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www.ildialogo.org PER OGNI CANE O GATTO CHE VIVE, MUORE UN BAMBINO,di Renata Rusca Zargar

PER OGNI CANE O GATTO CHE VIVE, MUORE UN BAMBINO

di Renata Rusca Zargar

Sono cosciente che quanto scrivo mi alienerà l’amicizia e la simpatia di tante persone che conosco. Questo mi dispiace molto ma, nella vita, grazie a Dio, ho fatto sempre quello che ritenevo giusto pagandone il prezzo di persona. Ora, che sono verso il termine, non è mia intenzione di cambiare. Quindi, scusatemi.
Se, invece, qualcuno riterrà che sia un ragionamento accettabile, lo divulghi.
Nella nostra civiltà occidentale, gli animali cosiddetti da compagnia hanno un grande spazio. Non è raro vedere giovani accompagnati dal loro cane (magari orripilante e feroce) che si danno un contegno pericoloso e aggressivo, e persone di tutte le classi sociali con bestiole di ogni genere.
Si vedono baciare gli animali sul muso (o si dice bocca?), tenerli nel letto, sulla tavola, considerando che quegli stessi animali hanno annusato l’orina di altri animali ma, dice il proverbio, ciò che non ammazza ingrassa, e i loro affettuosi padri e madri, godono di ottima salute.
Persino chi chiede l’elemosina ha imparato a circondarsi di cani per ottenere l’interesse e l’aiuto dei passanti. Io, personalmente, chiamo la nostra: “civiltà del cane”.
Oggi gli animali mangiano costosi prodotti per loro appositamente creati, indossano il cappottino così non si raffreddano, vanno dal parrucchiere… (Mi ricordo che le mie nonne avevano entrambe il cane: erano animali da guardia e a loro toccavano gli avanzi perché era già abbastanza difficile andare avanti per i membri della famiglia –ai quali ancora si dava la precedenza.)
In contemporanea, nella nostra bella civiltà umana, più di 25.000 persone muoiono di fame ogni giorno: in media muore di fame un bambino ogni cinque secondi. Ogni giorno, malattie come diarrea, polmonite, malnutrizione, morbillo, malaria, aids, causano la morte di migliaia di bambini: oggi, il 10% dei bambini che vivono in paesi in via di sviluppo muoiono prima di aver compiuto cinque anni. La maggior parte dei decessi per fame sono causati da malnutrizione cronica. I nuclei familiari semplicemente non riescono a ottenere cibo sufficiente a causa dell'estrema povertà. Oltre alla morte, la malnutrizione cronica causa indebolimento della vista, uno stato permanente di affaticamento che causa una bassa capacità di concentrarsi e lavorare, una crescita stentata e un'estrema suscettibilità alle malattie. Le persone estremamente malnutrite non riescono a mantenere neanche le funzioni vitali basilari. Si calcola che circa 800 milioni di persone nel mondo soffrano per fame e malnutrizione, circa 100 volte il numero di persone che effettivamente ne muoiono ogni anno. Spesso, le popolazioni più povere necessitano di minime risorse per riuscire a coltivare sufficienti prodotti commestibili e diventare autosufficienti. Queste risorse possono essere: semi di buona qualità, attrezzi agricoli appropriati e l'accesso all'acqua. Minimi miglioramenti delle tecniche agricole e dei sistemi di conservazione dei cibi apportano ulteriore aiuto.
Allora io mi domando: le risorse che si impiegano sugli animali non potrebbero essere impiegate per salvare delle vite umane? Vale davvero di più l’essere umano o vale uguale agli animali? L’essere umano vale di più perché ha l’anima? Gli animali hanno l’anima? C’è differenza tra noi e gli animali? È chiaro che per me l’essere umano è comunque diverso dagli animali. L’uomo ha costruito case, scuole, strade ecc., gli animali sono rimasti alla preistoria. Credo che tutti quelli che non sono vegetariani, visto che gli animali se li mangiano tranquillamente, siano d’accordo con me.
Eppure, quando devono privilegiare una vita, lasciano morire un bambino senza neppure porsi il problema e si tengono cani e gatti (per qualche vecchio stereotipo, alcuni animali si mangiano e altri no). Premetto che ho il massimo rispetto per gli animali che fanno parte dell’equilibrio della natura e sono comunque indispensabili alla vita sulla terra (certo è un rispetto un po’ “peloso” perché sono carnivora e mangio anche molto pesce!). A parte la nutrizione, non uccido neppure un ragno: lo prendo e lo metto sul poggiolo.
Ma siamo sicuri che gli animali, poi, siano così felici di essere prigionieri delle nostre case, schiavi dei nostri capricci? Io penso sempre: supponiamo che fossi costretta a vivere in un branco di elefanti che mi trattassero benissimo, mi fornissero di abiti, gioielli, trucchi… Non sentirei la necessità di una vita con esseri della mia specie? Non preferirei avere una vita sessuale (tipica degli animali in genere), dei piccoli, di seguire le mie abitudini, invece che essere prigioniera –seppure idolatrata- di un’altra specie? Io credo che, come al solito, nascosto dietro l’amore per gli animali ci sia l’usuale nostro egoismo e anche l’incapacità di stabilire relazioni umane. Come noto, gli animali danno sempre ragione al padrone mentre gli esseri umani sono spesso in contrasto! Quando mi lamento delle mie figlie, mio marito mi risponde sempre che, se volevo avere sempre ragione, non dovevo avere figli ma prendermi un cane!
Gli animali servono di compagnia agli anziani, si dirà. Può darsi, ma è una ben triste compagnia, un abisso di solitudine dove la famiglia è inesistente. A un convegno dell’Auser, mi ricordo che un signore (non so il nome) aveva detto che lui avrebbe tolto tutte le panchine dalla città, così, invece di stare seduti a spettegolare, gli anziani potevano muoversi e fare qualcosa, magari del volontariato. Condivido pienamente questa visione dell’anziano, oggi che la vita si allunga, è necessario salvare il proprio corpo e cervello e lo si può fare solo rimanendo attivi.
Io penso, dunque, che gli animali dovrebbero essere rispettati nel loro ambiente, non tenuti in schiavitù come inerti pupazzi.
Con quelle stesse risorse, invece, si potrebbero salvare vite umane, magari in Africa. Ma, a chi non piace l’Africa, oggi può ripiegare sulla Grecia, ad esempio. A causa della crisi economica che ha colpito la Grecia, infatti, moltissimi bambini sono malnutriti e vivono in condizioni malsane: 439.000 bambini vivono al di sotto della soglia di povertà, in famiglie che rappresentano il 20,1%, ovvero un quinto, del totale dei nuclei familiari ellenici.
In Italia ci sono circa sette milioni di cani e sette milioni e mezzo di gatti. Molte persone hanno perso il posto di lavoro e i loro figli non potranno più studiare…
Quanti bambini si potrebbero salvare da dolore, malattie, morte?
A meno che non si dica apertamente che la vita di un animale vale più di quella dell’essere umano e che si fa di tutto per salvare un animale (cure, operazioni, ecc.) e non si ha alcun interesse per chi non può avere neppure le vaccinazioni.
Opinione che rispetto perché io obiettivamente non so se l’essere umano (in particolare questi esseri umani che condannano leggiadramente a morte altri esseri umani) valga di più del loro cane o gatto.
“Crediamo, cioè, vi sia un reale obbligo morale alla cura di quegli animali le cui vite sono a noi affidate, pur senza dimenticare che essa dovrà essere proporzionata alla realtà delle vite stesse: non sarebbe certo etico, ad esempio, dedicare ai propri pets un’attenzione superiore di quella rivolta agli esseri umani di cui siamo responsabili. Troviamo, invece, una decisa rottura con tale prospettiva in quelle pratiche di biocultura che assumono la forma di allevamento industriale, nelle quali sparisce ogni forma di partnership nei confronti dell’animale. Qui il vivente è completamente reificato, ridotto a mera risorsa, a strumento di produzione di carne (o di pelliccia o quant’altro), generalmente senza alcuna attenzione per le sue caratteristiche etologiche – se non a quel livello minimale che è necessario per la qualità del prodotto stesso. Il ruolo apicale dell’uomo nella dinamica evolutiva si intreccia con l’allungamento delle catene causali con cui ci rapportiamo al mondo naturale, fino a determinare la rottura di ogni alleanza con esso: si spezzano i legami empatici nei confronti degli animali, che vengono usati e abusati indiscriminatamente. Il sistema di allevamento industriale pone, del resto, anche seri problemi di sostenibilità, apparsi in forma particolarmente evidente in questi ultimi anni, nel momento in cui la globalizzazione ha favorito la diffusione del consumo di carne anche ad aree altamente popolate, ma tradizionalmente associate a stili di vita ben più sobri. Tale dinamica ha determinato una maggior richiesta di mangimi vegetali, con pesanti ricadute sul mercato alimentare, come sulla produzione di rifiuti. L’impatto sull’ecosistema – locale e globale – della crescita di tale domanda di carne è rilevante e destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni, in assenza di significative modifiche dei trends correnti. Un’etica della cura dovrà, dunque, misurarsi anche con tale area problematica, invitando ad una decisa riduzione del consumo di carne nei paesi industrializzati e a un suo contenimento in quelli che vivono in questi anni una crescita economica, onde permettere pratiche di allevamento più rispettose dei viventi coinvolti e meno impattanti sul piano ambientale.”
Da Simone Morandini “Abitare la terra custodirne i beni” Fondazione Lanza, Proget Edizioni, 2012, pag. 76-77
Renata Rusca Zargar



Martedì 20 Maggio,2014 Ore: 21:43
 
 
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