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www.ildialogo.org Un punto di vista "cristiano" sui risultati referendari,di Raffaele Ibba

Referendum
Un punto di vista "cristiano" sui risultati referendari

di Raffaele Ibba

Abbiamo messo nel titolo la parola "cristiano" fra virgolette per sottolineare la relatività del termine e quindi la relatività e opinabilità del testo che pubblichiamo. Questo perchè dal nostro punto di vista non c'è un unico modo per essere "cristiani" e questo è vero sia per l'oggi che per l'intera storia del cristianesimo fin dalle sue origini più remote.(La redazione)

 Vi metto il bel comunicato del Sir, l'agenzia di stampa della Cei, sui referendum; e ve lo mando perché consente di iniziare una riflessione attenta su quello che sta succedendo in Italia e sul nostro ruolo. Un ruolo "cristiano" e, quindi, aperto e disposto a "entrare" ed a far entrare nella vita.

La riflessione che vi propongo parte da un dato che in questo comunicato non c'è.
I referendum sono stati "vinti" sopratutto da un sistema complesso, articolato e libero di "reti cristiane", cioè di una serie di movimenti, testimonianze, esperienze, vicende e persone che si sono trovate attorno ad una certa "idea" di "pubblico", di ciò che è "pubblico", quindi appartenente direttamente all'interesse di ciascuno di noi.
Questo dato non emerge, per ora, dalla stampa; ma per me è un aspetto evidente, reso clamoroso dall'utilizzo della Rete e dalle pratiche non violente e non autoritarie, ed ironiche e giocose ma appassionate, che hanno prevalso nella "campagna elettorale" di questi referendum ... e che hanno trascinato dietro di sé anche il Pd, che fino a qualche settimana fa era ancora favorevole ai meccanismi di privatizzazione e di capitalizzazione privata dei sistemi di gestione degli acquedotti.
Questa centralità cristiana che io vedo forse voi non la vedete, ma invece è importante.
Perché finalmente mette in luce un ruolo "politico" della Chiesa Cristiana non subordinato a alcune precise "scelte programmatiche", ma relativo invece alle modalità con cui si fanno le "scelte programmatiche".
Perché suggerisce che la richiesta di nuovo che si muove dal paese verso la classe politica, domanda molto seria e matura, coinvolge direttamente la gerarchia cattolica.
Cioè.
La serietà della situazione italiana è certamente più dal lato della classe politica, come scrive il comunicato del Sir, ma proprio per questo coinvolge direttamente la gerarchia episcopale italiana e la sua eccessiva vicinanza e familiarità con questa "attuale" classe politica che il referendum in gran parte boccia. 
Ed ovviamente non sto parlando del signor Berlusconi, ma di tutti. Maggioranze ed opposizioni.
A mio avviso noi "cristiani", seguaci di Cristo Gesù Re crocifisso e risorto, dobbiamo iniziare a pensare, a pregare ed costruire  il nostro ruolo politico solo e sopratutto come ruolo di "speranza": dobbiamo essere i portatori della speranza che qualcosa "si può fare" e sopratutto si "può fare bene ed in modo umano" seguendo il bell'insegnamento di Benedetto XVI sull'utilizzo di "energie" rispettose della "ecologia umana" a cui noi teniamo in modo particolare. 
Ma questa speranza, per essere credibile, può essere soltanto proposta nella apertura più radicale possibile a tutti e tutte, ed in primo luogo a coloro che hanno bisogno innanzitutto di "speranza". E senza condanne morali, ma solo con la massima disponibilità ad "entrare nella vita eterna", come dice Gesù al giovane ricco, rinunciando alle nostre "ricchezze" terrene. 
Questa, d'altra parte, è l'unica speranza di cui disponiamo.
Infatti per noi la politica è sempre e solo un aspetto di quell'atto di fede che facciamo ogni giorno in cui "entriamo nella vita eterna" comunicando i nostri corpi con il corpo del Signore Gesù: nell'eucarestia e nell'ascolto della sua parola.
 
Allora "facciamo politica" finalmente liberi dai vincoli delle distinzioni di parte e senza chiederci se ne siamo capaci. Perché non dobbiamo essere noi a "saperlo fare". 
Noi dobbiamo solo obbedire, e con gioia.
ciao
Raffaele Ibba
 

Sir

Lunedi 13 Giugno 2011                   
REFERENDUM            
Un risultato coerente
I cittadini sanno dare messaggi chiari, diretti e trasversali
I risultati del referendum, netti al di là delle previsioni, sono perfettamente coerenti con la vicenda complessiva di questi mesi. Il quorum superato di slancio va ben al di là del merito dei quesiti: rappresenta un messaggio diretto degli elettori, al di là degli schieramenti, direttamente al governo. 
Distinguiamo il merito dal significato politico più ampio. Certo il disastro giapponese e le conseguenti decisioni in particolare di Germania e Svizzera sull’abbandono del nucleare hanno avuto un effetto significativo di trascinamento. Nello stesso tempo la progressiva erosione dei totem liberisti, che pure avevano influenzato non piccola parte del mondo Pd, si può leggere a proposito dei due quesiti sull’acqua. Per non parlare del quesito di cui meno si è parlato, che riguardava direttamente Berlusconi, sul legittimo impedimento. Le scelte referendarie, pur sbrigative e schematiche, come implica lo strumento, sono chiare e devono essere tradotte in politiche pubbliche coerenti. In particolare è richiesto un nuovo ruolo per “il pubblico”, cui le istituzioni devono sapere dar risposte adeguate, in termini di garanzia, efficienza ed efficacia. 
Ci avviamo così al dato sostanziale in termini di indirizzi di fondo, cioè alle considerazioni più immediatamente politiche. 
Pur attesi, perché coerenti con il trend politico di questi mesi, i risultati hanno un peso significativo, perché accentuano lo stato di fibrillazione della politica italiana, tanto più che nelle urne referendarie non c’erano soltanto schede provenienti dalle diverse opposizioni. Questo dato è particolarmente importante, perché sottolinea che è aperta una fase di cambiamento, ma anche che gli esiti risultano assai aperti. 
Governare il cambiamento è l’operazione politica più complessa e meritoria. Qui si distinguono gli statisti: le prossime settimane ci diranno se la classe politica è in grado di giocare questo gioco, che gli elettori stanno indicando. Come sappiamo, infatti, il vero punto debole del sistema italiano non è tanto dal lato della domanda, quanto piuttosto dell’offerta politica. 
È dunque il momento della creatività e, nello stesso tempo, della responsabilità. 
Questo doppio movimento o requisito vale innanzitutto di fronte ai vincoli sistemici sul deficit e l’indebitamento. Rispettando i vincoli è necessario recuperare energie, sanare ingiustizie e sperequazioni, smantellare privilegi e inefficienze, valorizzando il tanto di buono che c’è anche nei pubblici apparati. 
Sono imprese complesse ma necessarie, cui mettere mano da subito, consapevoli che non possono essere risolte con slogan e strumentalizzazioni. I cittadini, come dimostrano le vicende anche elettorali di questa primavera, sono assai più vigili e consapevoli di tante rappresentazioni. Sanno dare messaggi chiari, diretti e trasversali.


Marted́ 14 Giugno,2011 Ore: 06:18
 
 
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