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www.ildialogo.org Più forti delle armi,di Carlo Castellini

Più forti delle armi

di Carlo Castellini

Pierluigi Murgioni, prete diocesano bresciano della fidei donum, Oscar Arnulfo Romero, Vescovo di El Salvador, e Marianella Garcia Villas, avvocato dei poveri e difensore degli oppressi, tre testimoni martiri dell'America latina, hanno dato il nome al convegno di studio, ospitato presso il centro pastorale Paolo VI di via Gezio Calini, 30 a Brescia. Resoconto della serata a cura di Carlo Castellini.


Son voluto andare, per tanti motivi, a questo convegno, ospitato presso il Centro Pastorale Paolo VI di Brescia, denominato PIU' FORTI DELLE ARMI, in ricordo di tre grandi testimoni dell'America Latina, PIERLUIGI MURGIONI, prete Fidei Donum, OSCAR ARNULFO ROMERO, Vescovo di El Salvador e MARIANELLA GARCIA VILLAS, avvocato dei poveri e difensore degli oppressi.
Gli scopi del Convegno sono stati brevemente illustrati dal prof. ANSELMO PALINI, che ha ricordato la necessità urgente di FARE MEMORIA DEL BENE, di coloro cioè che nella vita hanno operato e seminato opere buone; e che coloro invece, che hanno operato il male, non vengano ricordati, ma caso mai, dimenticati.
Per questa giornata di studio hanno aderito, unendo le loro forze e capacità logistiche, le Acli, l'Azione Cattolica, Pax Christi, Società San Vincenzo de' Paoli, l'Apasci, Missionari Comboniani, Movimento Cristiano Lavoratori, CCDC, Centro Missionario Diocesano, Svi. Hanno anche aderito per questo anche relatori eccellenti che ricevono gli onori di casa da don Mario Benedini, incaricato della pastorale della diocesi bresciana.
Il primo a prendere la parola è stato il nostro vescovo LUCIANO MONARI, che ha preso spunto dal cap. XII dell'Apocalisse, dove si parla del drago e della donna rivestita di sole col bambino; ne spiega brevemente il significato poi con veloci ed efficaci pennellate, passa ad applicazioni alle vite dei nostri martiri e testimonianza dei nostri tre; i quali, dimostrano come, con la loro scelta di vita, sia possibile descrivere e vivere un'altra storia. Ricorda a questo punto anche alcuni passi del libro di GIOBBE, dove il grande accusatore gli contesta di vivere e avere una religione falsa. Si collega poi al II LIBRO DEI MACCABEI, il cui sacrificio permette di intravvedere le prospettive di una vita che va oltre la morte, evidenziando quindi che la morte non è tutto. Quando il sacrificio di sé è offerto come libera scelta. Poi si sofferma sulla visione della vita di ALBERT CAMUS, e passando dalla testimonianza del rabbino americano HESCHEL, attira l'attenzione su alcune idee di BLAISE PASCAL, per riprendere poi alcune testimonianze dei Padri della Chiesa come IGNAZIO DI ANTIOCHIA E POLICARPO, e termina con riflessioni attualizzanti ed applicate alla comunità cristiana di oggi, chiamata in causa da questi tre testimoni coerenti e scomodi.
E' il turno di DON ALBERTO VITALI, prete della diocesi di Milano, autore per i tipi delle Paoline del volume sul vescovo di San Salvador:”OSCAR ROMERO: PASTORE DI AGNELLI E DI LUPI”. Come si nota subito, anche dal titolo di questo libro, il suo intervento è stato chiaro e netto sia nel linguaggio, sia nel taglio dato alla sua testimonianza e dalle parole scelte; un linguaggio corposo e vivace come la sua persona. Il prete ambrosiano ha cercato di fare chiarezza entrando subito in argomento, e spiazzando un po' sia la tifoseria dei ROMERIANI, quelli cioè che a suo parere, sostengono Romero in maniera viscerale, come nella tifoseria calcistica, ma senza tenere conto di alcuni aspetti volutamente o inconsciamente nascosti; e i WOJTYLIANI, specularmente opposti e sostenitori accaniti del papa polacco, ma in maniera acritica. Ed ha ricordato, con molteplici dati alla mano, come il vescovo OSCAR ROMERO, fosse introverso e timido; e come questo aspetto lo abbia non poco condizionato nel suo modo di vedere e rapportarsi con la Chiesa, con i suoi vescovi, con i suoi preti, col Vaticano e con il popolo di Dio. La sua cultura tradizionale e la sua formazione teologica. affinata presso l'università pontificia GREGORIANA, ne aveva formato alla lunga la sua personalità di vescovo conservatore, e per questo molto gradito e ben visto dalle autorità militari della destra conservatrice salvadoregna, chiusa alle riforme e china sui propri interessi di casta. Ma col passar del tempo ROMERO, comprende la situazione e non solo dopo la morte di RUTILIO GRANDE, ma anche prima , incomincia a cambiare atteggiamento senza che altri se ne accorgano. Ed a poco a poco si incarna nella vita e nelle speranze del suo popolo, fino a identificarsi, con esso. Questo non significa che avesse voglia di diventare martire. Tutt'altro: aveva paura del martirio ed era quasi ossessionato dalla paura di non farcela, aveva una paura ossessiva della tortura. Fino a quando le forze destrorse, attraverso i vari squadroni della morte, lo colgono di sorpresa e lo freddano nel momento in cui sta celebrando la sua eucarestia, nella piccola cappella delle suore dell'ospedale. Il resto lo conosciamo. Le polemiche che sono sorte sulla sua persona, ma anche sui comportamenti vaticani prima e dopo la sua morte, dei Giovanni Paolo II prima e di Paolo VI poi, a nulla sono valse se non a far risaltare più grande la sua figura di testimone e di martire. A nulla sono valsi i tentativi, più o meno consapevoli, di ridimensionarlo e col tempo, la sua figura è destinata a crescere e ad ingigantire, oltre che nel cuore del suo popolo, anche nella mente nel nel cuore di coloro che non l'hanno conosciuto. La sua grandezza e scomodità lo seguiranno anche dopo, a mo' di sigillo della qualità delle sue scelte. Con RUTILIO GRANDE, aveva instaurato un buon dialogo, ma in genere contro i Gesuiti ne aveva dette tante. Ma in buona fede, perchè credeva che così facendo avrebbe agito per il bene di Dio e della Chiesa. Poi a poco a poco aveva compreso la situazione: e si era messo dalla parte dei suoi preti e dalla parte della gente; e aveva ben compreso quali sarebbero state le conseguenze. Il papa polacco stesso gli aveva raccomandato prudenza con le autorità salvadoregne: ma dice ALBERTO VITALI, aveva conosciuto la dittatura del comunismo che aveva combattuto con la chiesa polacca; ma non conosceva bene la situazione dell'America Latina e e di ELSALVADOR, in particolare. Per questo prosegue il relatore della diocesi ambrosiana, il martirio più facile è stato quello fisico; ma il martirio più difficile è stata la incomprensione che ROMERO, ha vissuto prima dentro la sua Chiesa. Per questo non sono riusciti a ridimensionare la sua figura di profeta: e Romero è stato scomodo prima e sarà scomodo anche dopo. Proprio perchè fatto popolo, anzi educato dal suo popolo salvadoregno.
Al Prof. ROLANDO ANNNI, in rappresentanza dell'Università Cattolica della sede di Brescia, è toccato documentare attraverso la raccolta e consultazione delle lettere semplici, che formano l'ossatura di questo significativo epistolario; si tratta di lettere spontanee inviate ai familiari e amici, a religiosi e uomini di chiesa bresciana. In essa rivela il suo stato d'animo del momento, elabora le sue riflessioni e atteggiamenti tenuti durante la sua prigionia uruguayana; ma nello stesso tempo la sua lenta e progressiva presa di coscienza e maturazione nella fede non violenta, non ostante le torture e umiliazioni subite. Ma delle quali non parla quasi mai. Il tema quindi affrontato è stato:”Il sostegno della chiesa bresciana e del vescovo mons. LUIGI MORSTABILINI A DON PIERLUIGI MURGIONI IN CARCERE IN URUGUAY”. Sono presenti in sala i fratelli PINO, giornalista in pensione e
GIAMPAOLO, già ala sinistra della squadra di calcio USO GAVARDO; DON SAVERIO MORI, parroco in pensione, che ha vissuto con Pierluigi Murgioni, l'esperienza del seminario a Brescia e a Verona presso la CEIAL, e della missione in America Latina, e nel carcere in Uruguay. Infine JUAN BALADAN GADEA, bella figura di uomo, e di testimone laico, fine musicista compositore e direttore d'orchestra, che ha conosciuto in carcere il prete di Villaputzu e che proprio attraverso la musica si è avvicinato e divenuto amico ed ammiratore di Pierluigi, con cui intesse un dialogo che si sarebbe interrotto solo con la morte.
JUAN BALADAN GADEA, resterà in carcere ben tredici anni; e in questi incontri pubblici, rende sempre all'amico la sua preziosa testimonianza di laico.
Tornando alle LETTERE IL PROF. ANNI che non l'ha conosciuto personalmente, ha individuato alcuni sentimenti comuni che emergono dalla loro lettura, a mo' di filosofia di vita: e questi sono polarizzati attorno a tre indicatori che esprimono la personalità dello scrivente tenuto prigioniero:
  1. L'UMILIAZIONE; 2, LA SOLITUDINE; 3. LA COERENZA.
E' proprio durante questo periodo di cattività che si mette in moto la chiesa bresciana per liberare il suo testimone scomodo. E attraverso la figura di DON RENATO MONOLO, prete originario di Arconate in provincia di Como, ma poi approdato alla diocesi bresciana, dove dà vita a molte iniziative missionarie, Egli scrive su LA VOCE DEL POPOLO, tiene contatti con Pierluigi Murgioni, e prepara in maniera intelligente la venuta in URUGUAY del vescovo bresciano
LUIGI MORSTABILINI, che intende osare qualcosa di più della diplomazia ufficiale, vuole mettere la sua davanti alle autorità politiche e militari per liberare il suo prete, di cui ammira la fede e la sua determinazione a continuare. L'incontro tra i due trova sul suo cammino non poche difficoltà; ma alla fine si vedono e si parlano scambiandosi un grande sollievo spirituale e beneficio psicologico ed umano per entrambi. Non si registrano, dice il professore relatore, patteggiamenti né cedimenti sentimentali. Il vescovo bresciano, originario di Bergamo, si mostra paterno, ma nel contempo rivela una personalità forte e mite. (Aspetti che meriterebbero di essere approfonditi in altra sede e con altri impegni).E lascia il suo pupillo, nella condizione di fare scelte, libere coerenti e consapevoli, perchè lui conosce la situazione molto bene. Il relatore alla fine ha ricordato altre testimonianze ed il rapporto da esse avuto con le autorità e che saranno ricordati sulla stampa locale e sui documenti ufficiali contenuti nell'archivio di famiglia Murgioni, ed anche nel libro a lui dedicato da ANSELMO PALINI:”DALLA MIA CELLA POSSO VEDERE IL MARE”, Ave Editrice. In definitiva una bella pagina di chiesa locale e di chiesa universale.
Infine prende la parola RANIERO LA VALLE, che ha ricoperto , anche senza volerlo, il ruolo di saggio e garante del convegno. E' un
po' lo STEFANO RODOTA' dei cattolici democratici, ma anche di tanti credenti. Ha esordito in piedi, unico tra i relatori, e più anziano e canuto, con il suo intervento, chiosando alcuni aspetti del libro di PALINI, scritto con grande partecipazione emotiva, e dedicato alla figura di MARIANELLA VILLAS GARCIA, edito dalla Ave; ha ripreso alcuni filoni di pensiero del vescovo LUCIANO, ne ha fatto ricca sintesi con parole sue originali, pescate dal suo repertorio di giornalista raffinato e colto, ma anche di scrittore avveduto e di lunga memoria. E' rimasto in piedi fino alla fine del suo intervento a lungo applaudito. Poi ha sviluppato alcune riflessioni confluite già nel libro sopra ricordato. Ha rammentato anche come il titolo del suo libro doveva riportare la voce ANTIGONE E I SUOI FRATELLI, edito dalla Feltrinelli ; ma dopo pochi mesi MARIANELLA veniva uccisa e l'autore e l'editore, di comune accordo, avevano optato per il titolo attualmente in vigore: “MARIANELLA E I SUOI FRATELLI”. Scritto con LINDA BIMBI, che ne stende la Post-fazione. (LINDA BIMBI, è laureata in Glottologia; ha vissuto molti anni in Brasile, da dove è dovuta fuggire con l'avvento della dittatura). Il sacrificio della sua vita,(di Marianella), la sua forza di carattere e la sua determinazione, l'ha fatta accostare alla grande figura della tragedia greca ANTIGONE: questa viene ricordata perchè, decide di dare onorata sepoltura al corpo del fratello ucciso, e contro le leggi della città e dell'opinione pubblica non si fa scrupolo a seguire la legge della propria coscienza, che le urge dentro, e diventa così più importante della voce delle autorità della città. Allo stesso modo MARIANELLA GARCIA VILLAS, è divenuta una nuova ANTIGONE, forte, cosciente, ma coraggiosa e moderna, che per amore dei suoi fratelli insegna loro la lingua con la penna, perchè sappiano scegliere le parole giuste e difendersi davanti alla legge; incomincia a ricercare gli scomparsi divenuti invisibili; sale sulle colline a cercare i cadaveri che fotografa con la sua macchina fotografica, per rendere testimonianza visiva delle torture subite, evidenti sotto i vestiti ormai a brandelli.
Poi si è lasciato andare ad alcune forme di attualizzazione dell'impegno religioso e politico ricercando attraverso alcune pennellate sintetiche , nella figura di GIUSEPPE DOSSETTI, profondo conoscitore e d estimatore della nostra COSTITUZIONE. A questo punto l'assemblea, entra in empatia e simpatia con il suo relatore, che veste i panni per alcuni minuti, del tribuno appassionato e convinto, e i presenti si infiammano e applaudono. Poi accenna a pensieri di sintesi, scegliendo alcuni aspetti comuni, che uniscono tra loro con vincoli inscindibili i testimoni della mattinata; che vengono però ricordati insieme ai sacrifici di altri. Questi, a detto di RANIERO LA VALLE, hanno reso possibili, in maniera misteriosa, ma reale, l'avvento nella chiesa di PAPA FRANCESCO, che non è un caso isolato ma è il frutto di una lunga catena di testimoni di chiesa che hanno offerto la loro vita a cominciare da AGUILARES, parroco salvadoregno; dal gesuita PADRE RUTILIO GRANDE,braccio destro di ROMERO; il sacrificio di ELLACURIA, e degli altri gesuiti con JULIA ED ELBA, madre e figlia, che con loro hanno condiviso il sacrifico della vita; Oscar Romero stesso, Marianella Garcia, Mons. Girardi; il cui martirio ha reso più comprensibile e considerata la teologia della Liberazione; ma soprattutto il loro sacrificio ha messo al centro dell'attenzione della Chiesa e della riflessione teologica i POVERI COME LUOGO TEOLOGICO, e punto di partenza per una riflessione teologica credibile per l'annuncio di un messaggio evangelico più autentico e meno inquinato dalle teologie di palazzo.
Dal pubblico dei presenti, invitato a prendere la parola, emerge un suggerimento che ha sapore di proposta: perchè non dedicare una giornata di studio al problema della produzione e vendita delle armi nella città di Brescia: questione sulla quale sarebbe bene prendere posizione, perchè queste tre figure di testimoni scomodi, non entrino presto nel dimenticatoio e perdano la loro efficacia di profezia. (CARLO CASTELLINI).



Lunedì 31 Marzo,2014 Ore: 15:58
 
 
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