre pronto ad accendersi di furore incontenibile sia che si tratti un attacco reale o solo presunto.
Tra le congetture in cerca di motivazioni trovo tra le righe anche il dubbio di un’assenza totale di humor in questo per noi misterioso ancora sconosciuto mondo. Ma ancora mi riesce forse difficile ammettere che nei riguardi dei musulmani si sia costretti a contenerci come nei confronti di adolescenti non ancora in grado di tenersi al di sopra della critica, della satira, non in grado di apprezzare la libertà d’espressione anche se non gradita, e lontani forse dal sentire la necessità di un dialogo al riparo da ogni sorta minaccia.
E’ così o non lo è? Non c’è risposta perché non siamo in grado di attribuire alle giuste cause la responsabilità di tanti luttuosi comportamenti (che cosa accadrà all’autore di Fitna? , film di un politico olandese sull’Islam e il Corano presentato in internet il 27/3/ 2008 ).

Quello che non riesco ad accettare, o meglio che non mi trova rassegnata, è l’assenza di consapevolezza del mussulmano (quello che la tv regolarmente ci ammannisce, di solito una massa di uomini infuriati che bruciano manichini -che moda incivile!- urlano minacce di morte agli occidentali nessuno escluso, di quanto sia rassicurante e civile viceversa la libertà di parola anche la più sgradita pur che sia alla portata di tutti. Perché se è vero che le parole sono alla base della violenza dell’agire, è pertanto anche vero che finché si riesce a parlarsi l’azione non serve. Perché non riflettere che soltanto se si è liberi di pensare e di parlare e di scrivere e di esprimersi in qualsiasi forma, non costretti da delirio ideologico, può reificarsi il miracolo della reciproca conoscenza e del dialogo costruttivo?

Ed è proprio qui che si evidenzia il divario tra il parlare diplomatico o comunque sfumato, più o meno leggermente ambiguo del comunicarsi tra moderati veri o sedicenti tali, quale passa per essere il dialogo tra occidentali e i musulmani, e le condanne a morte o i terrorismi e le uccisioni alla Theo van Gogh.
Finché non si sarà capito che non vi può essere moderazione virtuosa in un clima assiduamente concimato dalla paura, il dialogo non potrà dare i frutti desiderati.

E’ a questo punto che si può intravedere la ragione del comportamento di Magdi Allam. Mentre noi continuiamo a coltivare il tipo di dialogo annacquato da una timorosa prudenza un poco perché ci crediamo un poco in mancanza di meglio, e possiamo farlo perché non siamo musulmani e siamo lontani dai luoghi musulmani, Allam non può farlo perché appartiene all’Islam e molto bene conosce l’Islam .Lo conosce bene perché era musulmano (sento che in cuor suo forse lo sia ancora per una sorta di… ecumenismo dei sentimenti), e di educazione materna secondo una severa osservanza islamica. Non può farlo perché ha molto sofferto la sua condizione di musulmano non violento e certamente continua a soffrirne nel contemplare un Islam snaturato della sua più corretta evoluta ma anche tradizionale lettura.
In una parola la chiara protesta di Magdi Allam e conseguente abiura va letta come un grido di dolore e d’invocazione a una presa di coscienza realistica dell’attuale rigida violenta intransigenza di un Islam che lui non riconosce autentico, cioè quell’Islam dolce amorevole che conviveva felicemente con le altre religioni e che non penalizzava le donne, quell’Islam che aveva conosciuto e amato durante la sua infanzia e adolescenza.

No, Magdi Allam non poteva nascondersi né concedersi ambiguità di sorta e neppure può accettare un dialogo all’ombra della paura, lui sente il dovere della verità e di comunicarla alla sua gente perché ama le sue origini musulmane e l’Intero Islam.
E paga questa sua aperta urlata fedeltà mettendo sempre più a rischio la sua vita.

Gloria Capuano



Giovedì, 03 aprile 2008