EVANGELICHE (CHIESE)

Estratto dall’Appendice del Novissimo Digesto Italiano UTET


di FRANCO BECCHINO

EVANGELICHE (chiese). 1

Sommario. 1

1.     Premessa. 1

2. Chiesa Evangelica Valdese (Unione delle Chiese valdesi e metodiste). 2

3. Chiese Evangeliche Battiste. 8

4. Chiesa Evangelica Luterana in Italia. 10

5. Comunione delle Chiese Cristiane Libere. 10

6. Chiese Cristiane dei Fratelli. 10

7. Federazione italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno. 11

8. Assemblee di Dio in Italia. 11

9. Chiesa Apostolica in Italia. 11

10. Chiese di Cristo. 11

11. Altre Chiese Evangeliche. 11

12. Esercito della Salvezza. 12

13. Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. 12


EVANGELICHE (chiese).[top]

BIBLIOGRAFIA. — D. O. Whittinghill, E. Y. Mullins, G. B. TAYLOR, I Battisti, Roma, 1913; P. Sanfilippo, L’Italia Battista, Roma, 1959; S. U. Barbieri, Una strana stirpe di audaci. Vita di G. Wesley e storia delle origini del movimento metodista, Torino, 1960; L. Santini, Il Valdismo ieri e oggi, Torino, 1965; G. Gonnet, Le confessioni di fede valdesi prima della riforma, To­rino, 1967; G. PEYROT, S. ROSTAGNO, A. SONELLI, V. VINAY, G. Spini, S. Bianconi, La posizione delle Chiese Evangeliche di fronte allo Stato, Torino, 1970; G. B0UCHARD, I valdesi, una storia da rileggere, Torino. 1971; S. CARILE. Attualità del pensiero teologico metodista, Tonno, 1971; A. Sonelli, Il documento del Sinodo Valdese sul matrimonio, Torino, 1971; G. Spini, L’Evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa Cristiana Libera in Italia (1870-1904), Torino, 1971; Annuario evangelico, ediz. 1972-1973, Torino, 1974; F. Gianpiccoli, C. PAPINI, L’eredità del Valdismo medievale, Torino, 1974; D. MASELLI, Tra Risveglio e Millennio. Storia delle chiese cristiane dei Fratelli in Italia (1836-1886), Torino, 1975; G. PEYR0T, Libertà e religione nelle Chiese Evangeliche (nel volume Teorie e prassi delle libertà di religione, a cura di R. Bellini), Bologna, 1975; V. Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, Torino, 1975; G. Bouchard, R. Turinetto, L’«altra chiesa» in Italia: gli evangelici, Torino, 1976; D. Maselli, Libertà della Parola. Storia delle chiese cristiane dei Fratelli in Italia (1886-1946), Torino, 1978; G. PEYROT, Le «opere pie» delle Chiese Valdesi (Città e Regione, 1978, n. 11-12, Firenze); A.          Molnar, A. Armand HUGON, V. VINAY, Storia dei valdesi, tre volumi: vol. I, Dalle origini all’adesione alla Riforma (1532); voI. II, Dal sinodo di Chanforan alla emancipazione (1848); voi. III, Dal movimento evangelico italiano al movimento ecumenico (1978), Torino, 1974-1979; a cura di G. Tourn con introduzioni di M. Cassese, P. Ricca, A. Agnoletto, V. Gastaldi, J. Kleemann, La Confessione Augustana de! 1530, Torino, 1980; G. DE Meo « Granel di sale». Un secolo di storia della Chiesa cristiana avventi­sta del 7° giorno in Italia (1864-1964), Torino, 1981; G. Tourn, I Valdesi. La singolare vicenda di un popolo chiesa (1170-1976), Torino, 1981; A. Penna, S. Ronchi, Il Protestantesimo: la sfida degli evangelici in Italia e nel mondo, Milano, 1981.

Sommario [top]

1. Premessa. — 2. Chiesa Evangelica Valdese (Unione delle Chiese valdesi e metodiste). — 3. Chiese Evangeliche Batti­ste. — 4. Chiesa Evangelica Luterana in Italia. — 5. Comunione delle chiese Cristiane Libere. — 6. Chiese Cristiane dei Fratelli. —7. Federazione italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 70 giorno. — 8. Assemblee di Dio in Italia. — 9. Chiesa Apostolica in Italia. — 10. Chiese di Cristo. — 11. Altre Chiese Evangeliche. —12. Esercito della Salvezza. — 13. Federazione delle Chiese Evan­geliche in Italia.

1.     Premessa. [top]

1.1.      Non sono poche le novità che devono essere segnalate in questa Appendice per quel che riguarda le Chiese Evangeliche in Italia. Alcuni avvenimenti di rilievo hanno infatti mutato il panorama che se ne dava nella voce del Digesto ad esse dedicata. Si è trattato, certamente, della conclusione di processi già avviati da tempo, che non hanno modificato la so­stanza degli orientamenti dottrinali e degli ordina­menti delle singole confessioni. Tuttavia una più at­tenta riflessione teologica ed un ripensamento della propria storia; una considerazione più penetrante dei caratteri distintivi comuni; un più avvertito senso della responsabilità di predicazione. di testimonianza e di servizio verso il paese hanno condotto, da un lato, ad accentuare la fisionomia riformata dell’eccle­siologia, e quindi dell’ordinamento, di alcune delle Chiese Evangeliche qui esaminate (nuova Disciplina generale valdese); dall’altro, ad unioni di chiese, con caratteristiche originali, che rappresentano un contri­buto non trascurabile alla ricerca ecumenica che tocca in questo secolo tutta la cristianità (Integrazione val­dese-metodista); dall’altro ancora, alla creazione di strumenti di collegamento e di lavoro comune più organicamente strutturati di quelli del passato (Fede­razione delle Chiese Evangeliche in Italia); dall’altro infine,ad una precisazione del rapporto con la società civile in generale e con lo stato in particolare che tiene conto delle posizioni elaborate al riguardo dalle stesse Chiese Evangeliche e delle scelte operate nel campo del diritto ecclesiastico dall’ordinamento giuri­dico italiano con la Costituzione repubblicana del 1948 (contributo alla stesura dell’Intesa fra la Repub­blica Italiana e le Chiese valdesi e metodiste).

1.2. La realtà che si è soliti indicare con l’espres­sione Chiese Evangeliche (a ragione, perché le confes­sioni religiose che vengono così definite o indicano espressamente nella propria denominazione la qualifi­cazione «evangelica» o comunque accettano o per lo meno non rifiutano per sé tale qualificazione) si può oggi raggruppare in due settori: a) quello delle chiese che, pur non trascurando il proprio riferimento al «Risveglio» (il movimento di pensiero e di azione pratica che caratterizzò larga parte del protestante­simo nel secolo scorso e che accompagnò ed ispirò l’espandersi delle Chiese Evangeliche in Italia), ac­centuano il loro collegamento ideale con la Riforma del XVI secolo (che fu fenomeno religioso anche italiano e non soltanto, come spesso erroneamente si crede, di altri paesi europei); sono attente e partecipi al rinnovamento della teologia evangelica proprio del nostro secolo; esprimono, sia pure dalla loro posi­zione di minoranza, una presenza protestante signifi­cativa nella vita culturale sociale e politica italiana: a questo settore si possono ascrivere le Chiese valdesi, metodiste, battiste, luterane, tutte aderenti alla Fede­razione delle Chiese Evangeliche in Italia; b) quello delle chiese per le quali il riferimento alla teologia ed alla prassi del « Risveglio » è preponderante, anche se talune di esse sono figlie di movimenti religiosi sorti nel novecento, e che si caratterizzano per una inter­pretazione piuttosto letterale della Bibbia, una indub­bia capacità di comunicare l’Evangelo agli strati più umili della popolazione, una intensa attività proseliti­stica, la tendenza a «separarsi dal mondo»: a questo settore si possono ascrivere le altre chiese e movi­menti qui di seguito menzionati, alcuni dei quali soltanto aderiscono alla Federazione.

Non sembra pertanto corretto ricomprendere fra le Chiese Evangeliche i Testimoni di Geova (come sì fa nella corrispondente voce del Novissimo Digesto). Questo movimento infatti, pur essendo sorto su terreno protestante, rappresenta ormai un a organizzazione religiosa a sé stante, che, per la sua dottrina e la sua prassi, si colloca al margine del cristianesimo e che, del resto, non accetterebbe mai di essere identificato come una chiesa evangelica.

2. Chiesa Evangelica Valdese (Unione delle Chiese valdesi e metodiste). [top]

2.1.      I due principali fatti nuovi che si sono verificati nell’ordinamento della Chiesa valdese sono rappre­sentati: a) dall’entrata in vigore il 21-11-1974 della Disciplina generale, che ha sostituito la Costituzione ecclesiastica emanata neI 1902 e revisionata nel 1914 e nel 1929; b) da quella particolare unione ecclesia­stica che è stata definita «Integrazione globale» fra le Chiese valdesi e le Chiese metodiste, conclusa con l’entrata in vigore il 27-VIII-1975 del Patto di inte­grazione, ~pprovatO dal Sinodo valdese e dalla Confe­renza metodista, ed attuata gradualmente e compiuta­mente entro il 1979.

Poiché in conseguenza dell’integrazione le Chiese valdesi e quelle metodiste costituiscono un unico corpo ecclesiastico, si tratterà qui unitariamente la materia che nella voce del Digesto era divisa nelle due sottovoci dedicate l’una alla Chiesa valdese e l’altra alla Chiesa metodista.

2.2.      L’elaborazione di una nuova Disciplina gene­rale ha richiesto un lungo lavoro di preparazione e di riflessione, che ha impegnato in prima persona dal 1959 al 1974 non soltanto l’assemblea sinodale ma anche le singole Chiese valdesi, sia in Italia che nell’America meridionale, ove vive, nelI’Uruguay e nell’Argentina, un cospicuo nucleo di valdesi, colà emigrati dalle Valli del Pinerolese nella seconda metà dell’ottocento.

Questa disciplina è stata accettata come ordina­mento generale comune, nel quadro dell’integrazione, anche dalle Chiese metodiste italiane. Poiché la Disci­plina generale esprime in modo significativo, anche se non esaurisce, l’ordinamento valdese (ordinamento che ha il carattere della originarietà perché formatosi a partire dal 1532 con una produzione autonoma di norme, in modo del tutto indipendente dal diritto dello stato), si può affermare, sulla base di questa esperienza, che tale ordinamento si presenta con una notevole apertura ecumenica e si ispira a principi di libertà, per cui può accogliere al suo interno ordina­menti particolari che continuino ad evolversi autono­mamente, garantendo ad un tempo unità e rispetto della identità di ciascuno.

2.3.      La caratteristica principale della nuova Disci­plina generale è il ricupero di un tratto tipico della originaria ecclesiologia valdese, quando il movimento di riforma religiosa medioevale aderì alla Riforma protestante: il concetto cioè, del tutto conforme al pensiero del Nuovo Testamento secondo una corretta esegesi, che l’assemblea locale dei credenti esprime compiutamente la «Chiesa». La chiesa locale è dun­que il momento iniziale della vita ecclesiastica, ed un corpo ecclesiastico unitario si costituisce attraverso un «patto di unione» fra le chiese locali che dà vita a sua volta ad una assemblea generale di credenti o sinodo, in cui si manifesta l’unità di fede e di disci­plina attraverso la formulazione della confessione dì fede e di una regola comune. Anche il corpo ecclesia­stico unitario è compiutamente «Chiesa» e della chiesa esprime la dimensione universale, ma l’unità e l’universalità (o ecumenicità) della chiesa non sono assicurati e garantiti da un «ministero di unità» (vescovi, papa), ma da una assemblea rappresentativa delle chiese locali.

2.4. Un altro aspetto di rilievo della nuova Disci­plina generale è la ripartizione delle Chiese valdesi in due zone, quella europea e quella sudamericana o rioplatense.

Il Sinodo, che esprime l’unità delle Chiese valdesi secondo il principio sopra esposto, resta unico per le due zone, ma si articola in due sessioni, una per ciascuna zona, che si riuniscono separatamente. A ciascuna sessione compete l’esame della situazione generale delle chiese della rispettiva zona, ivi com­preso ogni potere regolamentare, giurisdizionale e di governo. Ma tutte le questioni che concernono la confessione di fede, la Disciplina generale e l’even­tuale unione con altre chiese devono essere decise con doppio voto conforme dalle due sessioni.

La Disciplina generale è pertanto redatta in unico testo, ma in due versioni in lingua italiana e casti­gliana; il Regolamento sinodale si articola in un Regolamento generale, annesso alla Disciplina gene­rale e soggetto anch’esso al doppio voto conforme delle due sessioni, ed in un Regolamento di zona su cui ha competenza ciascuna sessione.

La cura degli interessi comuni delle chiese della zona europea e la loro rappresentanza, nonché la destinazione dei pastori, resta affidata alla Tavola Valdese, organo collegiale composto dal Moderatore, dal Vicemoderatore e da altri cinque membri, che è eletto dalla sessione sinodale di tale zona ed agisce secondo le direttive e sotto il controllo della mede­sima a cui risponde del proprio operato (la Tavola Valdese è anche ente morale con fini di culto, istru­zione e beneficenza, munito di personalità giuridica per antico possesso di stato, e, come tale, è retta da un apposito statuto approvato dal Sinodo).

Per la zona rioplatense questi compiti sono affidati ad un organo similare denominato Mesa Valdense che è eletto ed opera in modo analogo rispetto alla sessione sinodale di tale zona.

La rappresentanza delle Chiese valdesi nei rapporti ecumenici è assicurata in base a specifici accordi fra Tavola e Mesa.

2.5. La Disciplina generale si articola in un pream­bolo e in dieci capitoli.

Il preambolo contiene una rapida rassegna del sorgere e dell’evolversi dell’ordinamento valdese a partire dal 1532 e si conclude affermando che « ... ben lungi dal pretendere ad un’infallibilità, o ad un’auto­rità che appartiene alla sola Parola di Dio, queste discipline.., sono imperfette e fallibili, come ogni opera umana; ... esse non potrebbero impegnare le coscienze dei credenti se non nella misura in cui sono conformi alla lettera o in armonia con lo spirito della Rivelazione.., tuttavia esse impongono obblighi e stabiliscono limiti per i credenti che vi si attengono nell’interesse comune, perché nella carità reciproca si manifesti per tutti la sola signoria di Cristo».

Il primo capitolo dedicato alla «Chiesa in gene­rale » detta le norme che danno attuazione ai prin­cipi esposti sub 2.3.; in esso è anche contenuta la definizione della posizione della Chiesa nei confronti dello Stato, posizione che può riassumersi nella espressione «libertà senza privilegi» e che riecheggia la dichiarazione della Tavola Valdese al Governo del Regno di Sardegna del 1849 (vedi Novissimo Digesto Italiano, voce Chiese Evangeliche «La Chiesa, fon­data sui principi dell’Evangelo, si regge da sé in modo indipendente nell’osservanza della sua confessione di fede e del suo ordinamento senza pretendere alcuna condizione di privilegio nell’ordine temporale, né consentire nel proprio ordine ad ingerenze o restri­zioni da parte della società civile».

Il capitoLo è dedicato alle « Persone » e consacra il principio secondo il quale si è ammessi in una chiesa locale per una libera professione di fede.

Il 3° capitolo sui «Ministeri» li definisce in riferi­mento alla vocazione dello Spirito Santo ed al ricono­scimento da parte della Chiesa; i ministeri non sono pertanto un numero predeterminato e chiuso perché lo Spirito può manifestarne sempre di nuovi; essi non sono gerarchicamente ordinati perché esercitati in collaborazione gli uni con gli altri ed in reciproca sottomissione e perché non costituiscono uno status diverso da quello proprio del sacerdozio universale dei credenti; attualmente la Chiesa riconosce i mini­steri di pastore, anziano e diacono; l’insieme dei pastori costituisce il « Corpo pastorale » che è un organo di consulenza teologica per il Sinodo, ma non esercita alcuna funzione di magistero ecclesiastico né ha poteri di giurisdizione o di governo; al Corpo pastorale spetta l’esame dei candidati al pastorato.

Il 4° capitolo intitolato « Chiese locali » dà pure attuazione ai principi esposti sub 2.3.; stabilisce che la chiesa locale, secondo il classico modello riformato, si regge per mezzo dell’Assemblea e del Consiglio, e, ove presenti un quadro completo delle attività eccle­siastiche ed altri particolari requisiti, possa conse­guire, per riconoscimento del Sinodo, l’Autonomia che le dà, tra l’altro, diritto a designare per la nomina della Tavola il proprio pastore (nelle chiese autonome il consiglio è detto Concistoro; i concistori delle antiche Chiese delle Valli Valdesi, che sono tutte dotate di autonomia, possiedono, per antico possesso di stato, personalità giuridica con fini di culto, istru­zione e beneficenza); all’assemblea compete ogni de­cisione sull’attività ecclesiastica locale e l’elezione del consiglio; al consiglio, composto da pastori anziani e diaconi, compete la direzione delle attività ecclesiasti­che e l’esercizio del ministero pastorale e della disci­plina.

Il capitolo regola gli «Organi regionali» che sono strutture intermedie, nell’ambito di una circo­scrizione territoriale, fra le chiese locali ed il Sinodo; gli organi regionali nella zona europea sono attualmente: a) il «Distretto», che assolve a funzioni prevalentemente amministrative ed opera sulla base di una Conferenza — composta dai deputati delle chiese e dai loro pastori e dai rappresentanti degli istituti e delle opere — e di una Commissione Esecu­tiva eletta dalla Conferenza stessa (i distretti sono quattro: 1°: Valli Valdesi; 2°: Italia settentrionale e Svizzera; 3°: Italia centrale; 4°: Italia meridionale e Isole); b) il «Circuito», che rappresenta uno dei contributi metodisti all’ordinamento comune delle due confessioni e che è istituito per il coordinamento e lo sviluppo delle attività ecclesiastiche ed evangeli­stiche di chiese locali viciniori; il circuito opera sulla base di una Assemblea — composta da una rappre­sentanza dei consigli delle chiese locali — e di un Consiglio eletto dall’assemblea medesima (i circuiti sono sedici: tre per il 1° distretto; sei per il 2°; tre per il 3° e quattro per il 4°); gli organi regionali nella zona rioplatense sono attualmente i «Presbiteri» che assolvono ad un tempo a funzioni amministrative e di coordinamento ecclesiastico.

Il 6° capitolo è dedicato al «Sinodo» e traduce in adeguata normativa i principi di cui è cenno sub 2.3. e 2.4.; il Sinodo è costituito innanzitutto dai deputati delle chiese locali (le Chiese metodiste eleggono le proprie deputazioni attraverso i circuiti), poi dai pa­stori (nella zona europea secondo un turno alfabetico), infine dai membri ex-officio; il Sinodo è la massima autorità umana della Chiesa in materia di dottrina, di legislazione, di giurisdizione e di governo, ma «... nello svolgimento delle sue attività agisce nell’ob­bedienza alla Parola di Dio come assemblea di cre­denti, che ricerca la guida dello Spirito Santo».

Il          capitolo è dedicato agli « Organismi setto­riali» (Federazione giovanile; Federazione femminile; Unione dei predicatori locali).

L’8° capitolo è dedicato all’e Amministrazione» e disciplina la Tavola e la Mesa secondo i criteri già esposti sub 2.4.; accanto a queste, ma sotto la loro sovrintendenza, operano le Commissioni sinodali am­ministrative, preposte alla direzione di particolari isti­tuti, che rispondono alla sessione sinodale che le ha nominate (nella zona europea sono attualmente ope­ranti il Consiglio della Facoltà di Teologia; la Com­missione per gli istituti ospedalieri e l’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia di cui si dirà sub 2.6.).

Il 9° capitolo dedicato alla «Disciplina» regola i provvedimenti disciplinari, garantendo in ogni caso l’appello al Sinodo.

Il 10° capitolo contiene le «Disposizioni finali» sulle procedure di modifica della Disciplina generale e sui regolamenti di attuazione della medesima, riser­vati separatamente a ciascuna sessione sinodale.

Nella zona europea questi regolamenti sono stati emanati congiuntamente dal Sinodo valdese e dalla Conferenza metodista tra il 1975 ed il 1979 nel processo di attuazione del Patto di integrazione, che conteneva l’accettazione da parte metodista della Di­sciplina generale come ordinamento generale comune.

Tali regolamenti portano un numero corrispondente al capitolo della Disciplina cui si riferiscono; i capitoli 1°, 9° e 100 non hanno regolamento di attuazione; il capitolo 4° ha due regolamenti di attuazione, uno per le Chiese locali valdesi ed uno per quelle metodiste; per il capitolo 6° valgono il Regolamento generale sul Sinodo e quello di zona.

2.6. L’Integrazione valdese-metodista conclude un lungo processo di ricerca di unità fra queste due confessioni evangeliche che ha inizio nel 1942.

A quell’epoca erano operanti in Italia due Chiese metodiste: la Chiesa Metodista Weslevana e la Chiesa Metodista Episcopale; la prima era collegata con la Chiesa Metodista di Gran Bretagna; la seconda era sPata collegata con la Chiesa Metodista degli Stati Uniti d’America fino al 1939, quando aveva assunto una propria autonoma organizzazione.

Le due Chiese Metodiste erano sorte rispettiva­mente per l’opera di una missione inglese nel 1861 e di una missione americana nel 1874 (vedi Novissimo Digesto Italiano, voce Chiese Evangeliche), ma in esse erano confluite gran parte delle comunità della Chiesa Evangelica Italiana, già Chiesa Cristiana Libera in Italia.

Durante il Risorgimento italiano, infatti, intorno agli anni quaranta dello scorso secolo, aveva preso vita nel nostro paese un movimento evangelico, sorto spontaneamente sulla spinta del «Risveglio» senza formali collegamenti con missioni o chiese protestanti estere e sviluppatosi parallelamente all’evangelizza­zione valdese, che aveva dato origine da una parte alle attuali Chiese Cristiane dei Fratelli e dall’altra, intorno al 1865, alla Chiesa Cristiana Libera in Italia, scioltasi, dopo aver mutato il nome in Chiesa Evange­lica Italiana, neI 1905.

Nel 1942 si erano iniziate trattative di unione fra valdesi e metodisti wesleyani in vista di un sostanziale assorbimento delle Chiese wesleyane nella Chiesa valdese. Nel 1946, però, le due Chiese metodiste si erano fuse (vedi Digesto, voce Chiese Evangeliche) dando vita alla Chiesa Evangelica Metodista d’Italia, che era rimasta collegata con la Chiesa Metodista di Gran Bretagna ed avrebbe Ottenuto in seguito il riconoscimento della personalità giuridica come ente morale con D. P. R. 20-111-1961, n. 602. Fino a questo riconoscimento le Chiese metodiste avevano operato in Italia come corpi morali grazie ai rispettivi collegamenti con la « Wesleyan Methodist Missionary Society of London» ed il «Board of Foreign Missions of Methodist Episcopal Church » di New York, per­sone giuridiche secondo la legislazione di appar­tenenza, e ciò a norma dell’art. 16, 2° comma delle Disposizioni sulla legge in generale premesse al C. Civ.

Le trattative di unione tra valdesi e metodisti uniti erano riprese non più in vista di un assorbimento, ma di una fusione che desse origine ad una nuova chiesa evangelica. Il progetto di fusione non era risultato però praticabile, soprattutto per le resistenze da parte dei valdesi che non ritenevano possibile disperdere un patrimonio di storia di otto secoli, legato al nome valdese, in un nuovo corpo ecclesiastico dalle incerte radici. Inoltre un’unione ecclesiastica che comportasse la perdita delle rispettive identità confessionali pareva piuttosto un impoverimento che un arricchimento reciproco.

Con il 1955 inizia allora una terza fase delle trattative, alla quale si accompagna, sempre più in­tensa, una vita ecclesiastica comune fra le Chiese locali delle due confessioni, in vista di una « integra­zione» fra i due corpi ecclesiastici che conservi l’identità di entrambi e realizzi pertanto un’unione «per somma» di tutti i possibili reciproci apporti.

Parallelamente a questa fase procede da parte val­dese l’elaborazione della nuova Disciplina generale (vedi sub 2.2., 2.3., 2.4., 2.5.) e da parte metodista il processo per conseguire una piena autonomia dalla Chiesa Metodista di Gran Bretagna. Nel 1962 la Chiesa Evangelica Metodista d’Italia diviene infatti una chiesa autonoma ed indipendente con un proprio corpo di discipline ecclesiastiche costituito da: a) l’Atto di autonomia», contenente i «Lineamenti dottrinali» in cui sono espresse le posizioni di fede dei metodisti italiani; b) il «Regolamento» diviso in 7 titoli dedicati alla « Chiesa locale » (che si regge mediante l’Assemblea ed il Consiglio da questa eletto e composto, tra gli altri, dai pastori, capigruppo, predicatori locali, responsabili delle attività); al «Cir­cuito» (di cui si son viste natura e funzioni sub 2.5.); al «Distretto» (che fu attuato soltanto in sede di integrazione nei termini pure indicati sub 2.5.); alla «Conferenza» (assemblea generale di carattere sino­dale composta dai rappresentanti dei circuiti, dai pastori e da membri ex-officio; in questo titolo veni­vano anche regolati il Comitato Permanente, organo esecutivo della Conferenza, composto dal seggio della stessa — presidente, vicepresidente, segretario — e da altri sei membri, nonché i segretariati e le commis­sioni permanenti, preposti dalla Conferenza a deter­minati servizi); ai « Ministeri » (accanto ai pastori ed evangelisti veniva previsto il ministero del predicatore locale, caratteristico nel metodismo); al « Patri­monio» ed alle «Opere sociali»; c) il «Regola­mento per i lavori della Conferenza»; d) lo statuto dell’Ente morale; e) gli statuti degli organismi setto­riali (movimento giovanile, movimento femminile, Unione dei predicatori locali); J) il « Patto di coopera­zione» con la Chiesa Metodista di Gran Bretagna.

Nel 1974, infine, da una apposita commissione mista che lo aveva predisposto, venne presentato al Sinodo Valdese ed alla Conferenza metodista un progetto di integrazione globale che, dopo essere stato discusso in tutte le chiese locali, venne appro­vato dalle due assemblee nel 1975 ed entrò in vigore il 27 agosto dello stesso anno come «Patto di integra­zione globale», prevedendo una fase di graduale attuazione fino al 1979, che fu scrupolosamente ri­spettata.

La caratteristica di fondo dell’integrazione è data dal fatto che sia le persone che le chiese locali conservano la propria identità confessionale valdese o metodista e quindi la propria qualifica denominazio­nale. Coesistono pertanto nell’ordinamento comune un regolamento per le Chiese locali valdesi ed uno per le Chiese locali metodiste, ciascuno con caratteri­stiche proprie. Le Chiese valdesi e metodiste manife­stano la loro unità di fede e di disciplina in un’unica assemblea sinodale che è il Sinodo valdese divenuto Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. In questo modo esse divengono un unico corpo «che vive nella sola Grazia del Signore» (art. 1 della Disciplina generale e art. 4 del Patto d’integrazione). Questo corpo, ai fini del rapporto con le altre chiese e con lo stato viene indicato col nome di «Chiesa Evangelica Valdese» specificandosi che tale nome esprime «l’u­nione delle Chiese valdesi e metodiste ».

L’unità di fede e di disciplina è resa possibile dal fatto, consacrato nel Patto, che le Chiese valdesi e quelle metodiste si riconoscono reciprocamente come Chiese di Gesù Cristo e riconoscono le une rispetto alle altre la conformità all’Evangelo del Battesimo e della Cena del Signore amministrati secondo le rispet­tive liturgie, e i ministeri che si sono in esse manife­stati. Valdesi e metodisti insieme, attraverso il patto, riconoscono poi come comune confessione storica della fede la Confessione delle Chiese Riformate del Piemonte del 1655 (per il suo contenuto vedi Digesto, voce Chiese Evangeliche), e nella linea di tale confes­sione i Lineamenti dottrinali contenuti nell’Atto di autonomia della Chiesa Evangelica Metodista d’Italia. I metodisti, infine, sempre attraverso il Patto, ricono­scono come ordinamento comune la Disciplina gene­rale (vedi sub 2.2., 2.3., 2.4., 2.5.) e si inseriscono quindi, anche se in posizione autonoma, nell’ordina­mento valdese.

Il Patto prevede che la regolamentazione di attua­zione della Disciplina generale venga elaborata in comune, e ciò è di fatto avvenuto attraverso sessioni congiunte del Sinodo e della Conferenza dal 1975 al 1979 ed avverrà per il futuro nell’unica assemblea sinodale. Elementi di rilievo di questa regolamenta­zione comune sono: a) la costituzione di un unico ruolo dei ministri tenuto dalla Tavola, che provvede alle destinazioni pastorali alle chiese locali nel ri­spetto delle diverse regolamentazioni a seconda che si tratti di una Chiesa valdese o di una Chiesa metodi­sta; b) il ricevimento dalla disciplina metodista della figura del pastore locale, un pastore cioè che svolge una normale attività professionale e dedica gratuita­mente al ministero in sede locale il suo tempo libero, e quella del predicatore locale, un membro di chiesa adeguatamente preparato che svolge il ministero della predicazione nell’ambito del Circuito; c) la previsione di strutture intermedie comuni alle Chiese valdesi e metodiste: il Circuito (che deriva dalla tradizione me­todista e vuole sottolineare il carattere missionario e non solamente parrocchiale della chiesa locale) ed il Distretto, già previsto dalle due discipline; d) la conservazione del metodo di rappresentanza delle Chiese metodiste al Sinodo attraverso i Circuiti; e) la Costituzione di organismi settoriali comuni per il lavoro delle Scuole domenicali, ove si svolge l’istru­zione biblica dei fanciulli, per i movimenti giovanili e femminili e per i predicatori locali; f) la previsione della rappresentanza metodista nella Tavola, nel Con­siglio della Facoltà di Teologia, nelle commissioni nominate dal Sinodo per l’esame dell’operato della Tavola e delle Commissioni sinodali amministrative; g) la trasformazione dell’Ente morale « Chiesa Evan­gelica Metodista d’Italia» munito di personalità giu­ridica in « Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia», commissione sinodale amministrativa retta da un proprio statuto, cui resta intestato il patrimonio delle Chiese metodiste ed alla quale compete l’ammi­nistrazione ordinaria e straordinaria del medesimo e la rappresentanza delle Chiese metodiste in sede ecumenica; la commissione conserva la denomina­zione dell’organo esecutivo della Conferenza metodi­sta: Comitato Permanente, ed è composta da quattro membri metodisti eletti dal Sinodo e da un dele­gato nominato dalla Tavola nel suo seno (le modifica­zioni dello statuto dell’Ente sono state approvate con D.P. R. 17-V-1979, n. 253).

Il Sinodo si raduna annualmente in Torre Pellice (Torino) nella Casa Valdese; la Tavola Valdese ha sede in Torre Pellice e l’Opera per le chiese metodi­ste in Roma; gli uffici dei due enti sono siti nello stabile metodista di via XX settembre in Roma (in­gresso da via Firenze 38).

La positiva esperienza dell’integrazione ha indotto valdesi e metodisti a ritenere l’incontro diretto fra le chiese come valido ed efficace metodo ecumenico, sicché ad esso preferibilmente si attengono nei rap­porti interconfessionali.

2.7.      In questa panoramica di aggiornamento sull’or­dinamento valdese merita un cenno particolare la organica sistemazione che hanno ricevuto gli enti ecclesiastici, gli istituti e le opere in sede di attua­zione del capitolo della Disciplina generale dedicato all’Amministrazione ecclesiastica.

Il          carattere ecclesiastico è dato all’ente dai fini di culto, istruzione e beneficenza congiuntamente perse­guiti. Gli enti ecclesiastici aventi patrimonio proprio o assegnato loro in dotazione sono enti patrimoniali (Tavola Valdese, Commissioni sinodali amministrative; Concistori delle Chiese autonome). Per l’attuazione dei loro fini istituzionali gli enti ecclesiastici possono promuovere istituti ed opere da essi dipendenti. Gli istituti possono ottenere l’autonomia dal Sinodo, che è anche competente a revocarla e a decidere even­tualmente sulla procedura di riconoscimento della personalità giuridica secondo le leggi dello Stato. Gli enti patrimoniali sono sempre istituti autonomi; al­cuni di essi sono già muniti di personalità giuridica o per antico possesso di stato (Tavola Valdese, Conci­stori delle Chiese valdesi delle Valli del Pinerolese) o per riconoscimento da parte dello Stato (Commissione per gli istituti ospedalieri, Opera per le chiese meto­diste).

Gli istituii e le opere valdesi e metodisti sono numerosi e vanno dalla-Facoltà di Teologia di Roma, ai musei di Torre Pellice e di altre località delle Valli Valdesi, alle biblioteche di Roma e di Torre Pellice; dalla stampa periodica (il settimanale con doppia te­stata «La Luce» e «L’Eco delle Valli valdesi»; la rivista «Protestantesimo»; il  «Bollettino» della So­cietà di Studi valdesi; il mensile «L’Amico dei fan­ciulli») alla casa editrice «Claudiana» di Torino, alle librerie portanti lo stesso nome di Torre Pellice, Torino e Milano; dagli istituti di istruzione e di cultura (Liceo-ginnasio di Torre Pellice; Scuola Latina di Pomaretto [Torino]: Centro Culturale « Lom­bardini» di Cinisello Balsamo [Milano]; Società di Studi valdesi con sede a Torre Pellice), alle comu­nità-alloggio di Torre Pellice, Pomaretto e Firenze, ai centri sociali e di assistenza all’infanzia sparsi in molte località, specie in piccoli centri (i principali: «Casa Materna» a Portici [Napoli]; « Centro Diaco­nale» a Palermo; «Centro cristiano» a Riesi [Calta­nisetta]), ai centri per la gioventù (i più noti: «Agape» a Prali [Torino] ed Ecumene a Velletri (Roma]); dagli ospedali di Torre Pellice, Pomaretto e Torino alle case di cura e di riposo per anziani delle Valli Valdesi, di Firenze, di Vittoria (Ragusa), alle foresterie.

2.8. La posizione della donna nella chiesa è oggi oggetto di vivace dibattito nella cristianità. Gioverà pertanto ricordare che nel movimento valdese me­dioevale la predicazione era affidata sia agli uomini che alle donne, tanto che questo fatto veniva menzio­nato come argomento per dimostrare il carattere ereticale del movimento stesso.

Adeguatisi successivamente i valdesi ai costumi del tempo, la donna fu esclusa da tutti i ministeri più importanti. All’inizio del secolo, però, la questione si pose in termini nuovi ed iniziò un processo graduale di completa parificazione: nel 1903 fu data facoltà alle chiese locali di concedere il voto alle donne nell’assemblea; nel 1910 il principio fu generalizzato e la donna ebbe accesso all’elettorato attivo; nel 1930 infine anche a quello passivo (nel 1932 si ebbero le prime elezioni di donne nei consigli delle chiese locali; nel 1945 per la prima volta una donna fu eletta deputato al Sinodo e nel 1970 nella Tavola Valdese).

Nel 1948 il Sinodo pose allo studio il problema dell’accesso delle donne al ministero pastorale. La questione fu esaminata da tutte le chiese locali e nel 1962 lo studio si concluse con l’affermazione che la Bibbia non vieta il pieno riconoscimento del mini­stero pastorale alle donne a questo chiamate. Nel 1963 l’ordinamento valdese riconobbe pertanto la validità del pastorato femminile e nel 1967 una donna venne per la prima volta consacrata quale pastore.

La Conferenza Metodista nel 1972 giunse ad analo­ghe conclusioni ed ammise anche le donne al mini­stero pastorale, dopo averle già ammesse in prece­denza a quello di predicatore locale. Nell’attuale ordinamento comune delle Chiese valdesi e metodi­ste, pertanto, la posizione della donna è uguale, sotto tutti gli aspetti, a quella dell’uomo.

2.9.      Un testo di rilievo dell’ordinamento valdese e rappresentato dal «Documento sul matrimonio» ap­provato dal Sinodo nel 1971.

Pur non rifiutando l’espressione «matrimonio cri­stiano», il Documento preferisce parlare di un « modo cristiano » di concepire e vivere il matrimo­nio. Nel matrimonio i credenti attuano, come coppia, la loro vocazione cristiana; essi ricevono come dono di Dio l’unione coniugale, chiamata a durare per il tempo della loro vita terrena; tale unione investe la totalità delle loro persone, nella prospettiva di una comunità d’amore, vissuta l’uno per l’altro, in reci­proca lealtà e fedeltà, sostanziata di dono e perdono, nella sottomissione all’amore di Cristo; i coniugi cre­denti vivono nel matrimonio la propria sessualità senza esaltazioni, ne repressioni, nel libero e mutuo dono di sé stessi e non nella costrizione di un debito imposto.

Il          matrimonio si costituisce per il reciproco libero consenso degli sposi, ai quali unicamente spetta, per dare pubblica certificazione della loro unione, la scelta della forma nuziale tra quelle attualmente pre­viste dall’ordinamento giuridico. I credenti sanno per fede che il loro matrimonio è contratto dinanzi a Dio, qualunque sia la forma nuziale prescelta; la Chiesa offre ai credenti, attraverso la propria liturgia, una forma di pubblica certificazione del matrimonio, ma questa forma non è condizione di validità del matri­monio stesso e non è perciò obbligatoria.

Impropriamente il matrimonio fra cristiani di di­versa confessione è detto «misto»; a tale matrimo­nio si addice invece la definizione di «interconfes­sionale»; l’espressione «matrimonio misto» va piut­tosto riservata al matrimonio in cui uno solo dei coniugi è credente. Il Documento, dopo aver affer­mato che la Chiesa ricorda al credente la responsa­bilità di testimoniare della propria fede al coniuge ed ai figli, afferma altresì che, essendo il matrimonio costituito per libera decisione degli sposi, le diversità di razza, nazionalità, condizioni sociali, confessione religiosa non possono costituire impedimenti per la validità o legittimità del matrimonio, sicché non sono ammissibili, nei casi di matrimonio misto o intercon­fessionale di cui sia data pubblica certificazione con la liturgia evangelica, forme di «dispensa», imposizione di condizioni o richiesta di garanzie: tutto ciò sarebbe contrario alla libertà del cristiano. In particolare, per i matrimoni interconfessionali, il Documento sostiene che il rispetto reciproco della fede di ciascuno deve consentire ai coniugi il libero e completo inserimento nella vita della propria confessione, mentre l’educa­zione cristiana dei figli deve essere svolta con spirito ecumenico, ricordando che il battesimo è segno dell’unione dei credenti a Cristo e non della apparte­nenza ad una istituzione ecclesiastica.

Circa il divorzio, il Documento afferma che la Chiesa, pur considerando il matrimonio come unione duratura, non può ignorare le situazioni di crisi e di rottura che possono verificarsi nella vita coniugale per la durezza e la debolezza umana. Si deve pertanto assentire ad una legislazione civile relativa al divorzio, innanzi tutto per riguardo alla coscienza dei non credenti. Anche il matrimonio dei credenti però può andare in crisi, e la Chiesa dovrà allora fornire alla coppia, per superarla, l’aiuto fraterno, di cui fa parte l’annuncio dell’Evangelo. Ove la crisi non sia supe­rata e sfoci in una rottura definitiva dell’unione, la chiesa non può imporre ai credenti la rinuncia al divorzio, né pronunciare giudizi di colpa o di inno­cenza, ma adoperarsi perché al fallimento del matri­monio non segua odio ed ingiustizia, ma perdono.

3. Chiese Evangeliche Battiste. [top]

3.1. Le Chiese evangeliche battiste all’opera in Italia hanno proseguito, nello scorcio di tempo consi­derato in questa Appendice, l’approfondimento dei caratteri distintivi della loro ecclesiologia e quindi del loro ordinamento.

Occorre infatti tener ben presente che ciò che caratterizza i battisti non è tanto la concezione e la pratica del battesimo dei credenti, quanto la conce­zione della chiesa da cui la dottrina battesimale consegue. Per i battisti infatti la chiesa locale esprime pienamente e compiutamente la realtà della Chiesa di Gesù Cristo e non può essere formata che da credenti professanti che abbiano testimoniato la loro fede per mezzo del battesimo. La chiesa locale deve pertanto governarsi da sé, in modo assolutamente autonomo ed indipendente, e non può consentire ché un’autorità ad essa esterna interferisca comunque nel suo autogo­verno, che nella concezione battista è uno dei carat­teri essenziali della Chiesa. La chiesa locale deve essere aperta alla collaborazione con altre chiese e disponibile a ricercare e manifestare con esse unità di fede e fraterna comunione, ma tutto ciò non può in nessun caso tradursi in organismi ecclesiastici le cui decisioni possono vincolare la chiesa locale. Le Chiese battiste sono infatti use associarsi in unioni regionali, nazionali e sopranazionali variamente deno­minate, soprattutto per creare strumenti di lavoro e di servizio comuni, ma le decisioni prese dagli organi dell’unione sono vincolanti per le chiese locali solo in quanto siano da queste accettate.

A questa concezione congregazionalista della Chiesa anche le Chiese battiste italiane si attengono. Non esiste pertanto un ordinamento comune per le chiese locali consacrate in un testo di carattere regolamen­tare, ma dei princìpi comuni cui solitamente si atten­gono gli statuti o regolamenti che le singole chiese si danno, ovvero di cui si sostanziano le consuetudini locali. Questi principi comuni prevedono che la chiesa si regga attraverso l’Assemblea ed il Consiglio da questa eletto, normalmente composto da pastori, an­ziani e diaconi; all’assemblea competono le decisioni che realizzano il principio dell’autogoverno, al consi­glio l’esercizio collettivo della cura pastorale.

Nella concezione battista, infine, la responsabilità dell’evangelizzazione è sempre della chiesa locale, sia nella località in cui si raduna sia in altri luoghi; le unioni possono fornire aiuti e strumenti, ma non sostituirsi alla responsabilità missionaria che le chiese portano in prima persona.

Le Chiese battiste si considerano tra loro tutte su di un piano di uguaglianza, a prescindere dalla loro consistenza o da altri particolari caratteri propri di ciascuna di esse; in Italia però esse si distinguono da un punto di vista amministrativo in chiese finanziaria­mente autosufficienti e chiese finanziariamente aiutate dall’Unione.

Ciascuna Chiesa battista sceglie di norma il proprio pastore attraverso l’elezione dell’assemblea, dopo che una commissione da questa nominata ha raccolto il consenso del candidato o dei candidati; alla scelta concorre anche l’Unione, specie nelle chiese finanzia­riamente aiutate, e se il candidato è iscritto nel ruolo da questa tenuto (la scelta può cadere infatti anche su un pastore non iscritto nel ruolo). Più chiese locali possono eleggere lo stesso pastore.

3.2. In materia di confessione di fede i battisti italiani non si riferiscono ad un’unica formulazione, ma a diversi testi storici che vanno dal Credo aposto­lico, alla «Declaration of Faith of English People» redatta nel 1611 ad Amsterdam da inglesi quivi emigrati per sottrarsi alla persecuzione religiosa e che formarono una delle prime comunità battiste, alla «London confession» del 1644, pure redatta da una delle prime comunità battiste. Questi testi non rive­stono comunque per i battisti carattere di autorità in materia di fede, ma rappresentano una sorta di «carta d’identità» ed un punto di riferimento per la solu­zione di controversie dottrinali.

3.3. Le Chiese battiste italiane hanno costituito nel 1956 l’ «Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia», con le caratteristiche già esposte sub 3.1. L’Unione ha preso il posto della precedente «Opera evangelica battista d’Italia» legata agli schemi della missione americana che aveva iniziato il suo lavoro in Italia nel 1871 ed aveva ereditato, nel 1920, l’opera iniziata fin dal 1863 da una analoga missione inglese. Con la costituzione dell’Unione i rapporti fra le Chiese battiste e la missione americana, che resta presente in Italia, si sono ridotti alla possibilità di utilizzare il personale missionario che la missione mette a disposizione per il lavoro nel nostro paese.

L’Unione è retta da uno statuto e opera sulla base di un’Assemblea e di un Comitato Esecutivo. L’As­semblea, che si riunisce ogni due anni nella località prescelta dal Comitato, è composta dai delegati delle Chiese locali che aderiscono all’Unione, dai pastori con cura di chiese e da membri ex-officio. L’Assem­blea è competente a deliberare sui servizi che l’U­nione mette a disposizione delle Chiese battiste: il dipartimento teologico e quello per l’evangelizza­zione; centri di incontro (il più importante è il Villag­gio della Gioventù di S. Severa (Roma]); case di riposo per anziani e centri di assistenza all’infanzia; nonché sulla stampa periodica (la rivista mensile «Il Testimonio» ed il foglio bimestrale di evangelizza­zione «Il Seminatore») e sugli organismi settoriali come il movimento femminile. Il Comitato è l’organo esecutivo dell’Assemblea.

L’Unione ha sede in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina 35.

3.4. Altri organismi comuni alle Chiese battiste italiane sono: a) l’Associazione pastorale, munita di un proprio statuto, che raccoglie tutti i pastori addetti a chiese e opere battiste, nonché i pastori emeriti, per periodici colloqui pastorali sui problemi del ministero e che può dare, se richiesta, pareri al Comitato Esecutivo; b) Associazioni regionali di Chiese battiste per periodici incontri e collaborazione fra le stesse in particolari servizi, normalmente dotate di propri sta­tuti; c) l’Ente patrimoniale dell’Unione, munito di personalità giuridica con D. P. R. 20-1-1961, al quale è in corso di trasferimento il patrimonio delle Chiese battiste fino ad ora intestato alla «Southem Baptist Convention», persona giuridica secondo la legge dello stato della Virginia (U.S.A.), con sede a Rich­mond, operante in Italia in base all’art. 16, 2° comma, delle Disposizioni sulla legge in generale premesse al C. Civ.

3.5. L’aspirante al pastorato viene presentato da una Chiesa battista al dipartimento teologico dell’U­nione che, insieme all’interessato, sceglie la Facoltà per gli studi teologici in Italia o all’estero (frequente­mente viene scelta la Facoltà valdese di Teologia) e cura il completamento della preparazione.

L’Unione tiene un ruolo dei pastori che si pongono a pieno tempo a disposizione delle chiese locali per il ministero; l’assunzione avviene da parte dell’Ente patrimoniale.

È possibile servire come pastori a tempo parziale, dedicandosi ad una normale attività professionale. Per questi pastori è in formazione un secondo ruolo, sempre tenuto dall’Unione.

Il pastore viene consacrato al ministero mediante l’imposizione delle mani da parte dell’assemblea nella Chiesa battista in cui inizia il suo servizio; poiché la consacrazione è valida per tutte le Chiese battiste ad essa partecipano rappresentanti dell’Unione e di altre chiese locali.

3.6.      All’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Ita­lia hanno aderito buona parte delle chiese che face­vano capo alla «Missione de La Spezia per l’Italia» (persona giuridica secondo le leggi britanniche dal 1908 con la denominazione «The Spezia Mission for Italy Incorporated»), che aveva iniziato l’opera nel 1866 e si era trasformata nell’Associazione Missiona­ria Evangelica Italiana fino al suo scioglimento (vedi Novissimo Digesto Italiano, voce Chiese Evangeliche, vol. III, n. 5).

4. Chiesa Evangelica Luterana in Italia. [top]

Questa Chiesa, menzionata nella voce del Digesto nella sottovoce destinata alle chiese evangeliche estere (n. 11) merita una considerazione a sé dopo che, a partire dal 1957, accoglie accanto a chiese di lingua tedesca (nelle quali peraltro si tengono culti anche il lingua italiana) chiese di lingua italiana.

Trattasi pertanto di una chiesa bilingue la cui denominazione viene infatti ufficialmente espressa anche in lingua tedesca (Evangelische Luterische Kirche in Italien).

L’ordinamento della Chiesa luterana è sinodale; il Sinodo elegge per la direzione dei suoi lavori un Preside ed un Vicepreside, i quali, unitamente ad un altro membro dell’assemblea, al Decano ed al Vice-decano costituiscono il Concistoro, che è l’organo esecutivo del Sinodo stesso, presieduto dal Decano.

Il Sinodo, si raduna una volta all’anno; due volte all’anno si raduna la Conferenza pastorale, anch’essa presieduta dal Decano,

La sede del Decanato è in Roma, via Toscana 7.

5. Comunione delle Chiese Cristiane Libere. [top]

La Comunione è sorta nel 1969 (e non veniva pertanto menzionata nella voce del Novissimo Digesto Italiano) per iniziativa di un gruppo di chiese evange­liche indipendenti, alcune delle quali provenivano dalla disciolta Associazione Missionaria Evangelica Italiana (vedi sub 3.6.), riprendendo il nome assunto da una parte del movimento evangelico risorgimen­tale italiano (vedi sub 2.6.), al quale idealmente si riferisce per l’orientamento di fedi.

La Comunione vuole favorire l’azione evangelistica delle chiese aderenti ed il loro periodico incontro in un convegno, che è l’unico organo della vita associa­tiva e può assumere decisioni solo all’unanimità e solo su materie di comune interesse.

Il convegno può tuttavia nominare per singoli pro­blemi specifiche commissioni che operano fra un convegno e l’altro. Un ufficio di segreteria assicura il collegamento fra le chiese aderenti.

Ciascuna chiesa si governa da sé, in modo assoluta­mente indipendente, e può aderire anche ad altre associazioni o unioni di chiese.

Quattro chiese aderenti alla Comunione ed ope­ranti in Campania hanno aderito alla Federazione nel 1979 e stipulato un patto di collaborazione con le Chiese valdesi e metodiste nel 1980.

6. Chiese Cristiane dei Fratelli. [top]

Questa denominazione evangelica, costituente uno dei due rami del movimento evangelico risorgimen­tale (vedi sub 2.6.), ha proseguito la sua opera regi­strando una crescita delle chiese e delle opere da queste promosse.

Il suo orientamento di fede resta ancorato ad un rigoroso biblicismo ed il suo ordinamento ad un radicale congregazionalismo che non prevede forme di collegamento fra le chiese al di fuori di liberi incontri e convegni (tradizionale l’«Agape» che si tiene an­nualmente a Spinetta Marengo presso Alessandria) di carattere non istituzionale.

Opere di carattere sociale, l’azione evangelistica, la stampa periodica sono promosse da singole Chiese dei fratelli.

L’unica struttura comune che può essere menzio­nata è l’Ente morale «Opera della Chiesa Cristiana dei Fratelli » con sede in Firenze, via della Vigna Vecchia 15-17. eretto con R. D. 22-11-1891, che assicura l’intestazione del patrimonio delle chiese locali che se ne vogliano servire ad una persona giuridica.

Le Chiese dei fratelli riconoscono il ministero dell’Anziano e si reggono unicamente attraverso l’as­semblea locale; per il compito missionario singole chiese locali possono assumere degli evangelisti a pieno tempo.

7. Federazione italiana delle Chiese Cristiane Av­ventiste del 7° giorno. [top]

I tratti caratteristici di questa denominazione sono l’intensa attesa del secondo avvento di Cristo, la santificazione del sabato e la pratica dell’offerta della «decima» dei propri beni da parte di ogni membro di chiesa.

L’ordinamento avventista è uniforme in tutto il mondo e si articola in cinque unità: la chiesa locale, la Conferenza che raggruppa le chiese locali di un determinato territorio, l’Unione di Conferenze, la Divisione e la Conferenza generale che ha sede a Washintong (U.S.A.).

Le Chiese avventiste italiane diffondono numerose pubblicazioni, alcune delle quali sono dedicate alla salute fisica, la cui cura è ritenuta un dovere religioso (rigorosa astensione dall’alcool, tabacco, droghe, certi cibi reputati dannosi ecc.).

La sede della Federazione è in Roma, Lungotevere Michelangelo 7.

8. Assemblee di Dio in Italia. [top]

Questa denominazione, che è ormai la più nume­rosa fra le Chiese Evangeliche in Italia per una intensa attività evangelistica svolta soprattutto dai singoli credenti, raccoglie la maggior parte delle Chiese pentecostali, anche se numerose di queste vivono in modo indipendente al di fuori di ogni organizzazione. Il movimento pentecostale, sorto all’i­nizio del secolo su terreno protestante in Gran Breta­gna ed in U.S.A., è ormai diffuso in ogni parte del mondo. In Italia subì una vera persecuzione durante il fascismo ed anche successivamente fino alla fine degli anni cinquanta.

L’orientamento di fede è di tipo evangelico, ma in esso si dà grande importanza all’azione dello Spirito Santo (Battesimo dello Spirito), che deve tradursi in manifestazioni concrete (ad esempio: «parlare in lin­gue», guarigioni ecc.).

Le Chiese pentecostali si organizzano su base con­gregazionalista con grande libertà e senza rigide strut­ture né in sede locale né in sede nazionale.

Le Assemblee di Dio sono state erette in Ente morale con D. P. R. 5-XII-1959, n. 1349, con sede in Roma via dei Bruzi 11.

9. Chiesa Apostolica in Italia. [top]

Questa Chiesa appartiene alla famiglia delle chiese pentecostali come orientamento dottrinale, ma si di­stingue per una precisa formulazione dei punti di fede, per una organica disciplina, per l’articolazione del ministero in Apostolo, Profeta, Evangelista, Pa­store e Dottore, ciascuno con compiti e funzioni particolari.

Agli Apostoli compete la direzione del movimento; i Profeti assistono con il loro ministero di diretta ispirazione dello Spirito Santo ogni organismo a li­vello locale e generale.

La Chiesa Apostolica è diretta in Italia da un Consiglio Nazionale che esprime al suo interno un Esecutivo Centrale, ed è articolata in Distretti diretti da un Consiglio Distrettuale formato da un Apostolo responsabile e dai pastori che curano le chiese locali raggruppate nel distretto. Ogni chiesa locale è retta da un Pastore coadiuvato da anziani e diaconi, che formano il presbiterio o consiglio locale.

È in via di costituzione un ente patrimoniale da munirsi di personalità giuridica. Il Consiglio Nazio­nale ha sede in Grosseto, via del Commendone 35/A.

10. Chiese di Cristo. [top]

Nulla di particolare deve essere aggiunto a quanto esposto nella voce del Digesto alla sottovoce dedicata a questa denominazione (n. 9), organizzata su base rigorosamente congregazionalista ed in cui pertanto ogni iniziativa, compresa la Scuola Teologica, la Casa editrice, le pubblicazioni ecc. fanno capo ad una chiesa locale.

11. Altre Chiese Evangeliche. [top]

Accanto alle denominazioni fin qui esaminate ope­rano in Italia numerose chiese evangeliche indipen­denti o collegate a missioni estere, fra cui si possono menzionare, senza pretendere di fornire una elenca­zione esauriente, il distretto italiano della Chiesa Evangelica del Nazareno, un movimento di risveglio separatosi agli inizi del secolo dalla Chiesa Metodista degli U.S.A.; la Chiesa Mennonita, erede dei movi­menti anabattisti del XVI secolo; le Radunanze Cri­stiane Evangeliche, comunità appartenenti alla fami­glia delle Chiese dei fratelli.

Devono poi essere qui ricordate le Chiese evangeli­che di lingua straniera per la cura degli stranieri residenti o dimoranti temporaneamente in Italia, col­legate a chiese estere, di cui è già stato fornito un elenco nella voce del Novissimo Digesto Italiano al n. 11.

12. Esercito della Salvezza. [top]

La nota organizzazione che si ispira alle strutture militari, presente in Italia dal 1886, anch’essa dura­mente repressa durante il fascismo, accanto alle tradi­zionali iniziative di assistenza e di carattere sociale, ha sviluppato anche una predicazione evangelica co­stituendo « Corpi di evangelizzazione » che corrispon­dono sostanzialmente a delle Chiese locali.

Il ministero pastorale è esercitato dagli Ufficiali addetti ai vari «Corpi» ed agli istituti e centri sociali; la direzione del movimento è affidata al «Quartier Generale Nazionale » con sede in Roma, via Ariosto

32.

13. Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. [top]

Dal 2° Congresso Evangelico. promosso dal Consi­glio Federale delle Chiese Evangeliche italiane e tenutosi a Roma nel 1965 con tema «Uniti per l’Evangelo», venne la spinta al superamento della struttura di collegamento rappresentata dal predetto Consiglio Federale attraverso la costituzione di una federazione delle chiese evangeliche all’opera in Ita­lia.  Al 2° Congresso Evangelico, a differenza del primo, tenutosi a Roma nel 1920, che fu un incontro fra evangelici e non fra chiese, furono presenti con delegazioni ufficiali, anche se a diverso titolo, la Chiesa Evangelica Valdese, la Chiesa Evangelica Me­todista d’Italia, l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, l’Associazione Missionaria Evangelica Ita­liana (già Missione de La Spezia per l’Italia), le Assemblee di Dio in Italia (Pentecostali), la Chiesa Apostolica in Italia, la Chiesa Cristiana Avventista del 7° giorno, l’Esercito della Salvezza.

Nel 1967 si tenne a Milano l’assemblea costituente della progettata federazione che prese il nome di Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, ma risultò costituita soltanto da alcune delle Chiese rap­presentate al 2° Congresso (Valdesi, Metodisti, Batti­sti; gli Apostolici e l’Esercito della Salvezza parteci­parono alla Federazione solo come aderenti e succes­sivamente i primi, nel 1973, ritirarono l’adesione) e dalla Chiesa Evangelica Luterana in Italia che al Congresso non aveva preso parte. Nel 1979 entra­rono nella Federazione alcune delle Chiese libere, aderenti alla Comunione delle Chiese Cristiane Li­bere in Italia.

L’appartenenza o meno alla Federazione venne quindi pressoché a coincidere con i due settori indivi­duati nella premessa.

A seguito della costituzione della Federazione il Consiglio Federale venne sciolto.

La Federazione è retta da uno statuto che contiene in una premessa le convergenze dottrinali delle chiese fondatrici, riproducendo peraltro letteralmente un te­sto approvato dal 2° Congresso Evangelico del 1965 e pertanto da un più vasto arco di chiese evangeliche; tale premessa costituisce quindi la base teologica per l’adesione alla Federazione. La Federazione si pro­pone di essere uno strumento a disposizione delle Chiese che ne fanno parte perché le stesse possano esprimere la loro fondamentale unità, per la organiz­zazione di servizi comuni, per la ricerca di una comune posizione di fronte alla società civile.

Lo statuto prevede l’adesione sia di chiese denomi­nazionali, e perciò di un intero corpo ecclesiastico, sia dì singole chiese locali; le chiese membro si distin­guono in membri effettivi e membri aderenti: questi ultimi partecipano soltanto ad alcuni dei servizi orga­nizzati dalla Federazione.

Gli organi della Federazione sono l’Assemblea ed il Consiglio.

L’Assemblea, che si riunisce ogni tre anni, è costi­tuita dalle delegazioni delle chiese membro elette secondo i regolamenti propri di queste; l’Assemblea stessa stabilisce il numero dei delegati spettanti a ciascuna chiesa in modo che nessuna di queste abbia mai la maggioranza assoluta. All’Assemblea spetta esaminare l’operato del Consiglio e sei servizi, elabo­rare le linee di lavoro e fissare il contributo finanzia­rio che le chiese membro dovranno sostenere per il funzionamento della Federazìone.

Il Consiglio, eletto dall’Assemblea, è l’organo ese­cutivo di questa; ad esso spetta in particolare l’orga­nizzazione dei servizi; il presidente, i due vice presi­denti, il segretario ed il cassiere costituiscono la Giunta del Consiglio che può prendere decisioni ur­genti.

La Federazione, per il raggiungimento dei suoi scopi, organizza dei servizi per ciascun settore della propria attività. Attualmente sono in funzione: un servizio stampa-radio-televisione, che cura la trasmis­sione televisiva «Protestantesimo», la trasmissione radiofonica «Culto Evangelico» e l’agenzia dì stampa «Notizie Evangeliche»; un servizio istruzione-educa­zione, che cura in particolare la pubblicazione del materiale didattico per l’istruzione biblica dei fanciulli e degli adolescenti, tra cui la rivista per gli insegnanti «La Scuola Domenicale»; servizi sociali per inter­venti di soccorso e di solidarietà in occasione di calamità naturali, per l’assistenza agli emigrati ecc.; un servizio studi ed un servizio di consulenza giuri­dica.

La Federazione non ha personalità giuridica ed opera nell’ambito del diritto comune come associa­zione non riconosciuta. La sua sede è in Roma, via Firenze 38.

FRANCO BECCHINO

Magistrato di Corte di Cassazione.



Lunedì, 24 maggio 2004