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www.ildialogo.org ORA DI RELIGIONE CATTOLICA. TANTO “PROFUMO”, POCO ARROSTO,da Adista Notizie n. 36 del 13/10/2012

ORA DI RELIGIONE CATTOLICA. TANTO “PROFUMO”, POCO ARROSTO

da Adista Notizie n. 36 del 13/10/2012

36874. ROMA-ADISTA. Tanto rumore per nulla? Il dubbio sorge dopo l’ennesima puntualizzazione del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo in merito alle proprie dichiarazioni sull’ora di religione, ridotte nell’arco di pochi giorni a riflessioni ad alta voce. «Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso», aveva detto il 21 settembre scorso alla festa di Sinistra, ecologia e libertà. «Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica». Il ministro aveva corretto il tiro qualche giorno dopo a margine della presentazione della biblioteca del suo dicastero – «Credo che il Paese sia cambiato: nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e Paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto», sono state le sue parole – per poi tornare ancora una volta sull’argomento in una lettera al filosofo cattolico Giovanni Reale (pubblicata il 26 settembre sul Messaggero) che aveva manifestato perplessità circa le sue esternazioni. «Il nostro Paese è al centro di un Mediterraneo in tumultuosa evoluzione politica e spirituale, da sempre crocevia di fedi e popoli, che da qualche tempo cerca un diverso equilibrio tra di esse e tra di essi», scrive Profumo a Reale. «Sono dinamiche che ci toccano da vicino, mi sono detto guardando le nuove della scuola italiana, dove questo essere crocevia è divenuto infine realtà. Conoscere questo nuovo mondo, e cercare di capirne i processi di trasformazione mi sembra essenziale per i nuovi italiani tanto quanto saper far di conto, saper scrivere nella nostra bellissima lingua, conoscerne una straniera ed avere una cultura civica e costituzionale pronta per la cittadinanza. A questo penso – precisa Profumo – e non certo a cambiare norme o patti, tantomeno a fine legislatura, quando rifletto ad alta voce su come l’Italia, e dunque la scuola italiana, possa fare i conti con questa mutata realtà».

Sia come sia, la sortita del numero uno di viale Trastevere non è passata inosservata.

Da parte cattolica la levata di scudi in difesa dello status quo è stata unanime, ma pacata, in quanto forte del regime concordatario. «La proposta dell’insegnamento della religione cattolica all’interno delle scuole è già cambiata», ha detto ai microfoni di Radio Vaticana (26/9) il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per l’Educazione cattolica, la Scuola e l’Università. «Non è di certo una lezione di catechismo, bensì una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la loro radice proprio nel cristianesimo». «Per questo ritengo davvero che, essendo in una realtà multietnica, multireligiosa, senza peraltro esagerarne la valenza, già si impartisce una lezione culturalmente aperta proprio perché vi sia la possibilità di una conoscenza e di un dialogo, anche, tra le diverse forme culturali e dunque anche tra le diverse espressioni religiose».

Sì alla proposta del ministro sull’ora di religione, ma con la certezza che resti cristiana come stabilito dagli accordi concordatari, è stato il commento del card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura. «È importante il rinnovamento della didattica nel metodo: il messaggio evangelico va sempre insegnato ma c’è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura» (Avvenire, 25/9). «Nei programmi attuali – ha proseguito – ci sono contenuti fondanti. Non penso solo alla religione, ma anche alla scienza. Non si può, ad esempio, prescindere dalle grandi leggi della fisica, ma ci sono anche interpellanze nuove, come la bioetica».

«Prima di comprendere gli altri, bisogna comprendere se stessi», è stato il commento del settimanale dei paolini, Famiglia cristiana (25/9). «Anche chi è figlio di chi viene da lontano ha il diritto di studiare le radici spirituali della terra che lo ha accolto come un fratello. Ridurre l’ora di religione a un sincretismo indistinto di religioni del mondo, accontentando le velleità laiciste di una minoranza (l’ora di religione è liberamente scelta da oltre il 90% degli italiani) non aiuta questo Paese a ritrovarsi, bensì a smarrirsi. Aumentando lo spaesamento in cui siamo già abbondantemente immersi».

Reazioni che non sono piaciute al Centro interconfessionale per la pace di Roma (Cipax). «Una proposta di assoluta buona fede che avrebbe potuto pacatamente essere discussa – scrive il Cipax –, ha provocato nell’episcopato un riflesso di chiusura difensiva tutta giocata a tutela del privilegio concordatario e del già fatto (e si deve riconoscere che non è poco) in termini di modernizzazione del c.d. insegnamento della religione cattolica, un tempo “di Stato”». «Lo stile delle repliche ecclesiastiche – prosegue il Cipax – non sembra in consonanza con l’auspicabile apertura di un dialogo tra Stato e Chiesa sul terreno sensibile di una collaborazione nuova e creativa in tema di rinnovamento culturale della scuola. E fa temere che a un dialogo del genere i vertici ecclesiastici non siano sensibili se non all’interno delle proprie sicurezze concordatarie; salve, ben si intende, le civetterie di un dialogo elitario col “mondo”, all’interno delle cattedre dei non credenti, o delle corti dei gentili. Purché ciascuno resti a casa sua».

Le prime parole di Profumo erano invece state ben accolte da Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), che le aveva definite «una dichiarazione coraggiosa che affronta con realismo un tema sul quale in Italia è sempre difficile confrontarsi» (Nev, 26/9). «Spero vivamente che non siano state affermazioni improvvisate e che possano essere l’inizio di un dibattito pubblico su di un tema di grande valore educativo e culturale, al quale gli evangelici italiani sono pronti a partecipare», proseguiva Aquilante. «Un insegnamento laico sulle religioni costituirebbe un importante contributo all’educazione alla cittadinanza in una società in cui convivono culture e fedi diverse».

«Ho apprezzato moltissimo quello che ha detto in questi giorni a proposito del bisogno di rivedere l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche», aveva scritto, in una lettera di solidarietà al ministro, Dora Bognandi, direttore del Dipartimento Affari pubblici e Libertà religiosa della Chiesa avventista. «Le parole che ha usato testimoniano della sua sensibilità e corrispondono alla realtà dei fatti. Le scuole sono sempre più frequentate da studenti di diversa provenienza geografica e appartenenti a culture e religioni diverse. Non tenerne conto è sintomo di miopia sociale e di un provincialismo che può diventare pericoloso». (ingrid colanicchia)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Sabato 13 Ottobre,2012 Ore: 15:06
 
 
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