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www.ildialogo.org Plutocrazia senza fine: Perché l'1% sconfigge sempre il ceto medio,di Thomas Frank

Plutocrazia senza fine: Perché l'1% sconfigge sempre il ceto medio

di Thomas Frank

Salon.com 30 Marzo 2014
È dalla metà degli anni 1990 che scrivo su ciò che eufemisticamente chiamiamo disuguaglianza, ma circa dieci anni fa, mentre ero in viaggio per conferenze sui veleni messi in circolazione dalla cultura di destra, mi resi conto improvvisamente che forse il racconto che facevo era costruito su presupposti sbagliati. Forse i fenomeni economici di cui mi dolevo - l'arricchimento osceno degli amministratori delegati, l'abolizione delle regole, la scomparsa della classe media, non erano quello che pensavo che fossero. Quando parlavo di queste cose, pensavo che fossero un'offesa alla nazione benestante che ancora credevo che fossimo. Pensavo che una volta caduto il velo che ci copriva gli occhi avremmo capito che cosa stava succedendo, avremmo gridato "basta" e fatto finire questo periodo folle, e la classe media sarebbe ritornata al solito benessere.
Quel giorno mi colpì l'idea che il felice mondo borghese del dopoguerra che avevo vissuto era l'eccezione, e che la plutocrazia che stavamo gradualmente diventando era la norma. Forse ciò che ci stava accadendo era un gigantesco ritorno alla media dei tempi pre-rooseveltiani, e tutti gli aspetti della vita quotidiana che ci sembravano tanto solidi e permanenti quand'ero giovane - le grandi periferie urbane, i toni rassicuranti dei telegiornali, gli elettrodomestici che riempivano le case della classe operaia - erano anomalie rese possibili da un equilibrio instabile tra forze politiche che si reggeva solo per gli enormi sforzi dei suoi beneficiari.
Forse la storia andava esattamente nella direzione opposta a quello che avevo sempre creduto. In tal caso la domanda da farsi non era più: "Quando potremo tornare al giusto ordine delle cose", ma piuttosto "Quando finiremo di cadere?".
Certo oggi è molto peggio. Dovunque si discute della diseguaglianza; ci sono gruppi di studio e convegni accademici dedicati a questo tema; è comunemente accettato che persone beneducate si interroghino sui comportamenti osceni di quelli che stanno in alto. Prima o poi la domanda che tutti si fanno, dopo aver scoperto quanto parte della ricchezza che gli americani producono va agli imbecilli che stanno negli attici e nelle suites riservate dei grandi alberghi, è questa: Quanto può durare ancora questo stato di cose?
L'1% ha già superato ogni record precedente di accumulazione di ricchezza - almeno dal 1913, quando si è cominciato a tenere registri contabili moderni. Ma cosa succede se tutto continua ad andare avanti così? Quanto possono ingrassare ancora gatti già grassi, prima che la storia si incarichi di ristabilire l'equilibrio?
Che si sia molto vicini a un limite oltre il quale le contraddizioni interne al sistema finiranno per portarlo automaticamente alla rovina, è un'idea che di recente è tornata di moda. Non che siano molti a condividere la visione della storia di Marx, che pensava che dopo l'inevitabile impoverimento dei lavoratori ci sarebbe stata, altrettanto inevitabilmente, un'esplosione rivoluzionaria, ma ci sono altri pericoli che ci sembrano oggi altrettanto inevitabili. Si parla molto, ad esempio, di come la disuguaglianza abbia contribuito alla bolla immobiliare e alla successiva crisi finanziaria, di come abbia squilibrato l'economia tanto da impedirle di sopravvivere.
Mi torna alla mente la teoria della disuguaglianza avanzata dall'economista Simon Kuznets, teoria un tempo in voga, che diceva che le società capitalistiche diventavano semplicemente più egualitarie man mano che maturavano. Questa teoria purtroppo è stata dimostrata falsa dall'economista Thomas Piketty nel suo nuovo libro, "Capital in the Twenty-First Century". Come si sono dimostrate false anche le teorie dell'economista Ravi Batra, che nel 1987 predisse "La Grande Depressione del 1990", perché la disuguaglianza avrebbe per allora raggiunto quelli che lui pensava sarebbero stati livelli insostenibili.
È una fantasia rassicurante, questa fiducia che un qualche tipo di vincolo incorporato nella società impedirà comunque che le cose vadano troppo oltre. Purtroppo questa fiducia mi ricorda anche analoghi meccanismi che ai Democratici piace sognare quando il partito repubblicano vince le elezioni per l'ennesima volta. Mentre le urla di trionfo dei vincitori riempiono l'aria con nuovi e ancor più distruttivi tagli delle tasse, il cuore liberale si riempie del desiderio di chimere come la teoria del pendolo, o del ciclo trentennale, o dell'inevitabile trionfo del centro. Qualche grande forza metterà a posto quegli insolenti. Uno di questi giorni beccheranno la giusta punizione .
Ma la cavalleria cosmica non arriverà mai, né alcun deus ex machina salverà la società borghese. Il sistema economico è sempre in qualche tipo di crisi, ma in qualche modo riesce sempre a sopravvivere. Ad esempio portando la gente a parossismi di paura nei confronti di coloro che proclamano l'inevitabile distruzione del sistema. Mi riferisco non solo all'abitudine dei repubblicani di gridare alla "lotta di classe" ogni volta che si fa qualsiasi critica alla plutocrazia, ma anche a Glenn Beck, un tempo influente conduttore radiofonico della destra, che nel 2009 e nel 2010 era il solo americano a prendere sul serio lil libro di un oscuro anarchico francese, "L'insurrezione che sta per arrivare". In quei giorni bui Beck usava ogni notte il libro per terrorizzare il suo vasto pubblico di anziani e di speculatori sull'oro - l'anarchia è proprio dietro l'angolo! - e ancora oggi è possibile trovare il libro nelle liste di lettura di tutti i club del progetto 9/12. [Un'iniziativa della destra repubblicana americana nata dopo l'11 settembre del 2011. NdT]
Non dimentichiamo che fu proprio grazie all'energica attività di quei club 9/12 e del movimento del Tea Party, a questi club strettamente allineato, che la risposta ovvia e convenzionale - e forse anche inevitabile - alla catastrofe del 2008 non fu quella che l'opinione pubblica avrebbe scelto. Secondo un importante recente lavoro dei sociologi Clem Brooks e Jeff Manza, la teoria ortodossa della recessione economica sostiene che gli elettori "in tempi di recessione economica e di aumento della disoccupazione si allontanano dai mercati non regolamentati e richiedono un più attivo ruolo del governo". Ma nella crisi degli ultimi anni le persone hanno reagito in modo diverso: "Piuttosto che appoggiare nuove richieste di interventi governativi per favorire la ripresa economica, l'opinione pubblica americana si è spostata verso la diminuzione delle responsabilità del governo per i problemi sociali ed economici". Queste tesi hanno fatto il pieno al Congresso repubblicano del 2010, un risultato, secondo Brooks e Manza, che ha molto a che fare con il conservatorismo estremo di organizzazioni come Fox News.
Vale la pena di osservare, anche se di sfuggita, che l'attacco della destra contro le pensioni pubbliche è cominciato con l'onda repubblicana, ed è stato portato avanti sotto la bandiera del determinismo storico, con tutti d'accordo che i ricchi finiranno per sconfiggere i sindacati e che non ci si può far nulla. ("I tagli alle pensioni di Detroit erano inevitabili, dichiara un consulente dell'amministrazione comunale", era il tipico titolo strillato sull'argomento).
Non nego, naturalmente, che la concentrazione della ricchezza abbia effetti sociali prevedibili, oltre a quello primario e brutale di fottere per sempre voi e i vostri cari. La disuguaglianza porterà sicuramente a un'ulteriore corruzione del nostro sistema politico, che a sua volta porterà a un'ulteriore deregolamentazione e a ulteriori salvataggi bancari a nostre spese, così che alla fine ci sarà un'epidemia di frodi e fallimenti. Il ciclo economico consisterà in un'alternanza di boom folli e tremendi fallimenti. Sappiamo che queste cose succedono perché è ciò che sta avvenendo ora. Ma questo non significa che questo meccanismo impazzito si fermerà, o che vedremo i capitalisti convertirsi in massa alle teorie keynesiane e insistere per una migliore regolazione dell'attività di Wall Street.
L'aspetto peggiore di questa situazione è che può durare a lungo. La plutocrazia può sconvolgerci ogni giorno con la sua malvagità, ma questo non significa che Dio li colpirà. Il modello di sviluppo basato sulla classe media ha certo funzionato molto meglio per il novantanove per cento della popolazione, ma ciò non lo rende inevitabile. È possibile costruire un modello plutocratico che in qualche modo funzioni come ha fatto nell'ottocento. Per questo sono necessarie cose diverse: anziché frigoriferi per tutti oggi servono parlamenti corrotti ed eserciti di crumiri, oltre salvataggi delle grandi banche quando crollano sotto il peso dei loro errori nei crediti (questa è la vera novità del nostro tempo). Tutto questo può ben essere dannoso, inefficiente e antidemocratico, ma non si smantellerà da solo.
Smantellarlo è il nostro lavoro. Nessun altro lo farà al posto nostro.
(Traduzione di Gianni Mula)
Thomas Frank è giornalista e scrittore di successo che scrive sul sito Salon.com. Tra suoi numerosi libri ricordiamo "What's The Matter With Kansas", "Pity the Billionaire" e "One Market Under God". È fondatore ed editore della rivista The Baffler.



Martedì 08 Aprile,2014 Ore: 19:17
 
 
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