Gemellaggi improponibili

di Vincenzo Andraous

Sulla teleimbonitrice e le sue alghe


Come in tutte le trasmissioni che si rispettino, anche nel telegiornale è apparsa in video una ben nota signora: le orecchie sono state aggredite dallo strillare sgraziato e inconfondibile di una famosa venditrice di fumo, tutta protesa a minacciare il suo imminente ritorno in campo, a fare ciò che già faceva, la buona imbonitrice, la cara amica dei destini di tanti italiani, mentre del suo di destino pare se ne interessi soltanto adesso.
Fin qui niente di strano, poco importa la proiezione concessa alla insuperabile venditrice di sogni e speranze.
La cosa che però non è accettabile ascoltare da una televisione pubblica, figuriamoci condividere, è far convergere nello stesso calderone delle ingiustizie subite, storie e vissuti personali assolutamente non associabili tra loro, per l’onestà intellettuale e la dignità individuale, che altre persone hanno lasciato in eredità al nostro paese, come insegnamento e monito a perseguire la verità, quella vera, quella mai subdolamente necessaria, fino a rimetterci la propria vita per ribadirne l’improrogabilità.
La buona signora delle alghe, durante la sua autodifesa autocelebrativa, s’è lasciata andare a un accostamento non poco incredibile, a tal punto da risultare indigesto, con personaggi famosi accusati ingiustamente, condannati, e poi assolti.
L’ingiustizia è tale sempre e comunque quando volge le spalle a qualcuno che non vede riconosciuti i propri diritti, ma sebbene anche per la signora del benessere corporale e spirituale, valga la stessa presunzione di innocenza sino al terzo grado di giudizio definitivo, la sua affermazione è a dir poco impropria, perché il compianto Enzo Tortora non è mai fuggito come invece ha fatto il maestro di vita suo amico e socio in affari, anzi scelse convintamene di affrontare i dibattimenti, addirittura rifiutando l’immunità parlamentare di cui godeva.
Ottanta le parti civili in attesa di ottenere un risarcimento dalla teleimbonitrice, per rientrare in possesso del denaro malamente sperperato, e affrancarsi finalmente da una vita improvvisamente derubata di emozioni.
Tortora invece ha avuto un battaglione di falsi collaboratori di giustizia a dilaniarne la carne, soprattutto il povero Enzo, da quel lontano e dimenticato 17-5-1983, ha speso ogni residuo di forze, per riconsegnare dignità alla sua persona, e a quanti vinti e dimenticati subiscono pene e umiliazioni che non hanno meritato.
In buona sostanza potrebbe risultare efficace lasciare al proprio posto nella cantina degli errori, non solamente i containers pieni di pacchiane superstizioni, ma anche e soprattutto gli improponibili gemellaggi con i grandi uomini contemporanei, eroi che con il loro esempio, hanno insegnato a credere sempre, nonostante tutto, a una Giustizia davvero giusta.



Sabato, 01 dicembre 2007