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www.ildialogo.org BRESCIA RICORDA E RIVIVE I 40 ANNI DELLA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA,di Carlo Castellini

BRESCIA RICORDA E RIVIVE I 40 ANNI DELLA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA

di Carlo Castellini

LE MANIFESTAZIONI, I RICORDI DEI TESTIMONI IL TESTO DEL DISCORSO UFFICIALE DI ARNALDO TREBESCHI, FRATELLO DI ALBERTO, UCCISO IL 28 MAGGIO 1974, (COMMENTO DI CARLO CASTELLINI).


Ero rimasto praticamente solo quella mattina, all'interno della sede del giornale, che era allora sita in via Volta, 179, a Brescia, nell'ufficio degli stenografi (allora si chiamavano dimafonisti) per ricevere eventuali testimonianze e dichiarazioni; poiché i giornalisti e redattori, all'improvviso scoppio della bomba, erano sciamati tutti alla ricerca di qualche testimonianza chiave per documentare in maniera efficace, quella strage di marca fascista.
BRESCIAOGGI era già uscito per l'edizione normale del mattino di quel 28 maggio 1974. Tra alcune ore la redazione e tutti i locali del quotidiano si sarebbero riempiti di giornalisti delle piu' accreditate testate lombarde, ma anche di altre regioni. Poi il pomeriggio, sarebbe uscito in edizione straordinaria, con le prime foto ufficiali di SILVANO CINELLI, allora fotografo ufficiale del
quotidiano di Via Volta, ma non solo.
E dopo l'esperimento del NUMERO ZERO, sarebbe uscito ufficialmente l'11 APRILE DEL 1974, dopo che la pubblicità sui muri della città aveva avvisati i cittadini bresciani che ora potevano scegliere:”Bresciaoggi – così recitava - “ora i Bresciani possono scegliere”. Una copia arrotolata, con il nome della testata in bella evidenza, e con la grafica di RENATO BORSONI e UBALDO MUTTI, sotto uno stormo di rondinelle, emblema del Brescia, che ad ali spiegate, come frecce tricolori, avvisavano i Bresciani del lieto evento.
E di evento si doveva parlare perchè questo giornale appena neo-nato,non aveva ancora un mese e mezzo di vita, al momento della strage. Ma già gli Erode di turno ed i suoi sicari, si erano organizzati, per uccidere ancora nella culla il neonato giornale. Con la sua nascita infatti aveva interrotto i sonni tranquilli di un lungo monopolio dell'informazione tenuto dal GIORNALE DI BRESCIA, durato circa trent'anni, perchè nato nell'aprile del 1945, all'indomani della seconda guerra mondiale, a firma del direttore LEONZIO FORESTI.
Questa testata che si rivolgeva essenzialmente ad un pubblico di lettori clerico – moderato, aveva occupato, nel bene e nel male tutti gli spazi dell'informazione quotidiana, della pubblicità, e dei sostenitori economici, e raccolto una schiera di collaboratori locali e della provincia, con i quali non temeva nessuna forma di concorrenza, culturale, organizzativa ed economica.
In questo contesto, vanno ricordati e non mistificati, alcuni fatti di cui sono stato testimone diretto e indiretto, e che rendono testimonianza del clima di frattura che avveniva dentro il GIORNALE DI BRSCIA. Quando, alcuni giornalisti avevano deciso di tentare l'avventura di fondare un giornale diverso, con l'intento di distinguersi, nei linguaggi, e nelle scelte politiche, culturali e sociali, che il giornale conservatore non riusciva più a creare.
Fu così che un gruppo di professionisti come GIORGIO PIGLIA, VENIERO PORRETTI, ODOARDO RIZZOTTI, ALDO BORTA SCHIANNINI, GIANNI ESPOSTO, ENRICO MORESCHI, decisero di prendere il volo e di imprimere
una nuova linfa nell'informazione stagnante di una cultura
dominante, che non riusciva a rappresentare tutte le componenti laiche della società italiana e bresciana.
Gli inizi non furono facili per nessuno, però il tentativo stava per riuscire, fino a quando i sostenitori economici della testata, di allora LUIGI LUCCHINI, ADAMO PASOTTI, EVARISTO GNUTTI, GIACINTO BECCHETTI, ritirarono il loro appoggio, da quando la redazione convinta della sua scelta, stava per prendere convinta la propria strada. La testata fu così costretta a dichiarare fallimento. Ma tanti giovani collaboratori e una spinta ideale di tanti, difesero il proprio posto di lavoro a prezzo di tanti sacrifici, che i giovani di oggi non conoscono, perchè nessuno glieli ha raccontati.
Ma questi sono solo alcuni dei ricordi, i quali almeno in parte, sono stati riassunti e commentati dal bel servizio – ricordo dell'emittente TELETUTTO, di Nunzia Vallini, direttrice della testata, che ha ascoltato le voci e i ricordi di tanti testimoni che erano presenti alla manifestazione sindacale di quella giornata. Questi avevano raccolto il pressante invito di FRANCO CASTREZZATI, sindacalista della CISL, (presente anche l'on. ADELIO TERRAROLI DEL Pci), che con grande padronanza e sangue freddo, aveva invitato i presenti con “STATE FERMI! STATE FERMI”. Perchè un movimento caotico della massa dei presenti avrebbe potuto provocare una strage ben più grande di quella che stava avvenendo sotto gli occhi di tutti.....Mentre la polvere della bomba grigio-azzurra, non si era ancora del tutto dissolta....Ora è ancora presente come testimone eccellente di quella tragica giornata, insieme a CESARE TREBESCHI, già apprezzato sindaco di BRESCIA.
Molti testimoni, diretti e indiretti sono già morti, ma a tenere viva la speranza e la memoria sono ancora presenti in prima linea quel MANLIO MILANI, che nella strage ha perso la moglie LIVIA BOTTARDI MILANI, ed ora è PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE DEI FAMIGLIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE E PRESIDENTE DELLA CASA DELLA MEMORIA. In questi anni ha tenuto viva la memoria, raccogliendo una quantità significativa di documenti, interviste, fotografie, testimonianze, libri che hanno trovato adeguata collocazione in questa associazione, che è divenuta il punto di riferimento di scuole, ricercatori, giornalisti e scrittori: tra questi mi piace ricordare ITALIA BRONTESI, che con GIULIANA BALLETTI, CORRADO PONZELLI, erano presenti nei momenti più difficili degli inizi; e la seconda BENEDETTA TOBAGI, FIGLIA DI WALTER TOBAGI. Questa è stata anche ricordata nella bella testimonianza resa da REDENTO PERONI, presente alla manifestazione e scampato quasi per miracolo alla strage; perchè una mano amica lo aveva distratto e tratto un poco più distante dalla colonna dove era stato posto l'ordigno omicida.
Nella manifestazione - testimonianza al VILLAGGIO SERENO, E ORGANIZZATA DALL'ASSOCIAZIONE CULTURALE TOPI DI BIBLIOTECA, il 29 MAGGIO 2014, DI QUESTO ANNO, gli attori lettori DANIELE SQUASSINA E ANGELA CASTIONI, hanno letto alcuni brani significativi del libro di BENEDETTA TOBAGI, “UNA STELLA INCORONATA DI BUIO”, EINAUDI EDITORE, 2013. Tali brani hanno reso una testimonianza calda e tangibile dei momenti creati dalla strategia della tensione e della strage di Piazza Loggia, ma anche di altre stragi.
Ma Piazza LOGGIA, quest'anno, era piena di giovani, era colorita e gioiosa: sia per la presenza di tante corone di fiori, di giovani operai, insegnanti, semplici cittadini; si avvertiva in maniera tangibile una voglia di vivere, c'era un brulichio di vita,, un desiderio di quotidianità e di normalità. Che per i Bresciani non significa rinuncia alla ricerca della verità che ancora rimane disattesa. Questo ha voluto rendere visibile la presenza dei tre sindaci di BOLOGNA, MILANO E BRESCIA, Giuliano Pisapia, Emilio del Bono.
Infine la bella sintesi di ARNALDO TREBESCHI, nella strage ha perso il fratello ALBERTO TREBESCHI, ricercatore); nel suo discorso di quattro paginette, fa il punto della situazione giuridica e processuale dei vari momenti e verdetti emessi dai giudici della strage. Ora il quarto atto, ancora tutto da scrivere, passa da BRESCIA A MILANO, e dovrebbe nelle intenzioni dell'oratore ufficiale, emettere un giudizio definitivo, su esecutori materiali e mandanti morali di questa impunita strage. (CARLO CASTELLINI)
IN RICORDO DELLE VITTIME DELLA STRAGE DEL 28 MAGGIO 1974:
LIVIA BOTTARDI MILANI,
GIULIETTA BANZI BAZOLI,
CLEMENTINA CALZARI TREBESCHI,
LUIGI PINTO,
ALBERTO TREBESCHI, (TUTTI INSEGNANTI);
EUPLO NATALI,
BARTOLOMEO TALENTI
VITTORIO ZAMBARDA.

Discorso di Arnaldo Trebeschi

Quarant’anni. Sono ormai quarant’anni che veniamo in questa piazza, in questo giorno; ci veniamo perché è importante la presenza. E oggi sono presenti Virginio Merola sindaco di Bologna e Giuliano Pisapia sindaco di Milano. Città lacerate dalle stragi, città che, come la nostra, in un momento tragico, si sono sollevate contro una lugubre lurida ombra, e hanno dato la dimostrazione della forza dello spirito democratico e rivendicata la profondità morale e umana della vita civile.
=== I cuori si sono riempiti di rabbia, di rabbia civile e politica, di commozione, di sofferenza, di disperazione e di coraggio e si è manifestato uno stato d’animo, un sentimento che non è germogliato solamente nel cuore di chi era in piazza il 28 maggio 1974, di chi ha visto una città stravolta e ferita, di chi è accorso ai funerali da ogni parte d’Italia, di chi ha coperto di fiori la strada verso il cimitero, ma, nel trascorrere degli anni in tutte le persone, che pur non essendo state allora fisicamente presenti, hanno profondamente avvertito l’esigenza di difendere la vita democratica.
E penso soprattutto ai giovani, alle nuove generazioni, alle quali è affidata la speranza che attentamente vigilino e operino perché si possa vivere senza lo spettro dalla violenza eversiva e si consolidi la democrazia che è una realtà mai acquisita definitivamente ma ogni giorno va tenuta vitale e difesa con coraggio.
E questa speranza non è un formale e superficiale atteggiamento, ma una necessità che proviene da una concreta preoccupazione come ci è fortemente indicato dalla ignobile devastazione del 26 maggio della sede della associazione partigiani di via Campo Fiera alla quale esprimo tutta la mia solidarietà e sono certo anche di tutti gli amici dell’ANPI, con un commosso ricordo del partigiano Lino Pedroni.
Un sentimento profondo, intimo al punto che fatica ad esternarsi nelle forme della ufficialità e che non ha bisogno di parole. Ricordo le lacrime silenziose di mio padre e di mia madre che mi hanno insegnato la dignità nel dolore.
=== L’avvicinarsi del 28 maggio, nell ricordo di quel momento in cui uno sente svanire la propria umanità perché non è più capace di pensare, di capire che cosa li intorno stia accadendo e subentra smarrimento, sconforto, disperazione …. e poi le manifestazioni e le cerimonie che in me non leniscono, ma acuiscono la sofferenza … tutto ciò ha provocato sempre in me un senso di malessere, di disagio, che mi ha portato al silenzio per 40 anni, ma in questi ultimi tempi sono emerse nuove risultanze che impongono, rispetto al passato, una vera radicale svolta nel valutare. I responsabili della strage non sono più ignoti. E’ per questo che oggi per la prima volta parlo.
E voglio allora ricordare quel “.. a Milano..” pronunciato da Franco Castrezzati, interrotto dallo scoppio della bomba : a Brescia come altrove, stavano accadendo azioni di violenza terroristica.
Nel processo a carico di Cesare Ferri la Corte d’Assise di Brescia (con sentenza 23 maggio 87) ha giudizialmente accertato che nella primavera del 74 (dal 13 marzo al 10 maggio) gruppi eversivi avevano eseguito cinque attentati (pag. 394). La notte tra il 18 ed il 19 maggio in piazza del mercato Silvio Ferrari veniva dilaniato da un ordigno che lui stesso trasportava sulla pedana di una vespa.
Il Comitato Permanente Antifascista e le segreterie provinciali del Sindacato Unitario CGIL CISL e UIL indicono la manifestazione. Poi la strage.
Commozione infinita, generale, e subito desiderio e urgenza di sapere, di conoscere esecutori, mandanti e finanziatori di questo orrendo crimine.
Non emergevano sicuri, incontrovertibili dati di fatto sui quali formare ed ottenere certezza, ma la volontà di sapere e capire era talmente pressante e forte che, pur in assenza di elementi fondamentali di certezza giudiziaria, si teorizzavano situazioni e scenari storici e politici.
Poteva così nascere la presunzione di conoscere la verità, parafrasando e banalizzando la nota affermazione di Pasolini: Io so. Ma non ho le prove.
Le congetture, per non rimanere tali, necessitano di prove inconfutabili e necessitano di un ancoraggio al reale, non di superarlo per un sacrosanto anelito di giustizia. Questa osservazione critica, l’ho sempre espressa molto sommessamente perché se strumentalizzata avrebbe potuto dare corpo a qualche torbida tesi o speculazione.
Irragionevole era, in ogni modo, il desiderio della politicizzazione dei processi. Si lamentava che nel lavoro della magistratura non apparisse mai la definizione di “strage fascista”.
Ne nasceva, al di fuori delle aule giudiziarie, una vasta gamma di tesi: da quelle riduttive, che confinavano a livello locale esecutori e mandanti, a quelle che si estendevano fino ad interessare i servizi segreti deviati, i servizi segreti dell’est e quelli di oltre oceano.
La situazione generale è diventata così, senza prove, quella di una confusione totale; uno stato di tensione nel quale qualcuno poteva anche arrogarsi il diritto di dire tutto ed il contrario di tutto dimenticando che, se non si conoscono con esattezza probatoria gli esecutori, risulta impossibile conoscere i mandanti e gli ideatori.
All’interno di questo inconcludente magma conoscitivo, la speranza-pretesa di individuare, comunque, le modalità esecutive e l’organizzazione strategica e politica che aveva operato e i fini che si era proposta, ha dato spazio anche al manifestarsi di forme di protagonismo. Bisogna invece ringraziare le tante persone delle istituzioni, e soprattutto gli insegnanti nelle scuole e tutti coloro che, lontani da ambizioni personali, si sono prodigati per far conoscere e trasmettere alle nuove generazioni non un semplice ricordo ma un ricordo denso di domande sostenute da una coscienza critica. Va però detto che sono fiorite anche ipotesi fantasiose sulle quali si sono basati libri, articoli di giornalisti e opinionisti, si sono organizzate tavole rotonde, dibattiti, discorsi e cerimonie. Sempre assente la fondamentale verità giudiziaria quale primo indispensabile pilastro per conseguire, poi, la verità storica e politica.
Dobbiamo essere grati a quelle persone, in verità poche, che in questo clima, anche se non sempre molto ascoltate, hanno saputo indicare corretti comportamenti e giuste valutazioni dei fatti.
Ne ricordo una per tutte, Marco Ramat, uno dei membri del direttivo del Centro per la riforma dello stato, che sin dal 1982, pur sentendo e dichiarando la volontà morale di dover arrivare a conoscere esecutori, finanziatori, trame, coperture, avvertiva che l’ansia di verità non doveva prestarsi a valutazioni infondate e fuorvianti, per il pericolo di costruire un processo a tesi e quindi viziato all’origine e non consono all’accertamento della verità.
Al coraggio, all’onestà intellettuale di queste persone dobbiamo riconoscenza e un profondo grazie.
Però, nonostante tutto, oggi noi qualcosa di vero possiamo conoscere. Quelle montagne di carte giudiziali, quei documenti di prova non si sono accumulati invano. Per loro mezzo ora conosciamo i responsabili della strage. Basta voler leggere questi documenti e avere la pazienza di farlo.
Ogni anno questa piazza si riempie perché ci sentiamo vicini a quegli otto morti e ai 100 feriti e sappiamo che erano in piazza come lo siamo noi ora per testimoniare il rifiuto della violenza eversiva. Erano persone normali, rifiuterebbero ogni idealizzazione, penso proprio che la riterrebbero un indebito affronto.
Erano persone normali, unite da valori, e ideali, che per essere conquistati hanno visto il sacrificio di generazioni. Come i giovani morti nella resistenza ricordati anche qui, a pochi passi, da una lapide in Piazza Rovetta : uomini e donne libere che non hanno avuto paura, o che, forse, con paura hanno comunque scelto da che parte stare. Noi tutti sappiamo che la società civile non esiterà a tornare in piazza, anche in questa stessa piazza perché quei valori sono più forti della paura e della indifferenza.
Giulietta Banzi, Liva Bottardi, Clementina Calzari, Euplo Natali, Vittorio Zambarda, Alberto Trebeschi, Bartolomeo Talenti, Luigi Pinto, i loro familiari, quei 100 feriti, i magistrati che hanno accertato i responsabili della strage e noi che da 40 anni veniamo in questa piazza meritano e meritiamo un momento di verità.
Ora siamo in grado di avvicinarci al 28 maggio sapendo qualche cosa di vero, non tutta la verità, ma alcuni elementi sicuri sono a nostra disposizione.
Da più parti, sia pure tardivamente, si plaude alla indispensabilità della certezza giudiziaria. Finalmente non siamo più soltanto in pochi a sostenerla e saperlo mi conforta.
Due sono gli eventi giudiziari che dopo tanta nebbia portano alla verità: il processo di primo grado (sentenza 16 novembre 2010) e la sentenza della Corte d’Appello (del 14 aprile 2012). Entrambi i procedimenti assolvono gli imputati. Su questo presupposto si basano le dichiarazioni che non ci sono i colpevoli e che si deve cercare la verità.
Ma questa è una inaccettabile insulsa superficialità di coloro che non hanno la pazienza di leggere ma hanno fretta di parlare. La cosa curiosa è che quando non si conosceva la verità si affermava di conoscerla, ora che la si conosce si afferma che la si deve cercare.
In realtà nella requisitoria dei Pubblici Ministeri nel processo di primo grado chiuso con sentenza della Corte d’Assise di Brescia del 16 novembre 2010 si può conoscere la strategia della tensione e delle stragi non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, in modo completo: è descritta in migliaia di pagine, con dovizia di particolari e collegamenti, con l’individuazione e l’accertamento di nomi e cognomi di responsabili di attentati, di associazioni criminali eversive. A queste pagine non occorre aggiungerne altre, soprattutto non occorrono ulteriori dietrologie se non si vuole offrire un pessimo servizio a chi vuole sapere, rendendo più fumoso e oscuro il quadro dell’eversione.
Se si vuole davvero conoscere quanto è successo e l’ambiente nel quale si è originata la strage con interesse non superficiale, non di facciata, non sprechiamo tempo ed energie: leggiamo invece umilmente queste pagine che forniscono documenti e non fantasticherie.
E ora possiamo e dobbiamo dire di sapere chi sono i responsabili e l’origine politica della strage. Nella sentenza della Corte d’Assise d’Appello del 14 aprile 2012, le motivazioni, su alcuni punti fondamentali, sono assai precise e circostanziate; in esse risulta chiaramente provata la responsabilità della strage di tre persone da tempo decedute e quindi non passibili di pena.
Tre persone controverse: Ermanno Buzzi, Marcello Soffiati e Carlo Digilio. Tre persone delle quali è stata accertata l’appartenenza ideologica ed operativa al gruppo eversivo di destra, Ordine Nuovo, gruppo fascista operante nel Veneto sotto la direzione e alle dipendenze di Carlo Maria Maggi, con collegamenti nel territorio nazionale.
Ermanno Buzzi, ha agito come supporto logistico locale e la sua appartenenza a Ordine Nuovo (pag. 387) e la sua partecipazione nell’esecuzione della strage è stata accertata dall’ultima e definitiva decisione giudiziaria pronunciata nei suoi confronti dalla sentenza della Corte d’Assisi di Venezia del 19 aprile 1985 (pag. 396 e 397 motivazione sentenza d’appello 14 aprile 12).
Questa circostanza conferma che l’ indagine del primo processo, nonostante i depistaggi, aveva individuato parte della verità. Non possiamo dimenticarlo.
Poi sappiamo che Buzzi, condannato all’ergastolo in primo grado, è stato assassinato nel carcere di Novara il 13 aprile 81 da due feroci fascisti, Tuti e Concutelli, che hanno falsamente affermato di averlo ucciso perché era un confidente delle forze dell’ordine, ma, in realtà, lo hanno ucciso per tappargli la bocca, soprattutto in seguito all’affermazione dello stesso Buzzi quando disse che nel processo di appello avrebbe detto i nomi degli esecutori della strage. Questo omicidio è una seconda conferma che nell’ambiente della destra eversiva si sapeva della partecipazione di Buzzi alla strage e quindi della sua conoscenza degli altri esecutori e soprattutto della reale possibilità di essere smascherati dalle sue dichiarazioni.
Per Marcello Soffiati, che teneva stretti rapporti con Maggi (pag. 365), è stata accertata la disponibilità a conservare e movimentare armi ed esplosivi in favore di Ordine Nuovo (pagg. 366 - 367). Con ogni probabilità è stato Soffiati a trasportare l’esplosivo da Venezia a Brescia (pag. 484).
Carlo Digilio era stabilmente inserito nella struttura delinquenziale del gruppo Ordine Nuovo di Venezia-Mestre, struttura sicuramente controllata dal numero uno Maggi (pag. 109). Nelle sue infinite dichiarazioni, frequentemente contraddittorie e menzognere (pag. 364) volte a depistare le indagini, Digilio, ha lasciato che venissero alla luce, come le chiama la sentenza, delle “schegge di verità” (pag. 464- 465). Ha dichiarato che doveva essere lui, Digilio, a ritirare la valigetta (pag. 466) cioè a prelevare l’esplosivo nel deposito presso la trattoria Scalinetto di Venezia (pag 472).
In sostanza, la requisitoria dei Pubblici Ministeri nel processo di primo grado e le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello costituiscono gli unici veri strumenti di conoscenza concreta e reale di cui attualmente disponiamo. Strumenti che, anche se non esauriscono tutta la verità, con assoluta precisione mettono in luce la sua parte essenziale individuando gli esecutori della strage.
Ora non possiamo più dire che si deve cercare la verità, dobbiamo invece dire che la sua parte fondamentale e cioè gli esecutori della strage e l’ambiente politico al quale appartengono è conosciuta. Ma dobbiamo approfondire perché permane il problema Maurizio Tramonte e Carlo Maggi.
Il rapporto gerarchico tra Maggi ed il gruppo nel quale operano anche Digilio, Soffiati, Buzzi e Tramonte è testimoniato più volte, in vari resoconti di riunioni segrete con finalità eversive. Maggi è il numero uno, è l’ideologo veneto che ha stretti rapporti con i capi nazionali del fascismo; gli altri sono esecutori dei suoi ordini.
Il prelievo di Digilio dell’esplosivo destinato alla strage di Brescia avviene presso il deposito allo Scalinetto, un deposito in comproprietà di Maggi e del suo subalterno Digilio.
Non è convincente che il ritiro di Digilio possa essere avvenuto a insaputa di Maggi; suscita sospetto che tale prelievo non abbia destato in Maggi sorpresa, risentimento per non essere stato avvertito, per non essergli stata richiesta autorizzazione, insomma per una inaccettabile insubordinazione. Da parte di Maggi nessuna richiesta di spiegazioni. Non sarebbe più probabile che il Maggi fosse il mandante e che Tramonte avesse fattivamente partecipato all’ esecuzione della strage ?
Questo convincimento, anche se la sentenza lo esclude (pag. 483) è il punto fondamentale per il quale si è fatto ricorso in Cassazione.
Il ricorso è stato accolto e le motivazione depositate il 15 aprile 2014 indicano i criteri ai quali dovrà attenersi il nuovo giudice nel valutare gli indizi : in modo “non atomistico (pag. 67-68 n 45)” “ non frammentario (pag. 8 n 5)” cioè non uno per uno avulso dalla collaborazione degli altri indizi, ma in modo organico.
La Corte di Cassazione consente l’approfondimento di quanto logici indizi fanno ritenere.
Sono dalla parte di chi chiede una compiuta verità, ma decisamente contrario a coloro che pur chiedendo verità affermano che non ci sono, che non si conoscono i colpevoli e sembrano dimenticare o trascurare che la parte principale della verità, senza la quale nulla è certo, cioè i nomi degli esecutori, è invece finalmente nota.
D’altra parte se ci si chiede perché ha senso il lavoro della Corte di Cassazione e perché avrà senso quello che seguirà presso la Corte d’Appello di Milano troviamo una sola risposta : solo perché è stata accertata la responsabilità degli esecutori Digilio, Soffiati e Buzzi altrimenti non sarebbe possibile alcun approfondimento.
Lontani da pregiudiziale colpevolismo vedremo se verranno raggiunte altre certezze giudiziarie. Forse, viste le novità sul problema del segreto di stato, sapremo qualche cosa in più, forse sui servitori infedeli dello stato, speriamo che ad occuparsene non siano ancora una volta i romanzieri, ma, prima e presto, i giudici di Milano, e gli storici.
Ora conosciamo gli esecutori della strage e la loro appartenenza politica, soltanto ora, possiamo dire con certezza che la strage del 28 maggio 74 di Piazza della Loggia è una strage fascista. Essa non ammette, come qualcuno tenta di fare, alcuna conciliazione. E non ho voglia di perdonare.



Domenica 08 Giugno,2014 Ore: 09:46
 
 
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