L’opinione
PIU’ INTERDETTA O PIU’ SCONVOLTA?

di Gloria Capuano

La Sharia in Inghilterra (e il parere di V.E. Parsi)


Direi che sono in preda ad entrambe.
( Ma davvero delle donne non gliene importa nulla assolutamente a nessuno?).

Non che gli uomini se la passino del tutto bene, ma certo non male quanto le donne in regime giudiziario secondo la Sharia.
Dopo il primo impatto con la notizia di cui dubitavo la veridicità, ho preso atto che la cosa è certa, la Shari’a a Londra, grazie ai circa tre milioni di Musulmani presenti nel Paese, è praticata, anzi il giudice musulmano lavora a pieno regime già da tempo, e che oggi, non so in quale misura, è anche in procinto d’essere ufficializzata, visto il consenso di numerose autorità inglesi a partire dall’Arcivescovo Anglicano di Canterbury. Egli si è avventurato perfino a proporre d’introdurre nella Giustizia inglese alcune voci della Sharia, ferma restando -bontà sua- l’inammissibilità di pene crudeli o comunque in contrasto con quella impropriamente detta Costituzione inglese.
Il dibattito in Inghilterra è in pieno fervore perché tra i cittadini prevale uno stato di allarme che li ha indotti anche a chiedere all’Europa di essere condivisi e sostenuti contro questa che essi considerano una pericolosa deriva. Deriva diagnosticata con realistica efficacia già dal 2007 da Ida Magli e da tante persone condivisa così come da tanti personaggi. ( In Italia viceversa manca del tutto l’informazione, esiste soltanto l’Alitalia, il calcio, le veline, oltre l’antiberlusconismo e l’antiamericanismo.).
Purtroppo altri, in specie gli esperti in materia giuridica, ritengono l’applicazione della sharia non solo lecita ma anche doverosa in virtù del rispetto dovuto alle diversità proprie di altre culture, secondo lo spirito e la lettera della Common law, che agevola al massimo possibile l’immigrato, e sopratutto legittima essendo tecnicamente assimilabile agli arbitrati.
Quest’ultimo rilievo è evidenziato con laconica ammissione anche da Vittorio Emanuele Parsi, (Cattedra di “ Relazioni Internazionali” - Università Cattolica del Sacro Cuore) con dovizia di argomentazioni. Ma proprio queste ultime mi hanno lasciata perplessa tanto mi sono sembrate soffrire di gravissime lacune.
Prima di spiegare la gravità delle addotte lacune ricordo in che cosa consiste un arbitrato.
Consiste nell’attribuire a un giudice liberamente prescelto dai contendenti, non necessariamente togato, il compito di emettere un giudizio con le relative penalità inflitte al soccombente, non so se solo pecuniarie, in una controversia tra due parti. Ebbene la lacuna in cui mi sembra essere incorso il Parsi è quella di dare per scontato la parità sotto tutti i punti di vista tra i due contendenti, in genere un uomo e una donna, unica moglie o moglie tra le quattro concesse dal Profeta, e se diamo per buone le assicurazioni dei giudici che le controversie si limitano esclusivamente a dissensi coniugali ed ereditari, conoscendo per sommi capi la grande sperequazione tra i diritti del maschio a confronto di quelli della femmina, non è lacuna di poco conto.
Questa parità infatti è del tutto inesistente avendo il maschio tutti i diritti ( poligamia quale facoltà solo maschile, ripudio solo come diritto dell’uomo, diritti ereditari che privilegiano l’uomo e così via).

Ma una lacuna più sorprendente e ancora più grave è quella d’aver del tutto omesso, che nel clima della Sharia così penalizzante la donna, sarebbe stato più che legittimo dubitare sulla autenticità di una accettazione concorde con la parte avversa di sottomettersi non alla giustizia Inglese ma a quella musulmana.
Ripeto, non godendo davvero la donna di una serena libertà di scelta imbrigliata com’è tra la stretta osservanza religiosa e la paura di quello che le costerebbe un comportamento considerato di grave insubordinazione al marito e ancora più grave di ribellione ai canoni della Sharia, non ravvisiamo davvero quella eguale e necessaria serenità e libertà di scelta tra uomo e donna.
L’anomalia appare ancora più evidente se consideriamo che per la donna sarebbe stato in ogni caso più conveniente fare ricorso alla Giustizia inglese perché avrebbe goduto degli stessi diritti delle donne inglesi totalmente equiparate agli uomini.
Quindi anche se nulla è da eccepire sulla liceità tecnica della Sharia quando e perché rispondente ai precetti contemplati dall’arbitrato, trattasi di un (noto) prevalere del formalismo giuridico su i contenuti umani in tal modo umiliati improtetti e resi perciò estranei ad una vera Giustizia.

Non credo ci sia bisogno di rafforzare la validità dei miei rilievi ricordando che lo stato di subordinazione della donna all’uomo nel mondo musulmano è totale e ben circostanziato. Così come è ben descritto nel Corano Medinese, quello cioè più datato ( e non dimentichiamo che trattasi di precetti non scritti dal Profeta ma tramandati secondo diverse interpretazioni). Se teniamo nel giusto conto che tra i diritti del marito c’è anche quello di battere la o le mogli, e in modo capillarmente spiegato ( a tutela della donna!) su quali parti del corpo sia possibile picchiarla e in quali no, e che soprattutto la supremazia del maschio sulla femmina praticata e codificata è indiscutibile, così come risulta indiscutibile l’inferiorità della donna rispetto all’uomo, è facile dedurre uno stato di atrofia dello psichismo e della capacità d’elaborazione mentale e coscienziale delle musulmane strettamente osservanti, che a lungo andare le ha rese refrattarie a qualsiasi forma di evoluzione. Se si aggiunge poi la bassa scolarità delle donne in tutto il mondo ma in speciale misura in quello musulmano, non è difficile calcolare i guasti cui va incontro l’intelligenza ex non usu.
Preciso ancora che non trattasi soltanto di paura dell’uomo e dei dettami religiosi, ma di un fenomeno derivato dal condizionamento psicologico che spesso le porta ad essere consenzienti e a trovare perfino giusta la loro subordinazione. Una dimostrazione?
Quante volte mi sono sentita dire a proposito delle fogge femminili tese ad occultare fattezze fisiche, capigliature, e a volte anche il volto, che questo costume dipendeva dal grande rispetto che gli uomini musulmani riservano alle donne ch’essi considerano delicati e preziosi gioielli da preservare con cura, da proteggere da ogni rischio e da celarle a vogliosi sguardi maschili, rimanendo visibili e disponibili sessualmente soltanto dal e per il “suo o loro”uomo?
Che cosa rispondere a queste parole pronunciate perfino con orgoglio ed esplicita lusingata espressione? Come spiegare loro che anche un prezioso gioiello non è che un oggetto e che appunto come oggetti anche se… preziosi, di cui si rivendica la proprietà, sono trattate?

Concludendo le mie considerazioni sul parallelo tra il giudizio islamico e l’arbitrato occidentale, espresso e spiegato dal Parsi, mi pare poter dire che essendo quello islamico inosservante dei diritti umani, che sanciscono l’eguaglianza tra tutti gli esseri umani senza eccezioni di sorta, tale parallelismo non sussiste. Di conseguenza il ricorso ad un arbitrato secondo i dettami della Sharia dovrebbe essere dichiarato inammissibile per incompatibilità con i sistemi democratici.

Se poi allarghiamo la riflessione non possiamo non concludere con tristezza che certi giudici occidentali drasticamente osservanti il rispetto per i costumi e le leggi a noi estranei, stanno compiendo non volendo un’opera distruttiva di tutto il percorso occidentale sulla priorità dei diritti umani che non ammette gerarchie di sorta né - almeno sulla carta - morali differenziate tra i due sessi.
Parsi dunque avrebbe dovuto porsi il quesito prioritario di quale fosse la libertà di scelta del giudizio islamico da parte della donna prima di porlo sullo stesso piano dell’arbitrato, praticabile soltanto se liberamente prescelto da cittadini che godono di pari diritti.
Questa omissione compiuta da una persona professionalmente autorevole e di notevole rilievo intellettuale costituisce un grave precedente, un vero e proprio (involontario) attentato alle leggi e alle Costituzioni occidentali per le quali i diritti umani non possono dipendere e diversificarsi a seconda delle diverse civiltà.
Mi spingerei a suggerire che nei Paesi Occidentali in una controversia tra un uomo e una donna musulmani, si introducesse la regola di lasciare all’uomo la facoltà di scelta di un giudice musulmano mentre alla donna per decreto legislativo s’imponesse, in difesa della parità di genere, il giudice occidentale. In tal modo deresponsabilizzata la donna si proteggerebbe anche la sua incolumità fisica e psichica. Il dibattimento si svolgerebbe tra i due diversi giudici.
Spiego che tale confronto dovrebbe essere condotto sul filo del dialogo costruttivo per addivenire a un criterio di tolleranza a doppio senso, del giudice occidentale nei confronti dei parametri islamici e del giudice islamico nei confronti dei parametri occidentali.
Potrebbe essere una esperienza interessante, un tentativo di dialogo, che restituirebbe alla donna una libertà a lei non concessa, sollevata da ogni responsabilità e quindi, ripeto, fatta salva da relative penose conseguenze. E chissà che questa proposta, se realizzata, con il tempo non potesse funzionare da acceleratore verso un Diritto unificato, un Diritto mondiale cui tutti dovrebbero attenersi.
Per cominciare almeno proprio nelle controversie in atto tra cittadini di estrazione culturale diversa dal Paese dove sono residenti .

Nei vari numerosi commenti inviati alla stampa britannica (in Italia non se ne fa quasi cenno) la ribellione è unanime “ non possono esserci due contrastanti Giustizie, chi tra i Musulmani non si adegua alla Giustizia inglese se ne torni al suo Paese”.
(E questa opinione qualcuno la definirebbe razzista?!)

Da qui i soliti addebiti, taglio delle mani per i ladri, lapidazione più praticata sulla donna, fustigazioni, mancanza assoluta di libertà d’espressione, giustizia che privilegia gli interessi del maschio, insomma in complesso si contempla una lunga serie di negazioni dei diritti umani abbondantemente innaffiata dalla più retriva crudeltà.
(Intuisco l’obbiezione: e la crudeltà tecnologica?
Condivido l’obbiezione ma essa non mi consente per questo di condividere crudeltà dal taglio più affine all’animalità primitiva dell’uomo.).

Le argomentazioni in risposta dei giudici musulmani sono stupefacenti: taglio delle mani? Saremmo contrari ma è senz’altro un ottimo deterrente oltre a dare certezza che quel ladro non ruberà più, voi Occidentali vi portate dietro i vostri criminali per tutta la loro vita. Anche la lapidazione serve per ammonire la gente oltre e più che per punire in genere la colpevole.
Poi si minimizza ripetendo che quella della giustizia islamica in Ingilterra, si occupa solo di categorie limitate al privato e ai contenziosi economici tra coniugi specie vigendo la poligamia, ma che per il resto non agirebbe in contrasto con la Giustizia Inglese.
Scatta quindi puntuale l’esempio con la dominazione inglese nelle Indie, dove i colonizzatori lasciarono intatti usi e costumi e giustizia dei luoghi.
Come potesse essere calzante questo esempio proprio non lo capisco, visto che l’argomento è a rovescio dato che ora sono i nuovi colonizzatori musulmani a non rispettare usi costumi e giustizia dei luoghi.
Tutta l’Europa dovrebbe essere solidale e non cadere nell’ambiguo imprudente eccesso democratico che insegna a rispettare per l’appunto usi e costumi e giustizia dei diversi.
Altrimenti non resta che rimettere in discussione il significato dei diritti umani che non possono diversificarsi a seconda dei meridiani o peggio ancora essere trasferiti e imposti da un luogo all’altro ma lasciati del tutto disattesi. Non per nulla grazie a un malinteso multiculturalismo dal quale purtroppo anche qualche nostro giudice è affetto, la poligamia si diffonde subdolamente un po’ dovunque. Da qui il sottotitolo “ Delle donne non gliene importa niente a nessuno”.

Spero che la gravità di questo anomalo retrogrado innesto nella civiltà occidentale (non mi stanco di ripeterlo, sulla quale avrei molto da ridire) venga recepito proprio alla luce dei diritti umani , e soprattutto che opportunità politiche attestate a una prudenza suggerita dalle emergenze attuali ma incuranti degli effetti a distanza non prendano il sopravvento.
Senza contare che il fatto è l’ennesima prova della difficoltà dell’integrazione; che non è alla portata di tutti, specie quando uno Stato s’identifica con una religione, in questo caso l’Islamica, tra l’altro in prevalenza fraintesa, e purtroppo non ancora interpretata secondo le molto diffuse tendenze e aspirazioni umane, quale consapevole esigenza popolare condivisa anche da moltissimi Musulmani, di un tangibile progresso in civiltà.
Confesso che temo molto per le future generazioni e che l’Occidente possa scomparire per un duplice rischio, per implosione dovuta ai tanti aspetti negativi interni, e per accerchiamento a causa delle troppe diffuse ostilità nazionalistiche o/e ideologiche vogliose di sostituirsi ad esso a traino del mondo.

Termino con una ulteriore confessione, rivolta non solo ma soprattutto a quel mondo musulmano che codifica le differenze di genere spiegandole alla luce di una inferiorità biologica femminile sotto tutti i punti di vista. Ammessa e non concessa una superiorità intellettuale maschile, comprovata anche (erroneamente) dalle sue molteplici estrinsecazioni geniali, tale eventuale superiorità mi lascia del tutto indifferente. La considererei piuttosto un portato biologico preordinato consentito alla nostra specie, ma nulla di più.
Questa deduzione mi deriva dal considerare del tutto quasi irrisoria una intelligenza o anche una genialità che a tutt’oggi oltre ad esibire una sua spropositata vanità non sia riuscita a liberare il mondo dalla fame e neppure a farsene il suo principale problema e obbiettivo.
L’intelligenza tecnica di un ragno nel costruire la sua tela supera qualsiasi opera d’ingegneria umana e quasi tutti i prodotti della creatività dell’uomo sono già presenti nella natura.
L’uomo si arrampica con deplorevole successo in spazi prefissati perfino anzi sopratutto quando è dedito alla sua peculiare attitudine, la competitività belluina (vedasi l’inarrestabile evoluzione delle armi.).

La donna è ancora un mistero, schiava ancora com’è nei suoi recinti affettivi. Infatti è l’unica categoria cui non è consentito la protesta: non si può scioperare contro il padre, il figlio e il fratello.

Mi scuso per le molte eccessive generalizzazioni- so bene quante Musulmane e quanti Musulmani siano aperti alla libertà e al rispetto dei diritti umani senza eccezioni di sorta- trascinata da una condizione complessiva di allarme che mi fa dire, agli uomini e alle donne, : “Attenti, l’umanità è fortemente a rischio recessione”, e non sto parlando di quella economica.

E’ da qui che dovrei iniziare a scrivere, ma a più mani, per stimolare le diverse sensibilità nella ricerca di un linguaggio di Pace che ci liberi da sudditanze biologiche purtroppo osservate (e anche stravolte) da molte ideologie, religiose e laiche.

Gloria Capuano



Sabato, 20 settembre 2008