Maria Bonafede: “Vogliamo annunciare l’Evangelo che ci libera dalla paura”

di a cura di Paolo Naso

INTERVISTA a Maria Bonafede moderatora della Tavola Valdese


Roma (NEV), 13 agosto 2008 - A pochi giorni dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste (Torre Pellice, 24-29 agosto) - importante appuntamento della più antica chiesa protestante italiana che vanta uno storico radicamento nelle valli Pellice e Germanasca dell’area pinerolese - l’Agenzia stampa NEV ha intervistato la pastora Maria Bonafede, al terzo mandato di moderatora della Tavola valdese, organo esecutivo dell’Unione delle chiese valdesi e metodiste (vedi notizie).

Moderatora Bonafede, quali saranno i temi all’attenzione del prossimo Sinodo?
In primo luogo il Sinodo discute della vita delle chiese e delle prospettive della testimonianza evangelica nel nostro Paese: questo è, per così dire, il suo compito proprio ed istituzionale. Prevedo una discussione interessante: noi valdesi e metodisti siamo una esigua minoranza. Molte chiese, soprattutto nel Mezzogiorno, avvertono una certa sofferenza dovuta all’isolamento, al peggioramento delle condizioni sociali, all’incertezza delle prospettive per tanti giovani. Tuttavia alcune nostre chiese registrano una crescente vitalità: soprattutto in alcune aree urbane e metropolitane: si avvicinano nuovi membri, nascono nuovi progetti di testimonianza e di presenza nella vita spirituale, culturale e sociale delle città. In genere noi valdesi guardiamo le cose con pessimismo e tendiamo a guardare al bicchiere mezzo vuoto: io credo che dobbiamo riconoscere anche i segnali incoraggianti e ringraziare il Signore per i doni che offre alle nostre comunità.

Nel prossimo Sinodo prevarranno i temi interni alla vita delle chiese valdesi e metodiste?
Tutt’altro. Storicamente la testimonianza delle nostre chiese si è sempre intrecciata al confronto su temi di ordine generale, sul contesto sociale e culturale nel quale cerchiamo di rendere conto della nostra fede in Cristo. E per questo discuteremo, ad esempio, del Mezzogiorno: ci hanno sollecitato a farlo proprio le nostre chiese del Sud, colpite da un disagio che non è solo economico e materiale. La tristissima vicenda della spazzatura nel napoletano quasi simbolicamente ci ha indicato la portata dei problemi politici, sociali e culturali di vaste aree del nostro paese. E non sono problemi del Sud: sono problemi del paese dei quali tutti - istituzioni, società civile, comunità di fede, Nord e Sud - siamo chiamati a farci carico con rigore e con senso di responsabilità.
Un altro tema di discussione già programmato è quello della cultura, o meglio del contributo culturale che il protestantesimo può offrire al Paese. Qualcuno può ritenere che per una piccola minoranza possa essere una pretesa velleitaria: non la pensiamo così. In tanti momenti decisivi della vita civile del Paese, le minoranze valdesi, metodiste e protestanti in generale hanno saputo dire parole importanti sui temi della democrazia, della laicità, del pluralismo, dei diritti. E intendiamo farlo anche quest’anno ricordando, ad esempio, i sessant’anni di quella Costituzione democratica che ha finalmente riconosciuto fondamentali diritti di libertà religiosa e di culto.
È proprio in questa prospettiva che da anni le nostre chiese sono molto attive nella difesa dei diritti dei lavoratori migranti e delle politiche di accoglienza degli stranieri: prevedo quindi che il Sinodo vorrà esprimersi sui nuovi provvedimenti politici in materia, quelli già in essere e quelli soltanto annunciati. Lo dico esplicitamente: siamo preoccupati per quel clima di paura, di sospetto e di chiusura che si sta determinando proprio nei confronti degli immigrati. L’Evangelo che vogliamo annunciare ci libera da questi sentimenti e ci spinge verso un sistema di relazioni basato su altre logiche, quelle dell’incontro, dello scambio, dell’amore. Ecco, nelle città vittime della paura dobbiamo annunciare la speranza e la fiducia che ci vengono dall’amore di Cristo.

Nel corso degli ultimi anni lei è intervenuta ripetutamente sui temi della laicità. Perché questa insistenza?
Perché viviamo in un Paese il cui Parlamento - a prescindere dalla maggioranza che lo governa - non riesce ad approvare una norma sul cosiddetto testamento biologico; o a varare una legge che riconosca le coppie di fatto. Persino la legge sulla libertà religiosa, in sospeso ormai da oltre dieci anni, è finita nelle sabbie di una cultura politica diffusa e trasversale ai vari schieramenti che ignora fondamentali principi di laicità e di pluralismo. Questo ci preoccupa vivamente perché una laicità debole produce una democrazia debole, poco o nulla pluralista e comunque subalterna a logiche confessionali estranee alla Costituzione italiana.

La Chiesa valdese attende la ratifica parlamentare di una modifica dell’Intesa.
Sì, ed è abbastanza anomalo che, nonostante due presidenti del Consiglio abbiano firmato la revisione, diversi Parlamenti non siano riusciti ad approvare la norma in via definitiva. Ma la nostra particolare questione è solo un tassello di un problema più ampio che riguarda molte altre confessioni, alcune delle quali ancora senza alcuna Intesa. In questo senso auspichiamo che questo Governo e questo Parlamento intendano assumere seriamente la questione. Quanto a noi faremo certamente la nostra parte, non solo per i valdesi e i metodisti italiani, ma per tutte le minoranze religiose presenti in Italia e, vorrei dire, anche per i tanti cattolici che hanno a cuore valori di laicità e di pluralismo.

Qualche giornale ha scritto che quest’anno la Chiesa valdese “ha fatto il pieno” dell’otto per mille.
Vorrei sapere che cosa dice della Chiesa cattolica, allora… Comunque è vero: quest’anno - e ci si riferisce alle dichiarazione dei redditi di tre anni fa - abbiamo registrato un significativo aumento di contribuenti che hanno destinato a noi il loro otto per mille. Crediamo sia un riconoscimento alla nostra gestione dei fondi: trasparente, laica e pluralista: rendicontiamo pubblicamente i fondi ricevuti; non destiniamo neanche un euro a finalità di culto; sosteniamo molti progetti gestiti da enti ed associazioni non valdesi ed esterne al mondo protestante, sia in Italia che all’estero.

Un anno ecumenicamente piatto?
Direi ecumenicamente difficile. Da un lato siamo ben consapevoli della difficoltà delle nostre relazioni con i vertici della Chiesa cattolica, ma dall’altro sappiamo bene che in tante realtà locali vi sono rapporti ecumenici solidi e profondi. D’altra parte anche a livello nazionale vi sono esperienze importanti alle quali continueremo a dare con convinzione il nostro sostegno: penso al Segretariato per le attività ecumeniche iniziato, in tempi assai più difficili di quelli di oggi, da una vera e propria pioniera come Maria Vingiani. Esperienze e testimonianze come queste mi spingono a dire che, nonostante le difficoltà, il movimento ecumenico ha un futuro anche in Italia.

Con questo Sinodo lei arriva a tre anni di servizio come moderatora, per altro la prima donna a salire a questo incarico. Che bilancio fa di questo periodo?
Sono stati tre anni ricchi, faticosi ma carichi di doni. In questi anni ho viaggiato molto in Europa, negli Stati Uniti, in America latina, in Africa e sempre ho riscontrato una grande attenzione e una grande fraternità nei confronti della nostra Chiesa. Nell’ecumene vi è insomma coscienza che valdesi e metodisti in Italia, con le loro comunità, le loro opere sociali, i loro centri culturali rendono un servizio all’Evangelo. È un riconoscimento importante che ci mette addosso una grande responsabilità.
Lo stesso arricchimento spirituale e di fraternità ho riscontrato visitando le nostre chiese in Italia, quelle più solide e quelle che avvertono maggiore difficoltà, quelle più grandi e quelle più piccole. Ed ogni volta ho toccato con mano l’opera del Signore che, nonostante le nostre incertezze e le nostre debolezze, costruisce e benedice la sua Chiesa.



Mercoledì, 20 agosto 2008