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www.ildialogo.org Addio Ettore,a cura di Giuliano Ciampolini

Lutti
Addio Ettore

La solidarietà internazionale ha perso un grande amico, Ettore Masina


a cura di Giuliano Ciampolini

Addio Ettore
anche a Pistoia ti abbiamo stimato moltissimo e ti abbiamo voluto bene
(nel 1987 raccogliemmo diverse firme su una lettera inviata al PCI
a sostegno della tua candidatura nelle elezioni politiche, come indipendente di sinistra)
MASINA Ettore (4/9/1928) IX Leg. (Camera), X Leg. (Camera)
Giuliano
Immagine incorporata 1
Ettore Masina, fondatore della Rete Radié Resch che prese avvio dalla situazione palestinese nel 1964 (Radia Resch è il nome di una bambina Palestinese, morta di polmonite mentre era in attesa di una vera casa), a tutt'oggi rappresenta il punto di riferimento per tutta la rete che comprende gruppi attivi su tutto il territorio nazionale impegnati nella più svariate iniziative solidali verso e per il Sud del Mondo. "Mi rendevo conto, visitandoli, che essi avevano volti, sorrisi, lacrime, malattie, incapacità, virtù: non erano astrazioni. Erano creature e non si abituavano mai - come noi borghesi amavamo credere - alla fame, agli stenti, alle ingiustizie. Soffrivano come avremmo sofferto noi" (E.M.) Il lavoro della rete negli anni si è allargato comprendendo, oltre la Palestina, il Sud America ed ora il Centrafrica.
( reterr.it - rrrquarrata.it)
VEDI VIDEO su ETTORE MASINA in ricordo di cardinal ROMERO:
youtube.com
noisiamochiesa.org
29 giugno 2017
Ettore Masina in Paradiso incontrerà Radié Resch,
la bambina palestinese morta di freddo il cui nome è diventato quello della Rete di solidarietà attiva in Italia da 50 anni
di Raniero La Valle

Alla sera di martedì 27 giugno è morto a Roma Ettore Masina, un protagonista della storia dei cattolici e della Chiesa italiana durante e dopo il Concilio Vaticano II. Giornalista della carta stampata (“Il Popolo di Milano”, “Il Giorno”) e della RAI come informatore ed esperto di questioni religiose, ha sofferto dalla Chiesa (e dallo stesso Paolo VI di cui era amico) come molti cattolici della sua generazione a. causa di scelte coraggiose compiute nell’esercizio di un cristianesimo adulto, dal referendum sul divorzio all’ingresso in Parlamento nel gruppo della Sinistra Indipendente come eletto nelle liste del PCI.

Strenuo assertore nel suo impegno parlamentare delle ragioni della pace e di un internazionalismo maturo, ha lottato per i diritti della Palestina, che non ha mai dimenticato anche fuori e dopo la sua attività parlamentare. Alla Camera ha fatto parte del Gruppo Interparlamentare per la Pace (GIP), un gruppo interpartitico dai comunisti ai democristiani ai Verdi, ed ha avuto un ruolo determinante nel portare all’approvazione la legge sul commercio delle armi, ancora vigente nella forma elaborata da lui ma oggi largamente disattesa dal governo italiano che vende armi dappertutto, a cominciare dall’Arabia Saudita, con gravi ricadute nel terrorismo e nella conflittualità in Medio Oriente. È stato anche presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani.
Animatore di una vasta area di cattolicesimo “conciliare” e democratico, ha fondato e condotto per anni la Rete Radiè Resh (dal nome di una bambina palestinese morta di stenti) che ha stabilito un circuito di solidarietà permanente per interventi nei più svariati punti di tensione e di dolore nel mondo. Sempre sostenuto con intelligenza dalla moglie Clotilde e dai figli, Ettore Masina era una figura amata da molti.
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28 giugno 2017
La Palestina ha perso un grande amico, Ettore Masina.
di Patrizia Cecconi

Vi voglio raccontare di una bambina che si chiamava Radié Resh e che morì di freddo dopo che Israele le aveva demolito la casa. Dopo Stefano Rodotà, instancabile difensore dei principi costituzionali adottati e indicati come “via maestra”, ora ci ha lasciato Ettore Masina, cofondatore di RETE RADIE’ RESH. Era molto vecchio, è vero, ma non doveva morire.
Se volete leggermi vi racconterò quel che lui mi raccontò.

Lo conobbi di persona una dozzina di anni fa – grazie alla mia amica Normanna Albertini che ancora ringrazio – invitandolo a un’iniziativa sulla Palestina a NAZZANO, un paese della Sabina sensibile alla questione palestinese. Fu allora che mi raccontò due cose che voglio condividere con chi vorrà leggermi. Qualcuno già le sa, ma solo qualcuno.

Ettore Masina era un giornalista, un vaticanista per la precisione e non sapeva molto di Palestina, ma il suo amico Paul Gauthier, prete operaio – come capitava di essere “scandalosamente” verso la fine degli anni “60 – aveva scelto di vivere in Palestina accanto ai palestinesi e lo invitava ad andare per capire cosa significasse essere sotto il tallone israeliano.

Masina un giorno andò, andò al seguito di Paolo Vi che, detto per inciso, fu il primo papa ad andare in Palestina e a NON pronunciare mai la parola Israele. Scelse di entrare da Amman invece che da Tel Aviv e chi conosce il linguaggio della diplomazia sa cosa significano certi simboli. Del resto Paolo VI fu anche colui che riusci a far liberare dalle galere israeliane monsignor Capucci, altro grande vecchio che ci ha lasciato a gennaio.

Quando Masina andò in Palestina capì la falsità della narrazione israeliana e, tra le tante cose che lo turbarono, ci fu la morte “di freddo” di una bambina cui Israele aveva demolito la casa. Masina mi raccontò che la bambina si era ammalata di polmonite per la mancanza di un tetto per ripararsi dal freddo. Chi è stato in Palestina d’inverno sa che significa quel freddo anche dentro casa, figuriamoci tra gli stracci e i cartoni!

La piccola Radié Resh ormai, quando lui la conobbe, aveva la febbre altissima e delirava. Nel delirio immaginava di pulire i vetri della nuova casa che le istituzioni internazionali le avevano promesso. Sognava una casa con le finestre!

Aveva gli occhi lucidi Ettore Masina mentre mi raccontava questa storia, e io li ho a mia volta quando la ripeto. Ma poco dopo il suo viso s’indurì. Credo che anche il mio s’indurisca mentre racconto il seguito.

Dopo questa prima esperienza in Palestina, Masina tornò con una delegazione parlamentare che comprendeva i rappresentanti di tutti i partiti dell’arco costituzionale. La situazione che trovarono scosse tutti, e anche i meno simpatizzanti per i palestinesi ritennero opportuno convocare una conferenza stampa ufficiale in Parlamento per affrontare il problema,almeno dal punto di vista umanitario. Ma si sa, quando si parla di Palestina non c’è aspetto umanitario che non abbia connotazione politica, ed è normale che sia così e questo Israele lo sa bene e lo sanno bene i suoi vassalli.

Masina mi disse che i giornalisti accreditati in parlamento all’epoca erano 135. Di questi quanti credete che se ne presentarono? 50? 30? 10? No, non se ne presentò nemmeno uno! La longa manus israeliana sapeva bene come muoversi: davanti al crimine è meglio il silenzio, poi arriverà la narrazione addomesticata e quindi l’opinione pubblica verrà conformata a quanto narrato. I giornalisti, se vorranno far carriera, impareranno ad autocensurarsi e non ci sarà bisogno di imporre altre censure. Questo successe. Questo ancora succede.

Ettore Masina era un giornalista, poi un parlamentare. Pensò che si dovesse creare un’organizzazione libera che potesse portare la voce dell’oppresso a far conoscere la realtà, ché tanto i media avrebbero seguitato a portare la voce dell’oppressore. Così fondò, insieme al prete operaio Paul Gaulthier, la rete intestata alla bambina che morì sognando di pulire i vetri di una casa promessa e mai avuta.

Riposa in pace Ettore, l’infamia non è cessata ma Rete Radié Resh seguita il lavoro che tu hai iniziato.
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12 aprile 2016
Nei giorni scorsi si è svolto a Trevi (PG) il convegno nazionale biennale della Rete Radiè Resch sul tema delle grandi migrazioni.
Per chi possa interessare condivido su Facebook il testo del mio intervento.

TREVI (PERUGIA) 8-9-10 APRILE 2016
Migranti oltre l’accoglienza. Uomini e donne in viaggio verso l’inedito
26° convegno nazionale della Rete Radié Resch
Intervento di Ettore Masina

Care amiche, cari amici, questa volta Clotilde ed io non siamo proprio riusciti a evadere dalla nostra vecchiaia e dobbiamo perciò mandarvi da casa, per interposta persona, il nostro abbraccio e il nostro augurio di buon lavoro. A mitigare la nostra malinconia, c’è la gioia di sentire, ancora una volta, che il nostro stare insieme nella Rete, di persona o comunque in profonda consonanza, non è un atto celebrativo o folkloristico, non la convocazione di un’assemblea di cui verificare le dimensioni, ma l’espressione di un coraggioso progetto di lavoro al servizio della dignità dell’uomo, compromessa dalle “strutture del Male”.

È una scelta che abbiamo compiuta tanti anni fa (qualcuno di noi più di mezzo secolo!) e vi rimaniamo fedeli perché ci sottrae al pantano dell’egoismo e ci rende partecipi di una vicenda spesso dura e difficile ma anche ricca di luci, di poesia, di capacità creative. Ci rende infatti possibile camminare a fianco di chi deve continuamente lottare perché siano rispettati i suoi diritti. Non è buonismo, il nostro: è che nel cantiere del progresso umano tutto si tiene. In questi anni siamo andati comprendendo che la nostra libertà cresce soltanto quando cerchiamo di costruire una più reale libertà per i poveri che, lottando contro ogni oppressione, costruiscono la storia dei popoli, che è anche la nostra storia; abbiamo compreso che la giustizia che ardentemente desideriamo per noi e per i nostri figli cambia il mondo soltanto quando cerchiamo di diffonderla con generosa intelligenza, affrontando, se necessario, qualche rischio personale.

Questa constatazione è spesso posta in difficoltà dalla situazione che ci assedia: viviamo tempi e modalità travagliate da una crisi di dimensioni che a molti appaiono catastrofiche e forse irreversibili. Se ci guardiamo intorno ci è purtroppo facile rilevare che un cupo pessimismo si offre a chi dovrebbe compiere scelte importanti a tutti i livelli: un ambiente culturalmente devastato dalla diffusione di una ideologia velenosa, quella della speculazione finanziaria considerata fastigio della teoria capitalista; milioni di famiglie sono colpite da un astuto e crudele smantellamento delle strutture sociali conquistate in due secoli di lotte popolari; un apparentemente festoso cinismo mobilita grandi investimenti nel settore massmediatico al servizio della “antipolitica”, la quale, a sua volta, affida vere e proprie centrali di potere a una oligarchia ‘’borsistica’’, vera mafia parassitaria.

Dico questo non per sbandierare il consueto lamento sui mali del nostro tempo ma, al contrario, perché desidero esprimervi la mia soddisfazione nel vedere con quanto coraggio, saggezza e aderenza alle sue finalità, la Rete Radié Resch abbia, anche nel passato biennio, mobilitato le proprie forze intellettuali per diffondere fra i cittadini una cultura di base, soprattutto economica e costituzionale. La creazione di quelle che un tempo sarebbero state forse chiamate ‘’cattedre ambulanti”, cioè gli incontri non formali fra gruppi della Rete e studiosi di alto livello, hanno fornito a molti la conferma che non è vero che non ci siano alternative al vangelo consumista.

Questa soddisfazione nel vedere la Rete diventare centro di studi senza perdere la capacità di farsi presente anche dal punto di vista dell’aiuto economico solidale agli “empobrecidos’’ è – penso - il primo riconoscimento che meritate a conclusione di due anni di vita dell’associazione. Ma permettetemi ora di esprimervi un’altra raccomandazione che considero di estrema importanza. Voi avete scelto, come manifesto di questo convegno, la tragedia delle grandi migrazioni che connotano spietatamente il nostro tempo. Sono certo che dai lavori di questi giorni e dalle testimonianze che vi porteranno gli inviati di quelle che Papa Francesco definisce “immense periferie della storia’’, trarrete elementi di grande importanza.

Vi prego: ascoltando i racconti di questi amici che avete (che abbiamo) scelto come maestri, raccogliete le loro parole, i gemiti dei loro bambini, le angosce dei loro vecchi, e cercate di impedire che la loro odissea si trasformi in routine come spesso già appare nei discorsi dei politici che devastano ogni speranza alzando barriere di cemento, rotoli di filo spinato, mostruose “tendopoli” sulle rive di mari diventati cimiteri acquatici. Desidero dirvelo con l’umiltà di un anziano fratello, che più volte, vi ha portato notizie che i nostri giornali ‘’importanti’’ pubblicavano ben raramente mentre voi, le ponevate al centro della vostra attenzione.

Come molti di voi sanno, dunque, alcune scelte politiche e religiose mi hanno consentito (o forse dovrei dire costretto) a visitare una pluralità di campi profughi (dalla Palestina a El Salvador, dal Sud Sudan alla Somalia), in cui per anni e anni sono marciti e ancora marciscono interi popoli ai quali sembra che i grandi della politica mondiale, adesso, dopo tanti anni di vergognoso disinteresse, vogliano implicitamente negare non solo possibilità di sviluppo ma addirittura il diritto all’esistenza. Realtà terribili che non riesco (e, del resto, non voglio) dimenticare.

Ebbene: dobbiamo avere occhi per vederlo e orecchie per intenderlo: il pianeta Terra, o almeno la sua aristocrazia tecnologica, economica e militare, che negli anni scorsi si vantava di non tollerare più guerre, adesso sembra intenzionata a dar vita a un conflitto permanente di classe, di stampo nazista. Ai margini dello stadio politico mondiale non uno ma molti Donald Trump sembrano intenti a scaldarsi i muscoli. Un tempo amavano indossare le maschere del pudore, adesso i travestimenti non servono più: mi ricordo che da bambino mi capitava di ascoltare qualche volta una canzoncina che diceva ironicamente: “Tutto va ben, madama la marchesa…”. Forse possiamo cantarla ancora: il mercato delle armi continua a impennarsi, nuovi strumenti di morte vengono presentati come gioielli della tecnica, in America Latina generali e terratenientes ricominciano a ”sognare insieme” (“ah se quel Kissinger non avesse passato i 90 anni!”, le effimere “primavere arabe” difendono ora l’impiego di orrende torture sui prigionieri politici come se si trattasse di mettere in punizione un alunno).

Il Dio della Liberazione sembra diventato muto e immobile sulle spiagge di un Mar Rosso che non vuole più aprire alla Terra promessa. Sono ben certo che non è la mia vecchiaia a farmi parlare così: se ripercorro i ricordi delle mie ispezioni e li paragono alle statistiche di oggi (non solo quelle dei Signori della Guerra e della Pace, avvelenate dalla logica del predominio ma anche quelle ben più sincere del volontariato) sono costretto ad ammettere che molti anni sono passati invano (o peggio), che molta politica si è dedicata al benessere degli abbienti mentre cresceva l’assoluta inermità dei piccoli.

Penso soprattutto alla terribile devastazione dei bambini travolti nella tragedia: 750 morti annegati, bruciati, morti di fame: e alle migliaia di altri condannati a traumi di inenarrabile gravità: a una tristissima orfananza in seguito alla dissoluzione delle famiglie spezzate negli approdi mancati, a posti di blocco, incapaci di difendersi per mancanza di conoscenze linguistiche, minacciati dallo strapotere dei trafficanti di persone. (Ciò significa anche avvio alla prostituzione e alla turpitudine dei “pezzi umani di ricambio”, allo sfruttamento del lavoro infantile, quando non l’arruolamento in bande criminali o paramilitari).

Credevo di non poter sfuggire alla contemplazione di questo tsunami umano, ma oggi è ad una immagine ancor più devastante che si dirige la mia fantasia. Mi capita di ripensare a quelle disperate “crociate dei fanciulli”, in cui nel 1212, migliaia e migliaia di bambini e di ragazzi manipolati da falsi profeti scesero dalla Germania al Mediterraneo per “salvare” il Santo Sepolcro. Arrivati al porto di Marsiglia finirono, spariti per sempre, fatti schiavi dei negrieri. Storie tremende, dunque, ma che non devono farci dimenticare che uomini e donne di buona volontà vivono ancora fra noi o hanno lasciato memorie eroiche, che dovremmo essere capaci di raccogliere.

Voglio ricordare che in questo mese siamo chiamati a fare testimonianza della morte di poeti come Eduardo Galeano, di Ernesto Balducci, Tonino Bello e che proprio oggi, 9 aprile, ricorre il settantunesimo anniversario della atrocissima morte di Dietrich Bonhoeffer, inflittagli dai nazisti per avere partecipato a una congiura contro Hitler. Bonhoeffer criticava l’idea che una vita coerentemente cristiana dovesse comportare una fuga dal mondo e affermava che al credente fosse richiesto invece di misurarsi con la complicata realtà della storia e di entrare in essa. Il suo martirio ci indica la strada dell’impegno a fianco dei “dannati della Terra”.

Grazie, amiche e amici, perché fate anche quello che noi non riusciamo più a fare. Abbiamo bisogno della vostra forza, oggi più che in altri momenti della nostra storia. Come ha scritto un poeta brasiliano, voi fate “trasfusioni di luce” nel corpo esausto della speranza.



Venerdì 30 Giugno,2017 Ore: 19:10
 
 
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