- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (464) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Fratel Giosuè' dei Cas: il “lebbroso bianco”, che ha posto la sua tenda in mezzo ai “lebbrosi neri” di Kormalan,di Carlo Castellini

Fratel Giosuè' dei Cas: il “lebbroso bianco”, che ha posto la sua tenda in mezzo ai “lebbrosi neri” di Kormalan

di Carlo Castellini

da “Fratel Giosue' Dei Cas”, di Graziano Pesenti, Velar editrice, 2011


Mi erano state recapitate mesi fa, da parte di Severino Mastellaro, padovano, consulente editoriale della Velar editrice, alcune copie dell'opuscolo che illustra la figura e la storia di Fratel Giosuè Dei Cas a firma di Graziano Pesenti, che ne ha curato il testo. Ringrazio l'amico Severino Mastellaro che con determinazione e costanza diffonde la conoscenza di persone e figure, di uomini e donne ricchi di solidarietà umana e carisma spirituale.
Ma non intendo dilungarmi troppo anche perchè la persona in oggetto era uovo schivo, di poche parole e molti fatti; sia per la scarsa propensione di quasi tutti noi a letture prolungate. Allora preferisco mettere in evidenza le tappe più significaive della sua vicenda umana, con l'aggiunto del commento efficacissimo di FRANCESCO PIERLI, che gli rende adeguata testimonianza e giustizia, dopo lunghi e significativi anni di silenzio ed emarginazione più o meno coscienti e involontari.
Ne esce in tal modo un quadro semplice, e lineare nei suoi tratti fisici e spirituali che pongono in giusta luce un cuore umile, modesto e generoso, del montanaro tozzo e ruvido che era GIOSUE' DEI CAS, ma dotato di una fede semplice e granitica che lo porterà ad operare delle scelte che spiazzeranno tutti, religiosi, atei e laici. Troppo presto il nostro fratello laico GIOSUE' era stato giudicato un uomo non idoneo alla vita consacrata. Così, infatti, si esprimerà Angelo Colombaroli, osservando i suoi modi rustici, quasi zotici, goffi, impacciati, uniti ad una andatura grossolana. Ma una volta penetrati sotto la ruvida scorza del montanaro, di Piatta di Valdisotto in provincia di Sondrio, Federico Vianello, vi scorge inveceuna preziosa stoffa intessuta di umiltà, semplicità, modestia, e generosità, che gli fanno superare il secondo esame della vita: viene accettato come fratello laico da aggregare ai religiosi nella missione.
Le tappe che qui sotto in maniera sintetica riportiamo servono a comprendere le linee di una donazione generosa delle proprie forze e disponibilità favore della missione e degli Africani che lo accolgono a braccia aperte, perchè hanno compreso il senso di un gesto controcorrente di benedizione.
Ed una volta colpito pure lui dal Morbo di Hansen, così viene chiamata la lebbra che viene curata dal medico tedesco, non chiede di essere ricoverato in qualche ospedale attrezzato dei medici bianchi, ma si rende disponibile a poter testimoniare e trascorrere i suoi ultimi anni all'interno del villaggio di Kormalan, in Sudan, (“la terra dei neri”), dove concluderà la sua vita, lebbroso tra i suoi lebbrosi, lasciando a tutti noi una lezione di stile e di vita. (Carlo Castellini).

Presentazione di FRANCESCO PIERLI.
“Una maledizione che diventa benedizione! E' la storia raccontata in queste snelle pagine biografiche del missionario comboniano fratel Giosuè Dei Cas. In tutte le cultura africane, da tempo immemorabile, la lebbra era non soltanto una malattia fisica, ma anche e soprattutto uno stigma, un segno chiaro della maledizione di Dio, degli spiriti e degli antenati. La persona affetta doveva essere ostracizzata dalla comunità, non tanto per la paura del contagio fisico, quanto piuttosto perchè la convivenza avrebbe irritato Dio e gli antenati che si sarebbero vendicati estendendo la maledizione ad altri.
Anche nella Bibbia siamo sulla stessa linea, a cominciare dall'Esodo, dove il primo caso di lebbra è legato alla sorella di Mose', Miriam, punta da Dio per avere criticato il fratello Mosè che poi la guarì con la sua preghiera di intercessione. Nel Sud-Sudan degli anni 1920-1930. i lebbrosi erano migliaia e migliaia, sparpagliati su tutto il territorio, anche a Tonga tra gli Shilluk, la tribù presso la quale Giosuè investì gran parte del suo tempo passato in Africa. I lebbrosi erano isolati e ostracizzati da tutti, missionari compresi, ma non da Giosuè, che fece della vicinanza ai lebbrosi la cartina al tornasole della sua presenza missionaria: diventare come Abramo (Gn 12, 2-3) fonte di benedizione per tutti, ma in particolare per coloro che l'opinione pubblica e le culture consideravano come rifiutati da Dio. Una vicinanza che gli costò notevoli critiche da vari settori, sia tra la gente locale, che tra i missionari. Ma lui sentiva che lo Spirito lo spingeva i tale direzione.. Poi un giorno un medico gli urlò:”Anche tu sei lebbroso.....maledetto!” A molti sembrò la fine della vita missionaria di Giosuè. Invece era l'inizio...di un periodo estremamente originale e fecondo.
A Kormalàn, vicino a Wau, Sud Sudan,, gli Inglesi avevano istituito un lebbrosario / lazzaretto, per tutti i lebbrosi della regione. Nessuno poteva entrare e restare....a meno che non fosse lebbroso. Anche i missionari della vicina missione di Wau vi potevano apparire solo velocemente. La loro assenza confermava la credenza popolare della maledizione..
Fintantochè un missionario lebbroso non arrivò a Wau:Giosuè.
Egli entrò nel lebbrosario e vi restò per sempre....Vi costruì anche una cappella con il Santissimo. Tre chiarissimi segni della presenza di Dio: il missionario, la chiesa e il Santissimo. La maledizione che comporta l'assenza di Dio era rimossa! I lebbrosi potevano considerarsi cari a Dio che rivelava la sua paternità e attenzione nei loro confronti attraverso Giosuè. La lebbra diventava così una malattia seria quanto si voglia, il morbo di Hansen per l'appunto, ma solo una malattia, non più una maledizione., che al dolore fisico aggiungeva un intollerabile senso di colpa e di disperazione.
Una malattia da cui, con il contributo della scienza, si poteva guarire. Rimosso lo stigma tutto diventava più semplice. Anche gli studenti delle scuole cattoliche di Wau cominciarono ad andare al lebbrosario per incontrarvi Giosuè diventato ormai un'icona di eroismo missionario.
Il muro di separazione e paura cominciava a crollare. Il protagonista di questa grande conversione e rivoluzione religiosa, culturale e sociale, portava un nome Giosuè Dei Cas, fratello missionario comboniano”. (Francesco Pierli).


Sabato 04 Gennaio,2014 Ore: 18:02
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Testimoni del nostro tempo

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info