Controcorrente
Sollievo da votazione

(divagazioni d’attualità, e, il 25 aprile)


di Gloria Capuano

Non sto parlando del risultato politico elettorale ma di un fenomeno di costume che mi ha sempre fortemente contrariata e annoiata.
Alludo alla mobilitazione del mondo dello spettacolo, comici, cantanti, attori, registi, conduttori come agenti di persuasione elettorale.
Lo trovavo e lo trovo sconveniente, ecco perché mi sento sollevata, perché in questa tornata elettorale si è dimostrato che la gente molto probabilmente sta per liberarsi dalla soggezione alla “aristocrazia”dell’immagine, e che quindi la notorietà, la popolarità, forse potrebbero iniziare a rimanere nell’ambito che loro compete, senza cioè invadere indebitamente campi di così tanta delicatezza come gli appuntamenti elettorali.
Capisco che dico cose assolutamente controcorrente visto che rappresenta il costume ancora attuale delle più antiche democrazie, ma non è detto che le più avanzate democrazie si debbano scimmiottare in tutto e per tutto sia nel bene sia nel male.
Comunque, sarà stato un caso o una coincidenza, in queste elezioni agli Italiani non è importato assolutamente nulla di votare “contro” un Benigni, pur apprezzandolo come egli merita, o un Antonello Venditti pur essendone fans, tanto per fare i primi due nomi che mi sono venuti in mente, o un Cornacchione… ma qui magari le cose sono diverse perché si tratta di parodia satirica che è legittimamente di casa nel mondo politico occidentale.

Sì, anche perché non si tratta di par condicio, è soprattutto la sinistra ad avere sempre amoreggiato con gente dello spettacolo o del mondo artistico e letterario, personaggi che non di rado hanno molto nuociuto imponendo mostri sacri che non hanno retto alla convalida del tempo e dei fatti, si pensi a un J.P.Sartre o a un Moravia e tanti altri.
Quindi direi che anche queste persone di cultura potrebbero essere annoverate tra le caste del tipo anche se di differente connotazione di quelle rese celebri recentemente da un libro documentativo sulla situazione assai poco democratica dei privilegi della classe politica italiana. Perché il privilegio di poter pesare unilateralmente sulla scelta politica è parimenti dannoso di quello di accumulare privilegi a spese dei contribuenti.

Ma allora nell’agone elettorale chi avrebbe diritto a esprimersi e a convincere il popolo?
Mi pare ovvio, solo l’elettorato passivo. Certamente però questi aspiranti alla gestione politica del Paese dovrebbero dimostrare in quale modo sono stati prescelti a proporsi come candidati. E qui il discorso cambia visto che abbiamo dovuto premiare persone spesso a noi del tutto sconosciute, dunque a indicazione che la democrazia ne deve ancora fare e molta di strada.

E l’Informazione? Ha diritto o non ha diritto di fare opera di pressione elettorale?
E’ mia opinione che se ne dovrebbe scrupolosamente astenere ed essere viceversa esclusivo strumento di trasmissione del pensiero altrui. Già, altrui chi?, solo dei candidati?
Evidentemente no, dovrebbe contare soprattutto il pensiero della gente. Ma questo è l’argomento chiave cui non si è ancora data una realistica risposta. Tuttavia sono molti i segnali che ci fanno sperare nonostante il percorso appaia assai accidentato perché non da tutti si è capito che per globalizzare un linguaggio di pace (progetto cui ho dedicato la mia vita) è necessario spogliarsi dalle vecchie passioni.

La mia assai limitata esperienza nel nostro piccolo mondo italiano è la seguente: ho tentato scrupolosamente di rendermi conto del messaggio di tutti gli aspiranti a governare, in ognuno ho trovato elementi di condivisione e anche di non condivisione. Inoltre -mi chiedo- sono poi emersi dati chiari di affinità elettive tra le diverse componenti dei due principali schieramenti?
Dare una risposta mi mette terribilmente in imbarazzo, perché che io risponda con un sì o con un no poi lo dovrei dimostrare e per dimostrarlo dovrei prendere in mano lo spettro totale del materiale politico di cui è intrisa la società.
Un lavoro di compilazione con capitoli e sottospecie di capitoli di alta ragioneria, alta, altissima , giacché neppure una voce potrebbe essere valutata senza la convalida della sua effettiva realizzazione sia in termini umani ed etici, sia in termini economici, sia in termini di fattibilità numerica quando se ne dia il caso.

Cerco di chiarire con un esempio: prendiamo la piaga della violenza, cioè della micro e macro criminalità.
Intanto non mi è chiaro che cosa s’intenda per criminalità micro e macro; uno stupro è micro o macro?
Se trattasi di un accadimento episodico semplicemente barbaro incivile d’incontenibile urgenza sessuale, pur essendo della massima gravità è un fatto, se è l’espressione di un “diritto” naturale considerato proprio della scala gerarchica biologica magari con il tempo rafforzata da una potente stratificazione culturale, è tutt’ altro essendo un fatto di gran lunga più allarmante.
Nel primo caso costituirebbe un caso di microcriminalità, forse, nel secondo di macrocriminalità, forse. Perché nel primo caso è un addebito gravissimo che attiene alla libertà individuale in duplice senso (quella della vittima e quella del carnefice), nel secondo l’addebito ancora più grave va a colpire la società, in quelle che dovrebbero essere le sue più alte espressioni, le leggi e la cultura e il costume che da essa deriva.

Comunque sia, nella disperata ricerca di metodi e misure per arginare il fenomeno che oggi appare più evidente o semplicemente più manifesto nella più complessa vita sociale attuale, se non si tiene conto del rapporto numerico tra i soggetti da proteggere e i soggetti da cui devono essere protetti e le persone addette alla sicurezza sociale, si va poco lontano. Per questo il fenomeno immigrazione appare almeno in parte protagonista.

L’immigrazione caotica si è dimostrata una guerra silenziosa, un’occupazione di territorio incruenta (fino a un certo punto visto che produce un tangibile aumento della criminalità endogena), e non serve impallarsene la responsabilità, ciò che conta è la riflessione di come fare e se sia possibile fare alcunché per porre ad essa i dovuti argini senza peraltro penalizzare i diritti umani degli immigrati civili o comunque in regola con la Legge.
Se considero che nel nostro Paese non si è riusciti a debellare la mafia la camorra la sacra corona unita e la ’ndrangheta forse anche per la semplice ragione che alcune di esse sono potenti imprenditorie internazionalizzate davanti alle quali lo Stato appare povero e succube e a volte perfino colluso ma - grazie all’eroismo di alcuni in particolare e alla ribellione di moltissimi Italiani- non arreso, non vedo in quale modo sia possibile civilizzare di colpo migliaia d’individui, specie se consideriamo che la maggior parte della violenza sulle donne pare sia perpetrata nelle nostre famiglie.
E’ difficile farsi maestri di civiltà se non si parte da se stessi.
Lo stesso dicasi per la forma ancora più cruenta di violenza sulle donne, quella dell’ambito della prostituzione, finché i clienti sono nostri concittadini. (Qui non sfioro neppure la gravosa problematica della utilità o della necessità del sesso a pagamento e neppure più semplicemente il fondamentale dato culturale della subordinazione femminile proprio della nostra tradizione).
E’ esasperante l’intreccio tra gli istinti primordiali e la sete di potere in ogni senso inteso dei maschi, potenziato appunto da quella cultura che gerarchizza per destino biologico le donne. Non per nulla nei Paesi musulmani (e non solo), pare che non sussista eguale violenza (sarà vero ?) grazie alla sottomissione totale delle donne agli uomini in cambio della loro protezione…dagli altri uomini. Realistico? Può essere, nondimeno aberrante se pretendiamo d’essere sul piano della civiltà o almeno dell’umanità.
Dopo le suddette sommarie divagazioni come prevedere l’impegno del futuro governo in questa fondamentale richiesta civile di sicurezza, di protezione dunque delle categorie più deboli della società, donne vecchi e bambini, senza una forte controtendenza culturale? Comunque la si pensi, appare ovvia la necessaria consistenza numerica e qualitativa di tutori dell’ordine, dunque tutori del civismo e di questa democrazia che in teoria promette agli umani identici diritti, ma non lo credo risolutivo. Anche la figura del poliziotto di quartiere potrebbe essere importante, ma in quali quartieri? Chi proteggerà il poliziotto in certi particolari insediamenti?
Tutti dovremmo lavorare di fantasia, mi prospetterei dei responsabili di quartiere, un congruo numero di car pool adibito al trasporto delle donne sole costrette a ritornare di sera dal lavoro, una rete d’allarme tra tutte le stazioni di trasporto urbano e dintorni, braccialetto a chi fosse stato già accusato di violenza sessuale e messo in libertà per decorrenza dei termini o recidivo, studierei gli orari d’incidenza delle violenze (di mattina, di giorno o di sera), se più nei posti isolati o nella confusione della quotidianità cittadina e così via senza limiti di congetture, forse qualche cambiamento potrebbe esserci.
E’ però parimenti importante eliminare la piaga della clandestinità salvo se il clandestino non cessasse d’essere …del tutto tale, qualificandosi e accettando d’essere controllabile in cambio di una tolleranza motivata. Spiego che anche tra i clandestini potrebbero esserci brave persone che hanno tentato la fortuna e che sopravvivono come possono sempre in cerca di un lavoro, che dormono nell’auto di un amico o avvicendandosi forse in un letto a turni di otto ore come usavano e forse usano ancora fare adesso molti cinesi nelle grandi città dove un alloggio è irraggiungibile. Ma questa eccezione non è esente da rischi strumentali peggiorativi in una situazione già aggravata dalla libera circolazione dei cittadini europei.
Suppongo che ciò che giocherebbe un ruolo importante è il livello medio dello stile di vita degli Italiani, come esempio e guida. Da qui l’interrogativo: ci conosciamo abbastanza? Possiamo darci fiducia?
La mia speranza è che s’inauguri, almeno e per cominciare da questo argomento, una vera collaborazione di intenti e di idee tra maggioranza e opposizione ben distinguendo tra le misure d’emergenze e la semina non solo del culto dei diritti umani, ma di un concetto di sessualità dove tutto potrebbe essere concesso tranne la violenza e l’offesa.
Peraltro non possiamo arrenderci a considerare il testosterone un ormone killer, i maschi quindi tutti potenziali stupratori e…all’occorrenza assassini.

E qui entrano d’impeto la scuola la televisione e internet, dove tutto o quasi è da rivedere.
Non accettiamo alcuna forma di censura? Allora mi si spieghi perché gli autori poveri d’inventiva e che per tale ragione giocano sull’esasperazione d’ogni forma di violenza debbano godere di diritti privilegiati rispetto ai diritti della popolazione che senza strumenti di difesa è costretta a subirne passivamente gli effetti nefasti (specie nelle fasce adolescenziali).
Vedasi la violenza come moda, come puntuale replica del copione quotidiano offertoci dalla civiltà delle immagini e delle appartenenze settarie queste spesso reattivamente scatenate da non rigorose testimonianze storiche.

Per non parlare della pubblicità che permetterei solo se laconica ma veritiera o se spiritosa e innocua, mai mendace o volgare o desolatamente insulsa o violenta o ancora tesa a sollecitare in modo esasperato le voglie del palato (in un panorama mondiale dove la fame è regina).
(E non se ne può più di vedere sul monitor conduttori a volte molto attempati, a volte anche vistosamente obesi, comunque vestiti di tutto punto, civettare vezzosamente con splendide ragazze seminude che oltre tutto spesso toccano e sbaciucchiano d’autorità con troppa disinvoltura. Banalità? Non ne sarei tanto sicura trattandosi di gestione della differenza sessuale del tutto arbitraria e deviante).
Un pizzico di autocritica e senso delle proporzioni e soprattutto di considerazione della inopportunità del nudo quando non è motivato, non guasterebbero.

Il 25 di aprile da poco trascorso.
L’ho vissuto con intensa tristezza sempre chiedendomi ( poiché io c’ero) : qualche figura istituzionale avrà deposto una corona di fiori in uno dei tanti cimiteri americani e non solo americani di quanti, tanti, hanno offerto la loro vita per la nostra libertà e di altri Paesi europei?
Lo spero di cuore.

(Il mio mesto retropensiero aggiunge: purtroppo liberazione solo da due delle tre dittature ideologiche che infestavano l’Europa, dato che tragiche emergenze belliche imposero un’alleanza tipo … diavolo e acqua santa).


Gloria Capuano
7 maggio 2008



Mercoledì, 07 maggio 2008