Controcorrente
I perché della Sharia

di Gloria Capuano

La proposta di dibattito del direttore Sarubbi circa l’introduzione della Sharia in Inghilterra è piombata nel vuoto. Ma come, mi sono chiesta, siamo in pieno “dialogo cristiano – musulmano” e nessuno interviene a esprimere un’opinione su una innovazione così prorompente? (salvo mi sia sfuggita).
Per questo motivo anche se non ho potuto concordare con Vittorio Emanuele Parsi questa mia iniziativa, e solo dopo lunga indecisione, scelgo di rendere pubblica l’email da lui inoltratami dopo lettura del mio articolo sull’argomento. Così ho deciso perché lo ritengo utile a una più equilibrata forse approfondita e allargata informazione, perché lo ritengo doveroso verso la gente che vuole capire avendone il diritto, e infine per rendere giustizia allo stesso Parsi. ( Lo scritto di V.E.Parsi è in corsivo, seguito dalle  mie annotazioni).
V.E.Parsi  ”Il punto che lei mette in rilievo (quello della non parità di condizioni sostanziali tra le parti all’interno di una corte islamica) è senza dubbio corretto e importante. Lo scopo delle mie riflessioni era, mi creda, opposto a quello che mi pare mi si attribuisce. Credo però di aver sottolineato con fermezza che la validità di questo ricorso andava ritenuta solo se tutte le garanzie "costituzionali" previste dalla legge inglese fossero state osservate e rispettate. Tra queste, evidentemente, anche l’accertamento della libera formazione della volontà delle parti e la sostanziale eguaglianza di genere. Spero che queste parole possano chiarire almeno l’interpretazione originale delle mie riflessioni”
G.Capuano Come è stato possibile alle autorità inglesi, ad arbitrato oramai concesso, condizionarlo alle garanzie costituzionali della legge inglese, essendo notoriamente impossibile accertare la libera volontà di entrambe le parti, ed essendo viceversa ben nota, non so se come luogo comune, la disuguaglianza di genere prevista dalla sharia? Come aver trascurato d’indicare gli strumenti atti a tale verifica? Come non aver spiegato quando detti strumenti interverrebbero, prima, durante o dopo il procedimento islamico? Dobbiamo forse immaginare un’ulteriore giuria inglese a vagliare caso per caso l’eventuale validità di un arbitrato islamico?!
 
 V.E.Parsi  ”La ringrazio comunque delle osservazioni critiche, che consentono un approfondimento del dibattito e un chiarimento sia delle posizioni sia delle difficoltà insite in ogni tentativo di ricezione di tradizioni giuridiche aliene”
G.C. Ma il dibattito non avrebbe dovuto precedere la concessione elargita? (Si tratta dell’arbitrato concesso a una giuria islamica in materia di contenziosi coniugali e di diritti ereditari.).
 V.E.P.”La questione femminile, e specificamente quella dell’equità di genere, mi sta molto a cuore. Per quanto mi riguarda mi sembra un test centrale nella verifica della correttezza e della giustizia di ogni posizione politica e culturale. E non faccio fatica a dirle che ritengo inaccettabile ogni spiegazione” culturalista” su questi temi”
 G.C. Lo condivido in toto
 V.E.P.  ”D’altronde, credo che quella inglese possa rappresentare una sperimentazione da seguire con molta attenzione”
 G.C. Una sperimentazione a spese delle donne? Non è forse una contraddizione che non può non destare sconcerto stupore amarezza e tanta paura per il destino femminile già tanto vessato nel mondo intero?
 
 V.E.P. ”e cerco di non trasformare le mie convinzioni più radicate in possibili pregiudizi”
 G.C. A favore o contro o a difesa di chi?
 Le do comunque atto delle sue buone intenzioni.
V.E.P.  “Con stima”
 Vittorio Emanuele Parsi
Poiché, come è noto, mi occupo di Giornalismo di Pace, che ha come metodo e fine una ricerca di un linguaggio autenticamente motivato e amichevole agli antipodi dell’ambiguità, quale costruttivo attestato di fiducia dovuto a qualsiasi interlocutore, sono obbligata a tentare di decifrare la verità dietro la notizia. Ripeto lo sento come un dovere nei confronti della gente cui si è tenuti ad offrire gli strumenti per capire, per quanto umanamente possibile.
Ebbene, nel guardare dietro la notizia, non ho trovato che interrogativi.
Eccone alcuni: l’Inghilterra affiancando alla propria la giustizia islamica in un ambito solo apparentemente circoscritto, ha innovato per paura o per indifferenza? Ha scelto il “male minore” quello usualmente purtroppo inflitto ai più deboli o mette in atto una strategia che prelude a un veto successivo per altrui responsabilità? Spera che nasca una crescita in equità da una dimostrazione di fiducia o la considera una moneta di scambio per frenare l’eccessiva invasione musulmana? E come conciliare questo pragmatismo con un processo democratico di largo respiro?
Poi, qual è il linguaggio cui un ruolo politico (o pubblico) dovrebbe attenersi per evitare quel dire e non dire senza compromettere aggiustamenti difficili tra civiltà di differente livello storico-temporale e al contempo non bloccare una globale evoluzione quanto ai diritti umani?
Come accelerare i tempi per cancellare dal mondo il destino di vittime? Si è riflettuto se la Sharia rappresenti uno strumento idoneo a promuovere l’equità di genere, cioè i diritti umani in assoluto?
O, ancora di più, se viceversa intenda difendere e sostenere la subordinazione delle donne al maschio, surclassando in senso peggiorativo buona parte del mondo animale?
Da qui mi appare doveroso passare al dialogo tra Cristiani e Musulmani e chiedo che mi si illumini su alcuni quesiti con tutti i rischi che ciò comporta, e non senza una precisa premessa. Io non sono una specialista in nessuno dei diversi campi che interessano in qualche modo la questione della Sharia specie se introdotta in Paesi non musulmani, sono una cittadina occidentale che si sente gente tra la gente in Europa. E’ solo in questa veste che mi sento titolare del diritto di capire quindi di chiedere, per potermi formare una visione chiara aldilà dei luoghi comuni, quali sono le ragioni per le quali i Musulmani d’Inghilterra (e non solo) abbiano ritenuto inadeguate le regole giudiziarie inglesi nei contenziosi coniugali e in quelli attinenti alle questioni ereditarie, previsti nell’arbitrato. Mi attendo una risposta specie da coloro che credono e praticano il dialogo interreligioso perché se la religione non dovrebbe entrare nel merito di una problematica giudiziaria  l’Islam costituisce eccezione essendo giustizia e religione compenetrate. Tuttavia sorge il dubbio se l’aver preteso di applicare la Sharia utilizzando uno strumento giuridico laico non sembri dare adito ad una sorta di desacralizzazione  della stessa.
Se qualcuno avrà il tempo e la generosità di rispondermi, in base alle risposte articolerò i successivi quesiti. Un’ulteriore preghiera: prego spiegare con inequivocabile chiarezza e con linguaggio non specialistico anche le differenze tra l’Islam dei Paesi islamici e l’Islam nei Paesi occidentali sempre a proposito della Sharia applicata alle controversie coniugali e ai diritti ereditari. Ambiti non di poco conto, direi anzi quelli di maggiore frizione tra Occidente e Islam. Grazie.


Venerd́, 14 novembre 2008