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www.ildialogo.org UNA PAROLA IN DIFESA E IN ONORE DI BEPPE GRILLO. Contro la catastrofica confusione dell’"antipolitica" in Parlamento e della "politica" in Piazza, l’invito ad uscire dalla "logica" del "mentitore". Una lettera (2002), con un intervento di Beppe Grillo (2004),a c. di Federico La Sala

STORIA D'ITALIA (1994-2012). TRE PRESIDENTI: OSCAR LUIGI SCALFARO (1992-1999), CARLO AZEGLIO CIAMPI (1999-2006), GIORGIO NAPOLITANO (2006-2012), E IL PARTITO DEL FALSO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’": "FORZA ITALIA"!!! UNA DIARCHIA, UN DUOPOLIO DI FATTO...
UNA PAROLA IN DIFESA E IN ONORE DI BEPPE GRILLO. Contro la catastrofica confusione dell’"antipolitica" in Parlamento e della "politica" in Piazza, l’invito ad uscire dalla "logica" del "mentitore". Una lettera (2002), con un intervento di Beppe Grillo (2004)

Oggi sono le elite a involgarire il volgo. La volgarità non viene più dal basso, ma dall’alto, dagli uomini più ricchi e più potenti del paese, dalle tecnologie e dalle istituzioni che controllano. Non è grottesco che proprio chi per vent’anni ha corrotto la forza, l’intelligenza e la reputazione di questo Paese prenda ancora in giro gli italiani (...)


a c. di Federico La Sala

ONORE A BEPPE GRILLO: "RIPRENDIAMOCI QUELLE PAROLE" *

di Federico La Sala *

                                                Premessa

CULTURA E POLITICA. LA REPUBBLICA E "LA PAROLA RUBATA": ITALIA. Una lettera del 2004 di Federico La Sala

COME L’ITALIA, UN PAESE E UN POPOLO LIBERO, ROVINO’ CON IL "GIOCO" DEL PARTITO CON IL PROPRIO NOME E CON LA "OVVIA" PRESENZA DI "DUE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA".

______________________________________________________________________________ 

  • -----Messaggio originale-----
    -  Da: La Sala Inviato: domenica 27 gennaio 2002 0.09
    -  A: posta@magistraturaassociata.it
    -  Oggetto: Per la nostra sana e robusta Costituzione...

 

  • Stimatissimi cittadini-magistrati
  • "Nella democrazia - come già scriveva Gaetano Filangieri nella sua opera La Scienza della Legislazione (1781-88) - comanda il popolo, e ciaschedun cittadino rappresenta una parte della sovranità: nella concione [assemblea di tutto il popolo], egli vede una parte della corona, poggiata ugualmente sul suo capo che sopra quello del cittadino più distinto. L’oscurità del suo nome, la povertà delle sue fortune non possono distruggere in lui la coscienza della sua dignità. Se lo squallore delle domestiche mura gli annuncia la sua debolezza, egli non ha che a fare un passo fuori della soglia della sua casa, per trovare la sua reggia, per vedere il suo trono, per ricordarsi della sua sovranità"(Libro III, cap. XXXVI).
  • Tempo fa una ragazza, a cui da poco era morta la madre e altrettanto da poco cominciava ad affermarsi il partito denominato "Forza Italia", discutendo con le sue amiche e i suoi amici, disse: "Prima potevo gridare "forza Italia" e ne ero felice. Ora non più, e non solo perché è morta mia madre e sono spesso triste. Non posso gridarlo più, perché quando sto per farlo la gola mi si stringe - la mia coscienza subito la blocca e ricaccia indietro tutto. Sono stata derubata: il mio grido per tutti gli italiani e per tutte le italiane è diventato il grido per un solo uomo e per un solo partito. No, non è possibile, non può essere. E’ una tragedia!". Un signore poco distante, che aveva ascoltato le parole della ragazza, si fece più vicino al gruppo e disse alla ragazza: "Eh, sì, purtroppo siamo alla fine, hanno rubato l’anima, il nome della Nazionale e della Patria. E noi, cittadini e cittadine, abbiamo lasciato fare: non solo un vilipendio, ma un furto - il furto dell’anima di tutti e di tutte. Nessuno ha parlato, nessuno. Nemmeno la Magistratura!".
  • Oggi, più che mai, contro coloro che "vogliono costruire una democrazia populista per sostituire il consenso del popolo sovrano a un semplice applauso al sovrano del popolo"(don Giuseppe Dossetti, 1995), non è affatto male ricordarci e ricordare che i nostri padri e le nostre madri hanno privato la monarchia, il fascismo e la guerra del loro consenso e della loro forza, si sono ripresi la loro sovranità, e ci hanno dato non solo la vita e una sana e robusta Costituzione, ma anche la coscienza di essere tutti e tutte - non più figli e figlie della preistorica alleanza della lupa (o della vecchia alleanza del solo ’Abramo’ o della sola ’Maria’) - figli e figlie della nuova alleanza di uomini liberi (’Giuseppe’) e donne libere (’Maria’), re e regine, cittadine-sovrane e cittadini-sovrani di una repubblica democratica.
  • Bene avete fatto, con la Vs. Lettera aperta ai cittadini, a rendere pubbliche le vostre preoccupazioni e a dire e a ridire che la giustizia non è materia esclusiva dei magistrati e degli addetti ai lavori, ma un bene di tutti e di tutte, e che tutti i cittadini e tutte le cittadine sono uguali davanti alla legge. E altrettanto bene, e meglio (se permettete), ha fatto il Procuratore Generale di Milano Borrelli, già all’inizio (e non solo alla fine) del suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, quando ha detto: "porgo il mio saluto, infine, ai cittadini, anzi, alle loro maestà i cittadini, come soleva dire il compianto Prefetto Carmelo Caruso, avvicinati oggi da un lodevole interesse a questa cerimonia, del resto non esoterica nonostante il paludamento, ma a loro destinata"; e, poco oltre, riferendosi specificamente alle "difficoltà che la giustizia minorile incontra", ha denunciato che "il denominatore comune - generatore del disagio donde nascono devianze, sofferenze, conflitti - è rappresentato dalle carenze di un’autentica cultura dell’infanzia, a volte necessitata dalle circostanze, a volte frutto di disattenzione, spesso causata dall’incapacità negli adulti di trasmettere valori che si discostino dall’ideologia di un’identità cercata, secondo la nota espressione di Erich Fromm, nell’avere piuttosto che nell’essere". Da cittadino-magistrato non ha fatto altro che dire e fare la stessa cosa che don Lorenzo Milani, il cittadino-prete mandato in esilio a Barbiana, in tempi di sonnambulismo già diffuso (1965): suonare la campana a martello, svegliare - praticare la tecnica dell’amore costruttivo per la legge e, ricordandoci di chi siamo e della parte di corona che ancora abbiamo in testa, avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani....
  • Cordiali saluti
  • Federico La Sala

* Beppe Grillo: RIPRENDIAMOCI QUELLE PAROLE (La Repubblica, 20.06.2004, p. 16)

Vorrei aderire alla Casa della libertà, ma a quella vera, vorrei intitolare "forza Italia" il mio prossimo spettacolo, ma forza Italia davvero. L’Italia ha bisogno di più libertà e di una riscossa! Altro che pulirsi il sedere con il tricolore, come gridò uno dei leader di questo governo. Altro che "chi non salta, italiano è!", come strillò per strada un suo ministro, dopo aver mandato tremila italiani a rischiare la pelle a Nassiriya. Cosa penseranno di questi ministri della vergogna quei soldati che con il tricolore rischiano sì di saltare, ma sulle bombe irakene?

Nel mio spettacolo chiedo: "Casa delle Libertà"? Ma vogliamo scherzare? Siamo all’appropriazione indebita, all’"economia della truffa", come scrive l’economista statunitense J. K. Galbraith. Secondo un altro economista statunitense, J. Stiglitz, domina l’"asimmetria dell’informazione" (la teoria per cui prese il Nobel): è l’approfittamento - non il profitto - di chi sa a danno di chi non sa: per esempio quello dei top manager che sempre più spesso saccheggiano azionisti, consumatori e Stato. Secondo Stiglitz dai "ruggenti ‘90" rubano di più molti top manager - per esempio con le famigerate stock option - di quanto mai possano sognar di rubare i peggiori politici (http://www-1.gsb.columbia.edu/faculty/jstiglitz/). E in Italia come reagiamo? Fuori i politici delle "convergenze parallele", dentro i pubblicitari, i top manager e gli avvocati della "Milano da bere"! Dentro - purtroppo - non in adatti edifici sorvegliati; dentro nel parlamento, nel governo, nella RAI.

Attenzione, non parlo solo del furto dei soldi, ma di uno peggiore, il furto delle parole. Mettiamo, per ipotesi, che costoro non abbiano mai rubato, evaso le tasse, corrotto un finanziere o un giudice, maneggiato fondi neri, società offshore, P2, tangenti, condoni. Ma le parole? Come la mettiamo con il furto con destrezza delle parole? La lingua è il principale bene di un popolo. Rubargliela è un delitto. Condoniamogli i delitti finanziari, ma non perdoniamogli l’appropriazione indebita delle parole!

La vera "Casa della libertà" (Freedom House) esiste da sessant’anni, non da tre. Fu fondata da Eleanor Roosvelt e da altre personalità statunitensi per promuovere la democrazia nel mondo. Il suo rapporto annuale sulla libertà di stampa classifica le nazioni in libere, semilibere, non libere. Nel 2004 l’Italia è passata da paese libero a semilibero, scendendo al 74° posto, dietro a Benin e Botswana (http://www.freedomhouse.org/research/pressurvey.htm).

In Europa, Turchia e Italia sono le uniche pecore nere, i due Paesi semiliberi. Come può un Paese semilibero pretendere di insegnare la libertà agli altri come vuol fare l’Italia in Irak?

Come casi di "Deterioramento globale della libertà di stampa" la "Casa della libertà" cita Bulgaria, Italia e Russia, degradate quest’anno di una categoria. Per illustrare il degrado della libertà, la direttrice del rapporto statunitense, signora K. D. Karlekar, cita per nome e cognome il primo ministro italiano e il suo "enorme impero mediatico". Chi sono allora i cialtroni della libertà, quelli della Casa statunitense o quelli della Casa italiana? Del resto la Casa italiana è nata sulle tradizioni e con gli uomini di due aberrazioni della libertà: il fascismo - insieme al comunismo reale tra le maggiori negazioni della libertà in questo secolo - e la propaganda commerciale invasiva e obbligatoria.

Per mascherare con la "Libertà" una compagnia di squali della pubblicità, piduisti, mussoline e mussoliniani, fascisti di tutti i tipi (post, ex, neo, ultra), xenofobi mangia bingo-bongo e pochi clericali, non basta la faccia di bronzo, ci vuole un lifting al titanio.

Denunciando le truffe della pubblicità dicevo nel 1993: "Attenti! Mastrolindo è più pericoloso di Craxi". Oggi Mastrolindo e i suoi creativi si son presi il governo, il parlamento, la RAI. I governanti di prima arraffavano soldi per fare il partito. I governanti di adesso fanno il partito per difendere i soldi arraffati. Cosa dirà Mastrolindo del rapporto 2004 della vera "Casa della libertà"? "Spazzatura!" dirà? Come disse dell’Economist che gli dedicò in due anni tre copertine - un record in 160 anni di pubblicazioni. Minaccerà querele anche agli eredi della signora Roosvelt come fece vanamente con l’Economist?

Se la sua fede a stelle e strisce fosse vera, il portatore sano di democrazia ribattezzerebbe la sua compagnia "Casa delle semilibertà" e cercherebbe di riportare l’Italia al rating statunitense di paese libero. Sapete che Cina, Russia, Italia, Cuba, Vietnam e Nord Corea sono tra i pochi paesi dove il governo o il suo capo pagano ogni mese lo stipendio a più di un migliaio di giornalisti? Ovviamente per garantire la loro libertà.

E poi, perché "Casa delle Libertà"? Perché la libertà da garantire non è una sola, quella di Mastrolindo. Sono molte! Quella di Previti, di Dell’Utri, di Borghezio e della cinquantina di inquisiti o processati o patteggiati o o prescritti o condannati che la CdL ha messo al sicuro in parlamento. C’è un’altra "truffa innocente": Forza Italia. Da più di un secolo era l’incitamento degli italiani per i nostri atleti nel mondo. Prima era di tutti, ora è stato sequestrato. Non possiamo più usarlo, a meno di fare propaganda gratuita al partito di Dell’Utri, Previti e Mastrolindo. "Forza Italia" non lo hanno semplicemente privatizzato, ce lo hanno proprio rubato. Nelle privatizzazioni di un bene pubblico, si paga un indennizzo. Dorian Gray invece si è preso il malloppo e non ci ha pagato niente. Anzi, già che c’era, si è preso anche il nostro colore - l’azzurro - e visto che un colore non gli bastava, s’è acchiappato anche il tricolore. Lui sa bene che nomi, marchi e logo di successo - es. "Marlboro" o "Nike" - valgono decine di miliardi di euro. Lui invece "Forza Italia", il nostro azzurro e il nostro tricolore se li è acchiappati gratis. Calcolando poco, diciamo mille euro a testa, Dorian Gray deve agli italiani almeno 57 miliardi di euro, dieci volte più del suo patrimonio. Ha fatto un colpo grosso, eh?

Dovremmo battezzare "forza Italia" pizze, gelati, cocktail, barche, navi, spiagge, sentieri alpini, gatti, cani, cavalli, circoli culturali, romanzi, bande, feste. Riprendiamoci il nostro "forza Italia"! Questo bisogno mi è venuto con il mio spettacolo "Blackout", mentre spiegavo quanto l’Italia sia scesa in basso. Una ventina dei principali indicatori internazionali di sviluppo ci danno in media al 35° posto nel mondo. Altro che "nuovo miracolo italiano"!

Siamo tra il 20° e il 25° posto per indice di sviluppo umano, reddito pro capite, indice di capacità tecnologica, aiuti allo sviluppo, libri venduti; tra il 30° e il 35° posto per mortalità infantile, indice di corruzione, computer e giornali pro capite; 40° per indice di uguaglianza, 51° per indice di competitività, 74° per indice di libertà di stampa, 83° per indice di sostenibilità ambientale. Sintomatico è il nostro indice di competitività: 32°, 33° e 34° posto nel 2000, 2001, 2002, 41° nel 2003, 51° nel 2004. Il lento smottamento ora è frana. Altro che miracoli!

Le cause di questo crepuscolo hanno radici nei decenni passati. Una delle cause importanti però è il degrado intellettuale e morale provocato dalla televisione commerciale, sia privata sia statale. Vent’anni di questa intossicazione finiscono per convincere che benessere e felicità non dipendono dall’ingegno, dal lavoro e dall’onestà, ma dalla seduzione, dall’imbonimento e dalla furbizia. Economia allora non vuol più dire studiare, ricercare, inventare, produrre, ma ridere, ingannare e vendere. Conducendo gli affari di Stato come quelli pubblicitari e televisivi, i nostri mastrolindi sono riusciti in pochi anni a indebolire l’Italia più di quanto avessero fatto in decenni i loro protettori socialisti e democristiani. Adeguando diversi ministri e parlamentari alla volgarità e al turpiloquio delle loro televisioni, hanno ribaltato il significato della parola "volgare". Oggi sono le elite a involgarire il volgo. La volgarità non viene più dal basso, ma dall’alto, dagli uomini più ricchi e più potenti del paese, dalle tecnologie e dalle istituzioni che controllano. Non è grottesco che proprio chi per vent’anni ha corrotto la forza, l’intelligenza e la reputazione di questo Paese prenda ancora in giro gli italiani al grido di "Forza Italia"? Proprio loro, che da vent’anni sono i becchini dell’Italia, non possono ora far finta di volerla rianimare

* Il dialogo, Lunedì, 28 giugno 2004


SUL TEMA  IN RETE E NEL SITO, si cfr.:

SALVARE LA COSTITUZIONE

IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. In Parlamento (ancora!) il Partito al di sopra di tutti i partiti.

DEMOCRAZIA "REALE": CHE COSA SIGNIFICA? CHE COSA E’? Alcuni chiarimenti, con approfondimenti (Federico La Sala)



Martedì 06 Novembre,2012 Ore: 08:51
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 06/11/2012 11.28
Titolo:20 ANNI DI AMNESIE ISTITUZIONALI ...
«Mafia sopravvissuta grazie alla trattativa fatta con lo Stato»

I pm: 20 anni di amnesie istituzionali

di Giovanni Bianconi (Corriere della Sera, 6.11.2012)

PALERMO - C’entra la caduta del Muro di Berlino, «la "grande madre" di una catena di eventi». C’entrano «l’eccesso di tassazione e l’utilizzazione distorta della spesa pubblica», che provocò la «rivolta della borghesia commerciale e della piccola imprenditoria» al Nord. C’entrano le inchieste di Manipulite e persino Licio Gelli, che con la sua «inusuale collaborazione giudiziaria» contribuì alla «eliminazione politica» del ministro Martelli, «percepito come un ostacolo».

Fu anche a causa di questa concatenazione di fatti che prese forma la «scellerata trattiva» tra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi, divisa in tre distinte fasi: cominciata nel ’92 all’indomani della sentenza definitiva del maxiprocesso a Cosa nostra, quando governavano ancora Andreotti e la Dc; proseguita nel 1993 durante il governo «tecnico» presieduto da Carlo Azeglio Ciampi; culminata nel ’94 con l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, quando si realizzò la «definitiva saldatura del nuovo patto di coesistenza Stato-mafia, senza il quale Cosa Nostra non avrebbe potuto sopravvivere e traghettare dalla Prima alla Seconda Repubblica».

La sintesi dell’indagine della Procura di Palermo è contenuta in una memoria di 22 pagine inviata ieri al giudice dell’udienza preliminare Piergiorgio Morosini, l’ultimo atto d’accusa sottoscritto dal procuratore aggiunto Ingroia prima di partire per il Guatemala. Insieme alla sua firma ci sono quelle dei quattro pubblici ministeri che restano a sostenere l’accusa: Lia Sava, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Il documento riassume il processo e chiarisce i singoli capi d’imputazione per i dodici imputati di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio (più qualche indagato nell’inchiesta stralcio). E che conferma che restano vaste zone d’ombra, dovute ai «tanti, troppi, depistaggi e reticenze, spesso di fonte istituzionale».

Scrivono i pm: «Questo ufficio è consapevole che non si è del tutto rimossa quella forma di grave amnesia collettiva della maggior parte dei responsabili politico-istituzionali dell’epoca, durata vent’anni, che avrebbe dovuto arrestarsi, se non di fronte alla drammaticità dei fatti del biennio terribile ’92-93, quanto meno di fronte alle risultanze che confermavano l’esistenza di una trattativa ed il connesso, seppur parziale, cedimento dello Stato».

Dopo il delitto Lima (12 marzo ’92), «prima esecuzione della minaccia rivolta verso il governo e in particolare il presidente del Consiglio Giulio Andreotti», con le stragi il ricatto si estende dai singoli uomini politici alle istituzioni in generale. «È il momento in cui irrompe sulla scena una male intesa, e perciò mai dichiarata, Ragion di Stato che fornisce apparente legittimazione alla trattativa e coinvolge sempre più ampi e superiori livelli istituzionali», accusano i pm. Che rivendicano il lavoro svolto citando una frase dell’attuale presidente del Consiglio Mario Monti, pronunciata nel ventennale dell’eccidio di Capaci: «L’unica vera Ragione di Stato è quella verità che questo Ufficio non ha mai smesso, e mai smetterà, di cercare».

Gli imputati si dividono in due grandi gruppi. Da un lato i mafiosi (Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca e il «postino» Nino Cinà), che dopo l’omicidio Lima recapitarono il famoso «papello» con le richieste per interrompere le stragi. I loro «minacciosi messaggi» proseguirono con le bombe del ’93, finché nel ’94 «fecero recapitare al governo presieduto dall’on. Berlusconi l’ultimo messaggio intimidatorio prima della stipula definitiva del patto politico-mafioso». Così «la lunga e travagliata trattativa trovò finalmente il suo approdo nelle garanzie assicurate dal duo Dell’Utri-Berlusconi».

Il fondatore di Forza Italia, così come gli altri capi di governo, non risponde di alcun reato; semmai è considerato parte lesa, in quanto vittima del ricatto. Al contrario, i sospetti intermediari istituzionali (i parlamentari Mannino e Dell’Utri, e i tre ex carabinieri del Ros Subranni, Mori e De Donno) «sono tutti accusati di aver fornito un consapevole contribuito alla realizzazione della minaccia» per aver svolto «il ruolo di consapevoli mediatori fra i mafiosi e la parte sottoposta a minaccia, quasi fossero gli intermediari di un’estorsione. Con l’aggravante che il soggetto "estorto" è lo Stato e l’oggetto dell’estorsione è il condizionamento dell’esercizio dei pubblici poteri». Di qui l’imputazione, per loro come per i boss, di «violenza o minaccia a un Corpo politico».

All’appello mancano almeno due imputati che nel frattempo sono morti: Vincenzo Parisi e Francesco Di Maggio, all’epoca capo della polizia e vice direttore generale delle carceri, «che agendo entrambi in stretto rapporto con l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul tema del 41 bis». Il riferimento è alla mancata proroga del trattamento del «carcere duro» per oltre trecento detenuti, tra i quali alcuni mafiosi. Secondo la Procura l’impulso arrivò proprio da Di Maggio «uomo fidato dei Servizi di sicurezza e da sempre legato al Ros dei carabinieri, con l’avallo che gli derivava anche dai rapporti con il capo dello Stato Scalfaro, a sua volta influenzato da Parisi». L’ex capo della polizia e Mori vengono dipinti come «gli uomini-cerniera che divennero uomini-artefici della trattativa, decisivi nel garantire l’adempimento degli accordi presi».

Sempre nella ricostruzione della Procura Scalfaro è considerato il regista di altri passaggi-chiave: dall’avvicendamento tra Scotti e Mancino al Viminale a quello tra Martelli e Conso alla Giustizia, fino al cambio della guardia al vertice dei penitenziari, tra Nicolò Amato e il duo Capriotti-Di Maggio. Su Conso e Mancino, accusano i pm, «si è acquisita la prova di una grave e consapevole reticenza». Il primo sulla sua nomina a ministro dell’Interno e sulla consapevolezza dei contatti tra i carabinieri e Vito Ciancimino; il secondo sulla decisione di non prorogare alcuni decreti «41 bis» nell’autunno 1993.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 23/11/2012 18.45
Titolo:GRILLO, MA DOVE SONO I CARDINI DI UNA SCELTA DI CAMPO?!
Not in my name : Non nel mio nome RAR *


• Not in my name sarà ceduta la più piccola goccia di sovranità nazionale.
• Not in my name verrà smantellato lo Stato Sociale.
• Not in my name i partiti che hanno distrutto l'Italia si ricicleranno come salvatori della Patria.
• Not in my name i giornali che hanno fatto della menzogna un’arte riceveranno un solo euro di finanziamento pubblico.
• Not in my name ci saranno ancora le pensioni d’oro.
• Not in my name ci saranno i finanziamenti pubblici ai partiti.
• Not in my name rimarremo nell’euro senza una consultazione popolare.
• Not in my name saranno distrutte le piccole e medie imprese».
• Not in my name i concessionari di Stato continueranno a lucrare su beni pubblici.
• Not in my name si faranno grandi opere inutili indebitando i cittadini.
• Not in my name chi ha fatto della politica un mestiere rimarrà al suo posto dopo aver rovinato l'economia italiana.
• Not in my name la grande distribuzione ucciderà il commercio locale.
• Not in my name gli alti funzionari pubblici percepiranno stipendi da nababbi.
• Not in my name sarà ancora permesso il falso in bilancio».

Quello qui esposto è una “specie” di programma che Grillo ha pubblicato nel suo blog, il cui titolo non impegna il movimento ma solamente “la faccia” di Grillo; una specie di programma perché si tratta di una serie di promesse e premesse che nulla hanno come scelta politica o come indirizzo ideologico. Si tratta di un programma di buon senso, condivisibile da tutti gli elettori dotati di onestà.

Scelta politica, discutibile, è quella di cacciare fuori dal partito o movimento, colori i quali si permettono di intervenire nel dibattito politico.

Scelta politica sarebbe stata una impostazione economico-sociale di trasformazione della proprietà capitalistica in un bene a proprietà sociale, con diretto interessamento degli operai e impiegati alle sorti dell’azienda, percependone anche una quota di utile.

Scelta politica sarebbe stata una presa di coscienza che nel 1989 cadde il muro di Berlino, travolgendo il sistema del socialismo reale, e nel 2008 è iniziata una crisi che segnò la fine del capitalismo liberista, aprendo le porte alla democrazia liberal-sociale.

Quello che viene chiesto a Grillo è una scelta di campo decisa, mentre fino ad oggi abbiamo solo sentito accuse e proteste, cui corrispondono delle soluzioni che sembrano recuperate da un sondaggio mirato a conoscere cosa infastidisce di più gli elettori.

Non c’è dubbio che nessuno obietterà alcunché, approvando ogni singolo punto; ma questi punti vengono vanificati dalla mancanza di un supporto politico, che è quello che garantisce continuità operativa ispirata non al vento che oggi spira, bensì ai cardini politici di una scelta di campo.

Rosario Amico Roxas

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