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www.ildialogo.org 23 agosto: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vivono sempre,di Domenico Stimolo

23 agosto: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vivono sempre

di Domenico Stimolo

Ci sono persone, uomini e donne, che pur essendo “ultimi” nella piramide sociale, riescono a fare la storia.

Lontani, dai centri del potere, dagli assembramenti culturali e intellettuali protervamente dominanti, dalle cordate che contano, entrano “prepotenti” nella platea umana, in tutti i continenti.

Con la loro umiltà d’essere, con il pensiero, l’agire e la vigoria dei loro cuori, diventano faro di riscatto e riferimento per tutti i “dannati”; gli sfruttati, i discriminati, i paria di tutte le lande. Di ieri, oggi e domani.

I loro visi, pur ormai dispersi in cenere, volano sempre, e si posano instancabili dove necessitano conforto, idee di lotta e aneliti di liberazione.

Sono faro, luminoso sempre, per tutti coloro, i più, condannanti erranti, ad essere perennemente “naufraghi” nella nostra amata Terra.

Le loro parole non sono dissolte. Si confermano, nel passar degli anni, in tutte le terre dei punti cardinali.

Portano amore, giustizia e libertà.

Parole universali. Travalicano i confini, i recinti separatori posati ad arte, la “babele” delle lingue, i colori della pelle. Fermano le fruste e i cani vilmente aizzati. Superano le barriere dell’odio artificialmente costruito contro tutte le “diversità” che disturbano i flaccidi e panciuti manovratori.

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti rientrano pienamente in questa schiera. Occupano posto in prima fila, proprio perché hanno conquistato l’Oscar dell’Uomo nella storia del riscatto.

Sono accomunati nello stesso “triviale” destino. Quasi, data la provenienza, un nord e sud uniti nella lotta. Sono più o meno della stessa età. Sacco è nato del 1891 a Torremaggiore ( Foggia), Vanzetti è del 1888, nativo di Villafiletto ( Cuneo). Ambedue emigrano, nel 1908, negli Stati Uniti, la “nuova terra”. Lo stesso percorso fatto da decine di milioni di europei alla ricerca della sopravvivenza.

Nicola Sacco, dopo varie peripezie di sistemazione, trova lavoro in calzaturifici, Bartolomeo Vanzetti fa “mille mestieri”.

Si incontrano, così come tant’altri che cercano risposte sulle loro condizioni di sfruttati, nel corso di manifestazioni e agitazioni operaie.

Si dedicano, anima e corpo, alla loro missione di lotta alle ingiustizie, che enormi e violente attraversano quel paese. Sono anarchici.

“ Dannati agitatori” venivano appellati dai padroni e dai loro lacchè politicanti.

Si apre, feroce, la “caccia alle streghe”, ai turbatori dell’”ordine costituito” che impudicamente infrangevano le “regole del gioco”.

E’ facile costruire la rete. E, tant’è, supportate da false testimonianze, vengono accusati di rapina e omicidio ( inizio degli anni venti). Il calvario mortale viene accuratamente predisposto. Il presidente del tribunale affermò “ ciò che prova la loro responsabilità non è l’insieme delle testimonianze su fatti precisi ma è il loro passato”. L’avvocato d’accusa aggiunse” Se anche non fossero colpevoli di assassinio sono colpevoli di socialismo”.

Serviva uno scalpo da consegnare alla falce in nero.

Grandiose manifestazioni popolari attraversarono moltissimi paesi a favore di Nicola a Bartolomeo. In Italia, no, non si poteva, la dittatura fascista era sempre pronta ad inghiottire il sangue dei cittadini democratici.

Nulla potette contro il tragico meccanismo di morte ormai scientificamente innescato.

Verranno ammazzati il 23 agosto 1927, bruciati sulla sedia elettrica, a Chalestown – Massachusetts.

Così Sacco Vanzetti scrisse al figlio Dante prima della morte:

«Mio carissimo figlio e compagno,

sin dal giorno che ti vidi per l'ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire! Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario. Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perché in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perché essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata - a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D'altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perché io ti amo tanto, tanto... I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.

Nicola Sacco»

Descrizione:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a3/Save_Sacco_and_Vanzetti.jpg/300px-Save_Sacco_and_Vanzetti.jpg

(Manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti - Londra, 1921)

Domenico Stimolo



Giovedì 23 Agosto,2012 Ore: 21:34
 
 
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