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www.ildialogo.org CONCETTINA: LA STORIA DI UNA MAESTRA DI ALTRI TEMPI,DI JESSICA CUGINI, GIORNALISTA PROFESSIONISTA DI COMBONIFEM.IT

CONCETTINA: LA STORIA DI UNA MAESTRA DI ALTRI TEMPI

DI JESSICA CUGINI, GIORNALISTA PROFESSIONISTA DI COMBONIFEM.IT

Concettina aveva quasi sessant'anni più di me quando la conobbi. Ma ai miei occhi di bambina di prima elementare sembrava già vecchia. Saranno stati i suoi capelli bianchi, quel suo fare severo. Non appena entrava in classe la mattina, noi bambini scattavamo in piedi per salutarla, tutti ordinati nel nostro grembiule nero dal colletto bianco e dal fiocco rosso.

Concettina non perdeva tanto tempo nei convenevoli. Come prima cosa, ancora in piedi, sollecitava il segno della croce e la mattina iniziava sempre uguale, con la recita del Padre Nostro. Nella nostra classe c'era Daniele: Anche lui stava in piedi, ma la preghiera non la diceva. Il perchè lo avremmo capito solo più avanti: era testimone di Geova.
Cosa volesse dire lo ignoravamo, ma tanto bastava per sapere che Daniele sarebbe rimasto in piedi muto. Anche quando si faceva musica in quell'aula magna che allora ci pareva enorme. Daniela spesso non cantava con noi. Almeno non sempre non quando le dita di Concettina accennavano sul pianoforte qualche canzoncina religiosa.
Sapevamo tutti che la nostra maestra ci avrebbe accompagnato fino alla quinta. Avrebbe finito con noi la terza elementare poi sarebbe andata in pensione. Si sarebbe, (dicevano i grandi) riposata dopo tanti anni di lavoro. E fu proprio in terza nell'ultimo anno di insegnamento, che capii che Concettina, non era poi così severa, che ci teneva nel cuore tutti, anche quelli un po' più discoli, ribelli.
Capitò che per una malattia Concettina, dovette mancare per una settimana, così in classe, arrivò – per la prima volta, almeno nella mia memoria bambina, una supplente. La giovane donna che si trovava a sostituire Concettina aveva un po' di difficoltà nel farsi ascoltare dalla classee Un giorno minacciò, mettendo poi in atto, che avremmo tutti saltato la merenda. Per punizione alla nostra indisciplina.
La nostra Concettina era severa, sì, le bastava un'occhiata per farsi comprendere da noi, ma non ci aveva mai puniti. Mai poi avevamo saltato la merenda o la ricreazione. Ci parve un diritto leso. Scrivemmo al Preside, segnalando l'accaduto.. La supplente non poteva toglierci la merenda. Era un diritto. E poi, diciamola tutta,: noi, bimbi in crescita, a metà mattina, avevamo le pance che cominciavano a brontolare. La colazione del mattino era un vago ricordo. Non tutti firmarono quello che ci sembrava un atto rivoluzionario, di denuncia di un torto subito ingiustamente. Solo un piccolo gruppo di cinque, tra bambine e bambini. Io, manco a dirlo, ero tra questi.
Consegnammo la letterina scritta in un foglio a righe al preside e all'uscita di scuola, anora in preda all'eccitazione per aver fatto una cosa di cui andavo fiera lo raccontai ai miei mentre, come ogni sabato, si andava in campagna dai nonni per il fine settimana.
Mia madre e mio padre mi misero subito in guardia: lunedì avremmo avuto problemi e la compattezza del nosro gruppo sovversivo si sarebbe spezzata. E così avvenne effettivamente. La giovane supplente chiese spiegazioni a gran voce, ordinò ai firmatari di alzarsi in piedi. Ma, tra la paura e la vergogna, solo io lo feci. Non senza rammarico nel vedere che gli altri, il mio sparuto gruppo di compagni rivoltosi, non mantenevano la posizione presa. Ci fu chiesto di tornare in classe l'indomani accompagnati dai genitori. I miei ritennero giusto non andare e io mi sentii in qualche modo risarcita nell'orgoglio.
Non so bene cosa la supplente disse quel giorno ai genitori delle mie compagne e compagni. So quel che, al suo rientro, Concettina,disse a me prendendomi in disparte e facendommi sedere sulle sue ginocchia, durante la ricreazione. Un gesto inconsueto per quella maestra dall'aspetto severo.
Quelle parole e quell'insolito fare li porto nel cuore da oltre trent'anni. Tante cose sono cambiate nel mondo della scuola. Concettina oggi avrebbe più colleghe con cui condividere l'onere e l'onore di portare avanti i suoi alunni della scuola oggi detta primaria.
Forse troverebbe le parole per spiegarci di Daniele. Certo rimarrebbe immutata la sua funzione di educatrice, di accompagnatrice di piccoli uomini e donne nel mondo di domani. Così come, sono certa, rimarrebbero immutate quelle sue parole rispettose di un cammino intrapreso, nella rivendicazione di un diritto, seppur piccino.
Perchè Concettina, maestra d'altri tempi, racchiude, in questa piccola storia di un ricordo lontano, quel che le insegnanti possono essere per i propri alunni e alunne: stimolo di una crescita consapevole, seme di un fare politica che è insito nell'educazione di quella “buona scuola” che sa camminarle accanto. (JESSICA@COMBONIFEM.IT). (a cura di Carlo Castellini).



Lunedì 07 Settembre,2015 Ore: 20:01
 
 
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