Armamenti
Cluster bombs: dopo i ritardi, la beffa

di Ida Rotano

Il ministero della Difesa ha finalmente quantificato la dotazione delle nostre forze armate: 5 mila bombe a grappolo fra razzi dell’esercito e bombe a disposizione di aeronautica e marina. Ma nella relazione, accanto alla stima del costo di 10 milioni di euro in tre anni per dismetterle, si indica anche un’altra cifra: 160 milioni di euro che "servirebbero" per sostituirle con nuove armi


26 novembre 2007


"E’ fermo da mesi in Commissione Bilancio il progetto di legge che dovrebbe estendere la legge contro le mine antipersona alle micidiali bombe a grappolo, le cluster bombs. Siamo costretti a constatare che il Ministero della Difesa adotta strategie mirate a ritardare la discussione della legge e soprattutto tese a ottenere promesse di fondi sulla nuova legge finanziaria utilizzando il pretesto della distruzione di uno stock, in realtà molto limitato, e reclamando il rimpiazzo delle munizioni a grappolo con altri sistemi d’arma che ne sostituiscano la funzione strategica". La denuncia, lanciata lo scorso 30 ottobre da Giuseppe Schiavello, portavoce della Campagna italiana contro le mine, si sta in queste ore rivelando più che mai azzeccata.

Esattamente dieci anni fa, il 29 ottobre del 1997, entrava in vigore in Italia la legge 374/97 che metteva al bando delle mine antipersona. L’attuale progetto di Legge (C.1824), primo firmatario il vicepresidente della Camera Carlo Leoni, di Sinistra democratica, chiede l’inclusione nella legge 374/97 delle bombe a grappolo: nonostante sia stato presentato lo scorso anno alla Camera dei Deputati è però bloccato alla Commissione Bilancio per la quantificazione degli oneri finanziari connessi alla legge in itinere. Dal 5 luglio 2007, infatti, la Commissione Bilancio è in attesa di ottenere i dati necessari alla concessione del suo parere. Per ultimare l’acquisizione da parte del Ministero delle Difesa in ordine all’identificazione e al numero degli armamenti interessati dalla distruzione, in data 24 luglio 2007 è stato chiesto un ulteriore rinvio di discussione in Commissione Bilancio.
Ora, dopo quattro mesi di attesa, sembrerebbe che l’agognata relazione tecnica che permette di finanziare la legge sia in viaggio verso il Parlamento. Ma non senza l’amara sorpresa: Il ministero della Difesa ha per la prima volta quantificato la dotazione delle nostre forze armate: 5 mila cluster bomb fra razzi dell’esercito e bombe a disposizione di aeronautica e marina.
Ma nella relazione, accanto alla stima del costo di 10 milioni di euro in tre anni per dismetterle, si indica anche un’altra cifra: 160 milioni di euro che "servirebbero" (il condizionale viene sottolineato dal ministero della Difesa) per sostituire le cluster con nuove armi.

La richiesta suona paradossale perché trasformerebbe una vittoria delle organizzazioni pacifiste in un pretesto per spendere nuovi soldi in armamenti. Finanziamenti cospicui per sostituire armi già bandite dai trattati internazionali, come il trattato di Oslo che entrerà in vigore nel 2008, sottoscritto dall’Italia a febbraio.

Il primo problema è stato di definire in modo preciso che cosa siano le cluster bomb. Il 31 luglio 2007 il sottosegretario Giovanni Lorenzo Forcieri propone la seguente dizione: "si definiscono submunizioni delle munizioni a grappolo, le submunizioni congegnate per esplodere immediatamente prima o dopo l’impatto con l’obiettivo".
Ma, risolto questo ostacolo, se ne proponeva un altro: la copertura finanziaria. Per rendere "praticabile la distruzione delle scorte" servono infatti soldi e vanno quantificati.
I mesi passano e la legge rischia di essere cassata proprio per la mancata copertura finanziaria. È il sottosegretario all’Economia Paolo Cento a sollecitare il ministero della Difesa. "Su una questione di questa rilevanza non si può essere burocratici. A maggior ragione quando anche il Papa chiede la moratoria su mine anti uomo e cluster bomb. I ritardi sono inspiegabili e fanno pensar male: le lobby delle armi sono sempre molto attive".

In Italia a produrre le cluster bomb era la Simmel di Colleferro, azienda tornata d’attualità per lo scoppio dello scorso 8 ottobre, quando un lavoratore è morto e altri sono rimasti feriti. "In quel caso la Simmel si precipitò a precisare che non produce più cluster bomb - ricorda Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine antiuomo. Una excusatio non petita, accusatio manifesta, perché quel giorno le cluster bomb erano l’ultimo dei problemi davanti alla morte di un lavoratore. La Simmel sostiene di non produrle da anni, ma nel suo catalogo alla fiera di Abu Dhabi le cluster bomb c’erano ancora - dice ancora Schiavello - In più Finmeccanica ha partecipazioni in aziende americane che le producono, tanto che una banca belga gli ha rifiutato un fido, applicando la legge di quel Paese che vieta finanziamenti a società che in qualche modo producono mine e cluster bomb".

Una battaglia di civiltà si è quindi impastoiata nei ritardi (in molti sospettano interessati) da parte del ministero della Difesa nel quantificare le cluster in nostro possesso e le spese per smantellarle.

Il perdurante silenzio della dicastero guidato da Arturo Parisi spinge le ong pacifiste a denunciare il ritardo. "L’impressione - spiega Schiavello - è che vogliano aspettare la conferenza di Vienna del 4-7 dicembre prossimi nella speranza che la linea internazionale sia meno restrittiva della legge italiana".
Una versione smentita dal sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, che afferma non esserci alcun legame tra la conferenza di Vienna e i ritardi nella consegna della relazione finanziaria da parte del ministero italiano. E supportata anche dalla rassicurazione dell’altro sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi. "Nessun ritardo colpevole. Era necessario un approfondimento da parte nostra per quantificare esattamente il numero di armi, poi l’ufficio legislativo è stato occupato dalla preparazione della legge Finanziaria. Come governo italiano siamo molto sensibili al tema delle cluster bomb. Io sono appena tornato dal Libano dove il nostro contingente lavora incessantemente per bonificare il territorio dalle bombe che uccidono bambini. Noi siamo favorevoli alla moratoria".

Una linea che non convince molti esponenti della stessa maggioranza. Per Carlo Leoni, promotore della proposta di legge "la richiesta del ministero della Difesa è irricevibile. Noi stiamo chiedendo di mettere al bando le cluster bomb, la loro sostituzione non è all’ordine del giorno. Dico di più, se non ci fosse la copertura finanziaria, nel frattempo si potrebbe decidere di andare avanti con la moratoria semplicemente stoccando le bombe in un magazzino per poi eliminarle in seguito".
Gli dà man forte Silvana Pisa, vicepresidente del gruppo SD in Senato: "Già quantificare in 10 milioni la spesa di smaltimento mi pare eccessivo, visto che le forze armate hanno il sito di Baiano di Spoleto che serve proprio per lo smaltimento degli armamenti. Ma la cifra di 160 milioni per sostituire armi che sono bandite dai trattati internazionali mi pare veramente incredibile. E conferma la linea di un governo che nella Finanziaria prevede 5 miliardi di spese in armamenti".



Fonte:http://www.aprileonline.info/5246/cluster-boms-dopo-i-ritardi-la-beffa

Martedì, 27 novembre 2007