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www.ildialogo.org L'AFRICA E LA MISSIONE AI TEMPI DI COMBONI,A CURA DI CARLO CASTELLINI

L'AFRICA E LA MISSIONE AI TEMPI DI COMBONI

SIMPOSIO PER I 150 ANNI DEI COMBONIANI, INTERVENTO DEL PROF. GIAMPAOLO ROMANATO, A PROPAGANDA FIDE DI ROMA


A CURA DI CARLO CASTELLINI

Il prof. Giampaolo Romanato dell'Università di Padova, è intervenuto al simposio, - RIGENERARE L'AFRICA CON L'AFRICA – che si è tenuto a Roma presso l'università urbaniana, il 17 novembre 2017.
LA MIA RIFLESSIONE DI LETTORE.
Mi colpisce l'ampiezza della ricerca e la quantità delle persone di religiosi e laici, interpellati in Italia e all'estero, in terre di missione. Ed alla fine si ha quasi l'impressione che non abbia accettato l'incarico di scrivere un libro sul fondatore di questo istituto, come normale routine di lavoro per un dottore accademico, ma sia diventata l'occasione, quasi di conoscenza personale e di approfondimento scientifico del personaggio Daniele Comboni, e della sua vicenda umana e spirituale. Il personaggio indagato insomma, lo attira e lo stimola ad immedesimarsi quasi nella parte, per le sue qualità umane e la sua interiore vita spirituale.
Io penso che da questa sintonia e simpatia verso Comboni, di Limone sul Garda, la sua personalità e la sua opera, faccia scaturire in Romanato studioso scrupoloso e attento, una originale capacità di rendere il suo scritto non solo chiaro e documentato, ma anche lo faciliti neldesiderio di attirare la simpatia del lettore, attraverso una narrazione empatica della sua vicenda personale.
Giampaolo Romanato si fa leggere volentieri. Prima per la sua collaudata competenza di storico; in secondo luogo per il suo stile narrativo e letterario; infine perchè sa uscire dagli schemi obbligati di accademico, usando un linguaggio che si avvicina in maniera immediata, anche al lettore non erudito. E questo è un grande pregio che non tutti hanno.
Non l'ho ancora conosciuto di persona; ci siamo però scambiati alcuni messaggi per posta elettronica, specie da parte mia, ma accolti e corrisposti, conditi da qualche confidenza critica personale che mi ha in parte gratificato.
Infine, ma non ultimo in ordine di importanza, da sottolineare che un laico come prof. Romanato, parla ad un'assemblea di religiosi e laici, testimoni ed esperti della Missione: è una bella novità; perchè da laico spiega a dei religiosi impegnati nella Missione, la sua visione di Comboni uomo di fede e di missione, e apre loro lo scrigno del suo carisma.
I tempi per fortuna sono cambiati; la laicità dell'autore non cambia la sostanza della sua ricerca e non intacca per nulla la levatura spirituale del missionario di Limone sul Garda. Anzi ne esce una figura più ricca di riflessioni, con tante sfumature che prima rimanevano sottotraccia, ma ora tornano a dare senso plastico alla persona di Daniele Comboni.
Romanato, con il suo Daniele Comboni della casa editrice Rusconi, del 1998, ha aiutato me ed altri, a riprendere i contatti con le case di formazione e i padri missionari, non in maniera sporadica, ma in modo più proficuo e personale. (Carlo Castellini).
INTERVENTO DEL PROF. GIAMPAOLO ROMANATO.
….....La sua metodologia (di Comboni, Ndr) nacque insomma sul campo, faticosamente, studiando gli africani, penetrando con fatica nel loro mondo e nei loro valori. Imparò che l'africano non andava caricato di bisogni e attese che non gli appartengono, estranee alla sua natura e all'ambiente in cui vive. Se a Verona aveva studiato da missionario, la sua università fu l'Africa. E l'Africa lo cambiò, come cambiò tutti coloro che la conobbero non superficialmente.
Imparò che il “selvaggio”, come apparivano allora gli africani agli occhi degli europei, non è un contenitore da riempire ma un essere umano da rispettare. Che la cultura è l'anima profonda di ciascun popolo, e non un monopolio dell'Europa, che è indipendente dal sapere scrivere o dall'essere analfabeti, dall'andare nudi o vestiti, dall'essere cristiani o pagani, che tutto era enormemente più complesso e difficile, di quanto apparisse nei seminari europei. Leggendo certe sue pagine – generalmente lucide, chiare, precise, non ostante le condizioni in cui viveva e scriveva, si ha limpressione che l'esperienza africana lo abbia trasformato.
Egli non conobbe l'Africa di oggi, ma quella precedente la spartizione coloniale. Un continente vergine, incontaminato, ancora interamente se stesso. Avvicinò uomini e donne che non avevano mai visto i bianchi,
la cui evoluzione si era fermata alla preistoria. E' uno dei pochissimi europei che hanno conosciuto non superficialmente questo mondo remoto, che oggi non esiste più, e ce ne hanno lasciato memoria. Diversamente da altri, anche missionari, quest'Africa Comboni la amò e la apprezzò non soltanto per la sua infinita miseria, che chiedeva soccorso, ma anche per se stessa, per i valori che racchiudeva, per l'umanità che svelava a chi fosse stato capace di andare al di là dell'apparenza.
Ma nel suo rapporto con le culture africane, Comboni non fu mai sfiorato dalla tentazione di facili irenismi. Egli non appare mai né un rivoluzionario, né un europeo pentito. Rispetto al primitivo ebbe un rapporto consapevole, maturo, affatto alieno da nostalgie regressive o da mitologie decadenti. L'Africa lo affascinò senza travolgerlo. Non dimenticò mai di essere un europeo, non fu mai colto dal dubbio se dovesse convertire o convertirsi. Anni e anni di esperienze spossanti gli lasciarono un invidiabile equilibrio interiore.
Alla fine della sua vita riuscì a guardare all'Africa con una consapevolezza infinitamente maggiore di quando era giovane, ma con la stessa intelligenza, con lo stesso distacco critico, senza cedimenti intellettuali, senza tentennamenti morali, senza tormenti di coscienza. Solo avvertiva che bisognava avere umiltà: tacere, guardare, ascoltare, imparare, soffrire.
Non perdette mai il rispetto e la venerazione per la Chiesa e le sue istituzioni romane, ma osservandole dal profondo dell'Africa, ne vide i limiti e le angustie: la lentezza; sottigliezze diplomatiche; le subordinazioni politiche; l'ignoranza di luoghi e problemi; la presunzione sussiegosa e moralistica di “certi cardinali di Propaganda Fide”, scrive, che misurano tutto con lo stesso metro, che credono le missioni tutte eguali, “che non hanno veduto che i saloni dorati di Parigi e di Lisbona, che non sanno la storia della Chiesa, che non hanno mai sofferto e patito nulla”.
A questa Chiesa che giudica e non è mai giudicata, Comboni si abituò a parlare con sincerità anche brutale, disposto sempre all'obbedienza, mai però al silenzio. Anche questo fa parte del metodo di Comboni e rende affascinante, attuale, viva, oggi, forse più ancora di ieri, la sua figura. (GIAMPAOLO ROMANATO).



Sabato 24 Febbraio,2018 Ore: 18:22
 
 
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