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www.ildialogo.org ALDO MORO: A CENT’ANNI DALLA NASCITA,di Mario Pavan

ALDO MORO: A CENT’ANNI DALLA NASCITA

di Mario Pavan

- Prezioso un libretto bianco uscito nel 1996 dalla vicentina “Locusta” di Rienzo Colla -
Mariano Rumor, l’anno scorso avrebbe, compiuto cento anni e quest’anno, il 23 settembre, abbiamo ricordato e il centenario della nascita del presidente Aldo Moro, il punto di forza di una DC che pre-vedeva nel dialogo a tutto campo un politica di confronto aperto con gli altri partiti (oggi sono chiamati i partiti della prima repubblica) e in particolare con il PCI, che usciva da una travagliata storia interna.
Moro parlava di “convergenze parallele” riguardo ai grandi problemi interni e internazionali che dovevano essere affrontati in particolare dai due più grandi partiti italiani.
Formatosi alla scuola della FUCI (federazione universitari cattolici italiani) di don Giovanni Battista a Montini ( il futuro papa Paolo VI), il giovane Aldo Moro, pugliese di Maglie, si iscrisse alla DC, ricoprendo, sempre più, ruoli di primo piano, non solo a livello di partito ma pure di governo. Conobbe, negli anni delle altalenanti forzate fasi, del suo curriculum, alcune pause di riflessione, come amava definire i momenti cupi nei quali le sue posizioni di apertura prima ai socialisti e poi al dialogo anche con il PCI, all’interno del suo stesso partito, gli procurarono ingiustificate incomprensioni. Ma, fino alla fine dei suoi tragici giorni, prima di essere rapito e assassinato negli anni di piombo di un 1978 ( periodo storico ancora tutto da studiare e riprendere a fondo), egli rimase coerente nelle sue posizioni, espressa in ogni autorevole sede. Glielo riconosceranno in molti: (a parte la stupida eccezione di qualche “politico” magari della stessa DC), anche coloro che non avevano mai condiviso le sue scelte spesso “remandogli contro”.
Per ri-pensare all’uomo Aldo Moro, per sentirlo come noi, vicino e dentro in un periodo della società sempre più travagliata e difficile e per cercare di capire l’importanza della sua presenza non solo nella storia politica del nostro Paese, ma anche in quella ecclesiale e sociale, viene in aiuto, tra i tanti libri già apparsi finora, pure un libretto bianco della Locusta .Quella essenziale piccola- grande casa editrice vicentina , creatura del dr. Rienzo Colla. Ebbene, Rienzo Colla, nel 1996, a diciotto anni dal rapimento del 16 marzo 1978 in Via Fani ,con lo sterminio della scorta del presidente Aldo Moro e della sua uccisione, ( episodi rivendicati dalle BR ma che ancora esigono la “vera verità” ) con il ritrovamento del cadavere il 9 maggio in Via Caetani a Roma, faceva uscire una preziosa e rara testimonianza. Si tratta di due note, la prima di Italo Mancini, (scomparso nel 1993), noto teologo e profondo studioso della filosofia della religione e di una poesia di Mario Luzi che fa pensare, com’era nel contenuto di tutti i versi di questo grande poeta che avrebbe meritato, in vita, l’Oscar per la letteratura.
Italo Mancini, insiste efficacemente su due valori essenziali e incarnati in tutta la vita dallo statista pugliese e dalla sua famiglia. Il primo parla della pietas laica dell’uomo e professore e il secondo sulla sua intensa spiritualità. A completare il testo, che conta una trentina di pagine( ma la maggior parte dei libretti de “La Locusta” sono volutamente sottili e …pungenti !) si leggono due preghiere. La prima è di papa Paolo VI, che portò con sé, fino alla tomba, il tormento interiore per il suo “discepolo” e amico e la seconda, quella gridata (come un salmo dell’antico testamento ) dalla moglie Eleonora ai funerali dell’amato marito celebrati nella chiesa di San Giovanni in Laterano, l’11 maggio del 1978.
E a Vicenza Aldo Moro lasciò veri eredi? E’ difficile dirlo oggi e tentare di farne un bilancio serio in un’epoca in cui la DC era soprattutto una conta tra vecchi “dorotei”( quelli di Mariano Rumor e anche dello stesso Aldo Moro, all’inizio della sua militanza politica ) e la componente dei cosiddetti “nuovi dorotei ”, di Antonio Bisaglia.
Ma questa è un’altra storia : ciò che resta è l’esempio di un politico lungimirante, serio, preparato , che “coglieva i segni dei tempi” ma che è stato, prima di tutto un marito amorevole, un padre orgoglioso dei suoi figli e un nonno affettuoso, come si evince anche dalle sue ultime lettere dal covo dov’era segregato e tenuto prigioniero e scritte prima di essere assassinato. E’ questo, infatti, il primo distintivo che dovrebbe caratterizzare chi dice di “mettersi al servizio del Paese”.
Mario Pavan



Martedì 27 Settembre,2016 Ore: 22:11
 
 
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