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www.ildialogo.org E' morto il Cardinale Carlo Maria Martini,di Redazione

Lutti
E' morto il Cardinale Carlo Maria Martini

di Redazione

Il Cardinale Carlo Maria Martini, già vescovo di Milano, è morto. Le campane di Milano hanno suonato a lutto a lungo. E' una grave perdita per quanti nella Chiesa Cattolica e fuori di essa si battono per un ritorno delle chiese cristiane allo spirito originario dell'evangelo di Gesù di Nazareth.

Lo ricorderemo come un sincero amante del dialogo ecumenico ed interreligioso che ha saputo tessere pazientemente rapporti di amicizia e stima reciproca con credenti di tutte le religioni e con non credenti. L'ultima sua volontà è stata quella del rifiuto dell'accanimento terapeutico, un vero gesto di libertà.

Che il Dio della pace, dei poveri e dei diseredati, il Dio di Gesù, lo accolga nelle sue braccia amorevoli.

La redazione del sito www.ildialogo.org




Venerdì 31 Agosto,2012 Ore: 18:11
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 31/8/2012 19.19
Titolo:MARTINI E IL SOGNO DI UNA CHIESA NUOVA ...
Il cardinale Martini e il sogno deluso di una chiesa “nuova” *

- L’81enne Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, in una lunga intervista tira le somme di un’esistenza trascorsa nella costante ricerca di Dio e dentro la Chiesa, riflettendo su questioni profonde di fede, di etica, di società e di Chiesa. Proprio alla chiesa il cardinale Martini indirizza un accorato appello per una sua rapida e profonda riforma ed aggiunge che, in passato, “ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà ... Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa".

"Ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà, che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa che concede spazio alla gente che pensa più in là. Una Chiesa che dà coraggio, specialmente a chi si sente piccolo o peccatore. Una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa". Sono le parole del card. Carlo Maria Martini raccolte nei “Colloqui notturni a Gerusalemme", libro recentemente edito in Germania dalla casa editrice Herder.

L’81enne gesuita, già arcivescovo di Milano, tira le somme di un’esistenza trascorsa nella costante e travagliata ricerca di Dio, vissuta dentro la Chiesa. E confida queste riflessioni all’amico padre Georg Sporschill, anch’egli gesuita, in un testo che assume la forma del colloquio o dell’intervista. I 7 capitoli del volume affrontano questioni profonde di fede, di etica, di società e di Chiesa.

A quest’ultima Martini indirizza un accorato appello per una rapida e profonda riforma. Ad esempio, di fronte alla crisi vocazionale che investe la Chiesa cattolica soprattutto in Occidente, considera inefficaci le soluzioni proposte fino ad ora delle gerarchie. "La Chiesa dovrà farsi venire qualche idea", afferma, come ad esempio "la possibilità di ordinare viri probati" (uomini sposati ma di provata fede, ndr) o di riconsiderare il sacerdozio femminile, sul quale riconosce la lungimiranza delle Chiese protestanti.

Ricorda persino di aver incoraggiato questa posizione in un incontro con il primate anglicano George Carey: "Gli dissi di farsi coraggio - spiega Martini - che questa audacia poteva aiutare anche noi a valorizzare di più le donne e a capire come andare avanti".

Se le sue tesi sull’organizzazione della Chiesa appaiono già fortemente riformatrici, ancora più avanti guarda nell’affrontare i temi etici legati alla sessualità. Critica l’Humanae Vitae di Paolo VI sulla contraccezione, enciclica scritta "in solitudine" dal papa e che proponeva indicazioni poco lungimiranti.

"Questa solitudine decisionale a lungo termine non è stata una premessa positiva per trattare i temi della sessualità e della famiglia". Sarebbe opportuno, afferma, gettare "un nuovo sguardo" sull’argomento. La Bibbia, in definitiva, non condanna a priori né il sesso né l’omosessualità.

È la Chiesa, invece, che nella storia ha spesso dimostrato insensibilità nel giudizio della vita delle persone. Tra i miei conoscenti - ricorda ancora Martini - ci sono coppie omosessuali. Non mi è stato mai domandato né mi sarebbe venuto in mente di condannarli". Dunque la Chiesa, invece di educare il popolo di Dio alla libertà e alla "coscienza sensibile", ha preferito inculcare nel credente una dogmatica moralistica ed acritica.

Il contatto con le altre religioni, saggiato in prima persona durante il lungo soggiorno a Gerusalemme, ha rappresentato per Martini un punto di non ritorno, una scuola di vita e di fede. La ricerca di Dio in quelle terre - peraltro, come lui stesso afferma, estremamente travagliata ed attraversata spesso da lunghe ombre - costringe a ripensare il dialogo interreligioso perché, dice, "Dio non è cattolico", "Dio è al di là delle frontiere che vengono erette".

È l’uomo che sente la necessità di razionalizzare in apparati normativi e istituzionali la gestione del sacro.

In realtà, le istituzioni ecclesiastiche "ci servono nella vita, ma non dobbiamo confonderle con Dio, il cui cuore è sempre più largo". Incontrare e (perché no) pregare insieme all’amico di altra religione, dice, "non ti allontanerà dal cristianesimo, approfondirà al contrario il tuo essere cristiano". E invita: "Non aver paura dell’estraneo".

Il grande comandamento invita ad amare l’altro come se stessi. "Ama il tuo prossimo - afferma - perché è come te". Il "giusto" - e in questo caso Martini prende in prestito la II sura del Corano - è colui che "pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini".

* Articolo di Giampaolo Petrucci tratto da Adista n.41 del 31 Maggio 2008
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 31/8/2012 20.49
Titolo:RICORDANDO MARTINI, Una lettera aperta del 2005 ....
UN APPELLO PER LA PACE: UN NUOVO CONCILIO, SUBITO!

Caro Cardinale Martini

- “Era””, “è ”: GESU’, IL SALoMONE, IL PESCE (“Ixthus”),
- sempre libero dalle reti del Pastore-Pescatore (del IV sec.)!

di Federico La Sala *

Karol Wojtyla, il grande Giovanni Paolo II è morto! E se è vero che “il mondo - come ha detto il nuovo papa - viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”, è anche vero che nel IV secolo - con il ‘pallio’ ... di Roma, comincia “la grande politica” - muore il cristianesimo e nasce l’impero cattolico-romano. La religione ebraica diventa passato, archeologia, e la religione cattolico-romana diventa storia, presente e futuro. Contro ogni tentennamento, la “Dominus Jesus” non è stata scritta invano e la prima Omelia (24 aprile 2005) di Ratzinger - Benedetto XVI ha chiarito subito, senza mezzi termini, a tutti i fratelli e a tutte le sorelle, chi è il fratello maggiore (e chi sono - i fratelli maggiori)... chi è il nuovo Papa, e qual è la “nuova Gerusalemme”.

Per Ratzinger - BenedettoXVI non c’è nessun dubbio e nessun passo indietro da fare. Finalmente un passo avanti è stato fatto. Guardino pure i sudditi dell’Urbe, e dell’Orbi: il “distintivo” cattolico è qui! Ma Wojtyla? Giovanni Paolo II? La visita alla Sinagoga di Roma? Toaff? - La Sinagoga?! Toaff?! Gerusalemme?!: “Roma omnia vincit”, non Amor...! Rilegga l’Omelia (www.ildialogo.org/primopiano): la Chiesa cattolico-romana è viva, vince alla grande, im-mediaticamente! Rifletta almeno su questi “passaggi”:

"Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo [...] Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Invece di esporre un programma io vorrei semplicemente cercare di commentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto, rispecchiano anche esattamente ciò che viene proclamato nelle letture di oggi". "Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. [...]

"E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita - questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica magari in modo anche doloroso e così ci conduce a noi stessi. [...] In realtà il simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa.[...]. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore [...]. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”.

In verità, Nietzsche, uno dei tre grandi - con Marx e Freud - maestri del sospetto che stimava Gesù, ma nient’affatto il cattolicesimo - definito da lui, un platonismo per il popolo, l’aveva già detto - e anche in modo più profetico: “il deserto avanza. Guai a chi nasconde il deserto dentro di sé!” (Così parlò Zarathustra).

Cosa pensare? Che fare, intanto? Aspetterò. Sì! Aspetterò! Per amore di tutta la Terra e “per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come una lampada. Allora tutti i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria”(Isaia).

Federico La Sala

*www.ildialogo.org, Mercoledì, 27 aprile 2005
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 01/9/2012 11.47
Titolo:Chi è stato Carlo Maria Martini?
Un uomo di Dio

di Vito Mancuso (la Repubblica, 01.09.2012)

Chi è stato Carlo Maria Martini? Si può rispondere dicendo un cardinale per lungo tempo papabile, l’arcivescovo per oltre vent’anni di una delle più grandi diocesi del mondo, il presidente per un decennio del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Un biblista all’origine dell’edizione critica più accreditata a livello internazionale del Nuovo Testamento (The Greek New Testament), il rettore di due tra le più prestigiose istituzioni accademiche del mondo cattolico (Università Gregoriana e Istituto Biblico), un esperto predicatore di esercizi spirituali a ogni categoria di persone, un gesuita di quella gloriosa e discussa Compagnia di Gesù fondata da Ignazio di Loyola, un autore con una bibliografia sterminata in diverse lingue, e altre cose ancora.

Ma la risposta che coglie la peculiarità della sua persona si ottiene dicendo che fu un uomo di Dio. Il tratto essenziale della sua persona e del suo messaggio è tutto contenuto nel titolo del primo documento programmatico che egli indirizzò alla diocesi di Milano all’inizio del suo episcopato nel 1980: La dimensione contemplativa della vita.

A questo obiettivo egli ha educato con i suoi insegnamenti, e ancor più con tutta la sua persona, con la voce, lo sguardo, il portamento. Accostare Martini significava infatti intravedere quanto di più alto può dimorare nel petto di un uomo, ovvero l’intelligenza che serve incondizionatamente il bene e la giustizia e che non cessa mai, neppure di fronte alle assurdità e alle tragedie del vivere, di nutrire una singolare speranza nel senso e nella direzione della vita. Se l’espressione "nobiltà dello spirito", tanto cara a Meister Eckhart e a Thomas Mann, significa qualcosa, questo è il tentativo di descrivere l’esperienza suscitata dall’incontro con persone come Martini, profondamente uomini ma anche così diversi da ciò che è semplicemente umano, del tutto trasparenti ma non privi di silente mistero.

Martini è stato tra gli esponenti più significativi di ciò che viene solitamente definito cattolicesimo progressista, quell’ideale cioè di essere cristiani non contro, ma sempre e solo a favore della vita del mondo. In questo egli ha rappresentato uno dei frutti più belli del Concilio Vaticano II e di quella stagione che credeva nel rinnovamento della Chiesa in autentica fedeltà al Vangelo di Cristo, senza più nessun compromesso con il potere.

Ora che egli è morto, quella stagione si allontana sempre di più e si fanno sempre più rare, nel mondo cattolico italiano, le voci profetiche. Ma proprio a proposito di profezia, è necessario sottolineare la sua libera autodeterminazione di affrontate la morte in modo del tutto naturale, senza sondini nasogastrici o altri apparecchi del genere messi a disposizione dalla tecnica, nella piena fiducia di chi sa che sta per entrare in quella dimensione eterna che la fede chiama "casa del Padre".

Mi sia concesso infine un ricordo personale di colui che è stato il mio padre spirituale. Se io infatti iniziai a vivere seriamente la fede cristiana, fu prevalentemente a causa sua: in quanto vescovo della mia diocesi, egli faceva risplendere nella mia giovane mente di liceale l’ideale cristiano. Ciò che mi conquistò, fin dai suoi primi discorsi che leggevo o ascoltavo, fu il linguaggio. Prima ancora delle cose che diceva, ciò che catturava la mia giovane attenzione era il modo con cui le diceva, del tutto privo di retorica ecclesiastica ma al contempo così diverso rispetto al linguaggio quotidiano, un modo di parlare che sapeva far percepire un altro mondo senza essere "dell’altro mondo".

Le sue parole erano semplici ma severe, comprensibili ma profonde, elementari ma arcane, e soprattutto riferite sempre alle cose e alle situazioni, mai dette per se stesse, per far colpo sull’uditorio. Io ero poco più di un ragazzo e certamente allora non avrei saputo dire nulla delle caratteristiche del suo linguaggio, ma ne percepivo dentro di me l’autenticità esistenziale, avvertivo uno stile diverso, per nulla ecclesiastico ma non per questo privo di sacralità, anzi tale da farmi sentire che c’era veramente qualcosa di sacro nell’esistenza concreta degli uomini che andava servita con rettitudine, intelligenza e amore. E questo Carlo Maria Martini ha fatto, in fedeltà a Dio e agli uomini, per tutta la sua lunga vita.
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