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www.ildialogo.org Stephen Hawking e Il Grande Disegno,di Gianni Mula

Stephen Hawking e Il Grande Disegno

di Gianni Mula

L’ultimo libro di Stephen Hawking, Il Grande Disegno, è l'ampliamento, con una differenza importante, di una conferenza del 2003 tenuta all'università del Texas ad Austin. In quella conferenza, intitolata Gödel e la fine della fisica, Hawking esprimeva per la prima volta a un pubblico di non specialisti i suoi dubbi sulla possibilità che la teoria M, l’ultima e più promettente versione della teoria delle stringhe, potesse davvero essere la teoria del tutto, cioè la teoria (se ne esiste una) capace da sola di spiegare la stupefacente varietà del grande universo che vediamo.
Nel libro, scritto in collaborazione con Leonard Mlodinow, abile ed esperto divulgatore scientifico, Hawking riprende, in chiave esclusivamente positiva, i temi di quella conferenza e le grandi aspettative suscitate dalla teoria M. Dal libro emerge con grande chiarezza, ma anche con totale assenza di problematicità, la convinzione di Hawking che “La filosofia è morta, non ci resta che la fisica”, come ammiccava sulla prima pagina di Repubblica del 6 aprile il titolo della presentazione, e l'orgoglio per il fatto che “sono stati gli scienziati a raccogliere la fiaccola della nostra ricerca della conoscenza”. Inoltre nel libro, pur precisando, correttamente, che la teoria M non può ancora considerarsi provata, Hawking non fa alcun cenno della sua opinione del 2003, anch’essa espressa esplicitamente in quella conferenza, che il teorema di Gödel, se applicato alle teorie della fisica, implica che ogni teoria fisica, quindi anche la teoria M, se non vuole essere incoerente deve essere incompleta e quindi necessariamente mai definitiva.
In altri termini al tempo della conferenza Hawking era convinto (del tutto giustamente, almeno secondo me) che una definitiva teoria del tutto non possa esistere. Nel libro, invece, di questa obiezione di principio non si fa alcun cenno. Perché? Probabilmente l’omissione è dovuta anche a ragioni editoriali, perché un libro che si conclude con un paragrafo come questo:
 
M è la teoria che Einstein sperava di trovare. Il fatto che noi essere umani - che siamo solo collezioni di particelle fondamentali della natura - siamo riusciti ad arrivare così vicino a capire le leggi che governano noi e l'universo è un grande trionfo. Ma forse il vero miracolo è che astratte considerazioni di logica abbiano portato a una sola teoria capace di descrivere e predire il grande universo pieno di stupefacente varietà che noi vediamo. Se la teoria è confermata dalle osservazioni, sarà la conclusione riuscita di una ricerca iniziata più di 3000 anni fa. Avremo trovato il Grande Disegno.
 
ben difficilmente potrebbe suscitare un grande interesse se dicesse, esplicitamente, che tra i risultati ancora possibili, e probabili, della ricerca iniziata più di 3000 anni fa c’è anche l’analogo del teorema di Gödel applicato alla fisica. Vale a dire la verifica dell’impossibilità di principio di arrivare mai a una teoria del tutto.
Credo tuttavia che la ragione più importante sia di natura filosofica. Per Hawking, che definisce il suo atteggiamento filosofico verso la realtà fisica come realismo oggettivo, per quanto “dipendente dai modelli” (o dalle teorie), ormai solo i fisici hanno le competenze e la voglia di affrontare domande fondamentali come l’origine e la natura della realtà o se l’universo abbia avuto bisogno di un creatore.
Questa valutazione è di per sé certamente accettabile, almeno come ipotesi di lavoro, vista la tendenza di molti filosofi postmoderni a trasformarsi nell’equivalente contemporaneo dei sofisti del tempo di Socrate. Purtroppo Hawking fa seguire ad essa un tipo di argomentazioni che, per rimanere nell’ambito del parallelo con la filosofia delle origini, non vanno oltre quelle dei primi presocratici, come Talete o Anassimandro.
Come Talete e Anassimandro, infatti, Hawking ricerca il principio unificatore di tutte le cose. Come Talete pensava di trovarlo nell'acqua, e Anassimandro nell'apeiron, l'indeterminato, Hawking pensa di trovarlo nella teoria M perché questa teoria è l’unica a soddisfare, per costruzione, quelle precondizioni per l'esistenza di un sistema planetario come il nostro (unicità del sole e una particolare combinazione tra distanza terra-sole e massa del sole) che garantiscono la possibilità della vita umana sulla terra. Hawking considera, abbastanza ragionevolmente, che queste precondizioni sono equivalenti al principio scientifico della supersimmetria tra le forze della natura e la materia sulla quale agiscono. Essendo la teoria M l’unica teoria che soddisfi, per costruzione, questa supersimmetria, ne discende, per Hawking, che M è l’unica candidata possibile ad essere la teoria del tutto tanto cercata (da 3000 anni, come dice Hawking alla fine de Il Grande Disegno).
Il problema è che queste considerazioni, per quanto indubbiamente interessanti e non prive di valore euristico, sono fondamentalmente metafisiche, nel senso che vanno oltre la fisica, cioè non hanno la stessa cogenza di teorie verificabili sperimentalmente come la meccanica classica o la meccanica quantistica. Sono quindi del tutto inadatte a contrastare quei moderni sofisti che secondo Hawking sono i filosofi postmoderni. Per questo deve insistere sulla natura oggettiva della sua visione della natura. Per questo, quando argomenta che per i pesci rossi in un acquario sferico le pareti della stanza sono curve, pur essendo rettilinee per gli esseri umani nella stessa stanza, oltre a evidenziare giustamente che nessuno dei due punti di vista può essere considerato più oggettivo dell’altro, perché entrambi predicono correttamente il risultato delle azioni fisiche accessibili rispettivamente ai pesci e agli esseri umani, ribadisce che la visione complessiva della realtà che ne risulta è oggettiva in quanto fa predizioni corrette, anche se i termini che si usano nelle descrizioni dipendono dalle teorie usate. Questo è appunto quello che Hawking intende quando parla di realismo dipendente dai modelli.
Questa visione del mondo naturale, come ha osservato, in una recensione de Il Grande Disegno (apparsa sul Financial Times del 4 settembre 2010), il famoso fisico e matematico inglese Roger Penrose, non è né nuova né realmente caratterizzabile come dipendente dai modelli: la teoria generale della relatività di Einstein descrive già in maniera soddisfacente queste situazioni e lo spazio-tempo usato è completamente oggettivo, per quanto descritto da una geometria considerevolmente più sofisticata matematicamente della geometria euclidea. Ma Hawking è in qualche maniera costretto a glissare su questi fatti a lui certamente ben noti, per poter dare maggiore importanza e credibilità al principio, da lui chiamato genericamente scientifico (da altri principio antropico), che il fatto che per noi è possibile vivere “obbliga” in qualche maniera le teorie dell'universo a soddisfare la legge di supersimmetria.
In conclusione Il Grande Disegno è un libro che fa divulgazione scientifica ad ottimo livello ma è inutile, se non dannoso, per chi volesse servirsene per ricavare elementi per costruire una propria visione filosofica in accordo con la scienza. Per comprendere il possibile carattere dannoso de Il Grande Disegno può essere utile un’osservazione che Wittgenstein fece, attorno al 1929/1930, introducendo una conferenza sull’etica. Wittgenstein disse infatti che la curiosità superficiale per le ultime scoperte della scienza è uno dei più bassi desideri dell’uomo moderno. E concluse dicendo:
 
L’etica, in quanto sorga dal desiderio di dire qualcosa sul significato ultimo della vita, il bene assoluto, l’assoluto valore, non può essere una scienza. Ciò che dice non aggiunge nulla, in nessun senso, alla nostra conoscenza. Ma è un documento di una tendenza dell’animo umano che io personalmente non posso non rispettare profondamente e che non vorrei mai, a costo della vita, porre in ridicolo.
 
Ecco, io temo che ne Il Grande Disegno Stephen Hawking, con la sua drastica svalutazione di tutta la filosofia, e quindi anche dell’etica, abbia, a differenza di Wittgenstein, inconsapevolmente usato la sua scienza non per l’uomo ma contro l’uomo.


Luned́ 11 Aprile,2011 Ore: 15:44
 
 
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