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www.ildialogo.org NON LASCIAR CADERE LA PROFEZIA, DISSE PRIMA DI MORIRE DOM HELDER CAMARA AL DISCEPOLO MARCELO BARROS, SUO EREDE SPIRITUALE,,A CURA CARLO CASTELLINI

NON LASCIAR CADERE LA PROFEZIA, DISSE PRIMA DI MORIRE DOM HELDER CAMARA AL DISCEPOLO MARCELO BARROS, SUO EREDE SPIRITUALE,

A CURA CARLO CASTELLINI

Fu l'ultima parola che ascoltai da lui. Era vedì 7 agosto 1999. Alla fine del pomeriggio Recife era stata colpita da un violento acquazzone abbondante e breve, com'è comune nei mesi di luglio e agosto. Alle sette e mezza di sera, dovevo essere all'Auditorium della Facoltà fi Filosodia di Recife (Fafire), per parlare in occasione della Giornata teologica, in omaggio a Dom Helder Camara.
Chiesi a Rejane Menezez, una brillante giornalista, una delle organizzatrici dell'evento e un'amica personale, se, prima di portarmi alla facoltà, potevamo passare, almeno per un momento, a casa del dom, per salutarlo. Qualcosa mi diceva che, se non fossi andato lì quella sera, non avrei avuto un'altra opportunità di vederlo. Egli ci accolse, me e Rejane, seduto al tavolo della sala, sonnolento e assolutamente taciturno.
Le medicine che prendeva per l'infiammazione alle gambe (nelle quali, mi aveva detto dom Josè Maria Pires, si vedeva la carne viva), lo intorpidivano più che la stanchezza e il peso dei suoi novant'anni. Li aveva compiuti il 7 febbraio, data nella quale avevamo presentato il libro: HELDER. IL DOM DELLA PACE, raccolta di testimonianze su di lui.
ZEZITA, la sua instancabile segretaria, che mi accoglieva sempre con amicizia, prese il libro dallo scaffale, aprì alla pagina del capitolo che avevo scritto io e glielo mise davanti:”Guardi, dom, quel che il padre Marcelo ha scritto su di lei......”. Ebbi l'impressione che egli guardasse il testo senza leggere. Strinsi la sua mano, la baciai e gli chiesi se mi riconosceva. “Sono MARCELO BARROS, benedettino, che ha lavorato con lei nel campo dell'ecumenismo. E' stato lei a ordinarmi sacerdote”.
DOM HELDER fece di sì con la testa come dicendo che sì mi riconosceva e si ricordava di questi fatti. Ma, sarà cosciente?
REJANE prese la macchina fotografica e registrò quel momento, che è stato il mio ultimo incontro con lui su questa terra. E' una foto che tengo nella mia Bibbia e riguardo sempre cin l'affetto di un bambino, che guarda suo padre ammalato. Egli sembrava assente, totalmente assente.......
ZEZITA, con la sollecitudine e l'affetto di sempre, tolse dalla tavola il piatto di minestra che il dom aveva lasciato quasi intatto. Portò il piatto in cucina. REJANE conversava con qualcuno che era comparso sulla porta. Dom Helder chiuse gli occhi e sembrava che sonnecchiasse. Pensai che forse lo stavo stancando e decisi di accomiatarmi:”Dom Helder, sto andando via. Mi dia una parola di vita e mi benedica”.
Egli restò quieto e con gli occhi chiusi. Dietro di me, le persone parlavano d'altro. Nessuno ascoltava, quando ancora con gli occhi chiusi, egli balbettò qualcosa. Avvicinai l'orecchio. Con difficoltà sussurrò:”Non lasciare cadere la profezia”.
So che, per chi seguiva la situazione di DOM HELDER, in quei giorni, qualche volta lucido e altre no, quasi sempre taciturno, questa parola, che ho raccolto dal segreto del suo cuore, sembra sorpendente e addirittura incredibile. E' chiaro che anche le persone che non conoscono bene il mio rapporto con lui non possono capire la storia e il significato di quella parola, che solo io capii e solo dopo averci riflettuto su.
Appena tornai da RECIFE, il giorno seguente, commentai quel che mi aveva detto con i fratelli in GOIAS, ma divulgai quelle parole, solo dopo la sua morte, avvenuta esattamente venti giorni più tardi, venerdì 27 agosto, alle dieci di sera.
E' a causa di questa parola che ho ridcevuto da lui, che mi impegno nel non lasciare che la sua profezia sia dimenticata e il suo messaggio ignorato. Voglio portare avanti il mio ministero cristiano, come lavoratore della pace e testimone dell'amore universale e multiforme di Dio.
Nel raccontare i miei ricordi su DOM HELDER, so di correre un rischio: quello di trasformerlo in un mito. Gli farebbe orrore. Se potesse leggere queste pagine, non gli piacerebbe essere al centro della riflessione. Ripeteva sempre:”Mi piacerebbe essere solo una semplice pozza d'acqua che riflette il cielo”.
Di fatto, in tutte le parolere in tutti gli episodi che si raccontano della sua vita, c'è sempre una grande apertura. Con il suo modo di essere il dom ci mostrava che, in ogni essere umano, c'è un appello interiore e segreto a non guardare soltanto l'esteriorità delle cose.
Il nostro sguardo può essere una semplice macchina fotografica, ma può anche cogliere la radiografia e senza tagliare la realtà più interna, in strati, come si fa con una risonanza magnetica, captare la realtà più intima di quel che viviamo.
Il dom è uno così: sa trasformare una baracca in una casa incantata, guarda il rospo come un principe e il suo piccolo giardino come il regno delle meraviglie.
Non ha mai perso questa capacità di amare e incantarsi di fronte al mondo e alle persone, perchè tutta la sua vita segnala una presenza e azione: quella di qualcuno che a lui piaceva chiamare
“Padre di amore” o, semplicemente, Tu”. (MARCELO BARROS, a cura di Carlo Castellini).



Martedì 13 Giugno,2017 Ore: 20:33
 
 
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