Un rinnovato appello alla gerarchia cattolica
Escludere la pena di morte dalla dottrina cattolica

di diacono Giuseppe Cavallaro

Si può in automatico inviare una email a Papa Benedetto XVI


Chiedi  anche  tu al papa di escludere dalla Dottrina Cattolica il principio di liceità morale della pena di morte, inflitta alle persone giudicate colpevoli dalla legge umana.

Essa è una pratica diTortura fisica e mentale”, e, in quanto tale, condannata dal Concilio Vaticano II (Gaudium et spes n° 27).             

Se, l’art. 2261 del Nuovo Catechismo afferma che: “ La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: “ Non far morire l’innocente e il giusto (Es 23,7), è conseguenziale che: “Il comandamento :  Non uccidere  ha valore  assoluto quando si riferisce alla persona innocente” ( Evangelium vitae. n° 57) e valore relativo quando si riferisce alla persona colpevole. Infatti, l’art. 2267 del Nuovo Catechismo conferma che : “L’ insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’ identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte”.  

La Chiesa, dunque, riconosce all’autorità pubblica il potere di applicare la pena di morte, nei confronti delle persone colpevoli, perché “la Scrittura”, e più, precisamente, il versetto 7 del capitolo 23 dell’Esodo: “ non far morire l’innocente e il giusto “, preciserebbe che il comandamento: “Non uccidere” è stato formulato da Dio per proteggere la vita delle persone innocenti, ma, non le colpevoli.

Ma la Chiesa è proprio certa che questa dottrina, così inumana, sia conforme alla legge divina e non sia, piuttosto, frutto di conformazione umana?

Se di fronte alla legge umana, tutte le persone sono considerate uguali: “La legge è uguale per tutti”, quanto più, tutte le persone, dovrebbero essere considerate uguali di fronte alla legge di Dio, che possiede carattere universale?

Mentre, per il Catechismo, di fronte alla legge divina: “Non uccidere”, le persone non sono considerata tutte uguali, ma, a priori, separate le buone dalle cattive, e proprio le cattive, per le quali Dio ha istituita la legge, defraudate dai benefici.

In realtà, “La Scrittura”, di cui parla il Catechismo, che “precisa la proibizione del quinto comandamento”, si riduce ad un versetto dell’ Antico Testamento: “Non far morire l’innocente e il giusto “, formulato, peraltro, in modo incompleto, infatti, citato per intero : “  Starai lontano dalla parola falsa e non ucciderai l’innocente e il giusto perché io non dichiaro giusto il colpevole “ (Es 23,7), rivela  la vera intenzione dell’autore sacro, che non è certo quella di voler precisare la proibizione del quinto comandamento, come dichiara il Catechismo, ma formare le coscienze umane al giusto comportamento morale che devono assumere i soggetti giuridici nell’ambito di un processo penale : Dio vieta, categoricamente, ai giudici e ai testimoni, di ricorrere a parole false per deviare il corso della giustizia, provocando la condanna dell’innocente e l’assoluzione del colpevole. Intenzione che, l’autore sacro sottolinea anche con il versetto precedente: “ Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo “ (Es 23,6)

Tra l’altro, non spetta all’Antico Testamento stabilire le verità divine in materia di fede e di morale, ma al Nuovo Testamento, mentre in esso non vi è un solo versetto che autorizzi la Chiesa a legittimare la pena di morte, una pena di natura vendicativa, assolutamente, contraria al perdono, che costituisce il D N A dello spirito cristiano.

Unitamente alla pena di morte, anche “la tortura” è stata considerata dalla Chiesa, moralmente lecita, solo con il Concilio Vaticano II è stata, finalmente, esclusa e condannata.

Prima, però, che fosse rigettata, un numero di persone, che solo Dio conosce, ha dovuto soffrire atrocità incredibili e tante di esse sono morte a causa di questa dottrina legittimata dalla Chiesa. 

Ora, però, che il Concilio si è espresso in modo autentico e ufficiale contro tutte: “…le torture inflitte al corpo alla mente…ledono grandemente l’onore del creatore” (Gaudim et spes .n° 27) può, la Chiesa, continuare a considerare lecita la pena di morte? Non è forse la pena di morte una pratica di tortura, inflitta al corpo e alla mente?

Ecco come, a tal proposito, si esprime Suora Helen Prejean che ha seguito fino al patibolo molti condannati a morte: “Non importa se gas, sedia elettrica, iniezione. Il fatto è che esseri umani lucidi, che hanno un’immaginazione, anticipano quel momento mille volte e mille volte muoiono prima di morire davvero”.

E, il giudice William Brennam, a seguito di una condanna a morte sulla sedia elettrica, ebbe a dichiarare: “ Le mani diventano rosse, poi bianche, e i nervi del collo sporgono come corde di metallo…Gli arti, le dita delle mani e i piedi, il volto, si contorcono violentemente. La forza della

corrente è tale che i bulbi oculari fuoriescono dall’orbita. Spesso il condannato defeca, urina, vomita sangue e bava. Talvolta prende fuoco, e frequentemente il corpo è orrendamente ustionato”.

Gesù, in qualità di nuovo legislatore ha ridonato al quinto comandamento la sua purezza originaria. Altro che precisazioni di sorta, Egli condanna, non solo, la violazione del quinto comandamento, citandolo esattamente come uscito dalla bocca di Dio : “ Non uccidere “, ma pone sullo stesso piano dell’omicidio anche gli impulsi e le reazioni che potrebbero favorirlo (Mt 5,21 – 22).

La pena di morte è, pertanto, anch’essa una orrenda pratica di tortura “contro la vita stessa” che lede “grandemente l’onore del creatore” (Gaudium et spes n° 27).

 

                                                

 

Aderisci, dunque, a questa iniziativa, che affidiamo all’autorità dello stesso papa.

In qualità di battezzato, esercita anche tu, non un diritto democratico, ma un carisma ecclesiale, la cui fonte teologica è il “ sensus fidei “, ossia, il soprannaturale senso della fede in tutto il popolo, con il quale tutta la Chiesa, clero e laici: “mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale” (Lumen gentium n° 12).

Indirizza, un E- MAIL al papa: “principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi, sia della moltitudine dei fedeli” (Lumen gentium n° 23), per chiedergli, filialmente, di escludere dalla Dottrina Cattolica

 il principio di liceità morale della pena di mortee di proteggere la vita umana, non solo, innocente, ma anche colpevole, come fece Dio con Caino, Gesù con l’adultera e la Chiesa dei primi secoli, la quale ancor più faceva eco all’insegnamento degli Apostoli, con coloro che trasgredivano gravemente la legge umana.                              

A SUA SANTITA’ BENEDETTO XVI,   
E-MAIL :  segreteriagenerale@vicariatusurbis.org

7 ottobre 2008
diacono Giuseppe Cavallaro

e-mail : gius-cavallaro@libero.it

www.chiesacattolicaproprincipiopenalecapitale.com


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A SUA SANTITA’ BENEDETTO XVI
E-MAIL : segreteriagenerale@vicariatusurbis.org

- In qualità di battezzato ed esercitando non un diritto democratico, ma un carisma ecclesiale, la cui fonte teologica è il " sensus fidei ", ossia, il soprannaturale senso della fede in tutto il popolo, con il quale tutta la Chiesa, clero e laici: "mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale" (Lumen gentium n° 12)

- Ritenendovi, in quanto cattolico, "principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi, sia della moltitudine dei fedeli" (Lumen gentium n° 23),

vi scrivo per chiedervi, filialmente, di escludere dalla Dottrina Cattolica il principio di liceità morale della pena di morte, di proteggere la vita umana, non solo, innocente, ma anche colpevole, come fece Dio con Caino, Gesù con l’adultera e la Chiesa dei primi secoli, la quale ancor più faceva eco all’insegnamento degli Apostoli, con coloro che trasgredivano gravemente la legge umana.

 

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Domenica, 12 ottobre 2008