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www.ildialogo.org Qualcuno aiuti il povero ministro Maria Chiara Carrozza!,di Gianni Mula

Qualcuno aiuti il povero ministro Maria Chiara Carrozza!

di Gianni Mula

Gianni Mula È vero: c’è in Italia uno scellerato ignorante che accusa di disinformazione il ministro Maria Chiara Carrozza e ne chiede le dimissioni, paragonandola sfavorevolmente perfino a un ex-ministro di nota incapacità (Maria Stella Gelmini). Mentre è chiaro a tutti che il ministro Carrozza conduce una meritoria battaglia contro la casta dei professori universitari perché voler rimanere in servizio dopo i 70 anni non è né generoso né onesto. Per di più, come segnala l’amico Dario Maggi in un commento al post accusatorio, si tratta di disinformazione presunta, perché questo scellerato, forse distratto dalle sirene del New York Times (che sia un sito porno?), “dimentica che una (discutibilissima) sentenza della Consulta ha dichiarato incostituzionale il limite dei 70 anni, come più volte riportato dalla stampa (ad es. Corriere 9.1.13, p.25), e quindi la cosa si presenta un po' più complessa del previsto”. Maggi ha ragione, la situazione è davvero un po’ più complessa del previsto, ma non nel senso da lui immaginato.
Anzitutto la notizia, per come è riportata da Maggi e per come mi è stata segnalata da altri colleghi, è gravemente inesatta. Rimandando per informazioni più complete al sito roars.it, qui basti ribadire che, come io avevo scritto, la norma di legge per i professori universitari è, e rimane, quella del pensionamento a 70 anni. La sentenza della Consulta, che non mi pare affatto discutibile, non ha affatto dichiarato incostituzionale questo limite, ma si è limitata a dichiarare incostituzionale l’articolo di un decreto del 2010 (Ministro Gelmini), che aboliva per i soli professori universitari la facoltà, stabilita dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e comune a tutti i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, di chiedere di essere trattenuti in servizio per il periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per essi previsti.
In secondo luogo il fatto che da qualche mese i professori universitari possano di nuovo godere, come tutti gli altri dipendenti civili dello stato, della possibilità di far domanda di trattenimento in servizio, non obbliga affatto l’amministrazione ad accettare la domanda. Infatti l’art. 16 del decreto n. 503 recita che l’amministrazione ha la facoltà (non l’obbligo) “in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi.” Pertanto non si capisce, se è davvero volontà del ministro e del governo aumentare la velocità del ricambio generazionale, che cosa impedisca alla maggioranza delle larghe intese di introdurre una normativa che elimini, o comunque sottoponga a vincoli stringenti, questa facoltà per tutti i dipendenti civili dello stato.
In terzo luogo, e questa secondo me è la cosa più significativa, un invito rivolto ai professori universitari perché facilitino il ricambio generazionale con la rinuncia spontanea a fare domanda di trattenimento in ruolo (magari con la disponibilità a incarichi e collaborazioni didattiche a titolo completamente gratuito) sarebbe in generale accolto con grande favore dai destinatari se il senso dell’invito fosse quello di contribuire, col risparmio effettuato (anche se di rilevanza economica estremamente limitata per varie ragioni sulle quali non mi dilungo), al varo di un progetto a medio termine che progressivamente riportasse l’università a livelli di finanziamento più accettabili in confronto agli altri paesi sviluppati
Purtroppo le intenzioni del governo sembrano ben rappresentate da questo commento del collega Nicola Ferrara (che riporto per intero dal sito roars.it):
L’incostituzionalità della norma era chiara anche ad una persona digiuna di diritto come posso essere io che di mestiere faccio tutt’altro. Solo i nostri legislatori (ed in particolare il Ministro Gelmini) potevano ritenere costituzionale una norma chiaramente discriminatoria sia per gli individui sia per l’Autonomia delle Università. Vorrei ricordare che le forze politiche (tutte in una sintesi di larghe intese “ante litteram”) si erano accordate, durante il dibattito parlamentare, perché i professori universitari andassero in pensione a 65 anni, quasi prima di coloro che svolgono attualmente lavoro usurante. Quale era la ratio? I professori universitari sono troppi (chi lo ha detto? il mio barbiere). E’ necessario il ricambio generazionale per punire “i baroni” che ricattano i giovani (naturalmente nella stessa legge veniva inserita la perpetuazione “ad libitum” del precariato).
Ragioniamo su quanto invece è successo nella realtà. In primis una vera moria di docenti (bastava osservare il trend demografico della docenza per capirlo). Nel giro di pochi anni il numero degli ordinari si è drasticamente ridotto, e il desiderio di favorire il ricambio generazionale si è concretizzato in un blocco del turnover o in una sua drastica riduzione (vedi decreto legislativo 49 e “spending review” montiana). Le abilitazione scientifiche nazionali ad oltre due anni dalla pubblicazioni della legge navigano ancora a vista. Molte commissioni non hanno ancora pubblicato i criteri per l’abilitazione, mentre molti docenti (in particolare gli stranieri) rinunciano a partecipare alle commissioni, vista la follia del sistema.
Nei prossimi anni assisteremo ad un ulteriori picco dei pensionamenti con riduzione ulteriore del corpo docenti. Finalmente avremo il ricambio generazionale auspicato? Non credo, sarà più facile vedere una riduzione sensibile dell’offerta formativa con chiusura di corsi di laurea, di sedi universitarie e persino di Atenei con riduzione dei laureati e degli immatricolati. Qualcuno canterà vittoria. Incredibile….. è come se negli anni 60-70, dopo la sconfitta dell’analfabetismo, ci fossero politici o commentatori autorevoli contenti di un incremento del numero degli analfabeti. Povera Italia…..”.
Riassumiamo: il ministro Carrozza fa un grande can can, arrivando a insultare una categoria di dipendenti del suo ministero, a prima vista con lo scopo di aumentare gli spazi per i giovani ricercatori all’università, in realtà con lo scopo di portare le università pubbliche a un sostanziale ridimensionamento. Forse mi sono davvero sbagliato, il ministro non è semplicemente incapace, è qualcosa di molto peggio, perché persevera sulla strada verso la distruzione dell’università pubblica, percorsa da tutti i governi degli ultimi vent’anni, semplicemente con maggior competenza distruttrice della Gelmini. Per favore, che qualcuno la aiuti (a dimettersi, naturalmente), perché perfino chi ritiene comunque importante, in obbedienza al dio dei mercati, che ancora per qualche mese ci debba essere un governo “stabile”, potrebbe perdere la pazienza nei confronti del governo di fronte a una così sfrontata mistificazione!
La sfrontatezza sta nel presentarsi come l’agnello vittima del lupo nella favola di Fedro. Ora è vero che la fulminea accelerazione nella sua carriera professionale sembra una bella favola che la candida naturalmente alla parte di agnello (visto che un concorso per un’università telematica le ha permesso di passare, nel giro di un anno, da semplice professore associato alla Scuola Superiore S.Anna a professore ordinario e Rettore della stessa istituzione). Ed è anche fuori di dubbio che in generale i professori universitari ci stiano bene nella parte del lupo. Ma la favola vera ci ricorda che “Superior stabat lupus”: quindi, poiché i professori non potrebbero davvero inquinare le acque, neanche se lo volessero, visto che il ministro Carrozza ha tutti i poteri per impedirglielo, bisogna rovesciare l’interpretazione della favola. Il vero lupo è il ministro che, col suo apologo morale sulla solidarietà, cerca un pretesto per mascherare le proprie reali intenzioni di sbranare l’università pubblica italiana. Inoltre, se si tiene presente che è da un bel po’ di anni che si predica la necessità di aumentare l’età pensionabile per tutte le categorie, ed è quindi evidentemente un non senso sostenere il contrario per i soli professori universitari, quasi che il loro lavoro fosse usurante, da altrettanto tempo avrebbe dovuto essere chiaro che i ministri di un’istruzione sempre meno pubblica non hanno fatto altro che comportarsi da lupi cercando continui pretesti per giustificare quei progressivi tagli al bilancio del ministero che hanno ridotto l’università e la ricerca italiana nello stato agonizzante nel quale si ritrovano oggi. Ma questo è un lungo discorso che richiede un altro post.



Lunedì 11 Novembre,2013 Ore: 07:56
 
 
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