Controcorrente
Ben venga il dialogo cristiano islamico, ma…

di Gloria Capuano

non sarà per caso che siamo partiti con il piede sbagliato?


Questa la premessa stilata dalla Redazione de “Il dialogo”: “In un tempo caratterizzato da islamofobia, xenofobia e razzismo salutiamo con grande soddisfazione questa iniziativa e auguriamo il suo pieno successo.”
(L’iniziativa consiste nel progetto di un dialogo cristiano-islamico promosso da strutture islamiche presenti in Italia con richiesta di adesioni).

Mi chiedo se aderirei a analoghe iniziative promosse da strutture cristiane in Paesi Islamici…suppongo di sì, solo che la ritengo una eventualità alquanto remota e mi chiedo “perché non se ne parla? Perché non entra nel conto complessivo? E perché a parlarne non dovrebbero e potrebbero esserlo proprio i Musulmani che risiedono da noi?
Ma forse se ne parla, sono io a non essere informata o forse se ne dovrebbe parlare di più.
Il motivo di questa perplessità potrebbe e dovrebbe fare da contrappeso all’asserito razzismo e potrebbe forse spiegare l’islamofobia, ove effettivamente esista o abbia ragione d’esistere.

Io che ne faccio una questione di linguaggio, di primo impeto mi dico che l’asserzione della Redazione l’avrei evitata perfino se corrispondesse alla realtà, sempre se l’intento del meeting è effettivamente la pacificazione. Infatti se cedessi al medesimo tipo di linguaggio definirei questa accusa sì di xenofobia e di razzismo ma nei confronti degli Italiani o addirittura degli Occidentali poiché dà imprudente materiale di conferma ai Musulmani d’essere perseguitati. Quando invece potrebbero semplicemente essere del tutto estranei da un salutare compito d’analisi delle eventuali causali di comprensibili fenomeni reattivi.
Un esempio quanto mai banale e tuttavia di enorme gravità? Il musulmano onesto lavoratore regolarizzato che chiede il ricongiungimento familiare di tre o quattro mogli pur sapendo che in Italia la poligamia non è ammessa ed è reato. La gravità di questa istanza che potrebbe anche trovare accoglienza in virtù dell’ambito discrezionale diversamente frequentato da magistrato a magistrato è enorme non solo perché attenta ai diritti umani contemplati dalla nostra Costituzione ed è fortemente lesivo e umiliante per le donne occidentali, ma perché azzera un’evoluzione in fatto di parità tra uomo e donna costata annose lotte e tanto dolore a più generazioni delle coraggiose donne che ci hanno precedute.
Sono quanto mai note le obiezioni avverse che mettono in risalto diciamo la licenziosità dei costumi occidentali, ma la loro banalità non merita dibattito, caso mai, su tutt’altro livello il tema meriterebbe d’essere trattato allo scopo d’offrire conoscenza e quindi consapevolezza critica dei diversi comportamenti. E allora il musulmano poligamo può ignorare tutto questo e pretendere d’imporre le regole del suo Paese così calpestando un iter storico-sociale così denso di sofferta maturazione democratica?, e potrà ritenersi a ragione perseguitato e accusare altri di razzismo se il ricongiungimento con le sue numerose mogli gli venisse negato?

Sempre gironzolando nebulosamente intorno all’argomento razzismo non si potrebbe supporre che a confronto dei Musulmani siano piuttosto i Cristiani ad essere perseguitati nel mondo tanto che l’uccisione di un sacerdote per essere purtroppo alquanto frequente non fa più notizia?

Ma seguendo questa logica dialettica sarei del tutto fuori dal mio ambito ritenendomi ( a torto o a ragione) una “ricercatrice di linguaggio di Pace”, diversa quindi dai molti pacifisti che cercano le ragioni o meglio le prove della colpevolezza altrui con un linguaggio così tanto appassionato da apparire ad altri, ad essi contrari ma dall’equivalente linguaggio, vittime del fanatismo.
Anche da ciò suppongo derivare la situazione di stallo in cui versa almeno quella nostra politica che alimenta incessantemente gli estremismi d’ogni tipo. Estremismi che contrabbandano per buone verità che potrebbero non da tutti essere ritenute tali.
Che già il termine verità è quanto mai sibillino, sibillino perché non sempre esiste la verità ma le diverse verità, o perché quand’anche identificata potrebbe essere esautorata da una eventuale accusa di valutazione settoriale essendo la condizione umana di una complessità che supera la nostra stessa immaginazione, e infine perché anche se ammessa spesso è rinnegata.
Che la verità possa essere rinnegata è molto importante per chi ricerca un linguaggio di pace, perché riuscire a capire le ragioni di questo diniego e cercarne il nesso più nascosto e profondo o più banale e generico è presupposto indispensabile per destrutturarne l’intima coerenza sul piano istintuale e psichico, piani da cui deriva il comportamento. Procedimento questo da tentare non per prevalere su altri, ma per svuotare di senso, quindi prevenire, ogni ricorso alla violenza verbale e/o fisica, nei casi in cui tale deriva è facilmente prevedibile. Sempre che questa ne fosse l’evenienza e non altra da noi non ancora cognita o decisamente forse inconoscibile.

Ammettere come dato assiomatico l’esistenza di islamofobia e di razzismo da noi, produce legittimazione di odio antitaliano o antioccidentale in sovrapprezzo a quello dichiarato da idoli mediatici sul tipo Bin Laden o di un capopopolo come Ahmadinejad o di tanti predicatori musulmani per i quali s’insegna alle folle che l’Occidente è satana.
A me sembra che sarebbe stato opportuno evitarlo - come ho già detto- semplicemente usando prudenze oltre che verbali concettuali magari aggiungendo al grido d’allarme l’invito al mondo musulmano d’essere per primi gli idonei e doverosi analisti delle eventuali cause dell’asserita islamofobia e del conseguente razzismo. Già questi due termini scritti in sequenza offrono una spiegazione, quella cioè che si potrebbe non dico essere ma apparire razzisti, quando o se scoprissimo e dimostrassimo d’aver paura dell’Islam. Per via che probabilmente tra la paura e la fobia il passo è alquanto breve.
E chi se non i Musulmani avrebbero potuto e potrebbero offrire garanzie di autentica fratellanza, visto che con l’immigrazione è stata loro offerta questa opportunità, così neutralizzando ogni motivo di paura? Si sono prodigati a sufficienza in tal senso?
E in quale modo è dimostrabile e garantita questa fratellanza se non con il rispetto dei diritti umani e delle regole del Paese ospitante? Si dibatterà su tutto questo nel dialogo auspicato?

Per quel che mi riguarda sono fuori gioco (anche se fortemente amareggiata) nel valutare tutti i pro e i contro della questione perché osservo e valuto da donna (anche se sono tanti gli uomini ad avere affermato che la civiltà di un popolo la si apprezza dal destino riservato alle loro donne).
Da questa mia ottica che sembra settoriale non essendolo perché da essa può nascere o morire del tutto la Pace nel mondo (questa non è soltanto la mia opinione) devo onestamente confessare che ho paura dell’Islam (ma non sono davvero con ciò razzista) perché mi offre la visione di un futuro di terrificante regressione, nei costumi e nei codici riguardanti differenze di genere. Ma attenzione, non intendo davvero affermare che noi occidentali e Cristiani si sia a priori e sempre migliori dei Musulmani. Tutt’altro, siamo solo liberi di fare anche scelte autolesioniste o in qualsiasi modo sbagliate e squalificanti. Ma liberi.
(Pur sapendo essere la libertà la strada più ostica da percorrere nel suo quanto mai combattuto spero perenne divenire).
Se i Musulmani avessero esercitato di più come metodo di vita la virtù dell’autocritica e dell’immedesimazione nelle altrui realtà forse non solo non si sarebbe materializzato l’asserito rischio razzista ma ci avrebbero aiutati ad adoperare meglio la nostra libertà.
16/6/2008


Gloria Capuano



Lunedì, 16 giugno 2008