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www.ildialogo.org ERA IL MAGGIO DELL'ANNO 1945, A TRIESTE, CITTA' LIBERATA DAI NAZI-FASCISTI,di Claudio Cossu

ERA IL MAGGIO DELL'ANNO 1945, A TRIESTE, CITTA' LIBERATA DAI NAZI-FASCISTI

di Claudio Cossu

Un uomo , dentro una grigia e sgualcita divisa si presentò, durante quell' "odoroso" mese di maggio dell'anno 1945 , alla porta dell'abitazione della mia famiglia e suonò il campanello, lungamente e con forza. Fuori, nelle strade , strani uomini armati, dalle divise oscure e quasi avvolti da bandoliere con mille e mille proiettili sfilavano orgogliosi, dando una dimostrazione di efficienza e di improvvisata autorità militare al governo della città occupata ma , comunque, liberata da fascisti e nazisti. Correvano voci di fucilazioni sommarie , processi del popolo e, tra gli arrestati  - dicevano -, non vi erano solo torturatori collaborazionisti, delatori e appartenenti alla Milizia Difesa territoriale, repubblichini tout-court.  Ma anche comuni ed ignari cittadini, abitanti nella città giuliana, oggetto di vendette personali o semplici rappresentanti di istituzioni durante la recente amministrazione nazista . O, peggio ancora, si vociferava, anche, di eliminazioni di antifascisti italiani, componenti del CLN,  considerati eventuali oppositori politici . Si aveva paura, una dannata paura di morte e di annientamento, che tutto copriva e serrava la gola, non lasciava respirare, in quei giorni di maggio, a Trieste . Una città terrorizzata, lo rammento bene, seppure bimbo di cinque anni, lo percepivo dagli sguardi dei miei genitori, sgomenti e confusi, lo sentivo dalla tensione delle loro mani, dai brividi e dai tremori  che pervadevano le loro carezze. Ed uno di quegli stranieri, di quei barbari invasori , ora stava proprio dietro l'uscio di casa nostra, lo vedevo dal "cucherle", alto, imponente, con una strana bustina come copricapo, recante una stella rossa ed aveva , pure, un mitra a "tracolla". Nel contesto del comune panico che afferrò i miei familiari, la zia Giannina, una sarda alta ed asciutta , a cui ero molto affezionato, con fredda ma lucida determinazione riuscì a dominare i propri scomposti sentimenti e prese la solenne decisione. Sarebbe andata lei, sì proprio lei, ed avrebbe affrontato da sola, con la sua persona, lo strano e sgradito ospite. Il militare , in realtà un giovane di circa venticinque anni, veniva da Lubiana e si scusò, nel suo stentato ma comprensibile italiano, del disturbo che ci arrecava, con fare vagamente timido ed impacciato. Voleva sapere dove avrebbe potuto trovare la famiglia" K"., triestini di madrelingua slovena, che abitavano due numeri civici prima del nostro . Una semplice, cortese, richiesta di informazioni , da parte di un soldato comprensibilmente spaesato, in una terra che sentiva, per lo più, ostile. Ottenuta l'indicazione, il giovane ringraziò , con fare di chiara estrazione asburgica e concluse l'incontro con un cenno di rispettoso saluto militare nei confronti della zia. La tensione si liquefò d'incanto, i miei familiari rimasero sorpresi ma pienamente rinfrancati, liberati da un vero incubo.  Era arrivato l'invasore , ma non era successo nulla di irreparabile, nulla di quello che si raccontava in giro, si vociferava , a bassa voce o si diceva , con timorosi sussurri. Nessun interrogatorio, nessuna confessione estorta con la violenza del vincitore, nessun sopruso.   Era il maggio dell'anno 1945, un mese vissuto male, con terrore e turbamento inconsulto da noi, come da molti triestini, un mese "odoroso" di fiori d'acacia, un mese primaverile, come tanti altri mesi della più dolce stagione dell'anno, la primavera. Ma tutti, o quasi, lo vissero con inconsueto e ingiustificato terrore.  La reminiscenza di quel fatto, sia pure di natura personale, di quei giorni così colmi di tensione mi torna ancora , talvolta , alla mente, costituendo una "clavis memoriae" e mi induce alla riflessione. Non voglio che sopraggiunga l'oblio , non lo desidero certo . Perchè ricordare un semplice (in apparenza) fatto, un accadimento, può costituire una tessera , in un contesto musivo di emersione della memoria, in un processo di ricostruzione del tempo trascorso, dei fatti occorsi a noi ed alla nostra città, una verità fattuale, lontana da miti collettivi, dall'immaginario . Significa esplorare il passato, recuperarlo per rivivere eventi ed emozioni , ma  senza deformazioni,  mitizzazioni o mistificazioni. E' un pezzo di storia ricostruita, che va conservata e tramandata. Come faccio io ora.  Era un " odoroso" mese di maggio, anche quello dell'anno 1945...un mese di primavera, come tanti altri...Ma vissuto male da molti miei concittadini, con troppo, intenso disagio, quasi con orrore. Lo ricordo bene e lo voglio rappresentare , con quel semplice ma simbolico fatto, così, come appare ancora ai miei occhi, senza veli o distorsioni .

CLAUDIO COSSU -TRIESTE




Martedì 02 Dicembre,2014 Ore: 18:42
 
 
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