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www.ildialogo.org Il lavoro degli schiavi dietro l'orgoglio nazionale del made in Italy,di Mimmia Fresu

Il lavoro degli schiavi dietro l'orgoglio nazionale del made in Italy

di Mimmia Fresu

18/12/12 –
E' all'ora di cena, preferibilmente, quando la famiglia si riunisce a tavola, che alla tv appaiono gli spot  accattivanti del pomodoro che si unisce agli spaghetti. Dallo stesso teleschermo, subito dopo, arrivano immagini di uomini, africani, che armeggiano all'aperto con pentoloni sistemati sopra delle pietre e un fuoco alimentato con materiale raccogliticcio. Una distesa di tende improvvisate: quattro pali, plastica e spago. Indumenti stesi ad asciugare lungo una recinzione. Né acqua corrente, né servizi igienici: esseri umani costretti a vivere in una stalla a cielo aperto. Sono i braccianti agricoli, la manodopera del nostro made in Italy, i raccoglitori del pomodoro che si unisce agli spaghetti. Ora inizia la raccolta degli agrumi, ma quel migliaio di esseri umani dovrà cercarsi altro riparo, qualche casolare diroccato, quattro assi dove legare il telo di plastica e qualche lastra di eternit. E' chiamata ordinanza di sgombero, succede a San Ferdinando, in Calabria, dove il sindaco, abbandonato dal Governo e dalla Regione, è costretto ad allontanare gli occupanti e far bonificare l'area divenuta pericolosa per la salute pubblica. La sommossa razziale di Rosarno nel 2010, definita dalle Organizzazioni internazionali, una delle pagine più nere della recente storia italiana, mise in luce un sistema di sfruttamento e di vita degradata dei lavoratori stagionali. Nel 2011 venne varata la legge contro il sistema di caporalato, ma in quelle campagne nessuno ci fa caso, tutto è come prima, com'è sempre stato. Braccianti africani e anche qualche comunitario senza diritti, schiavi del lavoro nero, imprigionati in una vita randagia. L'industria agroalimentare raccoglie i suoi profitti e mostra la genuinità dei suoi prodotti nei colorati spot televisivi. Racconta il sindaco di San Ferdinando, di aver scritto al ministro dell'Interno, a quello della Cooperazione, al Presidente della Repubblica, e di aver ricevuto come unica risposta l'invio di 50 coperte. Accadeva già nell'America di fine '800: anche il Grande Padre Bianco inviava coperte agli indiani rinchiusi nelle riserve.



Martedì 18 Dicembre,2012 Ore: 15:07
 
 
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