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www.ildialogo.org RISULTATI ELEZIONI: BEPPE GRILLO, CINQUE STELLE, E LA CRISI DELLA REPUBBLICA. Un punto fondamentale del suo programma per capire ancora di più e meglio il successo ottenuto - con  note,a c. di Federico La Sala

STORIA D'ITALIA, 1994-2013. IL LUNGO SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE.  LA CLASSE DIRIGENTE (INCLUSI I GRANDI INTELLETTUALI) CEDE (1994) IL "NOME" DEL PAESE AL PARTITO DI UN PRIVATO. Che male c’è?! 
RISULTATI ELEZIONI: BEPPE GRILLO, CINQUE STELLE, E LA CRISI DELLA REPUBBLICA. Un punto fondamentale del suo programma per capire ancora di più e meglio il successo ottenuto - con  note

Non è grottesco che proprio chi per vent’anni ha corrotto la forza, l’intelligenza e la reputazione di questo Paese prenda ancora in giro gli italiani al grido di "Forza Italia"?


a c. di Federico La Sala

RIPRENDIAMOCI QUELLE PAROLE

di Beppe Grillo (La Repubblica, 20.06.2004, p. 16)

Vorrei aderire alla Casa della libertà, ma a quella vera, vorrei intitolare "forza Italia" il mio prossimo spettacolo, ma forza Italia davvero. L’Italia ha bisogno di più libertà e di una riscossa! Altro che pulirsi il sedere con il tricolore, come gridò uno dei leader di questo governo. Altro che "chi non salta, italiano è!", come strillò per strada un suo ministro, dopo aver mandato tremila italiani a rischiare la pelle a Nassiriya. Cosa penseranno di questi ministri della vergogna quei soldati che con il tricolore rischiano sì di saltare, ma sulle bombe irakene?

Nel mio spettacolo chiedo: "Casa delle Libertà"? Ma vogliamo scherzare? Siamo all’appropriazione indebita, all’"economia della truffa", come scrive l’economista statunitense J. K. Galbraith. Secondo un altro economista statunitense, J. Stiglitz, domina l’"asimmetria dell’informazione" (la teoria per cui prese il Nobel): è l’approfittamento - non il profitto - di chi sa a danno di chi non sa: per esempio quello dei top manager che sempre più spesso saccheggiano azionisti, consumatori e Stato.

Secondo Stiglitz dai "ruggenti ‘90" rubano di più molti top manager - per esempio con le famigerate stock option - di quanto mai possano sognar di rubare i peggiori politici (http://www-1.gsb.columbia.edu/faculty/jstiglitz/). E in Italia come reagiamo? Fuori i politici delle "convergenze parallele", dentro i pubblicitari, i top manager e gli avvocati della "Milano da bere"! Dentro - purtroppo - non in adatti edifici sorvegliati; dentro nel parlamento, nel governo, nella RAI.

Attenzione, non parlo solo del furto dei soldi, ma di uno peggiore, il furto delle parole. Mettiamo, per ipotesi, che costoro non abbiano mai rubato, evaso le tasse, corrotto un finanziere o un giudice, maneggiato fondi neri, società offshore, P2, tangenti, condoni. Ma le parole? Come la mettiamo con il furto con destrezza delle parole? La lingua è il principale bene di un popolo. Rubargliela è un delitto. Condoniamogli i delitti finanziari, ma non perdoniamogli l’appropriazione indebita delle parole!

La vera "Casa della libertà" (Freedom House) esiste da sessant’anni, non da tre. Fu fondata da Eleanor Roosvelt e da altre personalità statunitensi per promuovere la democrazia nel mondo. Il suo rapporto annuale sulla libertà di stampa classifica le nazioni in libere, semilibere, non libere. Nel 2004 l’Italia è passata da paese libero a semilibero, scendendo al 74° posto, dietro a Benin e Botswana (http://www.freedomhouse.org/research/pressurvey.htm).

In Europa, Turchia e Italia sono le uniche pecore nere, i due Paesi semiliberi. Come può un Paese semilibero pretendere di insegnare la libertà agli altri come vuol fare l’Italia in Irak?

Come casi di "Deterioramento globale della libertà di stampa" la "Casa della libertà" cita Bulgaria, Italia e Russia, degradate quest’anno di una categoria. Per illustrare il degrado della libertà, la direttrice del rapporto statunitense, signora K. D. Karlekar, cita per nome e cognome il primo ministro italiano e il suo "enorme impero mediatico". Chi sono allora i cialtroni della libertà, quelli della Casa statunitense o quelli della Casa italiana? Del resto la Casa italiana è nata sulle tradizioni e con gli uomini di due aberrazioni della libertà: il fascismo - insieme al comunismo reale tra le maggiori negazioni della libertà in questo secolo - e la propaganda commerciale invasiva e obbligatoria.

Per mascherare con la "Libertà" una compagnia di squali della pubblicità, piduisti, mussoline e mussoliniani, fascisti di tutti i tipi (post, ex, neo, ultra), xenofobi mangia bingo-bongo e pochi clericali, non basta la faccia di bronzo, ci vuole un lifting al titanio.

Denunciando le truffe della pubblicità dicevo nel 1993: "Attenti! Mastrolindo è più pericoloso di Craxi". Oggi Mastrolindo e i suoi creativi si son presi il governo, il parlamento, la RAI. I governanti di prima arraffavano soldi per fare il partito. I governanti di adesso fanno il partito per difendere i soldi arraffati. Cosa dirà Mastrolindo del rapporto 2004 della vera "Casa della libertà"? "Spazzatura!" dirà? Come disse dell’Economist che gli dedicò in due anni tre copertine - un record in 160 anni di pubblicazioni. Minaccerà querele anche agli eredi della signora Roosvelt come fece vanamente con l’Economist?

Se la sua fede a stelle e strisce fosse vera, il portatore sano di democrazia ribattezzerebbe la sua compagnia "Casa delle semilibertà" e cercherebbe di riportare l’Italia al rating statunitense di paese libero. Sapete che Cina, Russia, Italia, Cuba, Vietnam e Nord Corea sono tra i pochi paesi dove il governo o il suo capo pagano ogni mese lo stipendio a più di un migliaio di giornalisti? Ovviamente per garantire la loro libertà.

E poi, perché "Casa delle Libertà"? Perché la libertà da garantire non è una sola, quella di Mastrolindo. Sono molte! Quella di Previti, di Dell’Utri, di Borghezio e della cinquantina di inquisiti o processati o patteggiati o o prescritti o condannati che la CdL ha messo al sicuro in parlamento.

C’è un’altra "truffa innocente": Forza Italia. Da più di un secolo era l’incitamento degli italiani per i nostri atleti nel mondo. Prima era di tutti, ora è stato sequestrato. Non possiamo più usarlo, a meno di fare propaganda gratuita al partito di Dell’Utri, Previti e Mastrolindo. "Forza Italia" non lo hanno semplicemente privatizzato, ce lo hanno proprio rubato. Nelle privatizzazioni di un bene pubblico, si paga un indennizzo. Dorian Gray invece si è preso il malloppo e non ci ha pagato niente.

Anzi, già che c’era, si è preso anche il nostro colore - l’azzurro - e visto che un colore non gli bastava, s’è acchiappato anche il tricolore. Lui sa bene che nomi, marchi e logo di successo - es. "Marlboro" o "Nike" - valgono decine di miliardi di euro. Lui invece "Forza Italia", il nostro azzurro e il nostro tricolore se li è acchiappati gratis. Calcolando poco, diciamo mille euro a testa, Dorian Gray deve agli italiani almeno 57 miliardi di euro, dieci volte più del suo patrimonio. Ha fatto un colpo grosso, eh?

Dovremmo battezzare "forza Italia" pizze, gelati, cocktail, barche, navi, spiagge, sentieri alpini, gatti, cani, cavalli, circoli culturali, romanzi, bande, feste. Riprendiamoci il nostro "forza Italia"! Questo bisogno mi è venuto con il mio spettacolo "Blackout", mentre spiegavo quanto l’Italia sia scesa in basso. Una ventina dei principali indicatori internazionali di sviluppo ci danno in media al 35° posto nel mondo. Altro che "nuovo miracolo italiano"!

Siamo tra il 20° e il 25° posto per indice di sviluppo umano, reddito pro capite, indice di capacità tecnologica, aiuti allo sviluppo, libri venduti; tra il 30° e il 35° posto per mortalità infantile, indice di corruzione, computer e giornali pro capite; 40° per indice di uguaglianza, 51° per indice di competitività, 74° per indice di libertà di stampa, 83° per indice di sostenibilità ambientale. Sintomatico è il nostro indice di competitività: 32°, 33° e 34° posto nel 2000, 2001, 2002, 41° nel 2003, 51° nel 2004. Il lento smottamento ora è frana. Altro che miracoli!

Le cause di questo crepuscolo hanno radici nei decenni passati. Una delle cause importanti però è il degrado intellettuale e morale provocato dalla televisione commerciale, sia privata sia statale. Vent’anni di questa intossicazione finiscono per convincere che benessere e felicità non dipendono dall’ingegno, dal lavoro e dall’onestà, ma dalla seduzione, dall’imbonimento e dalla furbizia. Economia allora non vuol più dire studiare, ricercare, inventare, produrre, ma ridere, ingannare e vendere.

Conducendo gli affari di Stato come quelli pubblicitari e televisivi, i nostri mastrolindi sono riusciti in pochi anni a indebolire l’Italia più di quanto avessero fatto in decenni i loro protettori socialisti e democristiani. Adeguando diversi ministri e parlamentari alla volgarità e al turpiloquio delle loro televisioni, hanno ribaltato il significato della parola "volgare".

Oggi sono le elite a involgarire il volgo. La volgarità non viene più dal basso, ma dall’alto, dagli uomini più ricchi e più potenti del paese, dalle tecnologie e dalle istituzioni che controllano. Non è grottesco che proprio chi per vent’anni ha corrotto la forza, l’intelligenza e la reputazione di questo Paese prenda ancora in giro gli italiani al grido di "Forza Italia"? Proprio loro, che da vent’anni sono i becchini dell’Italia, non possono ora far finta di volerla rianimare

* Il dialogo, Lunedì, 28 giugno 2004


MATERIALI PER APPROFONDIMENTI:

-  GLI APPRENDISTI STREGONI E L’EFFETTO "ITALIA". LA CLASSE DIRIGENTE (INCLUSI I GRANDI INTELLETTUALI) CEDE (1994) IL "NOME" DEL PAESE AL PARTITO DI UN IMPRENDITORE. Che male c’è?!

-  IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. In Parlamento (ancora!) il Partito al di sopra di tutti i partiti. (fls) 

 



Martedì 26 Febbraio,2013 Ore: 07:51
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/2/2013 07.54
Titolo:È Beppe Grillo il vincitore delle elezioni 2013. Il suo Movimento 5 Stelle vola ...
- Boom Cinque Stelle, il Senato bloccato
- Il vero vincitore è Grillo: niente inciuci *

- Il leader: “Siamo il primo partito, Bersani e Berlusconi sono falliti”

Torino. È Beppe Grillo il vincitore delle elezioni 2013. Il suo Movimento 5 Stelle vola, sfonda la soglia del 20% ritenuta impensabile fino a qualche mese fa e fa tremare i partiti. Il Pd, se vuole governare senza allearsi con il Pdl, dovrà necessariamente trovare un accordo con i parlamentari a cinque stelle.

Lui, Grillo, nel giorno della vittoria comunica soltanto attraverso la rete («L’onestà sarà di moda», ritwitta non appena vengono diffusi i primi risultati più che incoraggianti per il M5S). Ma la linea è quella della prudenza. Attendere che i dati siano ufficiali perché, lasciano trapelare dallo staff, «ci saranno delle sorprese». Nel quartier generale a cinque stelle, in un albergo nei pressi di piazza San Giovanni a Roma, i commenti vengono infatti rinviati a «quando i dati saranno certi». Così come avviene per le decisioni di natura politica. Nessun azzardo. Appoggiare una coalizione o un’altra per il governo? Decidere quali presidenti votare per Camere e Senato? «Prima ci conteremo, ci riuniremo, ascolteremo la base poi decideremo che fare», spiegano i futuri parlamentari a cinque stelle.

In serata Beppe rompe il silenzio: «Saremo una forza straordinaria. Faremo tutto ciò che abbiamo detto: il reddito di cittadinanza, nessuno indietro. Saremo 110 dentro e qualche milione fuori. Bersani e Berlusconi? Sono dei falliti». E le alleanze? «Intanto entriamo in Parlamento e ci perfezioniamo. E non pensino di fare inciucetti, inciucini. Faremo tutto quello che abbiamo promesso in campagna elettorale: reddito di cittadinanza, nessuno deve rimanere indietro. Abbiamo iniziato a cambiare le parole». La soddisfazione è grande: «Abbiamo raggiunto un risultato eccezionale. Siamo il primo partito in assoluto e questo in solo tre anni e qualche mese. Aspettateci in Parlamento, sarà un vero piacere osservarvi. Mi chiedo dove ci collocheranno, spero che dietro ognuno di voi ci sia uno di noi».

Grillo pesca a destra e a sinistra, dallla Sicilia alle regioni del Nord. L’ormai ex comico se ne sta barricato nella sua villa di Sant’Ilario da questa mattina intorno alle 11 quando era uscito a piedi con la moglie e un figlio per recarsi a votare nel vicino seggio allestito presso l’Istituto agrario Marsano. In Sicilia e Sardegna i Cinque Stelle incassano quasi il 30% delle preferenze. I dati (parziali) raccontano che i grillini navigano attorno al 25% in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Abruzzo. Solo in Lombardia Grillo non raggiunge il 20%. A Venaus, comune della Valle di Susa divenuto nel 2005 simbolo della lotta contro la Tav Torino-Lione, il Movimento 5 stelle ha ottenuto il 46,9% al Senato, pari a 278 preferenze su 609 votanti. E anche a Bussoleno Grillo conquista la maggioranza dei consensi dei 3524 elettori, ottenendo il 44,48% dei voti.

Sorridenti ed emozionati, vestiti casual (in maglione o con una camicetta), ma soprattutto giovanissimi: Alessandro Di Battista, Marta Grande (probabilmente la più giovane parlamentare con i suoi 25 anni), l’ormai “esperto” Davide Barillari e Domenico Falconieri sono il volto del MoVimento subito dopo le prime proiezioni. Si tratta di tre neo parlamentari in pectore e del candidato presidente alla Regione Lazio. Si vede che non sono abituati alle luci delle telecamere ed ai flash ma sanno rispondere alle provocazioni: «Inesperienza? Ci sono pro e contro, ma se ce l’ha fatta Scilipoti...», replicano lasciando trapelare un po’ di nervosismo.

Ma è il giorno della vittoria. Si festeggia soprattutto sul web. Su twitter esplode la gioia grillina. La “Cosa”, la web tv a cinque stelle, trasmette in streaming da tutta Italia: telefonate, commenti. È la festa di M5S. Interviene anche Dario Fo, il premio Nobel che si è speso apertamente al fianco di Grillo: «Questa è una straordinaria vittoria dei giovani. Pulizia e giovinezza stanno vincendo!», esulta in collegamento telefonico. Poi unisce una riflessione di natura politica: «Il M5S ha imparato ad ascoltare qualcosa pure dai vecchi - spiega - Abbiamo bisogno di cambiare tutto. Ora si rischia una legislatura breve ma intanto bisogna reinventare il modo di stare nelle istituzioni».

È questa la preoccupazione principale degli analisti politici. Che cosa succederà ora? Cosa farà il Movimento? La risposta dei militanti è ferma: siamo pronti ad appoggiare le proposte che riterremo valide. Difficile però capire se siamo pronti ad un sostegno, seppur esterno, a qualsiasi tipo di formazione.

Dialogo con Berlusconi? «È molto difficile che Berlusconi proponga idee utili per la collettività. Non è mai successo finora ma se accade un miracolo, ascolteremo la rete», risponde Alessandro Di Battista, che bacchetta anche il Pd che «quando doveva proporre una legge sul conflitto d’interesse non l’ha fatto» ma ora «non ha più scuse» se intende proporre leggi valide.

Più sottile il commento di Marta Grande che replica così a chi gli chiede se il M5S abbia rubato voti al Pd: «Non abbiamo tolto voti a nessuno - sottolinea - Sono loro che li hanno persi». E se si tornasse al voto? «Alle prossime elezioni, non sappiamo quando, saremo la maggioranza assoluta del Paese».

* La Stampa, 25/02/2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/2/2013 12.38
Titolo:Al pettine i nodi che la politica non ha sciolto negli ultimi vent’anni
Il dovere di scelte coraggiose

di Mario Calabresi (La Stampa, 26/02/2013)

Nelle prime elezioni sotto la neve sono venuti al pettine i nodi che la politica non ha sciolto negli ultimi vent’anni: il rapporto con i cittadini prima di tutto, quel senso di incomunicabilità che ha portato a esprimere una protesta che non ha precedenti.

Ora abbiamo un Parlamento in cui nessuno schieramento è in grado di dare vita a una maggioranza di governo, in cui un quarto dei votanti ha scelto il Movimento di Beppe Grillo e in cui la doppia ribellione dei cittadini verso la «casta» da un lato e verso i tagli e i sacrifici dall’altro è la vera vincitrice.

L’Italia reale ha espresso tutto il suo malessere e dentro questo voto si sentono le voci e le storie di chi non trova lavoro, di chi non riesce ad arrivare alla pensione o alla fine del mese, di chi pensa di non avere futuro e fugge all’estero, di chi ha vissuto le nuove tasse come un’insopportabile angheria.

C’è stata nel governo e nei partiti, ce lo dicono le urne, una sottovalutazione dell’impatto sociale delle politiche di austerità, una mancanza di sensibilità drammatica. A cui si deve sommare la rabbia maturata per la distanza percepita tra i sacrifici richiesti ai cittadini e quelli rifiutati dai politici.

La scelta di Monti di partecipare alla campagna elettorale e l’offensiva dei due partiti maggiori contro le politiche del suo governo hanno anche impedito di dare un senso ai sacrifici, di valorizzarli come passo fondamentale verso la ripresa dell’Italia. Sulla pelle sono rimasti solo tagli che hanno perso via via senso, in un coro sguaiato di promesse impossibili. Così il nostro ancoraggio all’Europa, il recupero di credibilità, la possibilità di far sentire la propria voce ai tavoli internazionali sono stati dimenticati in fretta. Eppure, non illudiamoci, solo grazie a queste conquiste siamo stati messi al riparo dal disastro e da oggi torniamo a rappresentare un pericolo e un segnale di allarme e instabilità per tutti.

Di fronte al malessere del Paese Beppe Grillo è stato capace di parlare un linguaggio eccessivo ma immaginifico che ha raccolto e dato cittadinanza ad ogni tipo di protesta e di rabbia, mentre Berlusconi, come avevano intuito per tempo su queste pagine Luca Ricolfi e Michele Brambilla, è stato il più abile ad intercettare la rivolta contro le tasse e i controlli fiscali. Pier Luigi Bersani invece ha confidato troppo nel risultato delle primarie, nell’assenza dell’avversario, nella corrente che lo avrebbe portato a Palazzo Chigi senza troppa fatica. Così al Pd sono mancati un progetto ma anche un sogno capaci di scaldare i cuori degli elettori, di dare risposte forti e convincenti al malessere, di indicare una direzione per il futuro.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti e ci racconta un’Italia nuova, provata e spaventata dalle dinamiche nuove del mondo globale, dove il lavoro si sposta senza badare ai confini, dove sarebbe necessario rimettersi a studiare e ripensarsi ogni giorno. Ma anche un’Italia profonda che continua a mostrare diffidenza verso gli eredi del vecchio Pci, tanto da non concedergli più di un terzo dei voti.

Ora rimettere a posto i pezzi di questo sistema piombato nel caos appare impresa di difficile soluzione. Ci vorrebbero coraggio, spirito di sacrificio e saggezza, doti che scarseggiano.

A scrutinio non ancora concluso si è già sentito parlare di nuove elezioni da tenere dopo aver approvato una nuova legge elettorale, una prospettiva che appare ancora più drammatica e irreale. Per fare una legge elettorale è necessaria una maggioranza in Parlamento, quella maggioranza che non c’è stata nell’ultimo anno nonostante i numeri ci fossero e fossero abbondanti. E pensare che il presidente della Repubblica ha insistito fino all’ultimo per riformare il sistema di voto, chiedendo che fosse ristabilito un rapporto tra elettori e eletti, affinché i cittadini potessero scegliere i propri rappresentanti e non fossero chiamati solo a ratificare le scelte dei partiti, e che venisse eliminato il mostruoso premio di maggioranza della Camera. Ma la miopia di chi pensava di avere la vittoria in tasca e di chi era convinto di poter ancora lucrare una rendita di posizione hanno avuto la meglio. La stessa miopia che ha fatto gettare via ogni modifica istituzionale: così non è stato diminuito il numero dei parlamentari, si sono mantenute le province e si è data l’idea di voler salvare l’esistente con tutti i suoi privilegi.

Immaginate adesso se il primo atto di queste nuove Camere fosse accordarsi per dare vita a una nuova legge elettorale, immediato sorgerebbe il sospetto nei cittadini di trovarsi di fronte all’ultima disperata mossa del sistema dei partiti per salvare la propria esistenza. La rivolta salirebbe ancora più forte.

Abbiamo invece bisogno di passi chiari, di scelte nette e coraggiose. Si provi a vedere in Parlamento se sono possibili convergenze per dare risposte urgenti ai cittadini, senza trattative incomprensibili. Dopo il voto di ieri e domenica una cosa è certa: ogni passo politico deve essere fatto alla luce del sole e deve essere leggibile e comprensibile da parte di tutti. In Parlamento si possono e si dovranno trovare convergenze, tra i partiti tradizionali ma anche tra i nuovissimi parlamentari Cinque Stelle che ora vantano come un merito la loro inesperienza politica e il loro candore. Vanno trattati come una risorsa, non come dei nemici. Sono rappresentanti degli italiani, come tutti gli altri. La politica quand’è nobile cerca soluzioni e quand’è efficace, le trova. Non c’è più tempo per giochi oscuri. Il voto degli italiani lo ha detto chiaramente.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/2/2013 17.58
Titolo:Dario Fo: Beppe vuole trattare con la sinistra il Pd deve ascoltarlo ...
- Il premio Nobel: non mi aspettavo un successo così
- Dario Fo: Beppe vuole trattare con la sinistra il Pd deve ascoltarlo
- Porteremo al potere tanti giovani preparati, che sapranno rinnovare l’Italia. Io li ho conosciuti da vicino

- di Zita Dazzi (la Repubblica, 26.02.2013)

MILANO - «È una grande giornata, il segnale delle elezioni è straordinario». Il premio Nobel Dario Fo all’ora di cena è nella sua casa milanese, incollato alla televisione e non nasconde l’entusiasmo davanti ai risultati. «Il movimento Cinque stelle è il primo partito. E ora finalmente conterà in Parlamento. Potrà fare le leggi che cambieranno l’Italia e che nemmeno il Pd ha avuto il coraggio di fare quando era al Governo».

È sicuro che Grillo saprà fare buon uso dei suoi voti?

«Ma certo, lo conosco bene, io. Da anni. Porterà al potere tanti giovani preparati, che sapranno rinnovare l’Italia. Io li ho conosciuti da vicino. Non ho dato il mio voto senza informarmi. E parlando con Grillo dei suoi programmi, ho capito che solo loro possono garantire una vera rivoluzione. Non è vero che sono populisti: Berlusconi è populista. Orrendo. E bugiardo, con quelle promesse sull’Imu».

Si aspettava che i “grillini” prendessero tutti questi voti?

«A dire il vero nemmeno io mi aspettavo un successo così. Gli italiani hanno deciso di mandarli tutti a casa, questi che hanno governato per anni. Grillo e i nuovi eletti - giovani, intelligenti, preparati - sapranno trasformare l’Italia in una nazione civile».

Berlusconi sembrava spacciato e invece è tornato sulla scena. Non la preoccupa nemmeno questo?

«Certo, è sorprendente. Ma aspetto di vedere i risultati definitivi. Sarebbe grave se il suo risultato fosse confermato».

E del centrosinistra che non sfonda nemmeno dopo tutti gli scandali che hanno travolto Berlusconi, che pensa?

«Il Pd s’è ben guardato dal fare le leggi sul conflitto di interesse. Ha lasciato che Berlusconi facesse i provvedimenti ad personam che gli hanno garantito l’impunità. E questo gli elettori l’hanno capito».

Non pensa che il Paese diventerà ingovernabile?

«Affatto. Che cosa cambiava se il Pd prendeva più voti? Chi crede ancora in un partito che non ha fatto le leggi che potevano fermare Berlusconi?».

Che scenario politico vede adesso?

«Se il Pd pensa di allearsi con Monti si torna a votare. Se invece collabora con Grillo, le cose cambieranno. Cinque stelle è pronto a ragionare con la sinistra per fare le cose che gli italiani chiedono da anni».

Tipo?

«Per esempio, il taglio dell’esercito e della marina. Siamo l’unico Paese europeo che ancora spende per i cacciabombardieri, un’infamia».

E in Lombiardia? Il centrodestra è in vantaggio, rischia di diventare governatore Roberto Maroni.

«Speriamo di no. Io ho fatto il voto disgiunto per far passare Ambrosoli e sono convinto che tanti anche del movimento cinque stelle hanno fatto lo stesso ragionamento».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/2/2013 18.33
Titolo:Così funziona il "5 Stelle": "democrazia orizzontale" dal web al Parlamento
Elezioni 2013, così funziona il "5 Stelle"
- "democrazia orizzontale" dal web al Parlamento

Oltre otto milioni di voti, 109 seggi alla Camera e 54 al Senato. L’organizzazione del Movimento 5 stelle, dai gruppi di base al vertice. La gestione e la visione di Casaleggio, cofondatore della piattaforma. E su tutto, la Rete e il rinnovamento della generazione politica

di TIZIANO TONIUTTI *

"IL WEB è più un’innovazione sociale che tecnica". A dirlo è Tim Berners-Lee, "padre" del World Wide Web, una delle forme della Rete come oggi la intendiamo. Una definizione sovrapponibile senza difficoltà a quella del MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. E degli oltre otto milioni di elettori che hanno segnato la loro preferenza per il primo non-partito ad entrare in maniera così massiccia in un Parlamento. E che chiedono una ridefinizione delle basi della partecipazione democratica alla vita del Paese, superando la rappresentanza offerta dai partiti, applicando i fondamentali "democrazia diretta", orizzontale e non più verticale. Intervenendo nell’attività politica delle Camere "come cittadini e non come onorevoli" attraverso la consultazione della Rete e il lavoro dei portavoce della popolazione nelle sedi istituzionali.

Come funziona. I "precedenti" che l’ingresso del Movimento 5 stelle porterà nelle istituzioni sono importanti. Anzitutto, il M5s non è un partito, e si basa su un non-statuto, pubblicato sul sito di Beppe Grillo. Ogni attività del Movimento fa comunque riferimento a questo documento, assieme al programma politico a 5 stelle. Nel non-statuto sono contenuti i fondamenti del M5s, tra cui la mancanza di una sede fisica (sostituita da una nel "cloud", il blog di Grillo). Ma oltre l’infrastruttura, che è la Rete, soprattutto si definisce la struttura di base. Che è quella costituita dalle liste civiche certificate e dai Meetup, le comunità digitali che organizzano incontri e attività sul territorio. Aperte a chiunque, è sufficiente iscriversi sul sito per essere informati su temi e attività nella propria zona. Una visione iperlocale della politica che di fatto sostituisce i circoli e le sezioni, divulgando le attività delle singole cellule a livello globale, e agendo nei perimetri dei quartieri e delle circoscrizioni. Il mito dell’Agorà digitale, la piazza telematica, o più semplicemente la Rete applicata al territorio, attraverso il web e applicazioni mobili, come quelle per la gestione dei Meetup. E come potrebbe essere tutta la politica dei prossimi anni: un’applicazione sociale, in un mondo che aggiorna le proprie applicazioni - economia, energia, lavoro, salute - quando ne sono pronte nuove versioni, come accade con gli smartphone. Una visione, che poi dovrà resistere alla prova dei fatti e alla vita quotidiana di un Paese.

Governo a 5 Stelle. Per quanto riguarda l’attività parlamentare, l’esperienza a 5 Stelle si declinerà probabilmente attraverso gli stessi canoni che hanno definito le consultazioni locali e l’elezione dei candidati, come accaduto con le "Parlamentarie". Un esperimento che ha visto i candidati a Camera e Senato pubblicare testi e video di presentazione sul web, per poi sottoporsi alle preferenze degli iscritti al Movimento. Una selezione che ha sollevato dubbi sul metodo di gestione: i candidati dovevano necessariamente aver partecipato a consultazioni amministrative precedenti, per il Movimento. Porta chiusa agli altri. Per il Parlamento, le cose potrebbero funzionare in maniera simile. Ovvero con l’iscrizione dei cittadini interessati ad esprimere la propria posizione al sito del Movimento, su cui presumibilmente verranno aperti spazi di informazione proposta e discussione su quanto avviene in Parlamento. Attraverso questa piattaforma il cittadino-utente parteciperà direttamente alle decisioni politiche che poi i deputati e senatori (in una sola parola, i portavoce) del Movimento faranno proprie in sede parlamentare.

Eletti, cittadini e "citoyens". Ma chi sono i parlamentari a 5 stelle, e che esperienze di governo hanno? Per la seconda domanda, la risposta è "nessuna". Esistono però delle realtà amministrative come Parma e Palermo che vanno oltre l’esperimento di laboratorio sull’innesto tra la visione a 5 Stelle e la realtà del territorio. La Sicilia in particolare appare come un tornasole, con il governatore Crocetta che dice che "Con Grillo si può governare", e con i portavoce del Movimento che partecipano attivamente all’amministrazione della regione. Uno scenario che potrebbe replicarsi a livello nazionale alla luce delle elezioni. I profili degli eletti, anzi dei "cittadini", come i rivoluzionari francesi del 1789, si distinguono già dall’età, con la media di età degli eletti intorno ai 37 anni (33 alla Camera e 46 al Senato). Molte donne, tutti nomi nuovi. Dalla più votata in Italia alle parlamentarie, Paola Carinelli, milanese, 32enne e impiegata, a Giulia Sarti, la preferita in Emilia Romagna, animatrice estiva. Poi Federica Daga, numero uno alle parlamentarie del Lazio. C’è la "poetessa" romanesca Paola Taverna, che vive a Torre Maura. Roberta Lombardi, sempre romana, lavora nel settore del lusso "made in Italy". E poi l’autore di "Sicari a 5 euro", un libro inchiesta curato da Casaleggio Associati, Alessandro Di Battista. E poi il caso di Ivana Simeoni e Christian Iannuzzi, rispettivamente mamma e figlio, lei eletta al Senato e lui alla Camera. E Azzurra Cancelleri, eletta in Sicilia, sorella del capogruppo M5s all’assemblea regionale.

Il vertice. Il ruolo di internet nell’economia del Movimento 5 Stelle arriva fino al vertice, rappresentato dal binomio Grillo-Casaleggio, ma non appare coinvolgerlo. A internet il non-statuto riconosce un ruolo nelle fasi di "adesione al Movimento, consultazione, deliberazione, decisione ed elezione" dei rappresentanti, che dal documento si configurano come il principio e la fine del Movimento. La dirigenza assume nel non-statuto un ruolo a quanto sembra puramente formale, tranne che per quanto riguarda le questioni di proprietà del marchio del Movimento, registrato a nome di Beppe Grillo. Un aspetto di impronta "aziendalista" che ha sollevato polemiche. Quanto avviene con il "marchio" in realtà può indicare una visione padronale del Movimento: in questo contesto Grillo e Casaleggio hanno le mani libere per fare e disfare. Questo è uno degli aspetti più controversi, risolto parzialmente da quanto si legge nel non-statuto, ovvero che il M5s "non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro". Si tratta di una piattaforma, con un proprietario, un capo politico e uno staff che la gestisce. Un ritorno alla burocratica realtà, accanto alla rivoluzionaria visione del Paese offerta dal programma a 5 Stelle. Un argomento con cui la nuova identità politica assunta dal Movimento dovrà confrontarsi. E sul tema, il web offre ironia e satira. Il primo bersaglio è naturalmente il "santone" Beppe Grillo, anzi "Peppe". E a ruota gli aspetti fideistici del M5s, con gli attivisti dipinti come cultori di una nuova chiesa digitale, presi da problemi come le "scie kimike" e l’efficienza della Biowashball, sottintendendo l’esistenza di questioni più "serie" che dovrebbero impegnare le menti politiche. Aggiungendo magari il confronto e il contraddittorio con altre forze e altri pensieri. E con la stampa, senza distinzioni.

Casaleggio. Gianroberto Casaleggio è il cofondatore del Movimento 5 Stelle e numero uno di Casaleggio Associati, azienda che si occupa di strategie di rete. Viene indicato come l’ideologo del movimento. La figura imprenditoriale di Casaleggio nasce con il boom della new economy e si modifica dopo lo scoppio della "bolla". Figura di spicco nell’Olivetti di Roberto Colaninno e poi manager di Telecom e amministratore della Webegg, Casaleggio a dispetto della lunga attività su internet non è una figura molto presente in rete. Più volte però si è esposto come volto non-occulto del Movimento 5 Stelle, l’ultima a piazza San Giovanni a Roma nella data conclusiva dello Tsunami Tour di Grillo, altre volte in interviste e lettere ai giornali. Non sono mancate le attenzioni su di lui quando i riflettori dell’informazione evidenziarono un collegamento con Enrico Sassoon, attualmente ex-membro del cda di Casaleggio Associati e personaggio dal curriculum importante nei rapporti internazionali: presidente del comitato affari economici dell’American Chamber of commerce in Italy, una carriera in Pirelli e la direzione della rivista Affari Internazionali, ora sotto la guida di Stefano Silvestri. Sassoon lasciò il board di Casaleggio dopo polemiche relative alla sua presenza agli incontri del gruppo Bildeberg, di cui fanno parte i nomi più pesanti dell’economia e della finanza internazionale. Stanze lontane da quelle del Movimento 5 Stelle, non necessariamente incompatibili con la "nuova democrazia" ma dalle categorie al momento distanti.

Ma la figura di Gianroberto Casaleggio (portato a sorpresa da Grillo sul palco di San Giovanni) appare più complessa di quella offerta dalle ricostruzioni giornalistiche: l’uomo è autore di testi e contributi multimediali su ipotetici scenari per il mondo e per il web. Una figura che in un mondo senza nazioni e barriere culturali verrebbe facile accostare proprio a quella di Tim Berners-Lee. Non un guru e non un ideologo, ma un tessitore di quella rete che è più sociale che tecnica. O più banalmente un silenzioso analista del futuro. L’elemento mai nominato, ma più presente del presente nei sogni programmatici del Movimento 5 Stelle.

* la Repubblica, 26 febbraio 2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 26/2/2013 20.37
Titolo:Grillo apre al Pd: "Esperienza Sicilia meravigliosa"
Elezioni, Grillo: "Alle consultazioni vado io"
- Poi apre al Pd: "Esperienza Sicilia meravigliosa"

Il leader del M5S dopo le polemiche dei giorni scorsi si concede ai giornalisti e si presenta con un profilo più pacato: "Non siamo contro il mondo, vedremo riforma per riforma, legge su legge". Ed esalta la situazione siciliana, dove il movimento sta permettendo al presidente Crocetta di governare *

ROMA - Qualcosa è cambiato. Per ora sono piccoli segnali, sfumature nei toni e nelle parole, ma l’impressione è che il Movimento 5 Stelle, e soprattutto la prospettiva del suo leader, ora solidamente insediati in Parlamento, non siano esattamente quelli con cui si è picconato il sistema negli ultimi tre anni. Tanto per iniziare, dopo il lunghissimo braccio di ferro con la stampa e i ripetuti dispetti, un Beppe Grillo pacato e sereno al momento di lasciare la sua casa genovese si è diligentemente concesso a un lungo fuoco di domande dei cronisti. Aprendo chiaramente alla possibilità di un’intesa, per quanto limitata, con il centrosinistra. "Il modello Sicilia è meraviglioso", dice riferendosi all’esperienza dell’Isola dove i 15 deputati eletti all’Ars con il movimento non fanno parte della maggioranza né del governo guidato da Rosario Crocetta, ma hanno sostenuto provvedimenti di giunta e maggioranza come Dpef e la mozione sul no al Muos, il sistema di comunicazione satellitare in costruzione a Niscemi.

Che il M5S d’ora in poi possa agire almeno in parte come forza interna al gioco istituzionale, piuttosto che come perenne outsider, è confermato anche da altre parole pronunciate dal leader. Grillo spiega, ad esempio, che sarà lui in persona a presentarsi al Quirinale per il colloquio con il presidente della Repubblica quando avranno inizio le consultazioni in vista della difficile formazione di un governo.

"Noi non siamo contro il mondo - precisa quindi il leader del movimento - Vedremo riforma per riforma, legge su legge. Se ci sono proposte che rientrano nel nostro programma, le valuteremo". Il vincitore delle elezione elenca subito quindi un paio di punti ai quali tiene in maniera particolare: "Se non ci sono soldi non si fanno le grandi opere, né la Tav né la Gronda (il nuovo asse autostradale di Genova, ndr). Per chi perderà il lavoro noi proponiamo il reddito di cittadinanza".

Come era facilmente immaginabile, Grillo spara a zero sull’ipotesi di una grande coalizione tra Pd e Pdl, ma davanti alla possibilità di un’alleanza del M5S con altre forze politiche usa espressioni molto più sfumate rispetto alla chiusura netta del passato. "Non è il momento di parlare di alleanze. Messi così non riusciranno a governare. Il nostro appoggio dipende se seguiranno il nostro programma", afferma Grillo. E così dicendo consente a chi nella coalizione Pd-Sel tifa per un dialogo con il movimento di aggrapparsi con un barlume di fiducia a quel sibillino "non è il momento".

"Qui - prosegue Grillo - si tratta di percepire che il cambiamento è epocale. Non è solo italiano. Perché abbiamo votato on-line, perché i cittadini non hanno più intermediazioni". Novità che il movimento intende estendere immediatamente anche all’imminente scelta del nuovo presidente della Repubblica. Il capo dello Stato, spiega, "noi lo voteremo online con il movimento" non sarà il gruppo a votarlo "ma il movimento". Quanto ai possibili candidati, Grillo lancia una provocazione: "Io dico Dario Fo. E’ un nobel famoso nel mondo, ha una lucidità fantastica, è un ragazzo e ha capito il senso del movimento, ha voluto parlare con i ragazzi, ha capito che cosa stava succedendo".

* la Repubblica, 26 febbraio 2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/2/2013 16.18
Titolo:LA PENTOLA SCOPERCHIATA
La pentola scoperchiata

di BARBARA SPINELLI *

La cosa più difficile, dopo il gran botto delle elezioni, è districare il groviglio di luoghi comuni, frasi fatte, formule-slogan che ci accompagnano da mesi e anni. La parola populismo innanzitutto.

Ovvero quest’accusa lanciata disordinatamente contro chiunque abbia l’ardire di accusare i politici regnanti e le loro vaste provinciali inadeguatezze. Ma anche vocaboli come sacrifici, austerità: presentati come nobili porte strette che ci avrebbero restituito prestigio europeo, e che dovevamo alle generazioni future. Infine il concetto-chiave: governabilità. Parola un po’ irrisoria, quando il termine oggi preferito non è governo ma l’inafferrabile governance tecnica. Si sono accartocciate come foglie, queste frasi fatte, trascinate da un vento che non sappiamo dove andrà ma sappiamo da dove viene, sempre che si voglia reimparare non solo la politica, ma anche la geografia di un’Italia così poco perlustrata, e compresa.

Ilvo Diamanti ha detto una delle cose più sensate, constatando lunedì lo straordinario successo di Grillo e la non meno portentosa ripresa di Berlusconi. Ha detto, quasi smarrito: "Non sappiano quale sarà la prossima storia d’Italia". È uno smarrimento salutare: sospende il giudizio davanti al monumentale evento. Comunque non lo interpreta ricorrendo ai luoghi comuni su cui tanta parte della politica, della stampa, della Tv, da tempo sono adagiati.

È vero: c’è del populismo in Grillo come in Berlusconi. C’è l’antico ribrezzo provato dalla democrazia sostanziale (il paese reale) verso la democrazia formale, rappresentativa (il paese legale). Se però l’avanzata di Grillo e la rivolta fiscale berlusconiana fossero un vento solo distruttivo, la storia sarebbe prevedibile. Non lo è affatto invece. Anche se dissimili, i populismi non sono oggi solo furia e raptus.

Altro s’intuisce, specie nel voto a Grillo. C’è il desiderio del popolo di farsi cittadino, anziché massa informe, zittita, spostabile. E c’è una vera e propria esplosione partecipativa: non un fuoriuscire dalle istituzioni pubbliche, come in Forza Italia o Lega, ma una presa di parola. Qualcosa di simile all’Azione popolare che Salvatore Settis chiede ai "cittadini per il bene comune", al loro spirito comunitario. Il cittadino dipinto da Grillo non intende annientare lo Stato: "si fa Stato", vuol essere ascoltato, contare. Diffida di un patto con le generazioni future che "salti" quella presente.

Non fu Monti a dire, senza arrossire, che esisteva una generazione perduta di 30-40enni? Citiamo quel che disse al Corriere il 27 luglio 2012: "Esiste un aspetto di ’generazione perduta’, purtroppo. Si può cercare di ridurre al minimo i danni, di trovare formule compensative di appoggio, ma più che attenuare il fenomeno con parole buone, credo che chi (...) partecipa alle decisioni pubbliche debba guardare alla crudezza di questo fenomeno e dire: facciamo il possibile per limitare i danni alla generazione perduta, ma soprattutto impegniamoci seriamente a non ripetere gli errori del passato, a non crearne altre, di ’generazioni perdute’". Non facile, per tale generazione, votare senza far deflagrare questa disinvoltura.

Viene poi l’austerità: la condanna di gran parte dei votanti è detta irresponsabile, come se le elezioni fossero una tavola rotonda fra massimi esperti e massime dottrine. Ma un paese deciso a prender la parola non disquisisce calmo: ne va della sua pelle. Qui è l’aspetto più sconvolgente del voto, a mio parere. È l’abissale ignoranza di quel che bolliva nei nostri sottofondi: non da mesi, ma dall’inizio della crisi e forse prima. Le prime iniziative civiche nascono negli anni ’90, così come i Verdi tedeschi son figli di Iniziative cittadine (Bürgerinitiativen) che negli anni ’70 immaginarono un altro sviluppo economico, un vivere più austero, e nuovi diritti civili (comunità familiari, unioni analoghe ai matrimoni, anche omosessuali).

Il sottosuolo italiano era ignoto a quasi ogni partito, e la lotta elettorale non sarà dimenticata: chi è andato a parlare al Sulcis o a Taranto, chi ha scandagliato la Sicilia città dopo città, come i comunisti d’un tempo, se non Grillo? Gridava slogan, ma era lì dove si soffriva, l’occhio fisso sulla crisi. Grillo non nega il baratro, a differenza di Berlusconi. Guarda in faccia le paure annunciando guerre, ma il legame crisi-guerra è innegabile. Non solo. È stato l’unico a dire l’acre verità, per noi e i paesi industrializzati: "Saremo tutti più poveri, forse, ma almeno saremo più solidali". All’Economist ha confidato: "Il mio movimento è un antidetonante: regola la paura". Difficile confutare il suo presagio: senza M5S, l’ira popolare secernerebbe un’Alba Dorata greca o il dispotismo ungherese di Orbán.

Si è parlato più volte del New Deal di Roosevelt, per vincere una crisi che ricorda il ’29. Nulla di analogo viene proposto, né dai governi né dall’Europa, che se solo lo volesse potrebbe lanciare un piano simile. Vorremmo ricordare tuttavia che il New Deal non costruì solo strade, ponti, scuole, università. Roosevelt era convinto che il governo dell’economia aveva fallito, cedendo ai mercati, per un’altra ragione, non contabile ma culturale: l’immane continente americano era ignoto, oscurato da stampa, libri e cinema. Il gran pentolone andava scoperchiato: primo perché chi vive nel cono d’ombra - se visto - si sente riconosciuto, riconquista dignità; secondo perché i governanti correggono i mali solo se li discernono.

Nacque così negli anni ’30 il WPA (Work Progress Administration), finanziato dal pubblico e incaricato di esplorare i recessi dell’America. Senza quel programma non avremmo avuto Il Furore di Steinbeck; le emissioni radio e le messinscene teatrali di Orson Welles (fra il ’36 e il ’37); le musiche popolari raccolte in tutta America da Nicholas Ray; i documentari e fotoreportage sul continente invisibile. Venne poi il Living Newspaper: i fatti del presente venivano inscenati in teatri molto popolari, promuovendo la partecipazione sociale (senza remore ideologiche si imitò il teatro-agitprop sovietico).

C’è chi parla di macerie: tale sarebbe l’Italia dopo il voto. Ma anche questo è luogo comune. Le macerie già c’erano, affastellate da partiti chiusi nei recinti e da regioni (la Lombardia, non esclusivamente la Sicilia) prive di senso dello Stato da un secolo e più. In tutta la campagna, Bersani non ha trovato un solo progetto forte, che oltrepassasse la propria cerchia e si mettesse in ascolto di rivolte e paure. Tanto temeva il populismo che ha sottostimato la rivolta contro le tasse, quasi non sapesse che pagare un’Imu altissima in piena crisi era impossibile a persone con una casa, ma senza soldi. Ha minacciato di tassare i patrimoni superiori a 1,3 milioni, impaurendo le classi medie più che i veri ricchi. Vuol vietare i pagamenti in contante oltre i 300 euro, e ironizza sulla "storiella delle vecchiette" senza carta di credito. Tutt’altro che storiella in un paese vecchio, non abituato alla credit card. Non sono certo lì gli evasori.

L’ignoranza del paese ha distrutto partiti-padroni, e tutto diventa davvero imprevedibile. Ma l’imprevedibilità può essere anche un’enorme occasione: incita a cambiamenti sociali profondi. I progetti alternativi ai dogmi dell’austerità possono sortire effetti negativi: tanti lo temono, insieme al governo tedesco. Ma anche l’anticipazione di effetti perversi può fallire. Se ci precludessimo ogni sperimentazione saremmo paralizzati, prede di ricette che già annientano la Grecia. Nella vita individuale come in quella collettiva vale la pena buttarsi nell’ignoto, riconoscere che certe cure sono mortali. In Italia vale la pena tentare alleanze inedite (l’accordo prospettato da M5S sulle idee: conflitto d’interessi, corruzione, costi della politica), perché solo osando e provando tramuteremo la crisi in una trasformazione. E non è una trasformazione, ciò cui aspiriamo?

* la Repubblica, 27 febbraio 2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/2/2013 16.24
Titolo:UNA BUONA OCCASIONE ....
Se non sono chiacchiere, è una buona occasione

di Margherita Hack (l’Unità, 27.02.2013)

MI SEMBRA CHE SE CI FOSSE UN PO’ DI BUON
SENSO E DI BUONA VOLONTÀ, da queste elezioni potrebbe uscire il governo più forte che ci sia mai stato negli ultimi anni.
Per dire questo, parto da una constatazione: Grillo e i grillini in fondo vogliono molte cose che vuole anche la coalizione di centro sinistra. Almeno su quelle cose, quindi, le due forze potrebbero trovare un accordo. Così l’Italia ingovernabile potrebbe essere governata per fare quello che c’è da fare in tempi brevi.

E cioè:
1) Intervenire sul conflitto d’interessi.
2) Una nuova legge elettorale che ridia al cittadino la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
3) Una drastica riduzione dei costi della politica, con riduzione del numero dei parlamentari, eliminazione dei vantaggi e dei privilegi di cui godono.
4) Una riduzione delle spese militari che renda subito disponibili fondi da investire in modo prioritario per la scuola e la ricerca.
5) L’eliminazione delle province. E non il loro accorpamento che solleverebbe infinite diatribe e avrebbe come risultato un raddoppiamento degli uffici e quindi delle spese.
6) Una politica del lavoro. Su questo, non ho ricette perché non sono un’economista e non so come si faccia a creare lavoro in un’Europa in crisi. Però credo che ci siano alcuni settori pubblici di risanamento e di rispetto dell’ambiente che potrebbero creare posti di lavoro e andrebbero privilegiati.
7) I diritti civili. C’è da mettere mano al testamento biologico, ai matrimoni di fatto, alla revisione della legge 40. Su alcune di queste cose si può pensare di mettere d’accordo anche i grillini.
8) Infine, ci sarebbe da facilitare il processo di integrazione degli immigrati, abolendo le leggi indegne fatte dalla Lega.

Almeno su alcuni di questi punti si potrebbe trovare un accordo e andare avanti fino alla fine della legislatura, senza perdersi nei distinguo sulle cose meno importanti. In questo quadro anche Monti con i suoi potrebbe fare un’opposizione intelligente, da economista che ha a cuore la riduzione del debito pubblico e le condizioni economiche del Paese.

Del resto, non c’è altra possibilità: la grande coalizione col Pdl non è possibile. Basta che quello che dice Grillo non siano chiacchiere.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 01/3/2013 13.25
Titolo:CANCRINI E SERRA. Il futuro del M5S tra realismo e paranoia
- Il futuro del M5S tra realismo e paranoia

- risponde Luigi Cancrini
- psichiatra e psicoterapeuta (l’Unità, 1.03.2013)

- Insieme Bersani e Grillo potrebbero davvero fare cose importanti, quelle che la sinistra non ha mai potuto realizzare fino in fondo perché costretta a governare con chi, quelle cose, non voleva per interessi personali e di appartenenza. Ora credo che la volontà di cambiare ci sia tutta, le forze che servono pure; si tratta di trovare i modi.
- Silvana Stefanelli

In che direzione andrà ora il Movimento 5 Stelle? La Rete, dicono i giornali, si è spaccata dopo che Grillo ha risposto picche alla proposta di Bersani. Con due ipotesi politiche opposte da verificare nei prossimi giorni (o nelle prossime settimane) su quella che è (sarà) la tendenza prevalente del nuovo partito.

Volevano davvero la riduzione delle spese per la politica, il dimezzamento dei parlamentari, una nuova legge elettorale, la fine degli inciuci, una legge vera sul conflitto d’interessi, la trasparenza, il blocco delle spese per gli F35 e, più in generale, per gli armamenti e una modificazione profonda del costume politico?

La possibilità di ottenere queste cose c’è tutta. Basta chiederle: alla luce del sole, in Parlamento, quando si discutono (e, più tardi, quando si attueranno) i programmi elettorali di un nuovo governo.

Rinunciare a questa possibilità porterebbe a rendere più probabile la seconda ipotesi, quella di un movimento che vuole soltanto sfasciare tutto. Pensando non tanto al Paese quanto alla possibilità di crescere ancora lui (il movimento di Grillo) se gli altri falliranno ancora. Dall’interno di un vissuto paranoico in cui si pensa di dover continuare a lottare da soli contro tutti: «per cambiare il mondo», si è lasciato sfuggire ieri Grillo che forse ci crede davvero.

Riusciranno i suoi a fargli capire che la paranoia è incompatibile con la razionalità (che ci parla dei limiti di ognuno di noi) e con la democrazia (che è consapevolezza dell’arricchimento che ci può venire dall’altro)?
l’AMACA

di Michele Serra (la Repubblica, 1.03.2013)

Quando si dice che questo voto stravolgerà tutto e tutti, si dice davvero: tutto e tutti. Comprese le Cinque Stelle, che in poche convulse mosse, in pochi difficili giorni saranno costrette a capire molto della propria natura e del proprio futuro.

Capire in primo luogo se sono in grado di inverare il loro mito fondante, quello della democrazia autoconvocata, oppure se devono figurare come una docile armata compattamente a disposizione del suo capo e creatore.

In poche parole: come si prendono le decisioni, là dentro? Decidono solo Grillo e Casalegno? Decidono - o decideranno - gli eletti? Esistono o esisteranno forme e luoghi di decisione collettiva, sia pure in qualche arcana forma webbica?

Ove decidesse solo Grillo, neanche il Pcus funzionava così, e il “nuovo” prenderebbe sembianze ben sinistre. Con i voti, milioni di voti, usati come fiches nelle mani di un giocatore di poker.

Si guarda a quel potente grumo di pulsioni politiche e sociali con giustificata ansia, e un misto di diffidenza, interesse, paura, speranza. Il timore è che la gente di quel movimento confonda ogni parola esterna con un’intrusione, ogni contatto con una contaminazione. Il mito della purezza perde anche i migliori.

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