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www.ildialogo.org Precari e “gender”, altri scogli della Buona Scuola,di Renata Rusca Zargar

Precari e “gender”, altri scogli della Buona Scuola

di Renata Rusca Zargar

I precari hanno fatto domanda per definire, finalmente, la loro posizione all’interno della scuola. Il che ha generato anche molte proteste, come al solito.  
Confesso di essere ormai lontana dal problema perché sono stata precaria –solo per nove anni- molto tempo fa e, inoltre, ho lavorato sempre nella provincia di Savona (magari accettando supplenze nelle scuole dove altri non volevano andare). Ricordo, però, che, persino in quei tempi, alcuni dovevano andare in differenti province e regioni per poter trovare un posto e, successivamente, chiedere il trasferimento. Oggi, tuttavia, quando molti dei nostri giovani sono costretti ad andare all’estero –senza neppure la garanzia di un posto fisso e definitivo- sembra strano pensare che ci sia chi rinuncia al lavoro sicuro perché dovrebbe spostarsi (evidentemente da sud a nord dove ci sono più alunni e quindi più posti -http://www.repubblica.it/scuola/2015/08/14/news/scuola_domande_assunzione-120982655/).
Come dice qualcuno, rifiutano perché il lavoro ce l’hanno già, oppure, come risulta chiaro, rinunciano perché, attualmente, i precari della scuola hanno in media più di quarant’anni e dovrebbero lasciare la famiglia, i figli, ecc. Per anni e anni, infatti, non si è fatto nulla per la scuola –solo tagli- e neppure per la professionalità dei docenti costretti a cambiare classe ogni anno, senza poter fare progetti non solo per sé ma neppure per la scuola stessa e gli allievi che incontravano nei loro pellegrinaggi.
Se, questa volta, non si fossero assegnate le cattedre anche su base nazionale, secondo le graduatorie e i punteggi ottenuti nei concorsi, l’alternativa sarebbe stata che al nord sarebbero entrati in ruolo più insegnanti –magari con meno punteggio, magari non vincitori di concorso, non voglio dire meno bravi- e al sud molti sarebbero rimasti fuori, pur avendo più titoli per accedere al ruolo. Era una soluzione migliore? Non lo so, ma senz’altro in questo paese avrebbe fatto meno chiasso. D’altra parte, tutto ciò che tocca il governo, ormai, diventa occasione di protesta accanita.
Faccio un altro esempio: l’autonomia (della quale parlerò nel prossimo articolo) permetterà di potenziare le attività delle scuole e, soprattutto, alcune materie –penalizzate, invece, dalle precedenti riforme senza che nessuno si stracciasse tanto le vesti- come arte (pensare che siamo in Italia!), musica, lingue, discipline motorie, diritto, economia, competenze digitali, educazione alla cittadinanza.
Io ne sono contenta ma ho notato che insegnanti, genitori, allievi, non la pensano come me.
Inoltre, mi sono stupita moltissimo delle proteste feroci, nel passato anno scolastico, riguardo le prove Invalsi. Io non ricordo –seppure ho sempre constatato nella scuola avversione da parte dei docenti per tali prove- opposizioni così accese negli anni precedenti, anche se le prove sono in vigore dal 2008 nelle medie (https://it.wikipedia.org/wiki/Test_INVALSI) e  dal 2011 nelle superiori. Le critiche sono sempre state molte (basta leggere su internet articoli anche del 2011) ma mai c’è stata una sollevazione generale così forte. Non sarà la solita strumentalizzazione contro il governo?
In fondo, lo scopo finale di tali prove –anche se ognuno ci ha voluto vedere di tutto e di più- è di verificare le competenze e quindi potenziarle laddove siano più scarse, in modo da non avere in Italia scuole di serie A e di serie B.
Ma la cagnara più vigorosa con petizioni, discese in piazza, ecc. è stata attuata contro la presunta educazione di “gender”. L’articolo 16 del DDL sulla “Buona Scuola” recita: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93.” Il decreto-legge 14/2013 n. 93 è quello recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere. In sostanza, si tratta del cosiddetto decreto legge contro il femminicidio. L’articolo 5, comma 2, del testo citato nell’emendamento del DDL sulla Buona Scuola prevede la creazione di un Piano articolato in otto punti per contrastare la violenza contro le donne e la discriminazione di genere: a) prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l’informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la consapevolezza degli uomini e ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne; b) promuovere l’educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell’ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo; c) potenziare le forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza; d) garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; e) accrescere la protezione delle vittime attraverso un rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte; f) prevedere una raccolta strutturata dei dati del fenomeno, anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti; g) prevedere specifiche azioni positive che tengano anche conto delle competenze delle Amministrazioni impegnate nella prevenzione, nel contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e di stalking; h) definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio.
Non entro nel merito del fatto che, in un paese dove viene uccisa una donna ogni due giorni, tutti dovrebbero essere favorevoli a una scuola che si impegni al massimo nell’educazione dei giovani, unico mezzo per fermare tanti omicidi e violenze. Il problema è, però, che le norme della Buona Scuola sono state lette strumentalmente come, nientemeno, che un aperto invito a diventare omosessuali (ecco il “gender”!). Invece, avremmo dovuto essere tutti uniti a lottare contro il bullismo omofobico che miete ogni giorno moltissime vittime causando danni fisici e psicologici irreparabili negli adolescenti omosessuali o addirittura solo supposti tali.
Credo che sia giunto il momento di smetterla di fare come quell’asino che, incontrando il leone nella foresta, aveva pensato che, se avesse chiuso gli occhi, non avrebbe visto il leone e, di conseguenza, il leone non avrebbe visto lui! Lasciare tutto al caso, negando la realtà, non è una mossa da adulti intelligenti e maturi. E soprattutto non è un comportamento umano.
Ho insegnato per molti anni e ho notato i cambiamenti nei ragazzi che, in prima superiore, sono ancora bambini e, quindi, negli anni, diventano adulti. Piano piano, naturalmente, tutti sviluppano la loro identità sessuale. Quelli che si sentono “diversi” se ne vergognano ancora, cercano di nascondersi perché, nella migliore delle ipotesi, sanno di non essere ben accetti. Come tutti sentiamo nelle notizie di cronaca, alcuni di loro, che non hanno assolutamente colpa alcuna, vengono picchiati e puniti ferocemente da altri ragazzi.
In questo paese, purtroppo, non c’è alcun rispetto della dignità e dei diritti delle persone perché si crescono tuttora figli maschi “superiori” che non accettano una donna pensante e responsabile, figli che tormentano i disabili e le persone più deboli, figli che non accettano la diversità di religione, colore, cultura, e figli che non accettano la diversità sessuale.
La scuola (e la famiglia) fino ad ora non ha fatto il suo mestiere (c’è ancora tanta discriminazione nei libri di scuola, provate a leggere ad esempio, “Educazione Sessista Stereotipi di genere nei libri delle elementari” Irene Biemmi, Rosenberg & Sellier, 2011, pagg. 216, euro 21,25, ebook 14,99 oppure “Maschi contro femmine Giochi e attività per educare bambini e bambine oltre gli stereotipi” Roberta Fregona, Cristina Quaranti; Erickson, 2011, pagg. 172, euro 16,20).
Speriamo che la Buona Scuola ci porti sulla buona strada della parità di tutti gli esseri umani nel rispetto della loro dignità.
Questo articolo fa seguito al precedente dell’11 luglio 2015 “I docenti e la paura della meritocrazia” (http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/scuola/OpinioniAnalisi_1436629834.htm)
 
Renata Rusca Zargar



Martedì 18 Agosto,2015 Ore: 17:41
 
 
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