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www.ildialogo.org Auguri di Natale dall'Uganda,di p. Giuseppe, Vescovo di Lira

Auguri di Natale dall'Uganda

di p. Giuseppe, Vescovo di Lira

Carissimi, Lira, 23 Dicembre 2011

Buon Natale e Felice Anno Nuovo!

Da dove cominciare per farvi ancora una volta gli auguri? Penso sia giusto cominciare dal Bambino, anzi dai bambini: quello nato a Betlemme oltre 2000 anni fa, e i tanti bambini in cui Gesù continua a venire e chiede di essere accolto ed amato nel nostro mondo e nella nostra vita oggi.

Alcuni giorni fa ne ho incontrati oltre 300, bambini e bambine dalla prima alla sesta elementare, raccolti da una comboniana, Sr. Maria, durante le vacanze scolastiche di fine anno in un “campo estivo” tutto per loro a Ngetta. Qui hanno la possibilità di giocare, mangiare tre volte al giorno (!), cantare, pregare, imparare e praticare personalmente ed in gruppo alcune tecniche manuali di base a seconda delle loro inclinazioni e capacità, che potranno essere loro utili in futuro rendendoli capaci di guadagnare qualcosa. Sì, perche molti di questi bambini sono orfani, e l’80% (avete letto bene: 80%!) sono sieropositivi. La corsa ad ostacoli che ѐ la vita per ognuno di noi, presenta per loro, fin dalla nascita, una grossa difficoltà in più. Molti purtroppo non ce la faranno, ma una cosa ѐ certa: nella maggioranza dei casi dovranno comunque sbrigarsela da soli. Spesso alle loro spalle non hanno una vera famiglia capace di sostenerli. Talvolta, neppure una casa che li accolga.

E’ il caso di Joshua, sui 12 anni. Non ha mai conosciuto il papà. La mamma ѐ morta di Aids. Ha uno zio, che lo maltratta e non vuole saperne di lui. Lo stato avanzato della malattia gli ha causato una diffusa e poco simpatica malattia della pelle. Per paura del contagio, lo zio gli ha allora bruciato tutti i vestiti. Più di una volta lo ha cacciato fuori dalla capanna, costringendolo a passare la notte all’aperto. Si ѐ rifiutato di pagargli le tasse scolastiche. Stanco di tanti maltrattamenti, Joshua ha già cercato di suicidarsi tre volte, ingerendo veleno per i topi e tentando di impiccarsi con una corda. Salvato in extremis, ha espresso alla suora il desiderio di poter studiare e risiedere come alunno interno in una scuola. Ora ѐ in terapia. In poche settimane al campo ha già messo su qualche chilo. Viene seguito ed aiutato anche psicologicamente. Speriamo che la terapia, assieme alla sua voglia di vivere riescano ad aver ragione della malattia…

L’ho incontrato e gli ho parlato brevemente. La malattia e la sofferenza lo fanno apparire più vecchio della sua età, ma nei suoi occhi e nelle sue parole ho avvertito una grande voglia di vivere e la capacità di sognare. “Vescovo, - mi ha detto – io voglio diventare sacerdote!”. Sorpreso, e cosciente del suo precario stato di salute, sono riuscito a dirgli semplicemente: “Certamente, se il Signore lo vorrà!” A Sr. Maria, che gli chiedeva il perché di questo suo desiderio, ha poi spiegato: “Tu sei stata molto buona con me e mi hai aiutato. Anch’io voglio diventare prete e aiutare chi ha bisogno”.

Mentre scrivo di questi bambini e di Joshua, praticamente condannato e spinto alla morte dalla mancanza di accoglienza e di amore, ma che ora ri-vive e sogna perché accolto ed amato, la mente corre per contrapposizione ad un gruppo ben diverso di adulti. Ho ancora la lista dei loro nomi di fronte a me, sul mio tavolo. Me l’ha portata l’altro giorno Rose, la catechista incaricata della prigione centrale di Lira, due sezioni con oltre 500 uomini e 60 donne. Si tratta di 93 nomi di detenuti apparsi di fronte al giudice del Tribunale di Lira un paio di mesi fa per il giudizio finale su loro caso. Uomini e donne, cattolici e protestanti, con nomi dell’Antico e del Nuovo Testamento, assieme ad altri più moderni. Accanto ad ogni nome, il capo d’accusa - assassinio, stupro, violenza carnale su minore, furto aggravato - e poi la sentenza: innocente e rilasciato, oppure condannato a 4, 8,10,15, fino ad un massimo di 30 anni . Un campionario di varia umanità che mi richiama il fatto di quanto la società ugandese, dopo tanti anni di guerra, sia ancora affetta da un impressionante tasso di violenza che esplode facilmente in delitti contro la vita.

Penso anche ad un fenomeno di cui non si parla molto, impensabile in passato ma che avviene ora con una certa frequenza. Alcune donne violentate e sieropositive, o rimaste vedove con vari figli a carico ma incapaci di provvedere a loro, spinte dalla povertà e dal bisogno tentano di costruirsi un futuro con un uomo. Spesso però il nuovo marito non ne vuol sapere dei figli della donna, soprattutto se sieropositivi, per cui talvolta essa deve abbandonare i bambini indesiderati, lasciandoli a chi li vuole o addirittura cedendoli dietro compenso. E così i casi Joshua si moltiplicano, con una sorte ancora peggiore per le bambine, costrette a lavorare e magari a subire la violenza dei nuovi genitori-padroni.

Certamente, violenza ed egoismo non sono monopolio esclusivo dell’Africa. Allargando lo sguardo a quanto avviene in Italia e nel mondo, penso che di fronte a Dio nessuna società e nessuno di noi ѐ innocente. In vari modi, siamo tutti peccatori, malati e bisognosi di essere perdonati, guariti e salvati. Ed ѐ proprio per questo che, ancora una volta, siamo invitati a celebrare il Natale.

Abbiamo bisogno di Qualcuno che venga a liberarci da noi stessi, dal nostro egoismo quotidiano, soprattutto ora che una situazione economica difficile, sia in Europa che in Uganda (dove l’inflazione si ѐ ora attestata al 29%!), spinge ciascuno di noi ed ogni gruppo a pensare soprattutto ai propri interessi, dimenticando il bisogno e i diritti degli altri, specialmente dei più poveri. Del povero Joshua-Gesù che ci vive accanto, o in Africa o in qualche altra parte di questo nostro mondo, compagno di viaggio sulla nostra stessa barca. Ebbene, questo Qualcuno che stiamo aspettando, in realtà ѐ già venuto e viene – a Natale ed ogni giorno – chiedendo di essere accolto nella nostra vita. Dobbiamo solo fargli spazio, perché ancora una volta la Parola di Amore di Dio diventi carne nella nostra vita. Non ѐ un pio desiderio, tantomeno un’utopia irrealizzabile. Succede già, ogni giorno. Dobbiamo solo aprire gli occhi ed il cuore per riconoscere Gesù che viene, la sua logica di amore, fraternità e solidarietà che si fa strada e sconfigge l’egoismo.

L’11 Dicembre ѐ tornato a Lira il piccolo Cesare Oola. Quattro anni, mamma morta per malaria, nato con una malformazione congenita, senza la parete anteriore del basso addome. I medici volontari italiani che l’hanno visto nell’ all’ambulatorio del nostro ospedale di Aber hanno interessato al suo caso vari amici ed associazioni sia in Italia che in Uganda. Ne ѐ nata una catena di solidarietà che ha portato il piccolo Cesare all’ospedale Bambino Gesù di Roma, dove ha subito due interventi che gli hanno permesso di tornare ora al suo villaggio nel distretto di Oyam con la prospettiva e la speranza di una vita normale. Un piccolo miracolo dell’amore, che spero di poter celebrare presto con Cesare, suo papà e quanti gli vogliono bene.

Ieri sono andato nella parrocchia di Iceme per aprire un nuovo Centro Eucaristico nella cappella di Corner Angai. E’ una comunità numerosa, priva finora dell’Eucarestia per mancanza di sacerdoti. Al termine della Messa, quando ho posto il Santissimo nel tabernacolo e ho consegnato le chiavi al catechista, la gente ѐ esplosa in canti e grida di gioia. Hanno capito che questo era il loro vero Natale: Gesù ѐ venuto ad abitare in mezzo a loro, al centro della loro vita, dolori e gioie di ogni giorno. La loro fede mi ha commosso.

Sarà che sto diventando vecchio e forse un po’ ingenuo, ma – mentre mi do da fare per iniziative di sviluppo sociale ed economico e per la salute e istruzione della mia gente - vedo sempre più chiaramente che la cosa essenziale, la base ed il motore di ogni crescita e sviluppo duraturo, il cuore della missione, resta sempre l’annuncio e la venuta di Gesù, l’unico che ci salva e risponde alle domande e al desiderio del nostro cuore. Questo ѐ vero in Uganda, in Italia, dappertutto. Si tratta insomma di “fare Natale”, accogliere il Signore che viene per noi. Fare posto a Gesù, metterlo, piantarlo come un seme, una presenza viva e quotidiana in casa, in famiglia, nella nostra vita. I frutti non mancheranno. E riempiranno di gioia, amore, serenità ogni giorno del nuovo anno che il Signore sta per regalarci. E’ il mio augurio per ognuno di voi. Buon Natale e Buon Anno a tutti! p. Giuseppe

PS. Ringrazio di cuore chi, oltre che con la preghiera, ha voluto generosamente sostenere economicamente alcune mie iniziative. Sono contento di segnalare che le offerte pervenute attraverso l’associazione “Due Mani” Onlus (tel. 030-7090411) sono servite o serviranno presto a scavare un pozzo, ristrutturare 2 dormitori della scuola di Alito, comprare 3 motociclette per i miei sacerdoti, aiutare un gruppo di malati di Aids, pagare le tasse scolastiche di vari bambini, alimentare un “fondo per sacerdoti malati”e mettere a mia disposizione un gruzzolo “per la carità del vescovo”. GRAZIE!



Sabato 24 Dicembre,2011 Ore: 15:04
 
 
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