Controcorrente
S.O.S per i maschi anziani.

di Gloria Capuano

E non dobbiamo per caso rivedere l’idea che i figli debbano essere tutti eguali di fronte alla legge?
E il femminismo? Elogio delle prostitute.


E’ materia scottante. Non chiedo che di riflettere insieme e se possibile che qualcuno mi dica dov’è che sbaglio e prego tenere sempre presente che non si tratta di uno scritto tecnico al punto che alla resa dei conti -come al termine della lettura si capirà- con le cose di Legge ha legami solo indiretti.

Premetto che io, come suppongo chiunque altro, vorrei che i figli fossero tutti eguali, ma dico tutti non solo alcuni tra fratelli e fratellastri come la legge prescrive a tutela dei figli nati fuori del matrimonio ( fors’anche ispirata -ma solo parzialmente- a Filomena Marturano di Eduardo De Filippo, per non averne forse colto in pieno il senso ).

Andiamo per gradi, prima di entrare in argomento qualche parola in difesa degli anziani single o vedovi senza figli. Il loro destino sono le badanti. Nella maggioranza dei casi si tratta di persone preziose, che effettivamente sopperiscono a tutte le necessità dell’anziano e curano egregiamente l’ambiente dove vive; qualche volta meno professionali ma sempre utili presenze; solo eccezionalmente possono assumere i panni di vere e proprie predatrici specie se con l’anziano convolano a giuste nozze.
Una volta sposati può succedere che depauperino di ogni proprietà l’anziano, che lo riducano al minimo della sopravvivenza, mentre il ricavato di queste espoliazioni raggiunge la famiglia di provenienza della badante.
Non sarebbe forse opportuno monitorare questi matrimoni troppo squilibrati non solo per età anche con l’accertamento dei beni dell’anziano così che non finisca i suoi giorni nell’indigenza?

Il tema centrale sempre in rapporto con l’avanzata età del maschio è quello connesso con la presenza di figli in caso di diritto successorio.
Qui entrano in lizza le italiane, anzi ne sono protagoniste. L’ intrusione più o meno tardiva di un’altra donna è spesso rappresentata dalla categoria delle donne assai vicine per tipo di lavoro a solidi professionisti in età matura. Qui però guardiamo soltanto ai maschi in assai tarda età anche se entrambi i casi hanno più di qualche aspetto in comune.
( Precisiamo inoltre che non prenderemo in considerazione le mogli sposatisi in regime di matrimonio indissolubile avendone la vocazione e la convinzione, per poi trovarsi a subire un divorzio e le relative conseguenze).

In genere il maschio anziano è già da lungo tempo sposato e può anche avere un certo numero di figli. Può accadere che dalla suddetta penetrazione di un’altra donna nel privato del maschio ne scaturisca un altro figlio.
Ebbene nella malaugurata ma anche probabile ipotesi di decesso del maschio anziano, di colpo i figli di primo letto perdono il diritto alla totalità della legittima a loro spettante dovendola condividere con il nuovo nato in osservanza della legge che equipara tutti i figli dall’uomo generati dall’unione con diverse donne e in tempi diversi.
Questo è un argomento che mi intriga da quando è invalsa la suddetta legge perché mi è apparsa subito un assurdo giuridico, etico e di costume, in quanto risponde a un criterio che guarda soltanto allo status economico del maschio e non a quello della donna.
L’obiezione è immediata, ciò avviene perché riguarda il caso in cui è l’uomo a cessare di vivere e non la donna.
Insisto, questa obiezione del resto ovvia mi appare semplicistica perché non mi sembra si faccia giustizia dei complessi diritti contrapposti tra i diversi attori oggetto della successione ereditaria, i figli di primo letto e quelli successivi. (Si pensi all’eventuale anziano che avesse fecondato nell’ultimo periodo della sua vita più donne; in tal caso i figli di primo letto vedrebbero letteralmente azzerata l’entità della legittima di cui erano titolari, e questo mi sembra perlomeno strano).

Per chiarire le mie riserve sulla questione, ricorro al caso inverso, anche se meno frequente per un complesso di fattori, cioè che sia la donna ad avere avuto figli da più uomini oltre che dal marito, poniamo uomo assai danaroso.
In caso di morte del ricco marito gli altri figli della medesima donna erediterebbero forse in eguale misura del figlio o dei figli del ricco defunto? Suppongo che non erediterebbero nulla. Ne è presumibile che la madre sarebbe poi nelle condizioni di sopperire alla disuguaglianza o che ciò accadesse dopo la sua morte, giacché il testatario precedentemente deceduto potrebbe anche essersi attenuto alle più strette norme legali nei suoi confronti, nell’intento di tutelare al massimo i diritti della propria prole. In altre parole il ricco defunto oltre a non aver in vita dotato la moglie di beni personali, potrebbe aver ridotto al minimo possibile i diritti successori della moglie per impedire che a godere della sue fatiche fossero i figli avuti dalla moglie dagli altri uomini. Né la legge interviene a tutela dei loro interessi essendo figli soltanto della donna e non del marito.
In questo caso i figli solo perché figli della donna ma non tutti dell’uomo, non sarebbero tutti eguali. Era a questo che inconsapevolmente si opponeva Filomena Marturano.

Non ho dubbi che addetti ai lavori troverebbero estremamente lacunose o insussistenti le mie congetture non senza ragione, per non parlare dell’inadeguatezza terminologica. Forse però potrebbero viceversa coglierne degli elementi idonei ad essere sviluppati con rigore giuridico.

Ma ritorniamo al caso più frequente, dove spero ora di esprimermi secondo il criterio che mi è più congeniale, quello del buon senso comune, cioè al caso iniziale, quello del maschio benestante, più dimostrativo se molto danaroso e soprattutto molto anziano.
L’ equiparare moglie e figli di secondo letto a moglie e figli di primo letto a mia opinione lo ripeto è ingiusto in quanto la seconda moglie non ha in alcun modo contribuito alla costruzione dell’ammontare dei beni attraverso le fasi più che decennali di produzione e accumulo degli stessi. Si eviterebbe prima di tutto di avallare il sospetto di una sleale lucida appropriazione di beni altrui, grazie ad una o poco più copule e all’implicito (anche se non deliberato) plagio dell’anziano; poi di mortificare la pienezza dei diritti dei figli di primo letto.
L’obbiezione è immediata, ed è quella romantica dell’amore, di quel sentimento cioè al quale non può essere posto limite o sospetto di sorta (in aggiunta all’assioma che i figli devono essere tutti eguali di fronte alla legge).

Quanto al valore “amore” siamo certi della sua validità?
Anche i pedofili non criminali ma appunto romantici, puntualizzando la piena sessualità dei bambini (ma male interpretandola) rivendicano la legittimità di poter essere loro partner.
E allora?
La mia opinione è semplice: l’amore non sempre può attendersi o pretendere o concedersi esternazioni sessuali. L’amore può costituire avvenimento puramente erotico, e l’eros non dipende tassativamente del sesso, gli sono sufficienti l’intelligenza e il sentimento, a volte sensorialmente aderenti a una valenza estetica di varia tipologia, perfino morale.

Ma andiamo avanti: per quale ragione certe inopportune esternazioni sessuali devono comportare sempre un riscontro economico?
La risposta è ovvia: quando vede la luce un figlio.

Ma perché mai un figlio dovrebbe produrre a volte uno spettacolare salto dello status sociale ed economico suo e di sua madre?
C’è di che riflettere, per ora puntualizzo che in molti casi ci si sarebbe dovuto piuttosto imporre limiti di responsabilità sia quanto al rischio di procreare (un candidato orfano di padre) sia quanto al rispetto dei diritti di vita vissuta altrui.
Come mai uomini molto anziani e perfettamente lucidi si possono concedere di non tenerne conto? Perché mai la coppia non si limita a un rapporto di amicizia?
Eppure nulla esprime l’amore nel modo più elettivo dell’amicizia, forma di unione tra le più alte, superata soltanto dall’amore per il prossimo.
E l’amicizia non prevede davvero rapporti sessuali.

L’argomento potrebbe concludersi qui, ma non rappresenterebbe la realtà perché omette di accennare almeno a quel molto che si trascina dietro. Ciò non per la sua particolare connotazione, ma perché la realtà offre sempre un quadro d’insieme totale, ben più complesso. (Siamo noi a percepirla settorialmente quindi in modo assai limitato, come una lunga catena di collegamenti e deduzioni solo perché non abbiamo il dono del linguaggio totale simultaneo).

Poniamo il detto popolare che “l’amore è come la guerra, c’è chi vince e c’è chi perde”. Questo detto contiene una quantità di significati a prima vista inimmaginabili.
Cerco di spiegarlo.
In un matrimonio tra giovani avviene - come sopra già adombrato - che nei primi dieci o quindici o perfino venti anni, la coppia lavori sodo e si sacrifichi quanto più è possibile per raggiungere una meta fatta di professionalità e conseguente benessere.
Di solito la moglie subordina a quella del marito la propria vita sotto tutti i profili a tal punto che non è esagerato dire che l’uomo nella sua carriera conta su due persone, se stesso e la moglie.
Già al culmine della carriera di un uomo, quindi in età matura, una seconda donna frequentemente irrompe nella sua vita e, in caso di successo, contestualmente miete i frutti di una faticosa vita di coppia ripeto senza averne in alcun modo contribuito. Questo profilo è importantissimo perché si trascina un’ infinità di tematiche circa la dimensione donna dal femminismo alla violenza carnale.
Anche qui però si restringe il campo di riflessione soltanto al maschio in tarda età, al caso cioè di una donna giovane che lentamente s’insinua e fa breccia nei sensi declinanti di un uomo assai anziano, nella sua vanità di maschio e perché no, anche nel suo cuore, e che da tutto questo nasca un figlio.
Nasce un figlio, candidato orfano in un più o meno breve lasso di tempo.
Già a questo punto c’è una considerazione da fare; si guardi alla pratica delle adozioni, credo che la legge abbia indicato un limite d’età per adottare bambini, proprio per la consapevolezza che in tarda età non si sarebbe in grado poi di seguirli con la dovuta cura e per un congruo periodo di tempo.
La cosa ha dell’ovvietà eppure suppongo che l’anziano lo ignori, anche se è nel pieno della sua equilibrata saggezza, poiché vive l’atto dell’accoppiamento in un rigurgito irresistibile di attaccamento alla vita e quindi all’amore. Suppongo che egli anche se lucido forse non sia in grado di capire d’essere succube di quell’ impeto e non viva la sua “meravigliosa” storia come una resa e tanto meno come un atto di grande egoismo oltre che a volte di vanità ma semmai come espressione della sua libertà.
Diversa è la valutazione del comportamento della partenaire e dovrebbe essere superfluo circostanziarlo. Anche qui comunque è agevole invocare l’amore, specie di grimaldello in grado di aprire tutte le porte.
Benissimo, diamo per lecito l’uso di questo grimaldello perché non escludiamo casi nei quali venga usato del tutto in buona fede, e procediamo nella spiegazione.

I due dunque si amano, ma che cosa impone che questo amore debba diventare una sorta di asso pigliatutto che sconvolge il destino successorio dei beni dell’uomo a danno della famiglia in seno alla quale li ha accumulati?
Come può la legge legalizzare mietiture dove non si è seminato né coltivato né curato attraverso il tempo in alcun modo?
Conosco personalmente chi - donna tra donne - ha sentito l’esigenza di dover fare i conti con la propria coscienza, che dopo aver sposato un vedovo, una volta diventata a sua volta vedova ha rinunciato a tutti i beni immobili acquisiti dal testatario precedentemente al suo matrimonio e accettato l’eredità solo dopo averne concordato il quantum e la tipologia con i figli di primo letto.
Non è forse questo l’esempio illuminante che dovrebbe guidare il legislatore?
A me pare che l’esasperato garantismo nell’intento di tutelare l’eguaglianza tra i figli, come tutti i garantismi esasperati, finisca per ledere elementari diritti di alcuni tra essi.

E qui entra in ballo lo storico idealistico complesso controverso concetto d’ eguaglianza.
Una volta fuori dal bisogno - non si lasciano alcuni figli nel bisogno e altri nell’opulenza - se alcuni soffrono per non avere un cabinato o un aereo privato come certi altri hanno, vuol dire che sono e rimarranno poveri anche se saranno equiparati ai più ricchi, perché poveri di spirito.
Condivido la convinzione che si possa essere felici a qualsiasi livello anche modesto di benessere quando se ne abbia la capacità, ma che per gli avidi non ci sia ricchezza che basti.

Sempre guardando a questa idea d’eguaglianza tra figli, viene fatto di pensare che un figlio di secondo letto una volta adulto potrebbe essere fiero di godere dello status economico e sociale della madre e di aver goduto dal padre “solo” il concorso economico maturato nel lasso di tempo condiviso con sua madre, concretamente espresso con la disponibile (semmai insieme a una ben diversa commisurazione della legittima).
Fiero per molti motivi, per condivisione dell’orgoglio materno, e perché costituirebbe la palese dimostrazione della limpidezza dei sentimenti della propria madre, talmente compresa di dignità femminile da rinunciare ai ponderosi vantaggi cui una legge la legittima.
Ecco che In fatto di parità tra i due sessi, questa donna avrebbe fatto prevalere quella linea femminile di cui sopra ho parlato, non subordinandola a quella maschile solo perché più lucrosa.
Non entra forse in campo il femminismo? Direi di sì.

Chi parla è per l’appunto un’accanita femminista, e ci tengo ad affermare che sono fiera d’essere femminista specie ora che non va più di moda, ma che questo non mi induce ad affermare che “donna è bello” sempre e per destino inappellabile.
Difficilmente infatti si verificano contestazioni per attribuzione di paternità quando non ci sono di mezzo interessi economici, dirò di più la donna ricorre all’aborto a volte proprio quando dalla nascita del figlio non solo non trarrebbe alcun vantaggio per lui ma nessun sostegno di sorta anche per se stessa e in moltissimi casi è comprensibile.
Ma come si vede la tematica ora si allarga enormemente poiché entrano in gioco i doveri e la buona fede delle componenti maschile e femminile della coppia (quando di coppia si tratti). Un capitolo mastodontico.

Ma proprio in considerazione della parità di genere mi parrebbe ragionevole prospettare una legge che negli incontri troppo sperequati (specie se di pur vaga e impropria evocazione incestuosa), la ricaduta successoria fosse calibrata sullo status socio-economico della madre, quindi di tipo matri-lineare, ripeto arricchita dall’apporto paterno commisurato ai tempi di convivenza e a una ragionevole garanzia del futuro del nuovo nato.
Una legge dunque che pur proteggendo economicamente tutti i figli eviti di far pagare ad alcuni di essi uno o più incauti amori paterni, una legge che scoraggi scalate alle grandi fortune, una legge che consideri l’amore una nobile espressione umana che non necessita di contestualizzarsi e tradursi in massimizzati calcoli economici.

Su di un piano più generico - ritorno al detto “in amore come in guerra…” - personalmente ho constatato in molti casi di comune osservazione l’inimicizia e la spietatezza tra donne con l’uomo in veste di preda, (anche se lascio un certo ma assai relativo credito alla possibilità dell’innocenza sia del maschio, nel quale gioca la vulnerabilità alla lusinga, che della femmina, nella quale può giocare una inconscia ma subdola malizia ).
Prima ho menzionato di volata la violenza carnale che oggi sembra affiorare in tutta la sua bieca ferocia. Sarebbe fuori di senno ovviamente equipararla al tipo di spietatezza femminile nei confronti delle consorelle, tuttavia la pongo in parallelo perché non poche sono le donne che per aver subito tale spietatezza sono cadute in quella che è definita dagli psichiatri “malattia da perdita”, una terribile e spesso inguaribile forma di depressione che a volte le fa morte alla vita, quando non le candida al suicidio o a somatizzazioni mortali.
Ed ecco anche spiegato il perché del titolo nel quale celebro l’”elogio delle prostitute:”
Mai una prostituta distrugge una famiglia con il soppiantarsi a una moglie. Sono tutt’altri gli addebiti che semmai possono essere loro fatti, sempre però in secondo piano rispetto al profilo della responsabilità dei loro clienti.

Attenzione - e non so se quanto sto per dire possa essere o apparire attendibile - nutro più di un sospetto che se le donne non formulano un’etica al loro interno non avranno mai del tutto le carte in regola sia per condannare la violenza sia per rivendicare il diritto alla pace nel mondo.
Spero di essere in errore e che sia invece possibile battersi contro la violenza e quindi per la Pace nel mondo e al contempo convivere con la violenza tra donne.
Purtroppo mia intima convinzione è che solo se si risolveranno tutte le tematiche che dovrebbero differenziare la donna ( femmina, sposa, madre, educatrice, persona, cittadina titolare di tutti i diritti e doveri) la Pace sarà forse accessibile.

Non so quale deduzione può trarre l’eventuale lettore o lettrice da questa carrellata su una miscellanea di casi del nostro costume, ho però, io, chiarito a me stessa di non aver svolto davvero un tema giuridico che proprio non mi compete, ma un quesito squisitamente femministico.
Per semplificare, alla lontana ma non poi tanto, non mi pare coerente ribellarsi alla condizione di schiave e accettare privilegi di favorite.
O il femminismo identifica in tutti i campi una diversa scala di valori cui attenersi o non ha ragione d’essere se non come le tante altre categorie deboli della società.
Tra donne ci conosciamo poco, ma non credo davvero d’essere sola a pensarla così.

Chiudo riportando un bonario commento di popolo catturato in Tv a proposito di una tra le tante opulente controverse questioni testamentarie: “Ma non sarebbe meglio che un po’ di soldi fossero regalati ai poveri in estrema difficoltà di sopravvivenza?”

Gloria Capuano

Roma 6 Novembre 2007



Martedì, 06 novembre 2007