Controcorrente
Beata vecchiaia? , e sulla differenza tra uomo e donna.

di Gloria Capuano

Mi balocco con questo aggettivo, perché ne ho ben donde, perché mi osservo così come osservo i miei coetanei e i non coetanei.
Per certi versi sì, è beata. Lo è perché (quando lo può) ha una prospettiva talmente schiacciata a organetto chiuso di tutto un excursus di vita, che appare e in effetti lo è, una inezia.

Beata perché (quando ne è il caso) offre o impone una capacità di sintesi. Però si affaccia anche il dubbio che si tratti piuttosto di una totale riassuntiva nausea delle parole. Ma questo porta poi a dirsi se veramente i fatti seguano le idee dunque le parole, o viceversa sposino ( da caso a caso) equivoci derivati da malconciate magari originariamente ottime idee.

Ma poi grazie a quello schiacciamento di prospettiva ci si accorge (o così si crede) che fatti e idee confliggono nel disperato tentativo di porre (per chi se lo pone) l’alacrità umana su tutt’altro piano di quella del mondo animale. E sempre quello schiacciamento porta a concludere che tale presunzione a tutt’oggi è ancora mera presunzione, quasi una beffa alla nostra intelligenza, che troppo presume, e che siamo piuttosto immersi in una etologia dissimile da quella del mondo animale solo per il diverso livello di elaborazione appunto intellettuale.

Forse per questo, certo mondo maschile vorrebbe negare alla donna sviluppo intellettuale, forse glielo nega perché sa o intuisce che potrebbe forse elaborare ben diversamente quell’ incessante lavorio dell’intelligenza.

Ecco perché ancora oggi da molti (sorprendentemente almeno per me) ci si chiede quale sia la differenza tra l’uomo e la donna.
La mia risposta è semplice: L’UOMO E’, LA DONNA NO, essa recita il ruolo che di volta in volta le viene imposto o cui si adegua.
Tradotto in termini antropologici, l’uomo continua a bruciare incenso avanti all’altare della biologia, della natura quindi (anche se si adopera da sempre a distruggerla), la donna potenzialmente vorrebbe (anche quando non ne è consapevole) superarne i limiti.
Ma non i limiti fisici al maschile d’ incessante tentativo di penetrare nella natura per dominarla.

Potrebbero le mie sembrare elucubrazioni oziose, per me non sono tali perché ravviso in esse la possibilità o l’impossibilità di una evoluzione umana, ciò è a dire niente più violenza mediante la cancellazione della necessità di difendersi.
Purtroppo anche le religioni mi sembrano mimare e parafrasare (in senso peggiorativo) l’assetto biologico specifico del nostro mondo (e forse anzi di sicuro questo dire potrebbe apparire blasfemo del tutto in contrasto con il mio sentire).

E allora la vecchiaia mi sembra ancora beata?
Dunque la vecchiaia ( almeno nel mio caso) non offre né speranze né certezze commisurate all’attuale, vorrebbe piuttosto guardare oltre, non si equivochi, non all’ultraterreno, ma solo oltre la comune etologia che ci trova statici nonostante il cosiddetto progresso e che non ci distingue dal mondo animale. Non mi pare poco.

Ovviamente il problema è sempre il come. E’ noto il come che io indico: la creazione di un esercito di grandi e diversi comunicatori mondi dalle passioni. Prime tra tutte la passione politica essendo questa il carattere esclusivo peculiare dell’etologia umana dal quale sono sempre scaturite nefandezze che non hanno eguali tra gli altri esseri viventi. Il Progetto ( il mio tra tanti altri) c’è, prima o poi qualcuno, poi molti forse lo scopriranno.

Ma ecco che anche io sembro aver bruciato incenso a un prodotto del pensiero, ma non è così perché il pensiero femminile non è necessariamente succube dell’ iter culturale maschile irrimediabilmente contaminato e condizionato dai canoni biologici. Capisco che la mia ipotesi (tra l’altro non tanto originale) possa apparire quanto mai discutibile, la direi però al contempo tutt’altro che da trascurare visto che le responsabilità storiche “sono” ( lo credo e lo spero) da attribuire solo ai maschi.
Anche se tra i maschi sicari e i maschi mandanti corre un abisso.

Perciò confermo, per certi versi non è da escludersi che in certi casi si possa parlare verosimilmente di “beata vecchiaia”.


Gloria Capuano



Lunedì, 04 giugno 2007