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www.ildialogo.org Il vescovo Matthew e don Scott,di Maria Teresa Pontara Pederiva

Il vescovo Matthew e don Scott

di Maria Teresa Pontara Pederiva

Come si vive da cattolici a Rochester, nello Stato di New York. Dove oggi può capitare anche che un padre di sei figli venga ordinato sacerdote


Ringraziamo l'autrice di questo articolo per avercelo segnalato. L'articolo è stato pubblicato sul sito http://www.vinonuovo.it/

   

Maria Teresa Pontara Pederiva

Maria Teresa Pontara Pederiva, trentina classe 1956, sposata, ha tre figli e insegna scienze al liceo scientifico; studi in scienze religiose e giornalista dal 1984 per passione. Collabora, tra l'altro, con i settimanali diocesani Vita Trentina e Il Segno e poi Settimana e Rivista di Teologia morale delle Edizioni Dehoniane. Ha pubblicato Giuseppe Nardin, monaco nella storia, EDB 2010 e ha curato l'edizione dell'ultimo libro di p. Timothy Radcliffe: Essere cristiani nel XXI secolo, Queriniana 2011.

17 giugno 2011  

Ricordo ancora con affetto il vescovo Matthew H. Clark, il nostro vescovo degli anni "americani" quando le figlie più grandi alla Elementary School recitavano ogni mattina il giuramento alla bandiera, mano sul cuore e sguardo rivolto al presidente Clinton.

Un vescovo che ti inviava a casa le Lettere pastorali o altri messaggi era difficile da immaginare alla vigilia della nostra avventura alla Cornell. Clark, classe 1937, figlio di immigrati, studi a Roma alla Gregoriana in diritto canonico, era una figura che sentivi "di famiglia". Il linguaggio era semplice ed essenziale, il tono non era mai quello di uno che ti parla dall'alto, piuttosto quello di un buon padre che ti raggiungeva con gli auguri di Natale o Pasqua, che ti ricordava, e partecipava con te, avvenimenti lieti o tristi, ti aiutava a leggere l'ultimo documento romano ... "God's Love endures forever" (l'amore di Dio dura per sempre), il suo motto.

Prima della domiciliazione in banca, la quota che avevamo deciso come famiglia cattolica di pagare mensilmente alla diocesi, ci giungeva insieme alle altre bollette, stile Paperino. D'altra parte là ogni chiesa si autofinanzia con le offerte dei fedeli e questo, da un certo punto di vista, finisce alla lunga per contribuire a cementare ancor di più il senso della comunità. "Our Church" (la nostra Chiesa). Un'espressione cui avevo finito ben presto per abituarmi quando, da genitori, si giustificava il fatto che si andava a messa nella pausa pranzo in occasione di qualche festività o ricorrenza: Ognissanti, l'Immacolata, Le Ceneri ... i cattolici si ritagliano i loro tempi dal lavoro per raggiungere la loro chiesa, che non è sempre così vicina.

E anche alla nostra parrocchia americana di St. Catherine of Siena ci eravamo abituati, una bella costruzione moderna in legno con le vetrate che lasciavano intravvedere il bosco e, per molti mesi, la neve. Lo stupore per quella bandiera vaticana associata ai lati dell'altare a quella a stelle e striscie era passato ben presto di fronte al calore familiare che si viveva nel corso delle celebrazioni, dove l'attenzione a tutta la famiglia nel suo complesso era grande. L'animazione di bambini più piccoli - anche in braccio - al momento di letture e omelia era solo un aspetto (certo che quell'Happy Birthday cantato dai bimbi attorno all'altare la notte di Natale per celebrare il compleanno di Gesù ... e qui che non si fidano neppure a portarli in chiesa i figli la sera). C'era l'invito a salutare le persone vicine di banco all'inizio della messa, il caffè all'uscita, la stretta di mano del celebrante e di altri laici che ti offrivano gli incontri più diversi per creare comunità. Ma era soprattutto l'omelia e la preghiera dei fedeli che mostravano una singolarità positiva: niente che potesse essere definito "predica", piuttosto una simpatica conversazione del parroco sulla Parola di Dio nell'oggi e sui fatti vicini e lontani, felici o tristi di cui si avevano notizie (dalla nascita della nipotina di Elizabeth al ricovero della zia di Tom ...l'incidente nella miniera lontana o l'incontro dei leader mondiali). Spesso l'andamento settimanale della vita parrocchiale, finanze comprese, proprio come un buon padre di famiglia. E talvolta la parola passava a Clare, la "pastoral associate" in tutta semplicità.

Da lì la nostra esperienza è proseguita in anni più recenti in quel di Berkeley, sulla costa Ovest: stesso stile "cattolico" e comunitario, forse con un'accentuazione in più sulla salvaguardia del creato e la promozione di giustizia e pace.

E non abbiamo più avuto particolari notizie del vescovo Clark fino a questi giorni quando giunge la segnalazione dell'ultima ordinazione nella diocesi di Rochester, stato di New York. Il prete novello è Scott Caton, 50 anni, docente di storia al Roberts Wesleyan College di Rochester, nonché docente di storia e cultura presso il Northeastern Seminary, un seminario ecumenico che si trova nel campus del Roberts Wesleyan College.

Caton si è convertito al cattolicesimo nel 1998 proveniente dalla congregazione delle chiese riformate e presbiteriane, e per un periodo è stato anche battista. Prima di diventare diacono lo scorso anno, era anche ministro della sua chiesa. Sposato come tanti, e da ben 28 anni con Bonnie: 6 i figli, cinque femmine e un maschio. "Mia moglie e i miei figli sono stati incredibilmente favorevoli alla mia scelta e non avrei potuto compiere questo passo senza il loro amore e la loro preghiera", dichiara don Scott.

Le cronache riferiscono che fuori dalla chiesa, il giorno dell'ordinazione, si è radunata una piccola folla di manifestanti. Alcuni protestavano per l'ordinazione di un padre di famiglia, altri urgevano perché sia consentito il sacerdozio alle donne.

Non si ha notizia dell'incarico che verrà affidato a Scott - prete cattolico diocesano con moglie e 6 figli - verrebbe da pensare alla pastorale della famiglia, ma anche (visto che insegna storia) il lavoro, la cultura, la vita sociale ...

E c'è da chiedersi che cosa risponderà il vescovo Matthew, alle soglie dei 75 anni, ai diaconi permanenti - anch'essi probabilmente con moglie e figli - che "devono" fermarsi a quello scalino. O ad altri laici impegnati all'interno della comunità. Se ricordo bene le sue Lettere (una recente si intitola appunto Spirit Alive), forse dirà ... lasciamo fare allo Spirito. Senza fretta.



Martedì 12 Luglio,2011 Ore: 15:37
 
 
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