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Testimoni del nostro tempo
4o Anniversario della morte di Padre Aldo Bergamaschi

15 giugno 2011


p. Aldo Bergamaschi

La pace non è né una virtù né un dono di Dio, è un risultato. Se vuoi ottenerlo devi fare qualcosa d'altro. Se vuoi la pace devi ricercare e recidere le radici che generano la guerra. E le radici sono essenzialmente tre: gli Stati nazionali sovrani, la babele linguistica, la molteplicità delle religioni

 

 

PACE COME RISULTATO

Occorre far guerra - ossia contestare concettualmente - a tre modelli culturali che l’homo sapiens ha scambiato per “valori” e che si identificano con lo Stato nazionale sovrano, con la babele linguistica, con la molteplicità delle religioni. Kant le ha individuate per primo, ma essi affondano le loro radici nell’oscurità della psiche e della storia.

Qui iniziano le vere responsabilità della scuola in quanto opera pedagogica. Essa, più che guida al consenso istituzionale - mediante discipline galeotte come la lingua, la storia, la religione - dovrebbe trascendere ogni chiusura etnocentrica per attingere il livello della mondialità.

Per questo, opiniamo che i veri educatori del genere umano siano soltanto due: Socrate e Gesù Cristo. Il primo perché si è rifiutato di identificare le divinità venerate dalla polis con il vero Dio; il secondo perché ha chiesto all’uomo una (metànoia) (“rinascita”) che azzeri tutto il fenotipo - personale e collettivo - sedimentatosi nella psiche e nella storia.

Un cristiano del II secolo è l’autore della Lettera a Diogneto: “Per il cristiano ogni paese è patria; ogni patria è paese straniero”. A significare che lo Stato nazionale sovrano – sia pure grande come l’Impero Romano – è il nemico numero uno del secondo comandamento: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Gesù è venuto a chiudere l’epoca delle religioni – dichiarandone la crisi – per cui si vedono dei cristiani, non la loro religione. Una “novità esistenziale” che non conosce il cuscinetto della precettistica “religiosa”, ma l’attuazione immediata della Parola.

A chiunque vorrà continuare ad occuparsi delle Radici cristiane dell’Europa, ricordiamo che non può non tener presente la diagnosi crociana fatta in piena guerra (1942), con l’articolo-saggio dal titolo: Perché non possiamo non dirci cristiani. Benedetto Croce incomincia col dire che il cristianesimo è stato “la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta” tanto da apparire come un “miracolo” o una “rivelazione dall’alto”. Ma se il cristianesimo è “rivoluzione” non è “rivelazione”; come non è - precisa Croce - una tappa dello Spirito in senso hegeliano.

Fu, invece, “un processo storico come la più solenne delle crisi”; non quindi una tappa dello Spirito, ma una sua crea-zione. E la prima novità fu l’amore “verso tutti gli uomini, senza distinzione di genti e di classi, liberi e schiavi”.

Ma ecco subito le ombre. Questo nuovo atteggiamento morale si presenta in parte ravvolto “in miti, e cioè Regno di Dio, resurrezione dei morti, espiazione e redenzione che toglie i peccati dagli eletti al nuovo regno, grazia e predestinazione” e via dicendo, per cui, il cristianesimo come ogni opera d’arte, vale per ciò che ha di poetico e non per l’impoetico che vi si frammischia.

Per Benedetto Croce, era “naturale e necessario” che il cristianesimo avesse un respiro di riposo per darsi un assetto stabile. É questa la logica di tutte le istituzioni “storiche”, così “la Chiesa cristiana cattolica forgiò i suoi dogmi (…) i sacramenti, la gerarchia, la disciplina, il patrimonio terreno, il giure, ecc.”. E poi “ricostruisce su nuove spirituali fondamenta il cadente Impero di Roma”; e poi “incivilisce i Germani e altri barbari”; e poi “anima alla difesa contro l’Islam minaccioso della civiltà europea”; e poi afferma “a giusto titolo il suo diritto di dominio sul mondo intero quali che nel fatto fossero sovente le perversioni o le inversioni di questo diritto”.

Solo chi crede che il cristianesimo sia “rivelazione definitiva” può farsi critico nei confronti di quello “reale”. Croce invece, è indulgente nei confronti di quelli che sono i maggiori torti del cristianesimo reale - per noi dovuti alla sua caduta al rango di religione che tutto santifica, pur di dominare - e chiama in aiuto i momenti forti del pensiero occidentale per fare da correttivo a una rivoluzione imperfetta. A differenza di Croce noi non possiamo dirci “cristiani” perché abbiamo disatteso il Messaggio e abbiamo costretto la ragione a puntellare, con le sue povere spalle, le follie di una fede caduta al rango di religione. Per noi il correttivo è la metànoia o conversione al Logos, perché i logoi - religiosi o non religiosi che siano - possono sì avvistare le reciproche contraddizioni esistenziali, ma non possono risolverle perché, alla fine, tutti e due sono vittime di una cultura che affida alla violenza il progresso della storia.

Nessuno deve tentare di imporre la propria religione o la propria etica del mondo; ma dobbiamo chiedere la caduta (riassorbimento) degli Stati nazionali sovrani e contestualmente chiedere la costituzione di un governo mondiale unico, federale, democratico; dove gli eserciti decimati, potranno diventare forza di polizia. Avremo così, finalmente, anche la democrazia compiuta perché ogni gruppo umano potrà, in libertà, mostrare il proprio volto. E infine si potrà vedere a occhio nudo quale è il gruppo capace di risolvere, in pace, i problemi della convivenza.

p. Aldo Bergamaschi

 

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Luned́ 13 Giugno,2011 Ore: 19:42
 
 
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