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www.ildialogo.org Giuliano Volpi: e' stato un grande e moderno formatore e direttore spirituale di tanti giovani liceali.,di Carlo Castellini

Giuliano Volpi: e' stato un grande e moderno formatore e direttore spirituale di tanti giovani liceali.

Missionario prima e prete diocesano poi.


di Carlo Castellini

Non si può non ricordarlo. Perché a modo suo e per quei tempi, è stato un coraggioso pioniere, e per certi versi un anticipatore illuminato, non sempre compreso. E' morto alcune settimane or sono in quel di Sarnico, nel cui cimitero riposano le sue spoglie. Mi dà conferma della notizia Francesco Troli, raffinato maestro di musica e stimato volontario educatore della comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio (Brescia), nostro comune ammiratore e amico del sopra ricordato, che era presente alla cerimonia funebre, molto partecipata alla presenza di confratelli missionari, ma anche di sacerdoti, laici, amici, coordinati dalla qualificata presenza di Francesco Beschi, fresco vescovo della città di Bergamo.

Che cosa pescare nella vita scontata, di un sacerdote, missionario, che per altro non ha nemmeno conosciuto il fascino della missione, come la sua vocazione richiedeva? Invece ha prestato un qualificato servizio all'uomo, ai giovani, che numerosi si rivolgevano a lui per avere una parola illuminata, ma anche umana e moderna, perchè filtrata dalla conoscenza della psicologia umana, che aggiungeva qualcosa di specifico e di curioso, alla sua direzione spirituale, che per forza di cose, si colorava, allora, di qualcosa di originale e di diverso, forse per questo, molte volte guardato con sospetto.

Per essere ben compresa la sua figura è da collocare nel periodo preconciliare degli anni 60-63, quando nel Liceo Missionario Comboniano di Carraia, nel comune di Capannori, provincia di Lucca, affluivano dalle varie case di formazione della Provincia Italiana, vari gruppi di adolescenti, che avevano terminato gli anni formativi ginnasiali, per accedere al periodo ulteriore del liceo classico, allora coordinato dalla troika, composta dai formatori e docenti DANILO CASTAGNEDI, veronese della provincia, LUCIANO FRANCESCHINI, di Brescia, e appunto dal nostro GIULIANO VOLPI, che veniva dalla Brianza.

Tre persone preparate ed entusiaste del proprio ruolo e carisma, che hanno caratterizzato e animato un liceo ricco di fermenti e di attese, di cui loro, sono state tre punte di diamante, animatori, coordinatori e interpreti delle attese e aperture conciliari che sprizzavano dalla cultura, dalle letture, dalle esperienze ecclesiali in itinere, e che si sono bene sposate con la formazione missionaria. Non importa se la maggior parte degli alunni liceali, non siano giunti al sacerdozio; commenta qalcuno in maniera negativa; la cosa importante è ciò che è rimasto di quella formazione.

La sua figura, per noi che abbiamo vissuto quel periodo, non va staccata dalle altre figure, sopra ricordate, perchè è stato il lavoro paziente di cucitura e di ascolto dei tre che hanno creato quel clima, che ci piace ricordare, come preconciliare, nel senso più ricco del termine, di attese, di speranze di incoazione, che cotagiava gli adulti ma anche i più giovani, sia nell'entusiasmo, nelle letture, nello stile di vita e nelle scelte.

E' stato a modo suo un pioniere, e forse la sua esperienza è praticamente non esportabile, nel senso che troppo legata alle doti peculiari di una persona ed al suo carisma; più che ad una esperienza personale acquisita sul campo.

Va detto che la sua esperienza potè attecchire con successo a motivo dell'ambiente culturale che DANILO CASTAGNEDI, preside degli studi e docente di lettere e lingua italiana, riuscirono a creare e a gestire per alcuni anni. Ebbero delle vedute non provinciali. Ma intelligenti e profetiche nel concepire allora, si badi allora, un liceo con le finestre aperte sul mondo, pronte ad accogliere stimoli ed esperienze che contribuirono senza dubbio ad un'apertura mentale che favoriva delle scelte personali.

In questo gioco' un ruolo molto importante anche LUCIANO FRANCESCHINI, ormai defunto da alcuni anni, docente di Lingua e Letteratura Latina prima, poi Preside degli Studi e infine missionario partente per la missione. Era un docente zelante, attivo ed entusiasta del suo lavoro, che sconfinava anche in consigli formativi. Era un poco più guardingo e conservatore, ma non nel senso negativo. Era attivo ma non era uno zelota fanatico delle regole.

Mi fa obbligo ricordare la sua passione per l'arte e la sua storia. Questa lo portava a comunicare la sua passione e competenza che gli urgeva dentro; e ogni anno puntualmente nei tempi vuoti dallo studio, a organizzare gite nelle principali città della Toscana, per fare visita ai più bei monumenti e opere d'arte della nostra Italia. Aveva dentro il suo animo una sua visione personale della bellezza che non voleva tenere per se.

Ma fu DANILO CASTAGNEDI, la mente aperta al dialogo amico, che riuscirì ad intrecciare con MONS. ENRICO BARTOLETTI, allora vescovo di Lucca e creato da Paolo VI Presidente della Conferenza episcopale italiana e portavoce della stessa.

Fu proprio in quegli anni di formazione che avemmo la fortuna e possibilità di ascoltare allora, le forbite e pacate parole di questo raffinato conferenziere e relatore, nonchè studioso, che divenne amico del liceo grazie ai rapporti e frequentazioni di amicizia, con DANILO CASTAGNEDI.

Ora queste aperture intelligenti culturali e formative, tese alla formazione di un futuro missionario destinato alla missione, sembrano quasi evocare un periodo idealizzato dalla memoria; invece hanno influito in maniera benefica sulla vita e sulle scelte e orientamenti di tante persone giovani alla ricerca di un senso da dare alla propria vocazione, si diceva allora, ma non ancora scelta definitiva.

Ma le novità formative non finiscono qui. Anche nell'animazione liturgica, si registrarono esperienze significative, di grande novità e di efficace stimolo psicologico. Così veniva allora incentivato l'apprendimento del canto liturgico, con appositi cori, diretti e coordinati dall'entusiasmo catalizzatore di un grande padre MICHELE BONFITTO, missionario pugliese di San Marco in Lamis (Foggia); personaggio eclettico, ispirato ed entusiasta, musicista e musicologo, (si esibì anni prima davanti alla regina Elisabetta d'Inghilterra), nonché paroliere di tanti canti di accompagnamento alla liturgia.

Egli, ispirandosi ai testi delle Scritture aveva comunicato uno slancio umano ed una pastosità melodica e popolare, ai suoi canti, da essere diffusi in tante chiese e, parrocchie, comunità, specie negli anni del dopo Concilio. Sono canti diversi, pastosi, si cantano volentieri, sia in maniera solista che in coro. Tutti appresi la sera dopo cena, qualche volta rinunciando alla ricreazione dovuta. Intanto l'amicizia di DANILO CASTAGNEDI , si salda con quella di MICHELE BONFITTO, ed insieme conferiscono a tutto il liceo una spinta ideale che non è esagerato dire che mette le ali ad un piccolo sogno: quello dell'apertura al mondo e della missionarietà.

MA QUALE FU L'APPORTO SPECIFICO DI GIULIANO VOLPI?

Egli diede un contributo specifico, proteso ad una direzione spirituale dei liceali, basata su una profonda vita spirituale solida, non parolaia, da una parte ispirata alla preghiera e dall'altra sulla conoscenza di sé come candidato, in maniera più approfondita, non superficiale. Per cui il liceale si sentiva compreso e valorizzato ma anche coinvolto dal direttore da un preciso programma di cambiamento e di progetto. Non inteso solo come esecuzione della volontà di Dio, ma anche come maturazione e ricerca della propria maturazione umana, con assunzione delle proprie responsabilità. Di fronte ad eventuali scelte definitive di vita comunitaria. Quindi eravamo bene orientati, ma le scelte non erano ancora definitive.

In questo, è un mio parere personale, GIULIANO VOLPI, è stato originale e rispettoso nella ricerca di un progetto che tenesse conto della lettura della volontà di Dio, ma anche della ricerca di senso dell'uomo. Questo, tradotto in soldoni, il suo metodo ricco di stile.

Ma credo, non a tutti piacque la sua discreta ma sicura personalità, nell'accogliere ma anche nell'orientare e consigliare. Che non era mai disgiunta anche dalla

sua conoscenza e formazione teologica. Tanto più che Giuliano Volpi, non aveva ancora fatto esperienza di missione, che era un requisito essenziale per la congregazione religiosa e missionaria comboniana. Ma lui si sentiva realizzato così.

Allora fu costretto ad incardinarsi prima con diocesi e vescovo dell'America Latina; prima di approdare nella Provincia di Brescia. Qui fu un valido collaboratore con tante scuole della nostra provincia, con le quali venne in contatto, in qualità di analista e psicologo degli adolescenti. Poi la malattia che lo tenne legato alla Parrocchia di Sarnico di cui era collaboratore e amico.

Più tardi però, terminato per così dire un ciclo, le loro strade si divisero. LUCIANO FRANCESCHINI, dopo il suo servizio di docente, di preside e di grande studioso di DANIELE COMBONI e della storia dell'istituto, trovò ancora le motivazioni ideali per affrontare la missione africana. Era una esperienza troppo importante per la sua vocazione di comboniano, per il quale la missione è quasi un prerequisito, se così si può dire. E dopo tanti anni di studio non poteva rinviare ulteriormente questa partenza; e tornato dalla missione concluderà gli ultimi anni della sua vita, accompagnato dalla malattia, nella casa di viale Venezia, 112, a Brescia.

Non senza prima avere lasciato ancora un segno della sua attività di zelante studioso con la edizione di un libro che porta la sua firma ed a vantaggio dei futuri giovani che avrebbero abbracciato la vita missionaria.

Così nel suo “UN PASSO AL GIORNO”, edito dalla Emi di Bologna, con l'introduzione di Venanzio Milani, raccoglie episodi e pensieri del fondatore, nato a Limone sul Garda, che possono arricchire e fondare una moderna spiritualità che si prefigge di abbracciare la vita della missione. Ormai l'esperienza sul campo non gli mancava e poteva permettersi qualche consiglio per i più giovani.

Mentre termino la stesura di queste note, affiora nella mia mente la testimonianza resa su di lui da parte di Mons. CESARE MAZZOLARI, già vescovo di Rumbeck, in Sudan, mentre lo sto accompagnando a casa a SAN VIGILIO di Concesio, una frazione del paese di Paolo VI, dopo una intervista che mi ha concesso per TELETUTTO:”Luciano è stato un grande”. Ci scambiamo così altre notizie ed informazioni su tanti altri di nostra comune conoscenza. Sono contento di essere riuscito a farlo parlare e fargli testimoniare alcune cose che gli stavano a cuore della sua Africa.

Peccato, perché poco dopo la fine inattesa, ce lo ha portato via anzitempo.

DANILO CASTAGNEDI IL TERZO ANCORA VIVENTE.

Anche lui, ormai, ultraottantenne. Si trova in una casa di cura di Milano, assistito dai suoi confratelli. E per un attimo lo abbiamo lasciato in disparte, per condurre a termine le storie degli altri due. Ma lo riprendiamo subito da dove lo avevamo lasciato. Cioè da quei momenti preziosi nei quali ci ha fatto conoscere persone giuste nel momento giusto, come si suol dire. Allora, per forza di cose, non ce ne rendevamo conto.

Erano i tempi dell'umanesimo e rinascimento studiati a scuola; erano gli spazi delle attese e delle prime assemblee conciliari, di cui leggevamo le cronache; erano i tempi del mito dei Kennedy, di Kruscev e delle sue bizzarrie, ma anche di Giovanni XXIII e della sua profetica indizione del Concilio Ecumenico Vaticano II; ed i sogni e le notizie interne ed estere si mescolavano e spingevano i nostri ideali in una direzione di apertura mentale e di atteggiamenti.

Era in questo clima che DANILO CASTAGNEDI, intelligente e previdente anticipatore, aveva introdotto nel nostro liceo gruppi di laici e laiche, giovani e donne, che provenivano dalle università; e da queste visite nacquero anche incontri e amicizie che continuarono anche dopo. L'importante allora era gettare il seme. Il frutto sarebbe venuto dopo. Questa era anche una chiaroveggenza peculiare, di Daniele Comboni, il grande missionario e fondatore dell'istituto, a cui si ispiravano i nostri comuni educatori.

Così le visite annuali dei padri ROMANO SCALFI e GEROLAMO MODESTO, a cui noi guardavamo come a due autentici campioni della fede, che si nutriva di cultura e di dialogo, con cui avevano posto le basi della grande rivista dal titolo RUSSIA CRISTIANA. La loro venuta era sempre sinonimo di animazione, di movimento, di benefico contagio, di idee nuove. Allora la sera ci si trovava e si dava vita ad incontri che risuonavano dei loro canti e dello loro potenti voci. “Gospodi Pomilui, Gospodi Pomilui, Gospodi Pomilui...”.

E poi la visione di films qualificati cui partecipavamo nella città di Lucca, dove era stato organizzato un cineforum di grande qualità per allora; tutto questo conferiva alla nostra formazione, che ben si intrecciava con la formazione religiosa e missionaria.

Infine, la sua poliedrica personalità era stata messa a servizio del bene comune degli altri: ancora prima nella Parrocchia del Buon Pastore, a Brescia, presso Viale Venezia, dove aveva trascorso alcuni anni e conosciuto una realtà diversa dal suo Veneto. Ma anche come intellettuale, dialogante e aperto, fuori dagli schemi, aveva prestato la sua penna e la sua cultura storica e letteraria, a servizio della rivista Nigrizia, per la quale collaborò alcuni anni lasciando anche in quella un segno ben preciso del suo stile, delle sue idee, non solo letterarie.

Quelle esperienze significative, per lui, ma anche per i lettori, confluirono poi in un bel volume nel quale ci fornisce una vivace galleria di personaggi, maschili e femminili, laici e religiosi, che offrirono parte o tutta la loro vita alla missione e alla difussione della Buona Notizia, Fu pubblicato dalla Emi di Bologna. E rimane un significativo Vademecum per laici e religiosi e volontari che vogliano prestare almeno una parte del loro tempo per significative esperienze di missione. Ne sa qualcosa anche padre Alex Zanotelli, con cui ha collaborato per aprire la rivista e nuove esperienze e contaminazioni per concepire in maniera nuova e moderna la missione della Chiesa.

Per tutti questi motivi alcuni laici, che sono stati suoi alunni in quel di Lucca e lo hanno conosciuto bene, gli hanno dedicato un piccolo opuscolo formato diario dal titolo STAGIONE D'AFRICA, PADRE DANILO CASTAGNEDI. Tengo per me una copia di questo prezioso ricordo che LUIGI MARTINELLI, di Pavia, MICHELE MARTINELLI di Lucca, e SALVATORE TASSETTO di Roma, gli hanno regalato per la Pasqua del 1997, poiché contiene una sua dedica a me indirizzata.

Ed è con l'inizio, di questa specie di diario, che mi piace concludere, perchè a me e a voi rivela sua convinzione intima:”Isiro, 12.5.'87:”E se dicessi che sono qui per scoprire me stesso più che l'anima africana? Chi può negare che il 75% di noi stessi ci è sconosciuto? ….Parlo della foresta senza conoscerla, ma tutti noi parliamo di cose che non conosciamo....E meno conosciamo realtà e più ci affatichiamo a parlarne; così fabbrichiamo mondi a nostra misura. ...Ma noi ci restiamo sconosciuti...La foresta obbedisce alla vita. Noi viviamo fuori ..... ”. (CARLO CASTELLINI)




Sabato 01 Dicembre,2012 Ore: 17:14
 
 
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