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www.ildialogo.org NAPOLI, DE MAGISTRIS E IL VOTO DEL TURISTA AMERICANO. Una nota di Rino Mele (Salerno, 29 maggio 2011),

L'ITALIA E LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE: IL BALLOTTAGGIO DEL 29/30 MAGGIO 2011. "Milano e Napoli sono nei pensieri di tutti, e dalla loro voce aspettiamo di sapere il nostro futuro: sembrano di fronte e sono lontane, occupano i due fuochi di una strabiliante ellisse" (R. Mele)
NAPOLI, DE MAGISTRIS E IL VOTO DEL TURISTA AMERICANO. Una nota di Rino Mele (Salerno, 29 maggio 2011)

(...) Non c’è tempo per piccole riforme che rafforzano il tempo preesistente, c’è solo urgenza di metterla dritta questa storta bellissima città, e bisogna farlo subito (...)


 Il voto del turista americano

di Rino Mele (“Roma” - edizione salernitana, 29 maggio 2011)

Al primo turno a Napoli si è astenuto il 40% degli elettori. La cifra enorme mostra lo sfacelo, il decomposto ring dentro il quale si è poi realizzato il tempo di riflessione che ha preceduto il ballottaggio di oggi, la scelta (e il rischio) tra i due candidati: si sono trovati di fronte un uomo di centrodestra, un imprenditore, Lettieri e un rappresentante di una sinistra nuova, inedita, guerrigliera e giovane. Chiunque vinca, qualcosa è cambiato a Napoli, per sempre: la responsabilità del governo finalmente richiesta dal popolo, da una parte di esso quasi direttamente, fuori dalle consuete e difficili mediazioni.

Purtroppo, alla fine dei giorni duri della contesa, è venuta fuori, come un segno politicamente scuro, la morte del turista americano, in coma da più di una settimana dopo la violenza dello scippo a via Marina. Oscar Antonio Mendoza voleva vedere Napoli, aveva sentito parlare della bellezza della città, non della sua violenza. L’ombra chiara di questo innocente turista è diventata lo sfondo delle elezioni. Non se ne può più, Napoli deve cambiare, tutta, come il giorno si muta nella notte stellare e ha il beneficio dei sogni.

Non c’è tempo per piccole riforme che rafforzano il tempo preesistente, c’è solo urgenza di metterla dritta questa storta bellissima città, e bisogna farlo subito. Milano e Napoli sono nei pensieri di tutti, e dalla loro voce aspettiamo di sapere il nostro futuro: sembrano di fronte e sono lontane, occupano i due fuochi di una strabiliante ellisse, queste due città, e ci hanno fatto capire - in questi giorni - che le elezioni non terminano con gli scrutini ma continuano ogni giorno se guardiamo negli occhi i candidati che abbiamo votato e partecipiamo con essi al governo della nostra vita.

Nessuna delega è totale, nessuno può vendere la propria anima. Il duello politico, così forte in queste due città, è anche un insegnamento per non arrendersi all’arroganza: c’è sempre un turno in più per vincerla: le nostre parole, ogni analisi politica, il dialogo sulle cose da fare valgono una scheda votata. Anche il turista ucciso per difendere il suo Rolex a via Marina, oggi sta andando a votare. Ci sono, poi, gli eserciti di quelli che non votano e, con falsa innocenza, rafforzano il malaffare, la violenza politica, l’assuefazione a servire, come fossero morti. Bisogna chiedere loro, insistentemente, di pensare gli altri, fuori dall’ombra, e finalmente vivere la propria vita nelle necessarie parole.



Mercoledì 01 Giugno,2011 Ore: 15:09
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 06/6/2011 10.50
Titolo:ELEZIONI DI PRIMAVERA. Svestire i panni del servo e indossare la camicia dell’uo...
Elezioni di primavera

di Rino Mele (“Roma” - edizione salernitana, martedì 31 maggio 2011)

A volte, quasi all’improvviso, tutto cambia: quello che fino a ieri era consuetudine, assuefazione, servile accettazione di un dolore quotidiano, potrebbe finire: come svegliarsi, liberandoci da quei sogni pomeridiani in cui sembra di volare naufragando e, inabissandoci, salvarsi. Ieri l’Italia ha cambiato volto, l’Italia antica dei Comuni, quegli spazi del lavoro e dell’anima collettiva stretti intorno al nostro cuore come una corona (o un cilicio), luoghi dell’infanzia nostra o dei nostri figli, dove riconosciamo il volto del vicino come fosse il nostro (nei paesi, le fotografie poste negli angoli degli specchi servono a raddoppiare la memoria, i ricordi d’amore e di pena).

Le elezioni amministrative sono politiche perché il cammino dell’Unità d’Italia è ancora lungo e l’Italia dei Comuni non è stata superata, stiamo ancora uno di fronte all’altro (fratelli ostili) a guardarci dalla finestra, a riconoscere l’inizio del paese -quando torniamo- dall’odore dei campi seminati.

Le elezioni di ieri a Napoli, Milano, Cagliari, Trieste, Pordenone (in tanti altri luoghi della nostra Italia) sono state come un vento violento e fresco, vorrebbero costringerci a diventare diversi e nuovi, ad aprire le finestre di un pensato futuro per far entrare finalmente quel vento pulito, che mandi via lo stanco e strabico clientelismo, la burocratizzazione del potere. Da ieri, possiamo dire basta, ognuno per la parte che gli compete, ricostruire il nostro personaggio, assegnargli una parte più decente, svestire i panni del servo e indossare la camicia dell’uomo libero.

Ma bisogna farlo subito, non addormentarsi in una gioia sterile, lavorare con orgoglioso entusiasmo all’opera faticosa che la libertà (questo nuovo liberarsi) richiede.

Le elezioni appena terminate possono rappresentare l’inizio della distruzione degli steccati dell’imperturbabile egoismo, quei confini stretti che l’avidità traccia intorno ai privilegi e rende incapaci di guardare e capire la presenza umiliata di chi soffre, i lavoratori senza lavoro (ed è la più atroce delle contraddizioni) i malati mal curati, i vecchi abbandonati nel loro stupefatto vuoto, i bambini senza infanzia. E, soprattutto, salvare i giovani, che cercano volgendosi indietro il loro futuro. Da ieri un vento nuovo schiarisce d’emozione il nostro volto, possiamo lasciarlo andar via o correre nella primavera della sua forza.

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