PENSIONE:indicazioni cocrete

di Giuseppe Zanon

La posizione dei sacerdoti diocesani è diversa da quella dei sacerdoti religiosi.Diamo alcuni recapiti concreti per eventuali dilucidazioni


Riprendiamo questo articolo dal sito www.chiesaincammino.org


Data l’importanza dell’argomento e dal momento che la questione interessa tutti i preti che lasciano il ministero sacerdotale, mi sembra opportuno parlarne un pò e, a proposito, riportare qui sul nostro sito un autorevole pronunciamento, rilasciato da un rappresentante della CEI e pubblicato a suo tempo sulla rivista ’Sulla Strada’ n° 63, 2006.

Si tratta di una mia esplicita domanda e di una adeguata risposta.

Lettera di Giuseppe Zanon al segretario della CEI, mons.Giuseppe Betori.

   Leno 04-11-’05

Mons. Betori,

     compro JESUS di Novembre ’05 e trovo dentro il suo messaggio o, meglio, il suo appello per i 39.000 preti italiani che lavorano e che si sacrificano per gli altri, specialmente per i più diseredati. Belle e sante parole le sue, senza dubbio, ma mi permetta di aggiungere qualche altro nome alla lista dei bisognosi.

In Italia sono circa 8.000 i preti che hanno lasciato e di questi ce ne sono centinaia che sono veramente alla miseria o sotto i ponti, come si dice. Per non parlare delle suore che hanno lasciato il convento, senza diritti sindacali, senza adeguati aiuti per reinserirsi nella società.

Noi  preti sposati  di Vocatio ( sito www.vocatio.it ) e alcune donne interessate alla questione ( sito www.donne-cosi.org ) ne abbiamo un lungo elenco e ci piacerebbe poter segnalare a voi alcuni casi urgenti.

Sempre per quella carità che Cristo ci ha insegnanto e per la quale un giorno abbiamo cantato insieme ’Ecce quam bonum et jucundum habitare fratres in unum ’.

  Cordiali saluti

  Giuseppe Zanon

Lettera di risposta

CEI-Servizio per la promozione del sostegno economico della Chiesa.

 

  Roma 14-12-’05

Giuseppe Zanon

Via Micheli, 10

25024 LENO ( BS )

Gentile signore Giuseppe Zanon,

 a nome e per conto del Segretario Generale, S. E. Mons. Giuseppe Betori, rispondo alla sua del 4 Novembre scorso.

   Vorrei innanzitutto ringraziarla per il sostegno manifestato alla campagna di sensibilizzazione per le offerte liberali a favore del clero: i materiali a lei pervenuti fanno parte delle iniziative promozionali di cui la Chiesa italiana si fa praticamente carico, consapevole del dovere di alimentare ed accrescere tra i fedeli ’ la cultura del sovvenire’.

     In linea generale, per accedere al sistema di sostentamento del clero vigente in Italia in seguito alla revisione del codice di diritto canonico e degli accordi concordatari non è sufficiente il requisito dell’ordinazione sacerdotale nè dell’esercizio del ministero in qualche sua forma, ma si richiede ’il servizio svolto in favore della diocesi’ ( legge 20 Maggio 1985, n° 222, art. 24, p.c.),

consistente nel ’servizio a tempo pieno cioè  (nel)lo svolgimento continuativo dell’incarico o degli incarichi conferiti al sacerdote dal Vescovo diocesano, nel senso che tali incarichi assorbono la gran parte della sua giornata e rappresentano il suo impegno preminente’ (delibera CEI, n°58, 1° Agostro 1991, art.1, par. 3 ).

    Per sovvenire alle necessità che si manifestano nei casi di abbandono della vita ecclesiastica da parte di coloro che non abbiano altre fonti sufficienti di reddito, gli Istituti diocesani per il sostentamento del clero, ai sensi dell’art. 17, secondo comma, della legge 222/1985, sono tenuti a destinare una quota delle proprie risorse. In tal senso, la delibera CEI, n° 63, 22 Agosto 2000, ha stabilito:

q       q       di concedere la sovvenzione su richiesta  del sacerdote interessato, corredata dalla documentazione atta a dimostrare i tentativi esperiti per la ricerca di una occupazione e il protrarsi, ciononostante, della condizione di necessità, nonchè della attestazione circa l’inesistenza di altre fonti di reddito;

q       q       che essa ha la durata ordinariamente  non superiore ad un anno, e cessa, in ogni caso, al venir meno della condizione di necessità;

q       q       che la misura della sovvenzione è pari alla misura iniziale unica della remunerazione prevista dalle disposizioni vigenti in materia di sostentamento del clero;

q       q       che, su domanda dell’interessato, persistendo la condizione di necessità, la sovvenzione può essere concessa, in misura ridotta della metà, per un ulteriore periodo, di durata comunque non superiore a sei mesi.

    Il puntuale adempimento di queste norme, che impegnano la Chiesa italiana anche nei confronti dello Stato, a cui deve rendere conto dell’uso dell’otto per mille, non esime dai doveri di carità nei confronti di tutti quanti versano in condizioni di bisogno, provvedendovi secondo i molteplici canali dell’aiuto e della solidarietà fraterna.

  La saluto cordialmente e le auguro un sereno Natale

  Paolo Mascarino

  Responsabile

Ringraziando sentitamente per la risposta avuta, ad ennesima testimonianza che quando si vuol dialogare in modo costruttivo se ne trova sempre il modo, vorrei sottolineare e precisare i due

punti già evidenziati nel titolo: la pensione e l’aiuto temporaneo.

LA PENSIONE

Per i preti che lasciano, c’è la pensione soltanto se in precedenza hanno lavorato in una diocesi e alle dipendenze di un vescovo diocesano e, con il regolare stipendio hanno anche versato i contributi all’INPS, Fondo Clero.

Se invece non c’è stato questo contratto di lavoro e non si sono versati i contributi, non c’è niente da fare, come nel caso dei religiosi che essendo vissuti a titolo di povertà, ora devono solo sperare che, a titolo di carità, (..i canali dell’aiuto e della solidarietà fraterna..) venga loro dato qualche aiuto, da decidersi dal Superiore maggiore di turno.

E so per contatti personali, che alcuni Ordini religiosi hanno stanziato un fondo per questo, come ad esempio i Carmelitani Scalzi del Veneto.

Senza dubbio un passo avanti;rimane sempre, comunque, il limite che il tutto è a discrezione del Superiore di turno, da augurarsi buono e comprensivo !

L’AIUTO TEMPORANEO

Esso viene dato al momento dell’abbandono dello stato clericale ed è mirato a venire incontro alle difficoltà che si devono affrontare in quel difficile momento.

In pratica si tratta del prolungamento del normale stipendio per un anno, con possibilità del protrarsi per altri sei mesi in forma dimezzata.

Come specifica bene il testo, è il vescovo diocesano che dà il via all’operazione, attestando che il soggetto è nelle condizioni per beneficiarne.

Da sottolineare tuttavia che questo contributo è dovuto in forza del Concordato 1985: lo Stato italiano concede alla Chiesa di usufruire dell’otto per mille nella dichiarazione dei redditi dei cittadini italiani e la Chiesa cattolica si impegna ad aiutare i suoi dipendenti che perdono improvvisamentre il lavoro in seguito all’abbandono dello stato clericale.

    CONCLUSIONE

Sapendo quanto sia complicata la questione da me semplificata in alcune linee fondamentali, il nostro sito  www.chiesaincammino.org  offre ai suoi lettori la consulenza gratuita di un esperto, il bravo e carissimo Alberto Milani che ben volentieri farà questo e che fin da ora ringraziamo.

Alberto Milani- via La Castiglia, 41 - 40137 Bologna

cell. 347.9957167  -- tel. 051.6231688  - e-mail albertoeluisa@yahoo.it

  Giuseppe Zanon



Giovedì, 23 ottobre 2008