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www.ildialogo.org Le capre di Natale,di P. Giuseppe, da Lira

Le capre di Natale

di P. Giuseppe, da Lira

Carissimi, 24 Dicembre 2015
Buon Natale!

Il Signore vi faccia sperimentare la gioia della sua venuta, riempiendovi il cuore di pace e di amore.

Questo Natale conclude un anno per me particolarmente denso di impegni, avvenimenti e sfide. Un anno tutto di corsa, senza la possibilita’ di tirare un po’ il fiato. Nel 2015 la diocesi di Lira ha infatti organizzato ed ospitato vari eventi a carattere regionale e nazionale che hanno esigito ed assorbito praticamente tutte le nostre forze: prima la Settimana Provinciale della Pace a Gennaio, con migliaia di persone provenienti dalle diocesi di Arua, Nebbi e Gulu; poi la Settimana nazionale della Caritas in Marzo, con rappresentanti di tutte le diocesi d’Uganda. In mezzo,l’impegno piu’ pesante: il pellegrinaggio e la celebrazione della festa nazionale dei Martiri d’Uganda, il 3 Giugno, culminata nella Eucaristia da me presieduta a Namugongo di fronte a una massa sterminata di fedeli venuti da ogni parte del paese e dall’estero. (La polizia ha parlato di oltre due milioni di pellegrini.)
A fine Giugno, una corsa in Italia mi ha permesso di sottopormi alla seconda operazione di cataratta. Ho poi partecipato a fine Agosto all’incontro-pellegrinaggio a Fatima di tutti i vescovi comboniani sparsi nel mondo. Sulla via del ritorno ne ho approfittato per un’operazione per tunnel carpale alla mano sinistra e per partecipare durante alcuni giorni in Settembre al Capitolo Generale dei Comboniani a Roma come invitato e rappresentante dei 20 vecovi comboniani.
Nel frattempo, con la notizia della sua visita in Uganda, era scattata “l’operazione Papa” che ha visto impegnate tutte le diocesi assieme alle autorita’ civili e politiche del paese . Lira ha fatto la sua parte, ma io sono stato personalmente coinvolto come incaricato della conferenza episcopale per l’Informazione e la Pubblicita’. Cio’ ha comportato numerosi viaggi a Kampala, in pratica quasi ogni settimana, e in Ottobre un viaggio lampo a Roma per colloqui con gli incaricati del Vaticano. E’ questa la ragione che mi ha fatto mancare per la prima volta all’appuntamento della circolare per la Giornata Missionaria Mondiale, che ho invece passato in aereo, di ritorno in Uganda.
Ovviamente, tutti gli spazi e i giorni non impegnati a livello nazionale, li ho dedicati alla diocesi, cercando di incontrare sacerdoti e laici che avevano bisogno di vedermi, in visite pastorali alle parrocchie e, di notte, tentando di evadere le pratiche piu’ urgenti e la corrispondenza arretrata in ufficio.
Finalmente, la sera del 27 Novembre, e’ arrivato Papa Francesco. Potrei scrivere e parlare per ore sulla visita del Papa in Uganda, ma cio’ non e’ possibile. So d’altronde che molti di voi hanno visto e seguito almeno in parte qualcuno dei suoi incontri coi vari gruppi nei diversi luoghi del suo pellegrinaggio. Voglio solo dirvi che e’ stato davvero un grande dono per tutti noi. Nella sua semplicita’ ed umilta’, Francesco ha trasmesso amore con gesti concreti, con parole chiare ed efficaci che sono andate dritte al cuore di tutti gli ugandesi.
“Era come se vedessi Gesu’ passarmi davanti, a due o tre metri di distanza!”, mi ha detto un uomo d’affari, abituato a contare soldi e poco incline a facili entusiasmi. E’ chiaro che quell’incontro gli e’ rimasto nel cuore. E cosi’ e’ stato per molti. La visita di Papa Francesco, il suo messaggio ed esempio, sono stati un seme buono, il vangelo di una buona notizia senza orpelli, che va dritto al cuore e ha toccato la nostra vita. Pregate perche ora noi sappiamo farlo crescere e fruttificare.
Partito il Papa, il 29 Novembre, mi sono fermato a Kampala per l’Assemblea della Conferenza Episcopale. Poi, su di corsa a Lira, per prepararci ad accogliere circa duemila giovani provenienti da tutta l’Uganda per l’annuale Conferenza Nazionale dei Giovani. E’ stato bello, anche se faticoso. Salutati i giovani, arriva l’ora del Giubileo della Misericordia. Domenica 13 ho aperto con gioia la Porta Santa della Misericordia nella cattedrale di Lira, dove mi appresto a celebrare domani il Natale del Signore.
Mi rendo conto che questa lettera sta diventando una lista di cose fatte, eventi organizzati, sacramenti celebrati, visite pastorali (l’ultima l’altro ieri, 22 Dicembre, a 90 km da Lira in una cappella dove non era mai giunto prima nessun vescovo e dove ho fatto 429 cresime, tornando a casa con la tonaca e i capelli rossi per la polvere della stagione secca ormai iniziata). Tutto “lavoro”, insomma. Sono certo che anche ognuno di voi potrebbe compilare una lista altrettanto lunga di impegni, fatiche e sfide portate avanti nel corso di quest’anno. Anzi, qualcuno e’ sicuramente e giustamente piu’ stanco di me. Tutti noi cerchiamo di fare del nostro meglio, e va bene cosi’. Io, vescovo missionario, mi sforzo di lavorare per il regno di Dio, perche’ questa porzione del suo popolo che e’ la diocesi di Lira riconosca Gesu’ come Salvatore, e cresca unita nel suo amore, a servizio di tutti. Eppure.... tutto questo daffare rischia di farmi e farci dimenticare una cosa fondamentale.
Il primo e fondamentale “lavoro” da fare e’ quello di... aprire le braccia e il cuore per accogliere con riconoscenza il dono di amore che Dio ci fa in Gesu’ Suo Figlio che si fa nostro fratello, piccolo e debole come noi. Il dono del Natale, per l’appunto. Fare con gioia l’esperienza che non siamo soli, che in Gesu’ - l’Emmanuele - Dio e’ davvero con noi e per noi, dalla nostra parte, per sempre. E ringraziare.
In questo senso mi viene da pensare che, anche quest’anno, io il Natale ho gia’ avuto modo di celebrarlo in anticipo qualche giorno fa, durante un incontro con il gruppo di malati di AIDS dell’associazione COSBEL. Dopo la messa, ho aperto le porte del serraglio e ho distribuito ad ognuno di loro una capra. Non e’ un semplice regalo di Natale. Fa parte di un progetto di sviluppo, volto a provvedere a queste persone, spesso vedove anziane e malate, una capra gravida che, figliando, fornisca latte e diventi fonte di profitto economico. 50 malati, 50 capre. Come segno di speranza, possibilita’ di migliorare la propria vita. Nell’omelia mi ero azzardato a dire che anche la loro capra era un dono di Dio, un segno che non li ha abbandonati ed e’ con loro. Guardandoli allontanarsi contenti, ciascuno tirando con una cordicella la propria capra, non ho potuto fare a meno di pensare che anche questa e’ una scena di Natale, un segno umile ma concreto della presenza di Colui che viene, oggi e sempre. Con il dono di se stesso, io non so quale altro regalo portera’ quest’anno Gesu‘, a me e a ciascuno di voi. Probabilmente, non una capra. Forse una persona che riscopriamo vicina, una nuova speranza o qualcuno che ci tende la mano o chiede amore... Scopriamo e godiamo il dono personale e speciale di Dio per ognuno di noi. Buon Natale!
P. Giuseppe
PS. Lo so che il vangelo parla di pastori a Betlemme e non di capre. Se e’ per questo, neppure di asino e bue. Ma nel presepio che facevamo da bambini, con le pecorelle ci stava bene anche qualche capretta!



Giovedì 24 Dicembre,2015 Ore: 16:39
 
 
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